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              Speciale elezioni amministrative Fabbrico Reggio Emilia / Europee 2009

 

 

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Sotto attacco il mondo del lavoro

L’internazionalizzazione della FIAT, necessaria al capitale per sopravvivere alla concorrenza globale, per il processo di concentrazione in atto dei mezzi di produzione, sarà pagato sempre dai lavoratori con nuovi licenziamenti e con il precariato di Stato.

*       di  Vito Feninno*

Qual è il tema che dovrebbe infiammare la campagna elettorale, sia locale che nazionale, se non il precarilavoro? La crisi economica e industriale in corso sta producendo un conflitto sociale più tra i lavoratori, come è successo a Torino con la manifestazione contro il rischio di licenziamento alla FIAT, che tra lavoratori e padroni.

La frattura tra lavoratori che contestano i confederali presenta una realtà ormai non più nascondibile: il senso di abbandono degli operai che si tramuta in rabbia non è più contenibile quando il proprio posto di lavoro è a rischio.

L’internazionalizzazione della FIAT, necessaria al capitale per sopravvivere alla concorrenza globale, per il processo di concentrazione in atto dei mezzi di produzione, sarà pagato sempre dalla classe operaia con nuovi licenziamenti  –  “graduali” dice Merchionne , per frenare la rabbia dei lavoratori: il capitalista dal volto umano ! -  e con l’estensione dell’applicazione del modello Chrysler con meno salario e meno diritti: 19 dollari in meno al giorno, 45 minuti  di lavoro al giorno non pagati, blocco degli scioperi per 5 anni e trasformazione del  55% fondo pensione e sanitario dei lavoratori in quote azionarie nel capitale aziendale.

Cioè, come in ogni crisi, va di scena la democratizzazione o socializzazione delle perdite e la privatizzazione dei profitti.

La politica riformista e liberista esplosa dopo la caduta del muro di Berlino, seguita al referendum abrogativo della scala mobile del 1984 – promosso dal socialista Craxi - ha portato sistematicamente un attacco corrosivo alle garanzie sociali e salariali conquistate con la lotta dei lavoratori.

Le successive politiche economiche dei governi conservatori e progressisti hanno dispiegato tutta la loro forza ideologica per convincere i lavoratori a “remare dalla stessa parte” per far continuare la navigazione della nave capitalista: la ciampiana politica dei redditi del 93 (contrattazione di secondo livello dei salari legati ad incrementi produttivi per le grosse imprese e adeguamento dei salari non all’inflazione reale ma a quella programmata), la diniana riforma delle pensioni del 95 (passaggio dal sistema retributivo a contributivo), la legge 30 sulla flessibilità-precarietà del lavoro (“meglio un lavoro precario e poco remunerato che disoccupati”, diceva la propaganda capitalista), la riforma sui centri dell’impiego e la cancellazione degli uffici di collocamento con l’introduzione del lavoratore in affitto, la riforma Maroni delle pensioni a 60 anni e da ultimo la nuova riforma sulle pensioni del “democratico” ministro Damiano con l’innalzamento dell’età pensionabile tramite l’ingannevole marchingegno delle quote. E la futura equiparazione dell’età pensionabile delle donne a quella degli uomini.

Venticinque anni di politiche contro il mondo del lavoro e dei lavoratori, in nome del riformismo. In nome di remare tutti dalla stessa parte, in quanto “stiamo tutti sulla stessa barca”.

Un riformismo truffaldino che illudendo la classe operaia ha prodotto un impoverimento dei salari e delle condizioni sociali. L’ideologia riformista fondata falsamente sul binomio aumento dei salari legata alla crescita economica è sbagliata in premessa perché la prova la certifica l’OCSE quando scrive che i lavoratori italiani sono i meno retribuiti tra i paesi occidentali: siamo al 23° posto e con il 44% di salario in meno degli inglesi, il 27% dei tedeschi, il 17% dei francesi. E la ricerca di BanKitalia che rincara dimostrando che negli ultimi 15anni il 95% della ricchezza prodotta è andata al capitale – autonomi, dirigenti e imprese - e non ai lavoratori.

Se aggiungiamo che la nuova piattaforma contrattuale del 2009 ha spostato l’aumento del salario tutto alla contrattazione di secondo livello e cioè territoriale anche per le aziende minori attraverso benefici fiscali e contributivi sulla parte del salario contrattata in azienda determinando un aumento delle differenze salariali tra lavoratori e con un relativo peggioramento delle condizioni dei lavoratori più deboli vista anche la piccola dimensione delle imprese italiane; bloccato i contratti per 3 anni e non più per 2 – alla LANDINI di FABBRICO  4 anni – e che il recupero dell’inflazione è calcolato non più sull’inflazione programmata dal governo – già penalizzante - ma su quella europea sterilizzata dal tasso energetico, cioè la perdita di potere di acquisto e l’onere di evitare che aumenti del prezzo dei beni energetici si traducano in inflazione ricadono per intero sui lavoratori e Il recupero avviene con ritardo, dato l’allungamento del periodo di validità dei contratti non garantendo la difesa reale del potere d’acquisto dei lavoratori.

I benefici fiscali e contributivi tendono  certamente a favorire il secondo livello di contrattazione in alternativa a quella nazionale. Ma i benefici fiscali possono produrre una perdita di volume delle entrate fiscali e contributive perché se con il cuneo fiscale il lavoratore beneficia del premio produttivo è altrettanto vero che l’azienda non ha costi aggiuntivi in termini contributivi. E queste mancate entrate contributive è certo che preluderanno a successivi tagli delle prestazioni pubbliche.

Tutto ciò con la conseguenza di spostare, del tutto impropriamente, dall’impresa ai lavoratori i rischi legati alle fluttuazioni cicliche e l’onere di migliorare la competitività.

Non siamo mai stati sulla stessa barca, nemmeno quando le cose andavano bene, come ho cercato di documentare. La barca capitalista non ci porterà egualitariamente tutti insieme – imprenditori, banche e lavoratori - fuori dalla crisi. Le disuguaglianze saranno più acute e accentuate come dimostra il nascente conflitto sociale che sta infiammando le piazze del Paese.

Se il PD ha avallato le politiche di moderazione salariale sui temi caldi della contrattazione, dell’economia, del lavoro ha consumato sconfessando tutto il suo originario patrimonio di forza di sinistra, Rifondazione Comunista non smetterà di lottare a fianco dei lavoratori veri protagonisti di un futuro migliore.

 Anche se tutto gira a rovescio. Il sole non tramonta ancora a est.

Fabbrico 03 giugno 2009

(*Coordinatore per PRC di Fabbrico, Vito Feninno)

 

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