SOMALIA UN PAESE DIMENTICATO

 
Avevo scritto questa monografia dieci anni orsono, appena rientrato dalla Somalia. Diversi impegni, vincoli famigliari e quanto altro possa condizionare la vita di un uomo mi hanno portato a lasciar dormire il file sull'Hard Disk del mio computer. 

Giorni orsono ho letto della profanazione del cimitero italiano a Mogadiscio, proprio quel cimitero che noi soldati italiani della fine del Novecento avevamo con cura risistemato e curato. 

Un oltraggio ai morti nell'assoluto dispregio di un etica comune ed universale, accettata e condivisa da tutti i popoli e da tutte le religioni, profanata dalla cieca bestialità di pochi con un atto che non può essere lasciato morire fra i fatti di poca importanza. 

Quei cadaveri erano gli italiani che con tanto amore all'inizio del Novecento hanno vissuto con i somali e per i somali come cercherò di dimostrare con le pagine di questa monografia, concittadini di quegli stessi italiani - uomini e donne - che dalla fine del 1992 alla primavera del 1994 sono tornati in Somalia e parte di loro, peraltro molto giovani, vi hanno lasciato la vita in nome di un ideale di rispetto e garanzia dei diritti umani. 

Un omaggio che è diretto anche a coloro che appartenenti al mondo del volontariato civile  e della Cooperazione Italiana ancora cercano  di portare avanti interventi di aiuto a favore di un popolo ormai allo sbando e senza Stato, molti dei quali anche essi morti fra le sabbie che circondano l'Uebi Scebeli.

Voglio riproporre questa storia rivivendola e per quanto possibile facendola vivere a chi leggerà. Per questo scriverò al presente come se quei giorni non fossero mai passati e i nostri morti fossero ancora vivi. 

Il popolo somalo è ormai stanco di combattere e sta emarginando i "Signori della Guerra" che con le loro bande ancora imperversano nel Paese. La Somalia nel novembre del 2004 a Nairobi sembra aver ritrovato una identità nazionale. E' stato creato un Governo, sono stati nominati ministri. Forse siamo di fronte ad una svolta storia. 

Se così fosse queste pagine potrebbero rappresentare una modestissima testimonianza storica dove individuare possibili riferimenti ad un passato che forse per taluni aspetti non andrebbe completamente cancellato.    

 PREMESSA

Mogadiscio, 20 dicembre 1992 . Dopo 70 anni le Forze Armate italiane rientrano in terra somala nell'ambito di un'Operazione Internazionale di Peace Keeping sviluppata sotto l'egida delle Nazioni Unite, l'Operazione Restore Hope. 

La prima impressione, immediata e concreta, è stata che i somali aspettavano i loro amici italiani. Quel popolo ci ricordava con affetto e cercava di dimostralo rivolgendosi a noi in italiano, lingua tramandata da generazione in generazione per ricordare qualcosa che sicuramente non odiava. 

Percorrendo le strade di Mogadiscio ormai in rovina, percorrendo la via Imperiale e muovendosi lungo le rive del fiume Uebi Scebeli immediata è stato il bisogno di approfondire cosa fosse avvenuto in quella terra nel passato con il coinvolgimento di noi italiani. Troppe erano, infatti, le tracce significative del nostro passaggio, a partire dalla strada che attraversava la Somalia da nord e sud dimostrando con la sua struttura l'impegno italiano.

I giovani militari caduti il 2 luglio 1993, coloro che quel giorno sono stati feriti e tutti gli altri che hanno sacrificato la loro vita, militari e civili, nella scelta del sacrificio pur di adempiere al compito ricevuto, unitamente alle notizie di oggi sull'oltraggio compiuto sulle salme dei nostri connazionali, spingono ancora di più a rendere omaggio a costoro attraverso questo modestissimo racconto.  liberi  da ogni preconcetto di parte, ma solo cercando di proporre una sintesi di quanto vissuto. Si cercherà, quindi, di non commentare, proponendo una sintesi di quello che è stato un momento della storia italiana recente, affinchè il lettore possa trarne proprie opinioni.

Un modesto omaggio a tutti coloro che hanno dedicato la loro esistenza, fino all’estremo sacrificio,  a questa Nazione travagliata, che possa in qualche modo rappresentare anche un riferimento  per i giovani, troppo spesso cresciuti senza cultura per il nostro passato, qualunque esso sia stato. 

Un grazie a mia  moglie ed ai miei figli che  hanno pazientemente sopportato la mia lontananza  concedendomi l'opportunità di vivere un'esperienza che sicuramente mi ha arricchito come uomo e come italiano .

Un pensiero, infine, agli amici somali,  che con i loro racconti mi hanno consentito di rivivere il passato e a farmi sentire   spesso  orgoglioso erede di coloro che per questo popolo tanto hanno fatto.

 
SOMALIA 1993

PROLOGO

1889 nasce la SOMALIA italiana che   trova il suo definitivo assetto negli  anni '20 .

1992 - dicembre. Inizia l'Operazione "RESTORE HOPE" ,  un'operazione militare voluta dalle Nazioni Unite e che ha coinvolto americani, francesi, belgi, canadesi, pakistani  ed italiani per tentare di riaffermare i diritti umani a favore del popolo somalo ormai allo stremo. 

