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 Gelmini regina d'esami

 

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Il ministro dell'istruzione Gelmini con decreto legge riforma la scuola: introduce i grembiulini alle elementari il voto di condotta alle superiori e il 5 in condotta per arginare il fenomeno del bullismo scolastico, dichiarando di voler edificare una scuola meritocratica fondata sulla premiazione dei più bravi. Ma purtroppo i fatti non stanno proprio così: la scuola in verità la gestisce il ministero del tesoro e non dell'istruzione, vedi i tagli di 3 mila miliardi in tre anni e di 147 dipendenti scolastici tra docenti e personale collaborativo. il ministro punta a riformare la scuola riducendola ad un refettorio dove si mangia in piedi e ad un parcheggio a tempo perchè diminuisce le ore di lezione e aumenta il numero di studenti per classe depauperando l'azione didattica e educativa dell'istituzione scolastica. E tutto questo mentre si viene a sapere che la nostra cara ministro prende le "scorciatoie" per facilitare l'esito dell'esame abilitativo per diventare avvocato: dopo le sonore bocciature nella sua città di Brescia, si aiuta scendendo a Reggio Calabria per superare l'esame. Proprio da quegli stessi professori che in una notte di mezza estate definì impreparati e meritevoli di corsi di perfezionamento. Signor ministro....ma mi faccia il piacere.... Tersite.

Questi i fatti....

Gelmini, regina d’esami

di Gian Antonio Stella

NELLA CITTÀ CALABRESE L'ANNO PRECEDENTE IL RECORD DI AMMESSI CON IL 93 PER CENTO

Da Brescia a Reggio Calabria.Così la Gelmini diventò avvocato.L'esame di abilitazione all'albo nel 2001. Il ministro dell'Istruzione: «Dovevo lavorare subito»

Novantatré per cento di ammessi agli orali! Come resistere alla tentazione? E così, tra i furbetti che
nel 2001 scesero dal profondo Nord a fare gli esami da avvocato a Reggio Calabria si infilò anche
Mariastella Gelmini. Ignara delle polemiche che, nelle vesti di ministro, avrebbe sollevato con i
(giusti) sermoni sulla necessità di ripristinare il merito e la denuncia delle condizioni in cui versano
le scuole meridionali. Scuole disastrose in tutte le classifiche «scientifiche» internazionali a dispetto
della generosità con cui a fine anno vengono quasi tutti promossi.

 

La notizia, stupefacente proprio per lo strascico di polemiche sulla preparazione, la
permissività, la necessità di corsi di aggiornamento, il bagaglio culturale dei professori del
Mezzogiorno, polemiche che hanno visto battagliare, sull'uno o sull'altro fronte, gran parte delle
intelligenze italiane, è stata data nella sua rubrica su laStampa.it da Flavia Amabile. La reazione degli
internauti che l'hanno intercettata è facile da immaginare. Una per tutti, quella di Peppino
Calabrese: «Un po' di dignità ministro: si dimetta!!» Direte: possibile che sia tutto vero? La risposta
è nello stesso blog della giornalista. Dove la Gelmini ammette. E spiega le sue ragioni.

 

Un passo indietro. È il 2001. Mariastella, astro nascente di Forza Italia, presidente del
consiglio comunale di Desenzano ma non ancora lanciata come assessore al Territorio della
provincia di Brescia, consigliere regionale lombarda, coordinatrice azzurra per la Lombardia, è una
giovane e ambiziosa laureata in giurisprudenza che deve affrontare uno dei passaggi più delicati:
l'esame di Stato.

 

Per diventare avvocati, infatti, non basta la laurea. Occorre iscriversi all'albo dei praticanti
procuratori, passare due anni nello studio di un avvocato, «battere» i tribunali per accumulare
esperienza, raccogliere via via su un libretto i timbri dei cancellieri che accertino l'effettiva frequenza
alle udienze e infine superare appunto l'esame indetto anno per anno nelle sedi regionali delle corti
d'Appello con una prova scritta (tre temi: diritto penale, civile e pratica di atti giudiziari) e una
(successiva) prova orale. Un ostacolo vero. Sul quale si infrangono le speranze, mediamente, della
metà dei concorrenti. La media nazionale, però, vale e non vale. Tradizionalmente ostico in larga
parte delle sedi settentrionali, con picchi del 94% di respinti, l'esame è infatti facile o addirittura
facilissimo in alcune sedi meridionali.

