SOMALIA UN PAESE DIMENTICATO |
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PREMESSA Mogadiscio,
20 dicembre 1992 . Dopo 70 anni le Forze Armate italiane rientrano in
terra somala nell'ambito di un'Operazione Internazionale di Peace
Keeping sviluppata sotto l'egida delle Nazioni Unite, l'Operazione
Restore Hope. La prima impressione, immediata e concreta, è stata che i somali aspettavano i loro amici italiani. Quel popolo ci ricordava con affetto e cercava di dimostralo rivolgendosi a noi in italiano, lingua tramandata da generazione in generazione per ricordare qualcosa che sicuramente non odiava. Percorrendo
le strade di Mogadiscio ormai in rovina, percorrendo la via Imperiale e
muovendosi lungo le rive del fiume Uebi Scebeli immediata è stato il
bisogno di approfondire cosa fosse avvenuto in quella terra nel passato
con il coinvolgimento di noi italiani. Troppe erano, infatti, le tracce
significative del nostro passaggio, a partire dalla strada che
attraversava la Somalia da nord e sud dimostrando con la sua struttura
l'impegno italiano. I
giovani militari caduti il 2 luglio 1993, coloro che quel giorno sono
stati feriti e tutti gli altri che hanno sacrificato la loro vita, militari e
civili,
nella scelta del sacrificio pur di adempiere al compito ricevuto,
unitamente alle notizie di oggi sull'oltraggio compiuto sulle salme dei
nostri connazionali, spingono ancora di più a rendere omaggio a costoro
attraverso questo modestissimo racconto. liberi
da ogni preconcetto di parte, ma solo cercando di proporre una
sintesi di quanto vissuto. Si cercherà, quindi, di non commentare,
proponendo una sintesi di quello che è stato un momento della storia
italiana recente, affinchè il lettore possa trarne proprie opinioni. Un
modesto omaggio a tutti coloro che hanno dedicato la loro esistenza,
fino all’estremo sacrificio, a
questa Nazione travagliata, che possa in qualche modo rappresentare
anche un riferimento per i giovani, troppo spesso cresciuti senza
cultura per il nostro passato, qualunque esso sia stato. Un
grazie a mia moglie ed ai
miei figli che hanno
pazientemente sopportato la mia lontananza,
concedendomi l'opportunità di vivere un'esperienza che
sicuramente mi ha arricchito come uomo e come italiano . Un
pensiero, infine, agli amici somali,
che con i loro racconti mi hanno consentito di rivivere il
passato e a farmi sentire spesso
orgoglioso erede di coloro che per questo popolo tanto hanno
fatto. |
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1889 nasce
la SOMALIA italiana che trova
il suo definitivo assetto negli anni
'20 . 1992 - dicembre. Inizia l'Operazione "RESTORE HOPE" , un'operazione militare voluta dalle Nazioni Unite e che ha coinvolto americani, francesi, belgi, canadesi, pakistani ed italiani per tentare di riaffermare i diritti umani a favore del popolo somalo ormai allo stremo. Per
gli italiani un ritorno in una terra amica dove agli inizi del
'900 massiccia era la presenza italiana, rinnovata negli anni '50. Un
ritorno alle soglie del 2000 che li porta a ripercorrere strade,
terre, città , già note ai nostri nonni e ai nostri padri. Un viaggio, però, che immediatamente ha qualcosa di irreale, di assurdo per quanto si presenta agli occhi del viandante in particolare se ricorda i contenuti dei libri di storia su quello che era stata la SOMALIA di pochi anni prima .
La capitale, Mogadiscio
ridente cittadina affacciata sul mare , Johar
isola verde che spicca improvvisamente
dalla savana arida ed assolata. In quei giorni invece si vedono solo rovine ed un popolo affamato che si aggira fra quelle macerie, rovista fra i rifiuti ed è pronto ad uccidere per un pugno di riso. Un popolo che erra sbandato ma che guarda, però, sorridendo all'italiano ritornato, con occhi lucidi di gioia e che rispecchiano la speranza di poter essere aiutato.