Per gli italiani un ritorno in una terra amica dove agli  inizi del '900 massiccia era la presenza italiana, rinnovata  negli anni '50. Un ritorno  alle soglie del 2000 che li porta a ripercorrere strade, terre, città , già note ai nostri nonni e ai nostri padri.

 Un viaggio, però,  che immediatamente ha qualcosa di irreale, di assurdo per quanto si presenta agli occhi del viandante in particolare se ricorda i contenuti dei libri di storia su quello che era stata la SOMALIA di pochi anni  prima .

La capitale,  Mogadiscio  ridente cittadina affacciata sul mare , Johar isola verde che spicca improvvisamente  dalla savana arida ed assolata. Itala, Chisimaio, solo un ricordo ormai non più connotabile. Tutto scomparso  dove la devastazione incondizionata ha preso il posto  delle graziose villette dai tenui  colori pastello.

  In quei giorni invece si vedono solo rovine ed un popolo  affamato che si aggira fra quelle macerie, rovista fra i rifiuti ed è  pronto ad uccidere per un pugno di riso. Un popolo che erra sbandato ma che  guarda, però,  sorridendo all'italiano ritornato con occhi lucidi di gioia e che rispecchiano la speranza di poter essere aiutato.

Vedendo chi  in divisa si aggira in quei giorni  fra le strade di Mogadiscio e sulla via Imperiale all'ombra della Bandiera italiana, i giovani somali ricordano i racconti dei nonni. I vecchi somali avevano narrato degli italiani, ed ora i somali  osservano incuriositi quei soldati e quei civili cercando di individuare in loro il riscontro del racconto dei nonni con la speranza di trovare i vecchi amici di un tempo.

 Percorrere questa terra d'Africa in questo momento significa affrontare Un viaggio verso l'assurdo che offre al viandante incuriosito un paesaggio lunare, una terra che sembra disabitata da centinaia di anni e che evidenzia palesemente  mille problemi, mille ansie. Una terra preistorica.

   
LA SOMALIA

Nell'ambito delle culture africane la storia del popolo somalo assume dei connotati molto particolari. il somalo si distingue nettamente dagli altri popoli africani per la omogeneità delle  tradizioni politiche, territoriali, culturali e linguistiche.  

L'approccio dei somali nei tempi passati alla religione ed alle culture africane  - a differenza invece di quanto sta avvenendo oggi - non ha avuto mai un carattere oltranzista, in particolare per quanto attiene all'interpretazione della religione islamica, sicuramente laica a differenza di quanto, ad esempio, poteva avvenire ed avviene in  Sudan.  

Il Corno d'Africa, di fatto, rappresenta un'eccezione rispetto alla maggior parte del Continente africano ed in particolare  quel tratto di Costa Orientale che è  la Somalia, dove fino a poco tempo fa non si sono mai constatati comportamenti radicali.

 

Oggi invece il radicalismo sembra invece essersi appropriato anche dei somali ed essere entrato a far parte del loro comportamento abituale. Anche nei confronto dell'"amico italiano" nel momento che se ne profanano le tombe. Si è però convinti che il gesto sconsiderato, non sia attribuibile al popolo somalo ma a coloro che in Somalia cercano di ristabilire e sviluppare quanto non è più possibile in Afghanistan ed ora anche in Iraq.

Se cos' fosse l'offesa non sarebbe stata diretta contro

i morti italiani. Piuttosto potrebbe rappresentare un segnale

che gli analisti dovrebbero approfondire nei contenuti reali,

in quanto potrebbe essere l'inizio di una nuova minaccia globale.

 

Ritorniamo alla Somalia. Le città della costa  furono sotto il  dominio di arabi e persiani  fino a quando i guerrieri Bimal , stretti nell'entroterra, non decisero di migrare verso il mare .  Questi guerrieri probabilmente furono i progenitori dei somali anche se non e' possibile  affermarlo  con certezza , ma solo sulla base di ipotesi ricavate dall'esame di storie parallele e dalla testimonianza della cultura nomade che e' tramandata dal popolo somalo.

 Quasi sicuramente, fra questi trasmigatori,  vi erano anche i primi somali anche se esistono studi antropologici che arrivano ad affermare che la popolazione somala non sia di origine solamente africana, ma piuttosto originata dal coagulo di diverse etnie nomadi.

 Nella storia delle origini della Somalia è, in ogni caso, ricorrente una citazione : " Paese dei PUNT". Quello dei PUNT, inizialmente,  è il nome di una regione , di un territorio collocato tra il Nilo  ed il Mar Rosso, tra il Sukain e l'altopiano dell'Abissinia. Il nome del Paese dei Punt, va ricercato nella Bibbia, dove si descrive Cam,  uno dei figli di Noè  e dei suoi discendenti. Successivamente il territorio così chiamato arrivò  fino al Mar Rosso e fino alla Costa Orientale africana, comprendendo anche la Somalia.

Le origini della Somalia  sicuramente sono state influenzate dal mondo arabo e persiano fino al punto di far ritenere che fra il  X ed il   XIII secolo sia avvenuta una fusione fra somali ed arabi. In epoca tarda le due razze si sono, poi,  sovrapposte ai Galla che da tempo avevano soppiantato i Bantù  che in precedenza popolavano la regione .

 Si configura così la nuova Nazione somala nell'immensa regione dei Punt, che dal Golfo di Aden si estende a sud con i suoi 4000 km di costa sull'Oceano Indiano.