 

Un esempio? Catanzaro. Dove negli anni Novanta l'«esamificio» diventa via via una
industria. I circa 250 posti nei cinque alberghi cittadini vengono bloccati con mesi d'anticipo,
nascono bed&breakfast per accogliere i pellegrini giudiziari, riaprono in pieno inverno i villaggi sulla
costa che a volte propongono un pacchetto «all-included»: camera, colazione, cena e minibus andata ritorno per la sede dell'esame.

 

Ma proprio alla vigilia del turno della Gelmini scoppia lo scandalo dell'esame taroccato nella sede
d'Appello catanzarese. Inchiesta della magistratura: come hanno fatto 2.295 su 2.301 partecipanti, a fare esattamente lo stesso identico compito perfino, in tantissimi casi, con lo stesso errore
(«recisamente» al posto di «precisamente», con la «p» iniziale cancellata) come se si fosse corretto
al volo chi stava dettando la soluzione? Polemiche roventi. Commissari in trincea: «I candidati —
giura il presidente della «corte» forense Francesco Granata — avevano perso qualsiasi autocontrollo,
erano come impazziti». «Come vuole che sia andata? — spiega anonimamente una dei concorrenti
imbroglioni —. Entra un commissario e fa: "Scrivete". E comincia a dettare il tema. Bello e fatto.
Piano piano. Per dar modo a tutti di non perdere il filo».

 

Le polemiche si trascinano per mesi e mesi al punto che il governo Berlusconi non vede
alternative: occorre riformare il sistema con cui si fanno questi esami. Un paio di anni e nel 2003
verrà varata, per le sessioni successive, una nuova regola: gli esami saranno giudicati estraendo a
sorte le commissioni così che i compiti pugliesi possano essere corretti in Liguria o quelli sardi in
Friuli e così via. Riforma sacrosanta. Che già al primo anno rovescerà tradizioni consolidate: gli
aspiranti avvocati lombardi ad esempio, valutati da commissari d'esame napoletani, vedranno la loro
quota di idonei raddoppiare dal 30 al 69%.

 

Per contro, i messinesi esaminati a Brescia saranno falciati del 34% o i reggini ad Ancona del 37%.
Quanto a Catanzaro, dopo certi record arrivati al 94% di promossi, ecco il crollo: un quinto degli
ammessi precedenti.
In quei mesi di tormenti a cavallo tra il 2000 e il 2001 la Gelmini si trova dunque a
scegliere, spiegherà a Flavia Amabile: «La mia famiglia non poteva permettersi di mantenermi
troppo a lungo agli studi, mio padre era un agricoltore. Dovevo iniziare a lavorare e quindi dovevo
superare l'esame per ottenere l'abilitazione alla professione». Quindi? «La sensazione era che
esistesse un tetto del 30% che comprendeva i figli di avvocati e altri pochi fortunati che riuscivano
ogni anno a superare l'esame. Per gli altri, nulla. C'era una logica di casta, per fortuna poi modificata
perché il sistema è stato completamente rivisto». E così, «insieme con altri 30-40 amici molto
demotivati da questa situazione, abbiamo deciso di andare a fare l'esame a Reggio Calabria».
I risultati della sessione del 2000, del resto, erano incoraggianti. Nonostante lo scoppio dello
scandalo, nel capoluogo calabrese c'era stato il primato italiano di ammessi agli orali: 93,4%. Il triplo
che nella Brescia della Gelmini (31,7) o a Milano (28,1), il quadruplo che ad Ancona. Idonei finali:
87% degli iscritti iniziali. Contro il 28% di Brescia, il 23,1% di Milano, il 17% di Firenze. Totale: 806
idonei. Cinque volte e mezzo quelli di Brescia: 144. Quanti Marche, Umbria, Basilicata, Trentino,
Abruzzo, Sardegna e Friuli Venezia Giulia messi insieme.
Insomma, la tentazione era forte. Spiega il ministro dell'Istruzione: «Molti ragazzi andavano lì e abbiamo deciso di farlo anche noi». Del resto, aggiunge, lei ha «una lunga consuetudine con il
Sud. Una parte della mia famiglia ha parenti in Cilento».
 