Vedendo chi in divisa si aggira in quei giorni fra le strade
di Mogadiscio e sulla via Imperiale all'ombra della Bandiera italiana, i
giovani somali ricordano i racconti dei nonni. I
vecchi somali avevano narrato degli italiani, ed ora i somali osservano
incuriositi quei soldati e quei civili cercando di individuare in loro
il riscontro del racconto dei nonni con la speranza di trovare i vecchi
amici di un tempo. Percorrere
questa terra d'Africa in questo momento significa affrontare Un
viaggio verso l'assurdo che offre al viandante incuriosito un
paesaggio lunare, una terra che sembra disabitata da centinaia di anni e
che evidenzia palesemente mille problemi, mille ansie. Una terra
preistorica. |
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Nell'ambito
delle culture africane la storia del popolo somalo assume dei connotati
molto particolari. il somalo si distingue nettamente dagli altri popoli
africani per la omogeneità delle tradizioni politiche,
territoriali, culturali e linguistiche. L'approccio dei somali nei tempi passati alla religione ed alle culture africane - a differenza invece di quanto sta avvenendo oggi - non ha avuto mai un carattere oltranzista, in particolare per quanto attiene all'interpretazione della religione islamica, sicuramente laica a differenza di quanto, ad esempio, poteva avvenire ed avviene in Sudan. Il
Corno
d'Africa, di fatto, rappresenta un'eccezione rispetto alla maggior parte
del Continente africano ed in particolare quel tratto di Costa
Orientale che è la Somalia, dove
fino a poco tempo fa non si sono mai constatati comportamenti radicali.
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Oggi invece il radicalismo sembra invece essersi
appropriato anche dei somali ed essere entrato a far parte del loro
comportamento abituale. Anche nei confronto dell'"amico italiano" nel
momento che se ne profanano le tombe. Si è però convinti che il gesto
sconsiderato, non sia attribuibile al popolo somalo ma a coloro che in
Somalia cercano di ristabilire e sviluppare quanto non è più possibile in
Afghanistan ed ora anche in Iraq.
Se cos' fosse l'offesa non sarebbe stata diretta contro i morti italiani. Piuttosto potrebbe rappresentare un segnale che gli analisti dovrebbero approfondire nei contenuti reali, in quanto potrebbe essere l'inizio di una nuova minaccia globale.
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Ritorniamo alla Somalia. Le città della costa furono
sotto il dominio di arabi e persiani
fino a quando i guerrieri Bimal , stretti nell'entroterra, non
decisero di migrare verso il mare .
Questi guerrieri probabilmente furono i progenitori dei somali
anche se non e' possibile affermarlo
con certezza , ma solo sulla base di ipotesi ricavate dall'esame
di storie parallele e dalla testimonianza della cultura nomade che e'
tramandata dal popolo somalo. Quasi
sicuramente, fra questi trasmigatori, vi erano anche i primi
somali anche se esistono studi antropologici che arrivano ad affermare
che la popolazione somala non sia di origine solamente africana, ma
piuttosto originata dal coagulo di diverse etnie nomadi. Nella
storia delle origini della Somalia è, in ogni caso, ricorrente una
citazione : "
Paese dei PUNT". Le
origini della Somalia sicuramente sono state influenzate dal mondo
arabo e persiano fino al punto di far ritenere che fra il X ed
il XIII secolo sia avvenuta una fusione fra somali ed arabi.
In epoca tarda le due razze si sono,
poi, sovrapposte ai Galla che da tempo avevano soppiantato i Bantù
che in precedenza popolavano la regione . Si
configura così la nuova Nazione somala nell'immensa regione dei Punt,
che dal Golfo di Aden si estende a sud con i suoi 4000 km di costa
sull'Oceano Indiano. A
partire dalla seconda metà del 1800 nel Paese è iniziata la
penetrazione degli europei, prima i francesi seguiti dagli inglesi ed
infine dagli italiani, che approdarono sulle coste somale verso il 1880. La
spartizione dei territori fra gli europei avvenne rispettando regole
precise. I francesi
limitarono la loro penetrazione al territorio di Tadjoura
(Somalia francese, oggi
Stato di Gibuti), mentre la Gran Bretagna e l'Italia si dividevano il
Paese rispettivamente a nord ed a sud. L'ingerenza inglese iniziò nel 1884 con l'occupazione della città di Berbera e Zeila fino a consolidarsi nel 1989 con la costituzione della Somalia britannica. Gli
italiani iniziarono ad entrare nella regione tra il 1889 ed il 1890
sulla base di alcuni trattati bilaterali con cui venivano riconosciuti i
protettorati di Obbia e Mingiurtina seguiti da interventi militari che
portarono ad una sostanziale espansione fino all'occupazione di El -
Ataleh, l'odierna Itala. Cominciamo dunque a ripercorre questo territorio soffermandoci sulle tappe fondamentali rappresentate dagli insediamenti urbani più significativi, le città somale che ancora oggi, seppure attraverso la distruzione perpetrata nel tempo dalla follia umana , ci tramandano momenti significativi di storia.