A partire dalla seconda metà del 1800 nel Paese è iniziata la penetrazione degli europei, prima i francesi seguiti dagli inglesi ed infine dagli italiani, che approdarono sulle coste somale verso il 1880.

La spartizione dei territori fra gli europei avvenne rispettando regole precise.  I francesi limitarono la loro penetrazione al territorio di Tadjoura  (Somalia francese, oggi Stato di Gibuti), mentre la Gran Bretagna e l'Italia si dividevano il Paese rispettivamente a nord ed a sud.

L'ingerenza inglese iniziò nel 1884 con l'occupazione della città di Berbera e Zeila fino a consolidarsi nel 1989 con la costituzione della Somalia britannica. 

Gli italiani iniziarono ad entrare nella regione tra il 1889 ed il 1890 sulla base di alcuni trattati bilaterali con cui venivano riconosciuti i protettorati di Obbia e Mingiurtina seguiti da interventi militari che portarono ad una sostanziale espansione fino all'occupazione di El - Ataleh, l'odierna Itala.

Cominciamo dunque a ripercorre questo territorio soffermandoci sulle tappe fondamentali rappresentate dagli insediamenti urbani più significativi, le città somale che ancora oggi, seppure attraverso la distruzione perpetrata nel tempo dalla follia umana , ci tramandano momenti significativi di storia. 

 

MOGADISCIO

MOGADISCIO  - HAMAR in somalo -.  la Capitale della Somalia fondata fra  il 900 ed il 950 .

Collocata  sulla costa dell'Oceano Indiano, in una posizione  scarsamente difendibile  perchè priva di barriere naturali contro  possibili nemici, una città di mare sprovvista, anche, di attracchi naturali  protetti.

Fondata nel terzo secolo dell'Egira all'inizio è  una colonia araba raggiungendo rapidamente  una struttura urbana ben determinata , divisa in due settori, uno arabo e l'altro arabo-persiano.

Varie dinastie locali si alternano  nel governo della città la cui decadenza inizia  dopo essere stata conquistata dagli  ABGALI.  Mogadiscio viene, infatti, divisa in due settori il quartiere degli Amaurini  e quello degli Scingali, un presagio di quanto avverrà in tempi moderni quando agli inizi del 1990 la città è stata divisa in due dalla "Linea Verde" che separava la zona sotto il controllo di Alimadi da quella di Aidid.  

Nel 1882 la città passa sotto il protettorato italiano e  nel 1905 diviene  ufficialmente sede del "Commissario Generale per la Somalia Italiana".  

La Mogadiscio a cavallo degli anni '20 è una cittadina ridente, abitata da 50.000 abitanti di cui 20.000 italiani. 

 Una città con una perfetta urbanistica. Case bianche immerse nel verde degradante  verso il Lido. Strade  ampie sulle quali si affaccino traverse popolate da  piccoli laboratori di artigiani.

Un Aeroporto (E. Petrella),  una stazione ferroviaria, una decina di alberghi decorosi ,  stanze con bagno,  tutti di nome italiano (Savoia, Modena Regina Elena), ottimi i ristoranti. 

Un servizio di taxi, agenzie di navigazione , un  Municipio,  l'ufficio postale e quello telegrafico, il Comando delle Forze Armate, un Ufficio Agrario, ed una Capitaneria di Porto con una Dogana. Anche un 'Ospedale Militare, il Palazzo di Giustizia e due banche, quella d'Italia ed il Banco di Roma.

Anche una Cattedrale. Maestosa, inaugurata il 1 marzo del 1928  con un'imponente facciata tra due campanili, alto ciascuno 87 metri , affacciata su un atrio    a sei archi ogivali. La pianta , abside quadrata e l'altare maggiore di marmo,  circondato da dipinti . Sull'altare la Madonna con il  Bambino scolpita da  Cesare Biscarra.

Sarti, tessitori, venditori di spezie vivevano in Mogadiscio. Una popolazione multiforme, varia e tipica di un mondo di origine araba, ma pronto ad accettare ed imitare la cultura occidentale. 

NON RIMANE PIU' NULLA 
 
Ricordiamo quello che era la Somalia di una volta
 
VISITIAMO LA SOMALIA COME SE NON FOSSE TRASCORSO IL TEMPO. IN QUESTO CASO IL PRESENTE E' DOBBLIGO

 

Da Mogadiscio parte verso nord e verso sud la strada Imperiale . Separata dalla foresta da due piste parallele, parte dalla città per attraversare tutto il territorio somalo da sud a nord. La strada è stata costruita  applicando  le  migliori  regole di ingegneria stradale, per  annullato il pericolo che fosse inondata dalle violente piogge monsoniche e per lo straripamento del fiume Uebi Scebeli. Ancora oggi resiste ed è percorribile abbastanza agevolmente anche se ormai da più di venti anni abbandonata a se stessa senza manutenzioni e riparazioni. 

DA MOGADISCIO VERSO SUD

Da Mogadiscio si raggiunge Danane e Merca percorrendo una pista carrabile costiera attraverso  la boscaglia verde e lussureggiante, immersa in una   savana generosa popolata da greggi di pecore e da mandrie di zebù. Frequenti i pozzi  , generalmente salmastri ma non inquinati.

 DANANE, piccola cittadina  costruita su uno sperone di roccia corallina. a picco sul mare.

