INTERESSE - INCOERENZA – IPOCRISIA

L’uso d’armi non letali

di Carlo Boccadifuoco. E-mail: kiriosomega@tiscali.it

Nei moderni consorzi umani l’incoerenza sociale e la farisaica ipocrisia regnano incontrastate, passive seguaci dell’interesse che attraverso il dio denaro imperano anche sul Dio Cristo.

Il tema che trattiamo, magnificamente illustrato dall’Albertone nazionale nel film "Finché c’è guerra c’è speranza", è qui ripresentato dal più modesto, sorridente ed impomatato imbonitore del fumetto che dietro le spalle nasconde la frusta, mentre, per i suoi loschi affari, indossa il vestito della festa.

L’argomento che analizziamo, così particolare, non ha dignità sulla stampa generica per ipocrisia e farisaica incoerenza sociale e malcelato interesse di grandi trust aziendali. Il dibattito sulle armi, infatti, in Italia non è mai trattato, così come, per esempio, non è proposto televisivamente nemmeno il tiro al piattello che è anche disciplina olimpica. In ogni modo qui non tratteremo delle armi da sparo portatili secondo le caratteristiche balistiche, ma considereremo l’uso di nuove tecnologie che sono destinate, a dire del costruttore e per loro progettazione, a limitare i danni arrecabili a persone e cose.

Solo una piccola premessa prima d’addentrarci nel complicato tema.

Dal Legislatore italiano le armi "classiche" sono distinte in proprie ed improprie, bianche e da sparo, queste ultime, se portatili, sono classificate in lunghe e corte, con munizione intera e spezzata, dedicate alla guerra, assimilabili a quelle da guerra o comuni da sparo.

Il Legislatore dovette compiere sforzi grandissimi per convenientemente illustrarne le categorie, ma il problema di cosa poteva rientrare nel concetto d’armi resta irrisolto se si prescinde dalla congettura di legge. Infatti, ogni arma sia da guerra o da difesa, o d’altra possibile origine, è capace di ledere ed uccidere, perciò qualunque classificazione immaginabile è pretestuosa, incompleta e contestabile.

L’inconsueto tema trae le sue ragioni dalle norme giuridiche, che devono essere aggiornate, e dalle missioni che i militari, per volontà dei politici, devono affrontare in territorio estero avverso, dove costantemente corrono pericolo di vita e dove volontariamente o casualmente possono provocare la morte.

Nelle controversie sulle armi due sono gli atteggiamenti che istintivamente si pongono in luce in seno alla società: " Il primo consiste in un comportamento di condanna tout court, mentre il secondo nascostamente esalta una malcelata passione verso questi oggetti". I due estremi dello scontro d’opinioni sono così radicalizzati, nel modo d’essere di chi tratta moralmente l’argomento, da far dimenticare che l’arma è in ogni caso solo un oggetto, e, come tale, non è buono o cattivo, ma risponde all’uso che il manipolatore vorrà farne. Dunque, l’accettazione o la repressione del concetto d’arma ha la sua origine nel tipo d’educazione e cultura del soggetto che ne discute.

Ma cosa spinge la gente ad esprimersi ed appassionarsi ad un argomento che in fondo è sconosciuto? La domanda non è retorica perché ad essa è sottesa una gamma di comportamenti umani che conduce ad un’altrettanto vasta possibilità d’atteggiamenti.

La risposta al quesito è però di semplice sviluppo perché facilmente si comprende che l’interesse ha attinenza con il sentimento di potenza che in ognuno è riposto e che, per una complessa elaborazione delle conoscenze esperienziali, conduce ad abbinare il concetto d’arma con quello di vita e di morte intese come premio che ognuno può infliggere.

In ogni modo non è la concezione psicanalitica che guiderà il nostro discorso, perché vogliamo qui trattare dell’esistenza di "nuovi" tipi d’arma, le cosiddette "armi parzialmente invalidanti o non letali", e comprendere se esse sono realmente concepite con scopi umanitari o se invece, per l’ipocrisia della società, sono solo nuove tecnologie che devono essere vendute e provate sul campo all’insaputa dell’avversario.

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Questa recente tecnologia è affidata anche alle truppe in missione estera per il "peace keeping" ma la sua utilità in questo caso, almeno a mio avviso, è discutibile e rischiosa.

Oggi spesso è comune, di volta in volta sostenuta o abbandonata dallo stesso interlocutore, la rappresentazione mentale di "guerra umanitaria", di "bombe intelligenti", d’ordigni capaci di ledere solo l’obiettivo prescelto risparmiando il viciniore e le popolazioni civili.

Tutto questo però è una continua farsa perché mai una guerra potrà essere "pietosa" o anche solo "umanitaria" e "benevola".