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MOGADISCIO - HAMAR
in
somalo -. la Capitale della
Somalia fondata fra il 900
ed il 950 . Collocata
sulla costa dell'Oceano Indiano, in una posizione
scarsamente difendibile perchè priva
di barriere naturali contro possibili nemici, una città di mare
sprovvista, anche, di attracchi naturali
protetti. Fondata
nel terzo secolo dell'Egira all'inizio
è una colonia araba
raggiungendo rapidamente una
struttura urbana ben determinata , divisa in due settori, uno arabo e
l'altro arabo-persiano. Varie
dinastie locali si alternano nel governo della città la cui
decadenza inizia dopo
essere stata conquistata dagli ABGALI.
Mogadiscio viene, infatti, divisa in due settori il quartiere degli Amaurini
e quello degli Scingali,
un presagio di quanto avverrà in tempi moderni quando agli inizi del
1990 la città è stata divisa in due dalla "Linea Verde" che
separava la zona sotto il controllo di Alimadi da quella di Aidid. Nel
1882 la città passa sotto il protettorato italiano e nel 1905
diviene ufficialmente sede del "Commissario Generale per la
Somalia Italiana". La Mogadiscio a cavallo degli anni '20 è una cittadina ridente, abitata da 50.000 abitanti di cui 20.000 italiani. |
Una città con una perfetta urbanistica. Case bianche immerse
nel verde degradante verso il Lido. Strade ampie sulle quali
si affaccino traverse popolate da piccoli laboratori di artigiani. Un Aeroporto (E. Petrella), una stazione ferroviaria, una decina di alberghi decorosi , stanze con bagno, tutti di nome italiano (Savoia, Modena Regina Elena), ottimi i ristoranti. |
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Un
servizio di taxi, agenzie di navigazione , un Municipio, l'ufficio
postale e quello telegrafico, il Comando delle Forze Armate, un Ufficio
Agrario, ed una Capitaneria di Porto con una Dogana. Anche un 'Ospedale
Militare, il Palazzo di Giustizia e due banche, quella d'Italia ed il
Banco di Roma. Anche una Cattedrale. Maestosa, inaugurata il 1 marzo del 1928 con un'imponente facciata tra due campanili, alto ciascuno 87 metri , affacciata su un atrio a sei archi ogivali. La pianta , abside quadrata e l'altare maggiore di marmo, circondato da dipinti . Sull'altare la Madonna con il Bambino scolpita da Cesare Biscarra. Sarti, tessitori, venditori di spezie vivevano in Mogadiscio. Una popolazione multiforme, varia e tipica di un mondo di origine araba, ma pronto ad accettare ed imitare la cultura occidentale.
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VISITIAMO LA SOMALIA COME SE NON FOSSE TRASCORSO
IL TEMPO. IN QUESTO CASO IL PRESENTE E' DOBBLIGO
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Da Mogadiscio parte verso nord e verso sud la strada Imperiale . Separata dalla foresta da due piste parallele, parte dalla città per attraversare tutto il territorio somalo da sud a nord. La strada è stata costruita applicando le migliori regole di ingegneria stradale, per annullato il pericolo che fosse inondata dalle violente piogge monsoniche e per lo straripamento del fiume Uebi Scebeli. Ancora oggi resiste ed è percorribile abbastanza agevolmente anche se ormai da più di venti anni abbandonata a se stessa senza manutenzioni e riparazioni. |
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Da
Mogadiscio si raggiunge Danane e Merca percorrendo una pista carrabile
costiera attraverso la boscaglia verde e lussureggiante, immersa
in una savana generosa popolata da greggi di pecore e da mandrie di
zebù. Frequenti
i pozzi , generalmente
salmastri ma non inquinati. DANANE, piccola cittadina costruita
su uno sperone di roccia corallina. a picco sul mare. GENALE,
sede dell'Azienda Agricola Sperimentale del Governo coloniale
italiano. Primo nucleo di una vasta zona di concessioni agricole per la
coltivazione irrigua di banane, del cotone e di altri cereali. Molte le
aziende agricole asservite ad un complesso sistema di irrigazione
alimentato da una gigantesca diga costruita a sbarramento del Fiume U
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La
strada imperiale e la ferrovia per Afgoi sono le vie di comunicazioni più
importanti attraverso le quali si arriva nella valle dell'Uebi Scebeli.
in una delle zone più fertili della SOMALIA. Proseguendo
verso Nord Ovest si attraversano terreni ricchi d'acqua, sui
quali sorgono villaggi di agricoltori somali e di artigiani
bravissimi nella lavorazione dei vasi in
terracotta.