 GENALE,  sede dell'Azienda Agricola Sperimentale del Governo coloniale italiano. Primo nucleo di una vasta zona di concessioni agricole per la coltivazione irrigua di banane, del cotone e di altri cereali. Molte le aziende agricole asservite ad un complesso sistema di irrigazione alimentato da una gigantesca diga costruita a sbarramento del Fiume UEBI sCEBELI

 

MERCA, 12.000 somali e 120 italiani.  Linda e bianca cittadina  sul mare con case a terrazza in puro stile arabesco. E' il secondo porto della Somalia , dopo Mogadiscio. Dispone di piccoli opifici fra cui uno stabilimento per l'imballo e la spedizione delle banane.

Città  portuale ma anche  industriale con i suoi 100 mulini per olio, con  le sue piccole industrie tessili per la fabbrica di tessuti multicolori in cotone e con i piccoli cantieri per la costruzione di barche per la pesca.

 Ed ecco il Giuba che  scorre in alcuni tratti pensile, con uno sviluppo di 875 km . La sua valle rappresenta un'importante via di penetrazione verso l'Etiopia ed il suo corso una delle principali arterie per i trasporti commerciali.

 

DA MOGADISCIO VERSO NORD - OVEST

La strada imperiale e la ferrovia per Afgoi sono le vie di comunicazioni più importanti attraverso le quali si arriva nella valle dell'Uebi Scebeli. in una delle zone più  fertili della SOMALIA.

Proseguendo  verso Nord Ovest si attraversano terreni ricchi d'acqua, sui quali sorgono villaggi di agricoltori somali e di  artigiani bravissimi nella lavorazione dei vasi  in terracotta.

 

 La strada procede salendo insensibilmente, snodandosi  in un terreno argilloso molto difficile da percorrere durante la stagione delle piogge. Verso Nord la presenza di acqua nel sottosuolo aumenta notevolmente e la vegetazione appare lussureggiante, di un verde intenso.

 BAIDORA , un'altra ridente cittadina,  collocata in fondo ad una valle boscosa e selvaggia,  sul ciglio del gradino calcareo dell'altopiano omonimo.

E' abitata da circa 10.000 somali e da 270 italiani e rappresenta  la prima cittadina importante che si incontra lasciando Mogadiscio,  verso nord.

Vi e' un ristorante, una stazione telegrafica, l'ufficio postale, un'infermeria con medico e farmacia. e  la residenza per il Governatore dell'alto Giuba  da cui dipende una  regione fertile e rigogliosa tanto da essere chiamata la "Svizzera della Somalia".

 La strada prosegue inerpicandosi dopo aver strappato alla boscaglia terreno essenziale. Attraversa villaggi agricoli , ed  addensamenti di  pastori nomadi.

Seguendola  il terreno argilloso scompare per lasciare il  posto ad una terra rossa e, quindi , ad una sabbia dello stesso colore, che preannunciano un'area pressocchè desertica.

Proseguendo verso nord si arriva a Belet  Uen. La strada è monotona anche se buona. La zona è interessante per la grande varietà di fauna africana.

 BULO-BURTI, a circa 200 km a nord di Mogadiscio, grosso centro agricolo, sulle rive del fiume Uebi Scebeli , al centro di una pianura arida,  brulla e battuta dai monsoni,  con  un importante mercato per le  pelli e la  pastorizia. La città è fortificata , dispone di un aeroporto, un ristorante ed un albergo di tutto rispetto. Attraversandola si passa oltre l'Uebi Scebeli su un ponte metallico (costruito dagli italiani) e seguendo la riva sinistra del fiume per arrivare a Belet Uen.

 BELET UEN, cittadina nel cuore della savana, sede di Residenza , socialmente attrezzata con   una farmacia, uno spaccio, una stazione del telegrafo ed un ufficio postale. Ospita  un importante mercato avicolo e fu uno degli ultimi capisaldi di resistenza del "Mullah Pazzo".

Percorrendo un un itinerario di circa 1400 km di buona strada tutta in rilevato, asciutta e percorribile anche durante la stagione delle piogge si raggiunge un'altra zona significativa per le risorse della Somalia. La prima cittadina che si incontra è  BUD BUD centro di pastori abgal, posta in un territorio pianeggiante, generalmente sabbioso ed assolato.

 La strada prosegue verso nord leggermente in salita. Frequenti le cisterne per l'accumulo i acqua, indispensabili per le popolazioni nomadi ed il paesaggio e' simile a tanti altri della Somalia, più arido,  per la sua natura gessosa.

ROCCA LITTORIO, un  piccolo paese di 500 abitanti    con spaccio posta , telegrafo ed infermeria ed infine ITALA. 

Si arriva ad ITALA attraverso una pista camionabile lunga in totale 1000 km  . La strada a fondo naturale e' perfettamente percorribile ed assicura i rifornimenti logistici. La città è situata al vertice di un triangolo di dune mobili e si protende sul mare tra dune di sabbia bianchissima. Poche le case in muratura, un mercato coperto ed una moschea, sullo sfondo un boschetto di palme di cocco e di datteri. Cinque pozzi di acqua potabile e sette di acqua salmastra. I sui abitanti si occupano di pesca e della lavorazione dell'ambra grigia.Vi abitano, anche, piccole tribù di nomadi .  

