la nostra provincia nei detti milanesi

I detti milanesi  fanno spesso riferimento alle nostre zone.
Oltre al noto " Andà de Vares" che significa decadere sotto ogni aspetto, abbiamo i " sciabalitt de Vares" ,  coloro che a causa di una
scarsa alimentazione e vivendo in ambienti malsani soffrivano di scrofola e rachitismo.

Un detto si riferisce anche ai matti " Ul matt de Varès, al cumpra a vòtt e al vend a ses", con perdita secca sicura.

Per un manufatto male eseguito o in cattiva condizione si diceva " l'è ona roba de Varès" oppure " l'è ona varesada".

 " Andà a Robarell"  indica chi ruba, probabilmente per la semplice omonimia come il simile "Andà a Grattasoeuj";
spostandoci nei dintorni troviamo "Malnà malvivent, bona tera e cativa gent"  ma anche, lì vicino,
" Bizzozzero, Gurone con Vedano empievan le prigioni di Milano". In milanese, ma anche in bosino, vi é " malnatt" che significa brutto
elemento, screanzato, maleducato; ma c'entra qualcosa Malnate?.

Per gli abitanti sui confini " Gent de confin, o lader o assassin"  perché compiuto il misfatto potevano nascondersi in un altra nazione.

Andando verso sud troviamo " A quij de Bust e Gallarà, tocchegh-sù la man e lassi andà" ovvero diffida di questi abitanti oppure
" Quij de Bust e de Legnan tegnen in pée la forca de Milan", tutti derivati da campanilismi del tempo passato.

" Va on poo su la brughera de Gallaraa" significava vai al diavolo; la brughiera era un terreno incolto i cui arbusti servivano per confezionare scope.

"Vess de Bust" significava essere un babbeo, ma aggiunge il Cherubini elencando industriose famiglie < danno solenne smentita a questo dettato >
La furbizia dei bustocchi era ricordata quando veniva applicato uno stratagemma particolarmente astuto, tale  soluzione veniva chiamata
" la pest de Büst".
Si narra che nel medioevo quando le bande di soldati si avvicinavano alla città ed ai suoi celebri vigneti venivano issate nelle vicinanze
del paese cartelli con raccapriccianti disegni e la scritta < borgo appestato>, perché, alla vista di tali cartelli, le soldatesche avrebbero
cambiato direzione, preservando il borgo dal saccheggio.

" Andà a toeu quij de Bùst", " Ghe voeur quèi de Bùst" e "Ciamà quij de Bùst": ci si riferisce in particolare ad un locale che risulti troppo piccolo per lo scopo a cui é destinato; una vecchia leggenda narra che alcuni ingenui si sarebbero illusi di spostare delle pareti a forza di spallate ma alcuni buontemponi sparsero dei fagioli sul pavimento e tali fagioli diedero l'illusione che le pareti si spostassero. Prese anche il significato di voglio fare ma non posso.

" Tre dònn fann el mercàa de Saronn", ed in bosino "Un òca e dó donn fann ur marcàa da Saronn", per descrivere la confusione generata dal loro cicaleccio simile a quello di un importante mercato.

Per coloro che vivono sui fiumi vale il detto " Gent de rivera, gent de galera", probabilmente perché i fiumi, per noi il Ticino, segnavano il confine quale rifugio per coloro che dovevano regolare conti con la giustizia.
E' comunque bene puntualizzare che spesso il nome della località veniva usato solamente in funzione della rima, senza alcun collegamento storico.

pubblicato su rmfonline.it il 23/11/2012