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La strada procede salendo insensibilmente, snodandosi
in un terreno argilloso molto difficile da percorrere durante la
stagione delle piogge. Verso Nord la presenza di acqua nel sottosuolo
aumenta notevolmente e la vegetazione appare lussureggiante, di un verde
intenso. BAIDORA , un'altra ridente cittadina, collocata in fondo ad una valle
boscosa e selvaggia, sul
ciglio del gradino calcareo dell'altopiano omonimo. E'
abitata da circa 10.000 somali e da 270 italiani e rappresenta
la prima cittadina importante che si incontra lasciando
Mogadiscio, verso nord. Vi
e' un ristorante, una stazione telegrafica, l'ufficio postale,
un'infermeria con medico e farmacia. e
la residenza per il Governatore dell'alto Giuba
da cui dipende una regione
fertile e rigogliosa tanto da essere chiamata la "Svizzera della Somalia". La
strada prosegue inerpicandosi dopo aver strappato alla boscaglia terreno
essenziale. Attraversa villaggi agricoli , ed
addensamenti di pastori
nomadi. Seguendola
il terreno argilloso scompare per lasciare il
posto ad una terra rossa e, quindi , ad una sabbia dello stesso
colore, che preannunciano un'area pressocchè desertica. Proseguendo
verso nord si arriva a Belet Uen. La strada
è monotona anche se buona. La zona è interessante per la grande varietà
di fauna africana. BULO-BURTI,
a circa 200 km a nord di Mogadiscio, grosso centro agricolo, sulle rive
del fiume Uebi Scebeli , al centro di una pianura arida,
brulla e battuta dai monsoni,
con un importante
mercato per le pelli e la pastorizia. La
città è fortificata , dispone di un aeroporto, un ristorante ed un
albergo di tutto rispetto. Attraversandola si passa oltre l'Uebi Scebeli
su un ponte metallico (costruito dagli italiani) e seguendo la riva
sinistra del fiume per arrivare a Belet Uen. BELET UEN, cittadina nel cuore della savana, sede di
Residenza , socialmente attrezzata con
una farmacia, uno spaccio, una stazione del telegrafo ed un
ufficio postale. Percorrendo
un un
itinerario di circa 1400 km di buona strada tutta in rilevato, asciutta
e percorribile anche durante la stagione delle piogge si raggiunge
un'altra zona significativa per le risorse della Somalia. La prima
cittadina che si incontra è BUD
BUD centro di pastori abgal, posta in un territorio pianeggiante,
generalmente sabbioso ed assolato. La
strada prosegue verso nord leggermente in salita. Frequenti le cisterne
per l'accumulo i acqua, indispensabili per le popolazioni nomadi ed il
paesaggio e' simile a tanti altri della Somalia, più arido, per
la sua natura gessosa. ROCCA LITTORIO, un piccolo paese di 500 abitanti con spaccio posta , telegrafo ed infermeria ed infine ITALA. Si
arriva ad ITALA attraverso una pista camionabile lunga in totale 1000 km
. La strada a fondo naturale e' perfettamente percorribile ed
assicura i rifornimenti logistici.
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Si raggiunge il villaggio duca Degli Abruzzi a JOHAR, lungo la via Imperiale o mediante la ferrovia, passando per AFGOI, cittadina di 1000 abitanti, provvista di tutte le strutture sociali necessarie., compreso il telefono ed il telegrafo. Un
magnifico parco divide il Villaggio del Governatore dalla Missione
Cattolica con scuole per bianchi e per somali indigeni. Tutto intorno
coltivazioni di banane, ortaggi e frutta, con un impianto
d'irrigazione capillare, alimentato da chiuse per la regolazione
dell'acqua. Il
Villaggio Duca degli Abruzzi , noto più frequentemente come Villa
Abruzzi è situato sulle due rive dell'Uebi Scebeli in mezzo alla grande
pianura somala. E' sede della
Società
Agricola Somala (S.A.I.S.) . La S.A.I.S., un esempio di una grande impresa coloniale italiana,
un esempio di come si possa lavorare e vivere in una Nazione
Ospite
travasandovi cultura ed
esperienza. Nel Villaggio vivono
circa 9000 indigeni e 200 italiani. Dispongono di una farmacia, una
posta, spacci vari, scuole, una Stazione dei Carabinieri, una Dogana Un
ridente e curato parco divide le linde abitazioni, vi e' una chiesa, una
moschea, vari edifici, una piazza del mercato. Un
Ospedale ed un Cimitero completano le strutture sociali del
Villaggio. Ripercorrendo gli itinerari del passato ci si e' illusi che il tempo si fosse fermato ed avesse annullato le assurdità di oggi. L'assurdità del momento non potrebbe essere vissuta nella sua completezza se ancora ci illudessimo che nulla e' mutato rispetto al passato. Ciò che e' stato distrutto e' - invece - un patrimonio del passato che deve essere rispettato. Da questo punto in poi, quindi, abbandoniamo il presente storico per ritornare al tempo passato a ciò che è trascorso ma non va dimenticato. Un mezzo per rendere omaggio a chi più settanta anni orsono ha voluto dedicare la sua vita a questo popolo ed a coloro che in tempi recenti hanno cercato con il loro impegno e la loro dedizione di ridare ai somali la loro vera connotazione politica, storica e sociale. Senza dimenticare tutti quelli che ancora oggi vivono per il popolo somalo e si impegnano per accelerarne la crescita.