 

 Soddisfatte le curiosità "turistiche" dedichiamo il nostro tempo a scrutare i contenuti di quella parte della Somalia che meglio rappresenta l'opera italiana e per la quale i nostri morti che riposano a Mogadiscio e Johar hanno dedicato la loro esistenza terrena.

Per raggiungere questo scopo dobbiamo testimoniare nel dettaglio di Johar e del Villaggio del Duca degli Abruzzi. 

 

DA MOGADISCIO AL VILLAGGIO  DUCA DEGLI ABRUZZI

Si raggiunge il villaggio duca Degli Abruzzi a JOHAR,  lungo la via Imperiale o mediante la ferrovia, passando per AFGOI, cittadina di 1000 abitanti, provvista di tutte le strutture sociali necessarie., compreso il telefono ed il telegrafo. 

Un magnifico parco divide il Villaggio del Governatore dalla Missione Cattolica con scuole per bianchi e per somali  indigeni. Tutto intorno coltivazioni di banane, ortaggi e frutta, con un impianto  d'irrigazione capillare, alimentato da chiuse per la regolazione dell'acqua. Per tutto l'anno si può ammirare lo sfarzo della vegetazione dei tropici con palme dum,  baobab,  acacie da gommaresina  e  sansevieria. Alberi fioriti   spiccano  dal verde cupo e grasso della vegetazione della boscaglia con i suoi  colori lucenti e abitata da una fauna molto varia che forma un patrimonio zootecnico rilevante..

Il Villaggio Duca degli Abruzzi , noto più  frequentemente come Villa Abruzzi è situato sulle due rive dell'Uebi Scebeli in mezzo alla grande pianura somala. E' sede della Società Agricola Somala (S.A.I.S.) .

 

La S.A.I.S., un esempio di una grande impresa coloniale italiana,  un esempio di come si possa lavorare e vivere in una Nazione Ospite  travasandovi  cultura ed esperienza.  Nel Villaggio  vivono circa 9000 indigeni e 200 italiani. Dispongono di una farmacia, una posta, spacci vari, scuole, una Stazione dei Carabinieri, una Dogana Un ridente e curato parco divide le linde abitazioni, vi e' una chiesa, una moschea, vari edifici, una piazza del mercato. Un Ospedale ed un Cimitero completano le strutture sociali del  Villaggio.

 

Ripercorrendo gli itinerari del passato ci si e' illusi che il tempo si fosse fermato ed avesse annullato le assurdità di oggi. L'assurdità del momento non potrebbe essere vissuta nella sua completezza se ancora ci illudessimo che nulla e' mutato rispetto al passato.

Ciò che e' stato distrutto e' - invece - un patrimonio del passato che deve essere rispettato. Da questo punto in poi, quindi, abbandoniamo il presente storico per ritornare al tempo passato a ciò che è trascorso ma non va dimenticato. 

Un mezzo per rendere omaggio a chi più settanta anni orsono ha voluto dedicare la sua vita a questo popolo ed a coloro che in tempi recenti hanno cercato con il loro impegno e la loro dedizione di ridare ai somali la loro vera connotazione politica, storica e sociale. Senza dimenticare tutti quelli che ancora oggi vivono per il popolo somalo e si impegnano per accelerarne la crescita.

 

LA SOCIETA' AGRICOLA ITALO SOMALA

LA Società Agricola Italo Somala fu  costituita a Milano dal Duca degli Abruzzi nel novembre del 1920 con un capitale di 24 milioni di lire del tempo, capitale immediatamente incrementato a 35 milioni con l'intervento dei maggiori Istituti di Credito .

Nel 1920 la S.A.I.S. ottenne dalla Somalia una concessione di circa 25.000 ha,  in un territorio fertilissimo sulle due rive del fiume Uebi Scebeli , che con la sua perenne portata garantiva acqua a volontà. 

Le favorevoli caratteristiche del fiume  furono  immediatamente sfruttate. Venne costruito un canale irriguo principale lungo 6 km e largo 450 m, da cui si diramavano canali secondari che raggiungevano le singole aziende. L'afflusso dell'acqua era regolato da una diga, da una stazione di pompaggio dell'acqua e da chiuse in sistema fra di loro. Le opere idrauliche, iniziate nel 1920 e ultimate nel 1923, comprendevano anche la sistemazione delle rive del fiume che furono rialzate per un tratto di 108 km .

Contemporaneamente  fu avviata  una bonifica agraria che trasformò in pochi anni una boscaglia riarsa per dieci mesi all'anno in una pianura lussureggiante, verdeggiante e coltivabile, attraversata da canali e strade. La S.A.I.S.  era attraversata da  una rete stradale interna di 148 km, ed una ferrovia Decauville lunga  46 km che  serviva  le varie aziende con la Direzione e la ferrovia per  Afghoi - Mogadiscio. 35 km di linea telefonica assicuravano il collegamento fra le varie aziende e di tutta la struttura con la Direzione. Era anche funzionante  un collegamento telegrafico e telefonico con l'Italia.

I  lavori in terra necessari furono eseguiti con l'impiego di ruspe primitive di legno e ferro,, attrezzi trainati da zebù somali e da qualche trattore FIAT.

Il territorio della  S.A.I.S.  fu  ripartito in  sette  aziende che  nel 1930 erano tutte operative ed a pieno regime produttivo. Comprendevano orti, vivai, campi sperimentali con direzione e sorveglianza autonoma, dirette dagli italiani e dai somali. Gli  appezzamenti di terreno erano assegnati a gruppi di famiglie somale che disponevano, anche, delle  attrezzature necessarie per eseguire i lavori.

