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Verismo: Giovanni Verga e l’impersonalità La letteratura verista ha il compito di raccontare le vicende della classe sociale più povera. Verga sa che alla base dei rapporti nella società c’è la “lotta per la vita” e che ogni forma di generosità, di altruismo sono valori che non trovano posto nella realtà effettiva. |
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di Ilaria Feninno Nella prefazione de “I Malavoglia” si capisce come l’obbiettivo di Verga sia raccontare sinceramente e in modo spassionato le vicende dei “vinti”, l’ascesi dei personaggi attraverso le varie classi sociali. Ed è questo il tema che unisce i romanzi del ciclo dei vinti. La letteratura verista ha il compito di raccontare le vicende della classe sociale più povera, di lasciare finalmente spazio ai loro problemi, ai loro atteggiamenti nei confronti della dinamicità della storia che stravolge la tranquillità della loro situazione. Senza tralasciare che alcuni sono spinti ad elevarsi socialmente, a progredire. Alla base del pensiero di Verga c’è un pessimismo radicato, egli sa che alla base dei rapporti nella società c’è la “lotta per la vita” e che ogni forma di generosità, di altruismo e benevolenza sono valori che non trovano posto nella realtà effettiva. Non crede nel progresso sociale né all’idea che la letteratura possa migliorare le condizioni della società; concetto che sosteneva Zolà, autore progressista in una società borghese sviluppata e moderna, autonoma. Egli quindi crede nel progresso e si permette di giudicare la sua materia, scostandosi da essa come un osservatore, osservandola dall’alto, elevandosi. Questo il suo concetto di impersonalità a parte obiecti. Egli presenta i fatti dal suo punto di vista, rendendo evidenti i suoi pensieri e raccontando ogni aspetto della società francese: dagli ambienti colti alle campagne, agli operai, descrivendo i personaggi per la loro personalità e indole della carne. Zolà manifesta sia la sua violenta polemica contro la corruzione della borghesia, sia il suo interesse verso la sfera più povera della società francese. Il concetto di impersonalità di Verga è a parte subiecti, egli entra nel romanzo, si eclissa in esso senza però far conoscere i fatti sotto la sua lente. L’autore si eclissa, non spiega il perché delle azioni dei personaggi, né la loro psicologia (come Manzoni), ma si mimetizza in un personaggio anonimo che racconta i fatti facendo entrare il lettore nella vicenda. L’autore prende il linguaggio e il pensiero dei personaggi, non interviene mai con giudizi, perché non crede nel progresso. Inoltre Verga tratta dell’ambiente degradato dell’Italia meridionale: parte dalle classi più basse e misere, abbandonate dal progresso, per raccontare il meccanismo della società, poiché in quelle basse sfere è meno complicato. Nei Malavoglia non abbandonerà l’impersonalità utilizzando il discorso indiretto libero, usando il linguaggio ed i modo di pensare della gente (con qualche detto popolare). Farà entrare il lettore nel romanzo come se la materia si facesse da sé, davanti ai suoi occhi e facendo conoscere i personaggi attraverso le loro azioni, narrando le storie dal loro punto di vista. L’unico compito dell’autore è raccontare la realtà nella sua veridicità, presentandola com’è realmente, senza la passione che tende a modificare le cose. Per il conservatore Verga non vi è altro che “lotta per la vita”, attaccamento alla ricchezza, l’egoismo, la vittoria del più forte sul più debole, che porta alla caduta dei valori. Ilaria Feninno, La repubblica di tersite, 25.03.2006 |
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