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LA Società Agricola Italo Somala fu costituita
a Milano dal Duca degli Abruzzi nel novembre del 1920 con un capitale di
24 milioni di lire del tempo, capitale immediatamente incrementato a 35
milioni con l'intervento dei maggiori Istituti di Credito . Nel 1920 la S.A.I.S. ottenne dalla Somalia una concessione di circa 25.000 ha, in un territorio fertilissimo sulle due rive del fiume Uebi Scebeli , che con la sua perenne portata garantiva acqua a volontà. Le
favorevoli caratteristiche del fiume
furono immediatamente sfruttate. Venne costruito un canale irriguo
principale lungo 6 km e largo 450 m, da cui si diramavano canali
secondari che raggiungevano le singole aziende. L'afflusso dell'acqua
era regolato da una diga, da una stazione di pompaggio dell'acqua e da
chiuse in sistema fra di loro. Le opere idrauliche, iniziate nel 1920 e
ultimate nel 1923, comprendevano anche la sistemazione delle rive del
fiume che furono rialzate per un tratto di 108 km . Contemporaneamente
fu avviata una
bonifica agraria che trasformò in pochi anni una boscaglia riarsa per
dieci mesi all'anno in una pianura lussureggiante, verdeggiante e
coltivabile, attraversata da canali e strade. La S.A.I.S.
era attraversata da una
rete stradale interna di 148 km, ed una ferrovia Decauville lunga
46 km che serviva
le varie aziende con la Direzione e la ferrovia per
Afghoi - Mogadiscio. 35 km di linea telefonica assicuravano il
collegamento fra le varie aziende e di tutta la struttura con la
Direzione. Era anche funzionante un
collegamento telegrafico e telefonico con l'Italia. I lavori in terra necessari furono eseguiti con l'impiego di
ruspe primitive di legno e ferro,, attrezzi trainati da zebù somali e
da qualche trattore FIAT.
Il territorio della S.A.I.S.
fu ripartito in
sette aziende
che nel 1930 erano tutte operative ed a pieno regime
produttivo. Comprendevano orti, vivai, campi sperimentali con direzione
e sorveglianza autonoma, dirette dagli italiani e dai somali. Gli appezzamenti di terreno erano assegnati a gruppi di famiglie
somale che disponevano, anche, delle
attrezzature necessarie per eseguire i lavori. Ogni
azienda si
estendeva mediamente su 60-80 ha, tutte irrigate da un canale
principale da cui si diramavano canali secondari che disegnavano il
terreno in fasce rettangolari larghe ciascuna 100 m
con una superficie
media di 5-7 ha . Nella tabella che segue una sintesi delle maggiori produzioni agricole.
Per
garantire agli impiegati italiani condizioni di vita accettabili in
queste terre dal clima ostile, il Duca degli Abruzzi volle che ogni Capo
Azienda, ogni capo operaio ed ogni gruppo di coltivatori possedesse
una loro comoda abitazione in
stile coloniale, che ospitavano presso il Villaggio le maestranze
italiane e somale. Le
case erano modeste ma sane
e comode, circondate da giardini e collegate da viali e strade asfaltate.