 Ogni azienda    si estendeva  mediamente su 60-80 ha, tutte irrigate da un canale principale da cui si diramavano canali secondari che disegnavano il terreno in fasce rettangolari larghe ciascuna 100 m  con  una superficie media di 5-7 ha .

Nella tabella che segue una sintesi delle maggiori produzioni agricole. 

PRODOTTO

ETTARI

Cotone

        700

Canna da zucchero

         830

Banane

          160

Culture varie 

          130

Vivai, orti, campi sperimentali

          170

Produzione olio da semi

           720

                    totale ettari

      3.853

Per garantire agli impiegati italiani condizioni di vita accettabili in queste terre dal clima ostile, il Duca degli Abruzzi volle che ogni Capo Azienda, ogni capo operaio ed ogni gruppo di coltivatori possedesse  una loro comoda abitazione  in  stile coloniale, che ospitavano presso il Villaggio le maestranze italiane e somale.  Le   case erano modeste ma sane e comode, circondate da giardini e collegate da viali e strade asfaltate. Nel rispetto delle tradizioni locali fu eretta una moschea accanto alla chiesa cattolica e costruito uno spaccio occidentale a fianco del bazar somalo.  

La conduzione delle terre era sviluppata applicando il criterio della mezzadria, forma  che assicurava il maggiore rendimento ed era più confacente alla mentalità delle popolazioni locali. Ciascun somalo capofamiglia riceveva  un ettaro di terreno già bonificato ed irrigato ed una casa. Solo il cotone veniva retribuito a parte in quanto esportato  

L'organizzazione complessiva era completata con  officine, posti manutenzione e magazzini di ricambi necessari ad assicurare  il funzionamento delle attrezzature e degli opifici.

 Il Duca degli Abruzzi non si limitò a strappare il terreno fertile alla boscaglia per renderlo coltivabile, ma volle anche   insediamenti industriali per la trasformazione  del prodotto agricolo. Furono realizzati :  un oleificio, una distilleria , una fornace per la fabbricazione dei mattoni.

 L'Oleificio copriva un'area di 1600 mq ed era provvisto  di macchinari modernissimi. Nel 1925 aveva una capacità  di produzione di 600 chilogrammi all'ora di semi oleosi quali il cotone, il ricino, il sesamo il girasole etc..

 

Nel 1926, fu costituita una consociata della S.A.I.S. :  la Società Saccarifera Somala (S.S.S.). Questa nuova società, con un capitale di 3.200.000 e sotto la presidenza del Duca degli Abruzzidette vita  ad  uno zuccherificio per la trasformazione della canna da zucchero,   costruito appena in un anno.

 

Un grandioso stabilimento, l'unico in tutta l'Africa Orientale, provvisto di moderni macchinari ed in grado di lavorare circa 3000 quintali di canna da zucchero al giorno.. Accanto allo zuccherificio una distilleria ed  un laboratorio  chimico per le analisi della canna e per il controllo dei prodotti durante la fase di lavorazione.  L'alimentazione dei macchinari principali era assicurata dalla combustione dei gas naturali ricavati  dalla fermentazione degli scarti della canna da zucchero e dei cereali lavorati.

 Nulla fu lasciato al caso, nemmeno nel settore forestale. I diboscamenti necessari per ricavare terreno coltivabile non furono attuati "a tappeto", ma mirati e contenuti all'essenziale. In questo quadro furono realizzati anche parziali rimboschimenti,  piantando lungo i canali  migliaia  di alberi di essenza, come  acacie, bambù,  tamarindi e gelsi.

Un esempio che, forse, ancorché adeguato   ai tempi moderni,  dovrebbe ornire spunti di meditazione. 

IL DUCA DEGLI ABRUZZI

Tutto fu assolutamente voluto dal Duca degli Abruzzi che in Somalia, a Johar elesse la sua dimora e che a Johar volle morire ed essere sepolto insieme ai fratelli somali come ancora si sentono e si definiscono gli abitanti di quella regione dell'Uebi Scebeli. 

Chi fosse il Duca è necessario precisarlo per evitare che si pensi ad un nobile spinto da desiderio di egemonia espansionistica e coloniale e che, invece, potrebbe essere definito un "esempio moderno di Capacity Building" a favore dei Paesi del Terzo Mondo. 

Solo un'immagine di quando era ragazzo. Difficile reperirne di aggiornate dell'uomo adulto. Il Duca non era un protagonista nè amava il protagonismo.  

Luigi  Amedeo Giuseppe Maria Ferdinando Francesco di Savoia, Duca degli Abruzzi, colui che volle la S.A.I.S. ed al quale va la riconoscenza di tanti somali, nacque a Madrid il 20 gennaio 1873.

 Il padre, il Duca d'Aosta, terzogenito del Re Vittorio Emanuele II era  il Re di Spagna. La madre, Maria Vittoria Principessa del Pozzo della Cisterna,  morì nel 1878, per cui il padre, che nel frattempo aveva abdicato al trono,  provvide da solo  all'educazione del Principe.

