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Dozza – idee per una domenica

Articolo pubblicato sul periodico locale "la nostra gente" a cura dell'autore.

Oggi andiamo a Dozza: una piccola capitale che continua a vivere, pur immersa nella modernità. È una gita che richiede solo un’ora di viaggio, nel rispetto dei limiti di velocità, e che in cambio potrà regalarvi emozioni semplici ma impagabili.

Imboccate l’Autobrenenro, con direzione Modena; di qui procedete verso Bologna e poi verso Ancona. Uscite al casello di Castel S.Pietro Terme (meglio se avete la tessera per pagare) e dirigetevi a sinistra, verso la collina. Al semaforo con la via Emilia girate ancora a sinistra verso Rimini. Dopo pochi chilometri a Toscanella, appena dopo l’unico semaforo del paese, svoltate a destra.

Di qui comincia la salita verso uno dei più bei borghi fortificati raggiungibili in breve tempo da casa nostra. Si comincia a salire fra colline lussureggianti e vegetazione rigogliosa, lasciandosi alle spalle la pianura nebbiosa. Dopo aver percorso alcuni chilometri e superato un incrocio pericoloso in cima alla collina (senza svoltare dalla strada principale), trovate sulla sinistra un largo spiazzo adibito a parcheggio.

Lasciate tranquillamente l’auto, che tanto fra cento metri non vi servirebbe più; la salitina è dolce ora, la camminata gradevole. Svoltate dietro una casa costruita sul ciglio della strada e, come d’incanto, vi appare il maestoso Castello di Dozza.

Tutt’attorno, fiori e campagne, e lontano, fosca, la pianura in cui ci dibattiamo quotidianamente. Sembra già di respirare un’altra aria, anche se ci troviamo a soli seicento metri dal piano.

Arriviamo nella piazza del castello, vero cuore del paese; due simpatici ristoranti offrono conforto al vinadante affamato e infreddolito, ma se seguite il mio consiglio cercate alternative più economiche. Dalla piazza partono infatti due strade che portano verso il basso; non importa quale percorrere per prima, ma non potrete fare a meno di rimanere estasiati di fronte ai numerosi affreschi che ornano portono, balaustre, muri e sovrappassi di tutto il paese. Tracciati da numerose mani di cui recano tutti la firma, fanno di Dozza una realtà multicolore impressionante per la sua spontaneità e, nello stesso tempo, per le numerose occasioni di cultura. E così si passeggia fra porte incorniciate da giganti che si protendono quasi a proteggere il passante, tra immagini bucoliche o astratte, tra rappresentazioni di madri e di uomini.

Tutto il paesino è pervaso dalla consapevolezza di essere una vera e propria opera d’arte vivente, in cui gli uomini non si limitano a guardare i dipinti, ma li abitano, li vivono, in un modo difficilmente riscontrabile in altre realtà.

Le due strade arrivano in breve all’altra estremità del paese, la più bassa, poi riprendono a salire, cosicchè in breve tempo potete tornare verso il castello.

Ma se proprio siete alla ricerca di sapori particolari, potete divertirvi a cercare circa a metà dei portici in salita alcune bottegucce di prodotti tipici, l’immancabile pizzeria al taglio nonché un barettino stile anni ’50 dove vi faranno assaggiare una piadina veramente da leccarsi i baffi.

Potete arrivare poi allo spiazzo davanti al municipio, da cui si gode una vista splendida sulle campagne della pianura; potete anche visitare la chiesa, bellina ma rimaneggiata in stile un po’ triste nell’ottocento.

Ma il nucleo, il cuore del paese è la sulla sommita: è il castello, con le sue due torri di difesa (la più grande ha una circonferenza di cinquanta metri) e le sue mura fortificate che danno su di un fossato che da tempo non conosce più acqua.

Superiamo un breve ponte levatoio ed entriamo nel maniero, per visitarlo; il costo del biglietto d’ingresso è irrisorio, a fronte di ciò che state per vedere; non dimenticavi di chiedere alla signora la piccola guida al castello, che è gratuita.

Il primo locale che ci accoglie è la cucina, ma vi suggerisco di non soffermarvi subito, e spingervi invece al primo piano, al piano nobile.

Qui potrete ammirare il salone di rappresentanza, il museo delle armi ed alcune stanza adibite temporaneamente a varie mostre d’arte. Se la giornata è bella potete spingervi sul balcone della sala, e da qui godervi lo spettacolo.