Nel rispetto delle tradizioni locali fu eretta una moschea accanto alla chiesa cattolica e costruito uno spaccio occidentale a fianco del
bazar somalo. La
conduzione delle terre era sviluppata applicando il criterio della
mezzadria, forma che
assicurava il maggiore rendimento ed era più confacente alla mentalità
delle popolazioni locali. L'organizzazione
complessiva era completata con officine,
posti manutenzione e magazzini di ricambi necessari ad assicurare
il funzionamento delle attrezzature e degli opifici. Il
Duca degli Abruzzi non si limitò a strappare il terreno fertile alla
boscaglia per renderlo coltivabile, ma volle anche
insediamenti industriali per la trasformazione
del prodotto agricolo. Furono realizzati :
un oleificio, una distilleria , una fornace per la fabbricazione
dei mattoni. L'Oleificio copriva un'area di 1600 mq ed era provvisto di macchinari modernissimi. Nel 1925 aveva una capacità
di produzione di 600 chilogrammi all'ora di semi oleosi quali il cotone,
il ricino, il sesamo il girasole etc..
Nel
1926, fu costituita una consociata della S.A.I.S. :
la Società
Saccarifera Somala (S.S.S.).
Questa nuova società, con un capitale di 3.200.000 e sotto la
presidenza del Duca degli Abruzzi,
dette vita ad
uno zuccherificio per la trasformazione della canna da zucchero,
costruito appena in un anno. Un
grandioso stabilimento, l'unico in tutta l'Africa Orientale, provvisto
di moderni macchinari ed in grado di lavorare circa 3000 quintali di
canna da zucchero al giorno.. Accanto allo zuccherificio una distilleria ed
un laboratorio chimico
per le analisi della canna e per il controllo dei prodotti durante la
fase di lavorazione. L'alimentazione
dei macchinari principali era assicurata dalla combustione dei gas
naturali ricavati dalla
fermentazione degli scarti della canna da zucchero e dei cereali
lavorati. Nulla
fu lasciato al caso, nemmeno nel settore forestale. I diboscamenti
necessari per ricavare terreno coltivabile non furono attuati "a
tappeto", ma mirati e contenuti all'essenziale. In questo quadro
furono realizzati anche parziali rimboschimenti,
piantando lungo i canali migliaia
di alberi di essenza, come acacie,
bambù, tamarindi e gelsi. Un esempio che, forse, ancorché adeguato ai tempi moderni, dovrebbe ornire spunti di meditazione. |
IL DUCA DEGLI ABRUZZI |
Tutto
fu assolutamente voluto dal Duca degli Abruzzi che in Somalia, a Johar
elesse la sua dimora e che a Johar volle morire ed essere sepolto
insieme ai fratelli somali come ancora si sentono e si definiscono gli
abitanti di quella regione dell'Uebi Scebeli.
Chi fosse il Duca è necessario precisarlo per evitare che si pensi ad un nobile spinto da desiderio di egemonia espansionistica e coloniale e che, invece, potrebbe essere definito un "esempio moderno di Capacity Building" a favore dei Paesi del Terzo Mondo. Solo un'immagine di quando era ragazzo. Difficile reperirne di aggiornate dell'uomo adulto. Il Duca non era un protagonista nè amava il protagonismo. Luigi Amedeo Giuseppe Maria
Ferdinando Francesco di Savoia, Duca degli Abruzzi, colui
che volle la S.A.I.S. ed al quale va la riconoscenza di tanti somali,
nacque a Madrid il 20 gennaio 1873. Il
padre, il Duca d'Aosta, terzogenito del Re Vittorio Emanuele II era
il Re di Spagna. Il 19 agosto 1879, Luigi Amedeo, fu arruolato come mozzo nella Marina Militare e nel 1883
entrò in Accademia Militare. A
16 anni, secondo le tradizioni del tempo, veniva nominato
Guardiamarina e, imbarcato sull'incrociatore Amerigo Vespucci. Come
Ufficiale svolse la sua prima navigazione nel 1889 e fino al 1891, che
lo portò in terre lontane fino
a Montevideo, al Rio della
Plata ed allo stretto di Magellano. Nel 1918 fu nominato Ammiraglio e nel grado guidò importanti imprese
militari ed umanitarie fra
cui il salvataggio dell'Esercito Serbo in
rotta.. Dal
1915 al 1917, con l'incarico di
Comandante in Capo
della Marina Militare italiana, coordinò tutte le operazioni per mare
svolte durante la Prima Guerra Mondiale . Marinaio,
esploratore, alpinista diresse spedizioni in Alaska (prima ascensione
del monte Sant Elia), al Polo Nord con la nave Stella Polare, in Africa
(prima ascensione del Ruvenzori), nel Karakorum dove individuò per
primo la migliore via d'accesso al
K2 . Il
Continente africano fra tutte le possibili mete del mondo, rappresentò per il Duca esploratore la terra promessa. La
percorse fino a scoprire in Etiopia le sorgenti dell'Uebi Scebeli.
