Peritonite Infettiva Del Gatto (FIP)

 

È una malattia infettiva virale esclusiva della specie felina (a patogenesi progressiva di tipo immuno-mediato). È considerata endemica negli ambienti ad alta intensità di animali perché occorre uno stretto contatto per la diffusione del contagio. Nella maggior parte dei casi (clinicamente manifesti ) questa malattia ha esito fatale, ma la sua biologia è poco conosciuta e la prevenzione è difficile.  È data da un ceppo di retrovirus noto come FCoV (Feline Corona Virus).

 

Tale virus si differenzia in due biotipi a differente patogenicità:

l’innocuo FECV (Feline Enteric Corona Virus), e il più aggressivo FIPV (Feline Infections Peritonitis Virus). Il FECV, infatti, costituisce il gruppo dei comuni virus enterici, simili al coronavirus canino, questi sono facilmente isolabili e generalmente provocano infezioni lievi o subcliniche, ma possono

provocare per mutazione forme fatali di FIP.

 

 

 

IL  Virus e La Sua Resistenza

 

I coronavirus sono riscontrati comunemente nei mammiferi ( dove causano una forma di “raffreddore” nell’uomo, la gastroenterite trasmissibile del suino, la diarrea del bovino ed altre condizioni patologiche ) e degli uccelli (dove danno origine alla bronchite infettiva del pollo e alla blu-comb disease del tacchino). Sono virus dotati di envelope, con un genoma RNA di circa 30 kilobasi di lunghezza, il che ne fa il più grande di tutti i genomi RNA. Dal momento che il genoma coronovirale ospita circa 30.000 nucleotidi, ognuno dovrebbe differire dal successivo almeno in un punto. Quindi, non esistono due particelle di corovavirus genomicamente identiche. Ciò significa che non esistono due casi di FIP causati da virus identici e che la trasmissione orizzontale, cioè quella da gatto a gatto, è l’eccezione piuttosto che la regola.

Il FIPVirus sopravvive ad una temperatura ambientale di 21°C su Superfici asciutte ( es. ciotole, vaschette, lettiere, abiti, scarpe, etc.) per un periodo variabile da 2 a 6 settimane; è instabile al calore, ai solventi, ai detergenti non-ionici, ai Sali quaternari d’ammonio, alla formaldeide e ad agenti ossidanti. La candeggina in soluzione 1:32 è il disinfettante ideale per la neutralizzazione di questo come altri virus.

 

  

Recettività

 

Oltre al gatto domestico, il virus della FIP infetta, in condizioni naturali,la maggior parte delle specie appartenenti alla famiglia Felidae. È  stato osservato in leoni e in ghepardi.

 

 

Trasmissione

 

Non esistono certezze al riguardo. Il FIPvirus inizia a replicarsi nelle membrane peritoneali, quindi la via di penetrazione più probabile è certamente quella orale; contatti con feci, saliva o secrezioni nasali contaminate. Attuali ricerche hanno dimostrato che la FIP non è usualmente contagiosa da gatto a gatto, nè contagiosa per via orizzontale, mentre lo è il coronavirus enterico

( FECV che si muta poi in FIPV), quindi attualmente i ricercatori sono orientati verso la non-necessità di isolamento del soggetto che ha la malattia in fase conclamata.

 

 

Patogenesi dell’infezione da FIP

 

Nella prima fase dell’infezione, il virus, sembra replicarsi sia nelle cellule epiteliali dell’orofaringe e delle vie respiratorie superiori che negli enterociti maturi dei villi del piccolo intestino. L’infezione decorre in maniera subclinica o con lievi segni respiratori. In seguito alla produzione d’immunoglobuline (Ig G), si verifica la formazione di complessi virus-anticorpo con conseguente captazione e infezione dei monociti. All’interno dei monociti, il virus viene trasportato nell’organismo e penetra nelle aree perivascolari. La perivascolite che ne risulta rappresenta la lesione iniziale osservabile nelle sezioni istopatologiche. Si tratta di un processo infiammatorio intenso, distruttivo, in grado di ledere le pareti vasali così da permettere l’essudazione di siero ad elevato contenuto proteico nelle cavità corporee (peritoneale e pleurica). La fase viremica dura 2-4 settimane. A seguito della risposta all’esposizione al virus, i gatti possono essere inquadrati in una delle seguenti categorie:

1.     con viremia persistente (progressione)

2.     Con viremia transitoria (regressione) → infezione latente

3.     Con viremia transitoria (regressione) → estinzione dell’infezione

 

Circa il 33 % dei gatti esposti al virus sviluppa una viremia persistente e manifesta i segni clinici di tale infezione, che darà la morte entro 3-5  anni.