 Il 19 agosto 1879, Luigi Amedeo, fu arruolato come mozzo nella Marina Militare e nel 1883 entrò in Accademia Militare. A 16 anni, secondo le tradizioni del tempo,  veniva nominato Guardiamarina e, imbarcato sull'incrociatore Amerigo Vespucci. Come Ufficiale svolse la sua prima navigazione nel 1889 e fino al 1891, che lo portò in terre lontane  fino a  Montevideo, al Rio della Plata ed allo stretto di Magellano.

 Nel 1918  fu  nominato Ammiraglio e nel grado guidò importanti imprese militari ed umanitarie  fra cui il salvataggio dell'Esercito Serbo in  rotta..

Dal 1915 al 1917, con l'incarico di  Comandante in Capo della Marina Militare italiana, coordinò tutte le operazioni per mare svolte durante la Prima Guerra Mondiale .

 Marinaio, esploratore, alpinista diresse spedizioni in Alaska (prima ascensione del monte Sant Elia), al Polo Nord con la nave Stella Polare, in Africa (prima ascensione del Ruvenzori), nel Karakorum dove individuò per primo la migliore via d'accesso al  K2 .

 Il Continente africano fra tutte le possibili mete del mondo, rappresentò per il Duca esploratore la terra promessa. La percorse  fino a scoprire in Etiopia le sorgenti dell'Uebi Scebeli. Dedicò all'Africa tutta  la sua vita vivendo insieme al popolo africano e cercando di aiutarlo a crescere e progredire.

 Arrivato in Somalia, il Duca intuì  immediatamente la potenzialità  di quella terra e del suo popolo oppresso dagli interessi tribali. Avviò, quindi, immediatamente quanto necessario per creare e far funzionare quella che sarebbe diventata la più possente azienda dell'Africa sub sariana.

Lo fece amando quella terra ed il suo popolo, integrandosi in esso e rispettandone   costumi,   tradizioni e religione.  Determinato e sereno, somalo fra i somali, diresse e coordinò il prima persona tutte le attività, gestendole con sapiente equilibrio e con elevata dedizione, fino a decidere di morire ed essere sepolto  in terra somala.

E  perchè nessuno potesse ostacolare la sua scelta, rientrato nel 1933 per un breve periodo in Italia informato dai suoi medici di avere ancora tre mesi di vita per un cancro, non ebbe esitazioni, andò  a Roma a salutare il Re e quindi ritornò in Somalia per trascorrere gli ultimi giorni fra la sua gente e morire nella sua casa di Johar. 

Gli chiuse gli occhi il suo fedele servitore, un somalo che nel 1993, alla età di 83 anni, eccezionale e sbalorditiva per quella popolazione, volle essere con noi italiani e servire a tavola il nipote del Duca, che era venuto a Johar per rendere omaggio alla tomba.  

un omaggio alla tomba del Duca

il vecchio servitore

I vecchi di Johar   ricordano il Duca  con nostalgia. Generoso, disponibile, preoccupato per la sorte dei suoi collaboratori italiani e per gli indigeni. Così lo ricorda un suo vecchio cameriere somalo, che ne parla oggi, rotto dall'emozione dei suoi 83 anni,   piangendo nel rivivere  i tempi in cui  nel villaggio si sorrideva. 

In un pomeriggio dell'aprile del 1993, percorrendo insieme al vecchio somalo le strade della S.A.I.S. , costui in un fluente italiano seppur emozionato e con le lacrime agli occhi raccontò di quando il Duca si spense serenamente nella sua villa del "Villaggio Abruzzi". Parlava e pensava ad alta voce dicendo : "noi somali tutto questo che ora è distrutto lo avevamo sognato in tempi molto passati e lo abbiamo avuto da voi italiani. L'abbiamo voluto perfetto e per questo abbiamo lavorato insieme a voi seguendo le indicazioni del "nostro Capo Augusto".

Lui il Duca che e' stato il padre, l'animatore e la volontà  suprema deve rimanere a riposare fra noi, in terra somala.

Oggi più che mai questo lo desideriamo nel momento che guardiamo con sgomento alla distruzione che ci circonda. Oggi guardiamo alla stele che sovrasta la sua tomba, così massiccia ed imponente, perchè  indichi ai somali il futuro, perchè  guidi i potenti a governarci per ritrovare un passato costruito con fatica  distrutto in un lampo  dalla follia umana."

LA SOMALIA MODERNA
Lasciandoci alle spalle il passato vediamo cosa è successo nella Somalia in tempi abbastanza recenti per tentare di comprendere dove potrebbe trovare origine la  follia di chi oggi - agli inizi del 2005 - ha profanare le tombe italiane a Mogadiscio. 

L'ONU nel 1950 ha affidato  la SOMALIA in amministrazione fiduciaria all'Italia. Dopo dieci anni, nel 1960,  con la nascita della Repubblica Somala  cominciano a sorgere nel Paese le prime a aspirazioni   espansionistiche che tendevano a costituire  una  Grande Somalia con rivendicazioni territoriali nei confronti del Kenia, della Somalia francese e soprattutto dell'Etiopia. 

Il processo,  in una terra  dove ancora vivi erano gli interessi tribali  , iniziò  a favorire  un fermento politico che, ben presto,  compromise  la stabilità del Governo Istituzionale portando ad una sanguinosa guerra civile che per taluni aspetti ancora dura ed alla distruzione di uno Stato sovrano.  