Dedicò all'Africa tutta la sua vita vivendo insieme al popolo
africano e cercando di aiutarlo a crescere e progredire. Arrivato
in Somalia, il Duca intuì immediatamente la potenzialità
di quella terra e del suo popolo oppresso dagli interessi tribali. Avviò,
quindi, immediatamente quanto necessario per creare e far funzionare
quella che sarebbe diventata la più possente azienda dell'Africa sub
sariana. Lo fece amando quella terra ed il suo popolo, integrandosi in esso e rispettandone costumi, tradizioni e religione. Determinato e sereno, somalo fra i somali, diresse e coordinò il prima persona tutte le attività, gestendole con sapiente equilibrio e con elevata dedizione, fino a decidere di morire ed essere sepolto in terra somala. E perchè nessuno potesse ostacolare la sua scelta, rientrato nel 1933 per un breve periodo in Italia informato dai suoi medici di avere ancora tre mesi di vita per un cancro, non ebbe esitazioni, andò a Roma a salutare il Re e quindi ritornò in Somalia per trascorrere gli ultimi giorni fra la sua gente e morire nella sua casa di Johar. Gli chiuse gli occhi il suo fedele servitore, un somalo che nel 1993, alla età di 83 anni, eccezionale e sbalorditiva per quella popolazione, volle essere con noi italiani e servire a tavola il nipote del Duca, che era venuto a Johar per rendere omaggio alla tomba.
I vecchi di Johar ricordano il Duca con nostalgia. Generoso, disponibile, preoccupato per la sorte dei suoi collaboratori italiani e per gli indigeni. Così lo ricorda un suo vecchio cameriere somalo, che ne parla oggi, rotto dall'emozione dei suoi 83 anni, piangendo nel rivivere i tempi in cui nel villaggio si sorrideva. In un pomeriggio dell'aprile del 1993, percorrendo insieme al vecchio
somalo le strade della S.A.I.S. , costui in un fluente italiano seppur emozionato e con le lacrime agli
occhi raccontò di quando il Duca si spense serenamente nella sua villa
del "Villaggio Abruzzi". Parlava e pensava ad alta voce
dicendo : "noi
somali tutto questo che ora è distrutto lo avevamo sognato in tempi molto passati e lo
abbiamo avuto da voi italiani. L'abbiamo voluto perfetto e per questo
abbiamo lavorato insieme a voi seguendo le indicazioni del "nostro
Capo Augusto". Lui
il Duca che e' stato il padre, l'animatore e la volontà
suprema deve rimanere a riposare fra noi, in terra somala. Oggi
più
che
mai questo lo desideriamo nel momento che guardiamo con sgomento alla
distruzione che ci circonda. Oggi guardiamo alla stele che sovrasta la
sua tomba, così
massiccia
ed imponente, perchè
indichi ai somali il futuro, perchè
guidi i potenti a governarci per ritrovare un passato costruito con
fatica distrutto in un
lampo dalla follia
umana."
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Lasciandoci
alle spalle il passato vediamo cosa è successo nella Somalia in tempi
abbastanza recenti per tentare di comprendere dove potrebbe trovare
origine la follia di chi
oggi - agli inizi del 2005 - ha profanare le tombe italiane a Mogadiscio.
L'ONU nel 1950 ha affidato la SOMALIA in amministrazione fiduciaria all'Italia. Dopo dieci anni, nel 1960, con la nascita della Repubblica Somala cominciano a sorgere nel Paese le prime a aspirazioni espansionistiche che tendevano a costituire una Grande Somalia con rivendicazioni territoriali nei confronti del Kenia, della Somalia francese e soprattutto dell'Etiopia. Il
processo,
in una terra dove ancora
vivi erano gli interessi tribali ,
iniziò a favorire
un fermento politico che, ben presto,
compromise la stabilità del Governo Istituzionale portando
ad una sanguinosa guerra civile che per taluni aspetti ancora dura ed
alla distruzione di uno Stato sovrano. Nel
1969 si creò l'occasione favorevole per un colpo di Stato che
nel 1969 portò al potere il Generale Muhammad
Ziad Barre, il quale dopo aver fatto uccidere il Presidente Shermarke,
si insediò al posto del Governo istituzionale.