Certo, è a quasi cinquecento chilometri da Reggio. Ma sempre Mezzogiorno è. E l'esame? Com'è stato l'esame? «Assolutamente regolare». Non severissimo, diciamo, neppure in quella sessione. Quasi 57% di ammessi agli orali. Il doppio che a Roma o a Milano. Quasi il triplo che a Brescia. Dietro soltanto la solita Catanzaro, Caltanissetta, Salerno. Così facevan tutti, dice Mariastella Gelmini. Da oggi, dopo la scoperta che anche lei si è infilata tra i furbetti che cercavano l'esame facile, le sarà però un po' più difficile invocare il ripristino del merito, della severità, dell'importanza educativa di una scuola che sappia farsi rispettare. Tutte battaglie giuste.

 

Giustissime. Ma anche chi condivide le scelte sul grembiule, sul sette in condotta, sull'imposizione
dell'educazione civica e perfino sulla necessità di mettere mano con coraggio alla scuola a partire da
quella meridionale, non può che chiedersi: non sarebbero battaglie meno difficili se perfino chi le
ingaggia non avesse cercato la scorciatoia facile?

 

Gian Antonio Stella
Fonte il corriere della sera 04 settembre 2008

 


IL COMMENTO di Pino Corrias 

 
Gelmini, regina d’esami

 

Poveri ingenui. Ancora lì a menare scandalo che una ministra berlusconiana, la molto materna Mariastella Gelmini, dicastero dell’Istruzione, bresciana con l’accento del Lago di Garda, reginetta dei grembiuli e della meritocrazia scolastica, imbrogliasse chilometri e smagliature burocratiche per correre da Brescia a Reggio Calabria a sostenere l’esame di Stato per diventare avvocato. Ovvio che l’ha fatto, dice lei. Laggiù era più facile passare l’esame. Si promuoveva il 93 per cento dei candidati, mentre nel gelido Nord passava solo il 31 per cento (dati dell’anno 2001). “Avevo fretta. E la mia famiglia di poveri agricolotori - aggiunge con tocco di melodramma sociale - non poteva mantenermi ancora a lungo”.

Ma come?, sostengono i poveri ingenui. Con quale coraggio, sei anni dopo, sdraiata tra i velluti del ministero, annunciando tagli per 87 mila posti di lavoro, discetta di merito e rigore scolastici, lei che li scansò rifugiandosi al Sud? Con che faccia accusa d’insipide scarsità culturali i professori meridionali, lei che addirittura viaggiò una notte per riempirsene il piatto? A che titolo si impanca contro il lassismo, contro gli eccessi del buonismo didattico e dell’utopia egualitarista, tutti veleni del molto odiato Sessantotto?

Poveri ingenui. Quel che tra voi è un disdoro - la furbizia, il silenzioso imbroglio di saltare una fila, il piccolo furore di agguantare a tutti i costi un vantaggio, falsificare un bilancio, evadere le tasse, irridere una regola o perlomeno aggirarla - per altri è un vantaggio e un merito. Il più luminoso dell’Era italiana che ci tocca vivere. Nella quale il primissimo cittadino, dribblando prescrizioni giudiziarie, viaggia dentro l’ammirazione dei suoi elettori, circondato da almeno due dozzine d’avvocati. Tutti agguerriti e furbi quanto la furba Gelmini.

Fonte il cannocchiale.it

    (la repubblica di tersite del 1 ottobre 2008)

           - la repubblica di tersite -