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 Storia di un padre separato

 

 

 

 La redazione de "la repubblica di tersite" ha ricevuto diversi contatti con il titolare del sito web "la paternità" ha preso visione del dramma che migliaia di padri vivono dopo la separazione ed è giunto alla consapevolezza che a questa ingiustizia va resa una più diffusa visibilità e pertanto è lieta di darne pubblicazione.

Storia di un padre separato

di Fabio Barzagli

 

data: 25.09.2008
Lettera alla Redazione

padri separati: liberi di esistere


    Egregi Signori,

inizio questa lettera citando l’Art.3 della Costituzione Italiana - “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana

In breve poi racconto la mia storia: avevo 26 anni, fidanzato da 3 quando di comune accordo io e la mia compagna frequentammo dei seminari sui valori tradizionali della famiglia e propedeutici al matrimonio. A 27 anni mi sposai e poco dopo diventai padre.

Secondo il nostro vivere ed i nostri equilibri ero capifamiglia in quanto provvedevo, in particolare per la prole, a determinare le decisioni più importanti ovviamente da buon padre dopo aver ascoltato tutte le voci e opinioni. Un ruolo di responsabilità e non facile ma in fondo affine al mio carattere e complementare alle richieste di mia moglie che, ella stessa, mi sollecitava in tal senso. Questo si tramutava in una mia maggiore attenzione ad esempio negli aspetti educativi di mia figlia, pertanto ai pasti e per andare a letto ero la persona che le stava accanto o ad esempio al primo anno di nido mi occupai dell’inserimento assieme ai maestri e maestre d’asilo.
                
A 28 anni mia moglie mi tradì con un ragazzo ben più giovane e dopo poco se ne andò a stare altrove. Da li è iniziato il calvario che dura da 6 anni.

In questo interminabile tempo ho scoperto che lo Stato non tutela la paternità, i padri ed il ruolo paterno. Non ho potuto infatti proseguire il mio compito genitoriale perché mi è stato tolto quasi tutto il tempo con mia figlia (un solo pomeriggio la settimana) e soprattutto il mio importante compito di capofamiglia; eppure secondo il principio della bigenitorialità - “si smette di essere coniugi ma non di essere genitori” - questo non avrebbe dovuto accadere.

Tutti questi eventi da 6 anni incidono gravemente sulla mia felicità e “sviluppo di persona umana” (art.3), contribuiscono e conducono inevitabilmente alla perdita di autostima, alla non realizzazione, alla depressione, frustrazione, repressione di emozioni e capacità umane.

Per rendervi l’idea posso dirvi che mi sento a tutti gli effetti come un normodotato obbligato a muoversi in carrozzina. Pazzesco vero? O forse pensate che l’uso degli affetti sia secondario a quello delle gambe? Avete mai provato? Vi assicuro che come le gambe sane si atrofizzano se inutilizzate, lo stesso vale per l’amore e per l’affetto, si atrofizzano, diventi uno sconosciuto a te stesso, quando vedi i tuoi figli una volta la settimana la mente crea dei meccanismi di protezione che nei 6 giorni restanti (per non parlare dei mesi durante l’estate) ti fa dimenticare di essere padre: altrimenti impazziresti.

La legge 54/06 non è sufficiente. I giudici continuano a trattare i padri come numeri. Non guardano alle abitudini famigliari passate, non guardano alle capacità, ragionano secondo le loro opinioni personali e non secondo le situazioni e le persone che hanno davanti, si sono persi nel loro dentro dimenticandosi che per giudicare bisogna guardare anche fuori e saper osservare bene. Sono degli insensibili, ingiusti, a volte tirannici.

Il tutto magari per dare i figli (come nel mio caso) ad una madre che, imprenditrice, nemmeno ha il tempo di accompagnarli a scuola, perciò chi li tiene o accompagna è il suo fidanzatino, e questa è una beffa perché io da anni chiedo di fare il padre e mia figlia che cresce lo chiede oggi anche lei.

Invito tutti i cittadini, politici, dirigenti, professionisti di qualunque ordine e grado di adoperarsi per far si che l’articolo 3 della costituzione italiana venga rispettato, anche per i padri, dando loro la possibilità di continuare a svolgere il loro importante ruolo personale e sociale anche dopo una separazione, e non di sbatterli fuori dalla loro famiglia e dalla loro vita come un oggetto che si è usato e che ora non serve più. Un pacchetto di gomme, uno spazzolino, un computer rotto non hanno sentimenti, un padre si e se li calpesti lui soffre, si deprime, alla fine muore dentro e a volte anche fuori.


Fabio B.
www.paternita.info
giovane@email.it

PS. Autorizzo e chiedo la diffusione
      di questa lettera e riferimenti internet

(La repubblica di tersite, 1 ottobre 2008)

 

link collegato:

Lo Stato non tutela la paternità

- la repubblica di tersite -