 

 

Segni Clinici

 

Nelle infezioni “primarie” da  FIPV alcuni animali possono manifestare lievi segni clinici a carico delle vie respiratorie superiori, caratterizzati da starnuti, scolo oculare e nasale. Queste manifestazioni cliniche sembra  siano transitorie, i gatti guariscono pur restando persistentemente infetti ed eliminatori del virus.

 

Possiamo avere gatti in cui si sviluppa la forma “disseminata” di FIP, in cui si ha un graduale instaurarsi di febbre, anoressia e perdita di peso, pelo arruffato ed , eventualmente, l’accumulo di fluido nella cavità peritoneale e toracica; oppure si può avere la forma effusiva: La  febbre è persistente e non sensibile alla terapia antibiotica  e antipiretica. I segni clinici possono riflettere l’interessamento specifico di un organo, per esempio segni neurologici centrali, interessamento oculare ed enterite. Altri organi interessati sono il fegato, il pancreas ed i reni. La FIP rappresenta probabilmente la causa più comune di epatopatia e itterizia (nello stadio terminale). Inoltre la FIP può provocare disordini riproduttivi e mortalità neonatale.

 

 

Diagnosi della FIP

 

La diagnosi non è sempre facile. L’indirizzo verso la FIP la dà l’esame clinico. Sono disponibili numerosi test sul rilevamento di anticorpi anti-coronavirus,ma nessuno di questi, da solo, è diagnostico per la FIP. L’analisi del siero solitamente svela un aumento delle proteine totali e degli enzimi epatici. L’esame emocromocitometrico completo e la formula leucocitaria forniscono risultati variabili e non diagnostici. Molto spesso non è attendibile neanche la rilevazione di un aumento del titolo anticorpale perché spesso, negli stadi terminali della malattia, si assiste ad una diminuzione dei loro valori.

 

 

Trattamento

 

Il trattamento è sintomatico e la prognosi è molto riservata o infausta. Ancora non si è trovato un modo per immunizzare i gatti dalla FIP infatti spesso un tentativo di immunizzazione non solo non li protegge, ma li predispone alla malattia stessa diminuendo i tempi di incubazione infatti dopo la vaccinazione sono sufficienti a scatenare la malattia pochi giorni contro 21 giorni dalla postesposizione. Ultimamente un equipe giapponese ha pubblicato risultati incoraggianti riguardanti l’interferone felino ricombinante, con un follow-up di 2 anni. L’interferone è somministrato per via sottocutanea alla dose di 1.000.000 di unita chilo, ogni due giorni, fino alla scomparsa dell’ascite da 3 a 8 iniezioni: su 12 gatti ne sono guariti 4. Vorrei ricordare inoltre che la FIP è spesso associata alla FeLV.

 

Di fronte a questa malattia che in effetti non rispondeva a nessuna terapia e considerando che, nei casi specifici, non avevo la disponibilità dell’interferone e volendo salvare a tutti i costi l’animale, le mie riflessioni sono state rivolte alla ricerca di un quid che potenziasse le difese immunitarie del gatto. Da studi sull’immunologia e da esperienze pratiche sui suini ho ricordato che l’inoculazione per via intramuscolare di sangue, prelevato dallo stesso animale (per evitare incompatibilità di gruppo sanguigno), provoca una maggiore produzione di linfociti.

 

Ho messo in atto questo mio pensiero, col consenso del proprietario. I risultati mi hanno dato ragione per più casi, ma ancora gli studi devono essere approfonditi. Alcuni dei soggetti salvati hanno superato i 2 anni dalla guarigione. Uno solo su 10 dopo 2anni ha avuto una ricaduta con una grave forma respiratoria;

 

Descrizione di alcuni casi

 

1°caso SEGNI CLINICI: L’animale alla visita presentava: anoressia, astenia, dimagramento, disidratazione, febbre 40°- 41°C costante per 4 giorni consecutivi  nonostante gli fossero stati somministrati antibiotici e antipiretici (sia cortisonici che FANS). Dopo 4 giorni di malattia è comparso l’ittero  che si eccentuava di giorno in giorno. Nella stessa famiglia un altro gatto l’anno precedente è morto in 10 giorni con gli stessi sintomi e anche lui non aveva risposto a qualsiasi tentativo di terapia. Al gatto in questione è stato fatto un prelievo che è stato analizzato  utilizzando un kitche determinava il titolo degli anticorpi IgG nel gatto per Feline Corona Virus (Infectius peritonitis- FIP);è un test molto sensibile In ELISA che rileva gli anticorpi nel siero.