Nel 1970 Ziad Barre ufficializzò una Giunta
Socialista con poteri pressoché illimitati che dette inizio a
quella che i somali ricordano come una delle dittature più feroci. Nel
1977 le rivendicazioni territoriali, le smanie espansionistiche
verso l'Ogaden, portarono
la Somalia in guerra con
l'Etiopia, che uscì vittoriosa dopo un lungo e sanguinoso conflitto
L'esito della guerra, i soprusi dittatoriali, ben presto dettero vita -
all'interno del Paese ed all'estero - a movimenti di
dissidenti. Gruppi politici, tutti avversi a Ziad Barre,
che iniziarono, ben
presto, ad alimentare la
guerriglia in Somalia. Nel 1980, si
costituì in Gran
Bretagna un movimento armato di intellettuali esuli, "il
Somali Movement" ed
in Mingiurtina fu fondato un altro gruppo armato antigovernativo "il Fronte Democratico per la Salvezza della Somalia
(FOSS)". Il
26 gennaio 1991 Ziad Barre
veniva definitivamente estromesso, fuggiva
in Kenia, in un momento in cui il mondo occidentale occupato a
fronteggiare Saddam Hussein non poteva
occuparsi di ciò che
sta avvenendo nel Corno d'Africa. In
Somalia da quel giorno ebbe inizio il caos. L'alba del giorno più lungo che
in soli 24 mesi cancellò le vestigia antiche e
recenti di una Nazione africana della Costa Orientale, culla, in
passato, delle culture islamiche ed occidentali. Dal
1991 al 1992 si è combattuto da Berbera a Chisimaio, la Nazione
mesi di feroce e sanguinosa lotta
come mai il Paese aveva conosciuto, nemmeno ai tempi del leggendario Mohamed
Ben Addalla Hassan, il mitico "mullah pazzo". I Marrehan
cercano di sovrastare gli altri clan per subire contemporaneamente
la loro controlotta. Nel 1992 le armi momentaneamente iniziarono a
tacere, ma gli Abgal e gli Habar
Ghidir erano sempre
"sul piede di guerra" , pronti a trucidarsi.
Sorgeva
un
"non meglio identificato Governo provvisorio ad interim",
presieduto dal Generale ALI MAHDI ,
contrastato dal Generale AIDID,
l'altro "Signore della Guerra" e Presidente del
Congresso Somalo Unito (CSU) cerca - almeno all'apparenza - di
governare. Era però impossibile ogni alleanza per la feroce e
ferma opposizione di Aidid che guardava favorevolmente solo alla
costituenda Alleanza Nazionale
Somala (ANSI), da lui presieduta e nella quale confluivano i
gruppi minori. Nello stesso tempo il Generale Morgan, genero di Barre, attendeva nei pressi di Chisimaio che i tempi maturassero per favorire un ritorno del vecchio dittatore.
In quel periodo inizia ad emergere
e per taluni aspetti a radicarsi una presenza islamica , "sponsorizzata"
da Sudan, Arabia Saudita e Iran,
che quasi certamente destinata ad un ruolo molto importante
per il futuro della Somalia come i fatti dei giorni nostri dimostrano
almeno in parte. L'intervento della Forza Militare Multinazionale dell'Operazione Restore Hope, iniziata alla fine del 1992, avrebbe dovuto porre fine alla guerra civile ed agli eccidi. Così non è stato come gli eventi di questi anni hanno dimostrato e come quanto avviene in questi giorni conferma. Nonostante che alla fine di novembre del 2004 a Nairobi abbia giurato il nuovo Governo somalo e si sia impegnato a ristabilire la pace nel Paese guardando - anche in questa occasione - con fiducia e speranza all'Italia, ancora, oggi, bande armate scorazzano sul territorio e profanano i cimiteri come avvenuto nel 1990. Costoro, rinnegando un'etica comune in tutto il mondo che impone il rispetto dei morti, rivendicando il diritto di poter utilizzare in una città distrutta proprio quelle aree dove riposano gli italiani di religione cristiana. Il passato à stato descritto facendo riferimento a testimonianze sul campo, quello che fu trovato nel 1992 lo si lascia alle immagini che seguono lasciando all'attento osservatore che legge ogni possibile conclusione. Speriamo di poter di nuove andare a Johar e rivederla rivivere per l'opera dei somali che abbandonate le armi della guerra civile si impegnino per il futuro dei loro figli.
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l'aeroporto di Mogadiscio |
le rovine di una città fiorente |
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campi di profughi |
distribuzione di cibo |
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popolazione alo sbando |
l'ospedale da campo italiano | |
le visite mediche |
una bimba in ospedale |
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scuola distrutta |
scuola ricostruita |
Ricordiamo - infine - i nostri caduti dell'Operazione Restore Hope per rendere omaggio a tutti gli italiani che si sono immolati nel tempo a favore di altri popoli e per onorare i nostri morti le cui tombe sono state profanate. |
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