Rocchetta Sant'Antonio, detta anche Rocchetta di
Puglia, deve forse il suo nome al castello "Arx
divi Antonii", nei secoli XI "Rocca Sant'Antimo" periodo a cui si
fa risalire la nascita dell'aggregato territoriale nel contesto del
progetto di fortificazione della Capitanata attuata dai Bizantini tra il
X e XI secolo.
Questa sezione è dedicata a "Rocce d'Arx" malinconico
ridente paesino incastonato sulle amene colline del Carapelle. Eretto, tra
IX e XI secolo d.c., sulla direttrice principale del Principato d'Ultra
(verso la Campania) e Terra di Capitanata (verso le Puglie) e perciò
fortificato sia dai Normanni che dai duca di Capua.
Questo importante e
storico paese del Subappennino Dauno, è situato quasi al confine con la
Campania, a 630 metri di altitudine. Il suo primo Castello fu costruito originariamente dai
Normanni nel 1083, e si rivelò strategico per il controllo di questo esercito
nelle regioni meridionali.
Le prime notizie di Rocchetta risalgono però al sec. VI: il suo territorio
era già conteso sia dai Bizantini che dai Longobardi.
La realizzazione del secondo principesco castello - uno dei più belli presenti in terra
Dauna - si deve però ai D'Aquino. Nel
1507, fu eretta questa splendida costruzione, caratteristica perché a forma
di nave e dalla torre gradevolmente merlata.
Un forte terremoto distrusse
parzialmente il paese nel 1456. Dal 1940 Rocchetta Sant'Antonio appartiene amministrativamente alla provincia di Foggia. In precedenza era aggregata a
quella di Avellino.
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ciao odisseo,
benvenuto
Arx
divi Antonii
Una terra battuta dal vento,
una terra brulla, vestita a bruno.
Una terra fantesca, vittima devota,
ove l'orologio non segna più il tempo.
Una terra cliva, umiliata,
dallo sguardo inclinato di chi aspetta
l'ora del Signore.
Una terra arcadica ove le genti si
salutano, altresì, amaramente.
Una terra POETICA solo nel nome, che si
fregia portare, per la generosità illustre del morrese VIAGGIATORE.
Una terra amena ubertosa d'acque e
genuina,
dove l'Odisseo può darsi nuovo vigore.
Una terra matrigna dal vezzo
spergiurante.
Una terra che invoca e anela,
brulicante, ove l'apoteosi del silenzio impregna ogni cosa.
Vito Feninno |