 

Al primo prelievo non è stato possibile fare la conta dei globuli Bianchi perché il siero appariva come una massa bianca lattescente non meglio identificabile anche dopo centrifugazione.

 

Comunque risultava Coronavirus positivo e si è trovata positività anche nei confronti della FeLV  (Leucemia felina). I  globuli rossi in numero di 4.500,  le GOT = 73, le GPT = 31.

 

E’ stato rieseguito il prelievo dopo l’emoterapia e si è notato che i globuli bianchi potevano essere conteggiati, il corona virus risultava  ancora positivo, ma la FeLV è risultata negativa. Con la biologa ho supposto che la “Massa bianca” poteva essere data da proteine virali solubili circolanti con azione immunodepressiva diretta, inoltre la natura immunomediata della FIP porta ad una iperproduzione di  gamma globulina. Ma a proposito  devono farsi ancora molti studi.

 

  

 

2°caso SEGNI CLINICI:l’animale alla visita presentava: anoressia, astenia, dimagramento, disidratazione, temperatura a 39.5°C. Dopo 5 giorni di terapia sintomatica e antibiotica, compare l’ittero e si appalesa una sintomatologia riguardante l’apparato respiratorio con bronchite e scolo purulento incrostante le narici. Ripulite le narici dalle incrostazioni vi è stata abbondante epistassi. Dall’anamnesi abbiamo saputo che un compagno di questo gatto è morto 10 giorni prima con una forma paretica.

 

 

3°caso SEGNI CLINICI. L’animale presenta alterazione dell’equilibrio nella deambulazione e midriasi. Il soggetto urta contro gli oggetti testimoniando uno stato di cecità.

 

 

TERAPIE: inizialmente terapie sintomatiche rivolte a malattie cerebellari/meningitiche più soluzioni reidratanti e vitaminiche. Dopo qualche giorno di insuccesso terapeutico si è avuta anche in questo caso la comparsa dell’ittero e visto che le condizioni dell’animale optavano per una prognosi infausta e i dati di laboratorio lo davano “Coronavirus” positivo, ho effettuato l’Emoterapia.

 

 

4°caso SEGNI CLINICI. Un gatto soriano nero, di anni sette, castrato all’età di due anni si presenta con abbattimento, addome gonfio e vescica piena. Alla palpazione addominale manifesta dolenzia. La temperatura è molto elevata: 40.9°C. Essendo un gatto castrato con i segni clinici su indicati, sospetto la FUS(sindrome urinaria felina), per cui eseguo la terapia idonea, ma il giorno successivo presenta un peggioramento. La temperatura è sempre alta(40.5°C), inoltre compare il vomito e la vescica si presenta vuota. Noto, inoltre, la comparsa del colorito leggermente itterico della nittitante. Eseguo prelievo che viene analizzato dall’analista Dott. Lo Monaco Daniela e vedo che i parametri renali sono nella norma mentre le transaminasi sono elevate per tre, quattro volte il normale. Inizio una terapia reidratante/disintossicante e cambio antibiotico. Al terzo giorno la temperatura è ancora ferma a valori alti e l’animale è notevolmente abbattuto, anarettico e la colorazione itterica si eccentua anche sulla cute. Di fronte a questi segnali ho pensato ad una forma virale (in particolare alla FIP) tanto più che nella stessa famiglia un altro gatto, poco meno di un anno prima, è morto presentando un’uguale sintomatologia. Anche in questo caso ho eseguito l’Emoterapia con buoni risultati.

 

Ho curato ancora circa dieci casi che qui non descrivo perché simili a quelli già esposti.

 

              COS’E’ L’EMOTERAPIA

 

E’ una terapia nata dal senso di impotenza che dà la FIP, infatti visto che qualsiasi farmaco esistente risultava inefficace ho pensato di stimolare le difese proprie dell’organismo. Il mio intento è stato quello di stimolare l’aumento dei linfociti e la prospettiva di introdurre nell’organismo il VIRUS della FIP per una via non usuale al virus stesso,così da poter essere più facilmente riconosciuto come agente estraneo e quindi aggredito...  

 

Per chi volesse ulteriori informazioni sull'emoterapia, può acquistare la monografia edita da "Edizioni La Nereide" di Raffaella Mauceri, scrivendo a ferluisa.vet@virgilio.it