Nel 1969 si creò  l'occasione favorevole per un colpo di Stato che nel 1969 portò  al potere il Generale Muhammad  Ziad Barre, il quale dopo aver fatto uccidere il Presidente Shermarke,  si insediò  al posto del Governo istituzionale.  Nel 1970 Ziad Barre ufficializzò una Giunta Socialista con poteri pressoché illimitati che dette inizio a quella che i somali ricordano come una delle dittature più feroci. L'operato politico di Barre fu , nel tempo e con forme diverse, appoggiato e favorito da tutti i Governi socialisti occidentali, fra cui l'Italia.

Nel 1977 le rivendicazioni territoriali, le smanie espansionistiche verso l'Ogaden,  portarono la Somalia  in guerra con  l'Etiopia, che  uscì vittoriosa dopo un lungo e sanguinoso conflitto  L'esito della guerra, i soprusi dittatoriali, ben presto dettero vita - all'interno del Paese ed all'estero - a movimenti di dissidenti. Gruppi politici, tutti avversi a Ziad Barre,  che  iniziarono, ben presto,  ad alimentare la guerriglia in Somalia.

  Nel 1980, si costituì  in  Gran Bretagna un movimento armato di intellettuali esuli, "il Somali Movement"  ed in Mingiurtina fu fondato un altro gruppo armato antigovernativo "il Fronte Democratico per la Salvezza della Somalia  (FOSS)".  La  crescita delle opposizioni alimentò e favorì una lotta fratricida, senza esclusione di colpi, che pur di raggiungere lo scopo non rifuggiva l'omicidio, la rapina e lo stupro.

 Il 26 gennaio 1991 Ziad Barre   veniva definitivamente estromesso, fuggiva   in Kenia, in un momento in cui il mondo occidentale occupato a fronteggiare Saddam Hussein non  poteva occuparsi   di ciò che sta avvenendo nel Corno d'Africa.

 In Somalia da quel giorno  ebbe inizio  il caos. L'alba del giorno più lungo che in soli  24 mesi cancellò  le vestigia antiche e recenti di una Nazione africana della Costa Orientale, culla, in passato, delle culture islamiche ed occidentali.

 Dal 1991 al 1992 si è combattuto da Berbera a Chisimaio, la Nazione   mesi di feroce e sanguinosa lotta  come mai il Paese aveva   conosciuto, nemmeno ai tempi del leggendario Mohamed Ben Addalla Hassan, il mitico "mullah pazzo".

 I Marrehan cercano di sovrastare gli altri clan per subire contemporaneamente la loro controlotta. Nel 1992 le armi momentaneamente iniziarono a tacere, ma gli Abgal e gli Habar Ghidir erano sempre "sul piede di guerra" , pronti a trucidarsi.  

 Sorgeva un "non meglio identificato Governo provvisorio ad interim", presieduto dal  Generale ALI MAHDI , contrastato dal Generale AIDID, l'altro "Signore della Guerra" e Presidente del  Congresso Somalo Unito (CSU) cerca - almeno all'apparenza - di governare. Era però impossibile ogni alleanza per la feroce e ferma opposizione di Aidid che guardava favorevolmente solo alla costituenda Alleanza Nazionale Somala (ANSI), da lui presieduta e nella quale confluivano i  gruppi minori.

 Nello stesso tempo  il Generale Morgan, genero di Barre, attendeva   nei pressi di Chisimaio che i tempi maturassero per favorire un ritorno del vecchio dittatore.

In quel periodo inizia ad emergere e per  taluni aspetti a radicarsi  una presenza islamica , "sponsorizzata" da Sudan, Arabia Saudita e Iran,   che quasi certamente destinata ad  un ruolo molto importante per il futuro della Somalia come i fatti dei giorni nostri dimostrano almeno in parte.

 L'intervento della Forza Militare Multinazionale dell'Operazione Restore Hope,  iniziata alla fine del 1992, avrebbe dovuto porre  fine alla guerra civile ed agli eccidi. Così non è stato come gli eventi di questi anni hanno dimostrato e come quanto avviene in questi giorni conferma.

Nonostante che alla fine di novembre del 2004 a Nairobi abbia giurato il nuovo Governo somalo e si sia impegnato a ristabilire la pace nel Paese guardando - anche in questa occasione - con fiducia e speranza all'Italia, ancora, oggi,  bande armate scorazzano sul territorio e profanano i  cimiteri come avvenuto nel 1990.

Costoro, rinnegando un'etica comune in tutto il mondo che impone il rispetto dei morti,   rivendicando il diritto di poter utilizzare in una città distrutta proprio quelle aree dove riposano gli italiani di religione cristiana.

Il passato à stato descritto facendo riferimento a testimonianze sul campo, quello che fu trovato nel 1992  lo si lascia alle immagini che seguono lasciando all'attento osservatore che legge ogni possibile conclusione. Speriamo di poter di nuove andare a Johar e rivederla rivivere per l'opera dei somali che abbandonate le armi della guerra civile si impegnino per il futuro dei loro figli.

 

l'aeroporto di Mogadiscio

le rovine di una città fiorente

campi di profughi

distribuzione di cibo

popolazione alo sbando

l'ospedale da campo italiano

le visite mediche

una bimba in ospedale

scuola distrutta

scuola ricostruita

Ricordiamo - infine - i nostri caduti dell'Operazione Restore Hope per rendere omaggio a tutti gli italiani che si sono immolati nel tempo a favore di altri popoli e per onorare i nostri morti le cui tombe sono state profanate.

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