Visitate poi a sinistra dell’entrata l’appartamento e la cappella privata del signorotto locale, ma facendo molta attenzione a non precipitare nel pozzo delle lame ricavato nel pavimento; sporgendovi un attimo potrete scorgere nel condotto verticale lame taglienti che sporgono dal muro, pronte ad affettare chiunque vi venisse controvoglia precipitato. Lasciate pure viaggiare la fantasia, pensando alle urla dei condannati ad una morte tanto atroce. Passate poi di fianco alla cappella visitando altre stanze, fino alla balconata che da sul cortile interno. Da qui potete vedere bene la torre più alta su cui fra poco vi recherete.

Da questa una scala conduce su alla prima torre, che guarda ad ovest. Percorrete quindi i camminamenti di ronda, altre scale e finalmente vi troverete sulla torre maggiore, il mastio vero e proprio. Da qui potrete ammirare tutt’attorno la collina, e la pianura; capirete quindi l’importanza strategica di questo castello, posto al confine di più territori, ed il perché venne in passato molto conteso fra i vari confinanti. L’ultimo proprietario, scomparso senza lsciare eredi, lo donò negli anni sessanta alla municipalità, che lo ha reso visitabile e ne cura la manutenzione.

Se volete potrete giocare a nascondino in cima alla torre; vi si trova infatti l’appartamento delle guardie, con più stanze comunicanti.

Una volta ridiscesi a pianterreno, potrete invece visitare le carceri, che si trovano praticamente alla base del mastio: attraverso un’apertura angusta posta alla base delle scale si raggiunge un antro interamente ricoperto da scritte e graffiti dei poveri sfortunati che lo popolarono in passato. Le date incise con le unghie, o con piccoli attrezzi, percorrono un arco di cinque secoli, e lasciano un senso di mesto terrore.

Ritornando alla scala e proseguendo a discenderla ci si trova alla base della torre più piccola; qui sono appesi alcuni strumenti di tortura, più o meno cruenti, ed in mezzo al pavimento fa rabbrividire un’apertura ove venivano gettati i poveretti che passavano per le mani degli aguzzini. Al di sotto, in realtà, c’è una vasca dove in passato veniva raccolta l’acqua, ma la fantasia, stuzzicata dagli attrezzi appena visti, corre veloce.

Torniamo quindi attraverso il cortile, e visitiamo la cucina; è un grande ambiente suddiviso in due locali, dove gli attrezzi e le stoviglie, tutti rigorsamente d’epoca, sono stati ordinatamente riposti, ognuno al propria posto, come se dovessero servire per la cena. Accanto al grosso focolare troviamo il pentolone, appeso alla catena; di lato tutti gli utensili che si utilizzavano una volta per preparare il cibo, per impastare il pane, per cucinare. Nella muratura, accanto al focolare, il forno per il pane. Sulla parete di fianco, più recente, troviamo un montacarichi, per spedire le vivande direttamente al piano di sopra, nel salone d’onore che abbiamo visitato all’inizio.

Quanti ricordi per chi non è più giovane; e quante scoperte per chi invece lo è; soffermarsi a lungo in questo ambiente riporta indietro di colpo di secoli, eppure a pensarci bene fino a pochi decenni fa si era sempre fatto da mangiare così, senza corrente elettrica.

Prima di uscire, non potete mancare di visitare l’Enoteca Dell’Emilia Romagna, ricavata nei locali delle ex cantine del castello: qui trovate, opportunamente valorizzati, tutti i vini delle varie zone di produzione della nostra bella regione. Dal lambrusco della nostra Bassa, al pignoletto bolognese, fino al Sangiovese dei più duri (di quelli che macchiano il bicchiere), potrete scorrere centinaia di bottiglie scoprendo vini e sapori della nostra terra.

Potete anche solo curiosare, certo; ma, fidatevi, sarà impossibile andarsene senza aver acquistato almeno una bottiglia, se non altro per ricordo di un pomeriggio trascorso così simpaticamente, a pochi passi da casa nostra, in un’atmosfera così famigliare e, nel contempo, così diversa.

Alla prossima, quindi. E fatemi sapere se questa vi è piaciuta.

Come ? Ma scrivendo a sbudinik@tin.it

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