In ogni modo dietro l’uso di queste armi cosiddette non letali, ossia che non dovrebbero arrecare il massimo insulto alla vita, si nasconde sempre l’ipocrisia dei governi che per interesse economico agiscono in modo repressivo e terroristico su popolazioni non allineate ai loro voleri.

Inoltre, la tecnologia di depotenziamento di sistemi d’arma sicuramente lesivi, per esempio con l’uso di proiettili di gomma, o la messa in opera d’apparati capaci di creare stati psicologici, modello di riferimento può essere l’immissione di una quantità sufficiente "d’endorfina della paura" nelle acque potabili d’uso comune, possono scatenare, nelle masse, fenomeni irreversibili e non controllabili.

Ma ciò che più certamente è approssimativo, nella concezione di questi nuovi mezzi, è il loro range di soglia, minimo e massimo, che crea alterazioni nel bersaglio. Offese che, oltre che essere poco note nel loro manifestarsi in popolazioni geneticamente lontane se pur specie specifiche simili, sono differenziabili a piacere dall’utilizzatore. (Si pensi, per meglio comprendere l’importanza del concetto espresso, allo sterminio, allora solo per cause naturali, che le popolazioni di amerindi subirono nei confronti dei comuni agenti batterici del raffreddore ivi importate dall’uomo bianco, o al devastante effetto che esploratori manifestano se contagiati dal Marburg o dal filoviridae Ebola (Zaire, Sudan, Tai Forest tre varianti RNA patologiche per l’uomo).

Questa considerazione è tangibilmente vera, perché, nel mercato di questi "oggetti solo fantasticamente non letali", oltre ai governi, attori classicamente predestinati al loro acquisto ed uso, partecipano molti soggetti privati con disparati interessi, per ciò fiorisce un ampio mercato sotterraneo e parallelo molto remunerativo per i fabbricanti del settore.

Molti grandi potentati economici si stanno munendo di questi sistemi di controllo di massa, ma anche raggruppamenti transnazionali e cosiddetti terroristici hanno interesse alla loro detenzione, ognuno con motivazioni e fini propri.

In questi scopi massimamente rappresentati dal controllo delle masse non militarmente agguerrite, ossia in quella condizione tecnicamente definita di "riot control", questa nuova tecnologia, purtroppo a piacere potenziabile, dimostra d’avere raggiunto il proprio massimo scopo.

E’, invece, proprio nel settore d’impiego degli eserciti, ipocrita macchinazione, che la nuova tecnologia non raggiunge la meta predeterminata, e dimostra la sua scarsa utilità.

1°) Per prima cosa perché se la lotta armata è combattuta, purtroppo, esige i suoi morti, ed in seguito i propri schiavi economicamente sottomessi o politicamente compromessi.

2°) Inoltre, amara verità, come già affermava molto sapientemente Bertrand Russel (Che cos’è la morale- Mondadori Editore), la guerra è la valvola di sfogo e controllo degli istinti della specie umana che attraverso di essa s’auto controlla e limita.

Un esercito in "peace keeping", che deve comunque affrontare "l’avversario armato" in territorio nemico, non può esercitare la sua funzione di controllo se non è convenientemente fornito d’armi convenzionali, perché, in tal caso, sarebbe sopraffatto ed i suoi componenti uccisi.

Dunque, delle due prospettive una sola di esse possiede validità:

"O si esercita la guerra ed essa va combattuta con i danni che fatalmente non possono essere limitati, o non s’inviano militari armati di tecnologie sperimentali non letali con il pericolo di spedirli al massacro o di creare danni incontrollabili".

Sciaguratamente la guerra è una cosa seria e non ammette ripensamenti allorché è dichiarata o semplicemente combattuta.

Torniamo al concetto d’arma e subito ci rendiamo conto, come già abbiamo affermato, che nella categoria rientra ogni oggetto che all’uomo, al bisogno, serve come strumento d’offesa e difesa

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senza porre limite alla quantità d’azione lesiva posta in opera per il suo uso. Il concetto così estensivo, nel Legislatore moderno, necessariamente è stato ridimensionato nuovamente creando un artefatto giuridico sulla nozione d’arma. Si è perciò giunti a considerare appartenenti alla categoria delle armi non letali tutta quella classe d’oggetti che in base ad un uso specifico, che s’origina dal concetto di precisarne la progettualità sottesa e la principale funzione, dovrebbe essere capace di creare lesioni limitate su un bersaglio animato o apparati anche se plurimi, e tutto ciò anche contemporaneamente. E’ chiaro, però, per il concetto d’attività lesiva, che questo modo d’affrontare la questione è pretestuoso ed ipocrita.

In ogni modo è nata e si sta perfezionando una legislatura specifica espressa dal C.P. che sulla scorta di quanto già approvato, "…condanna di chiunque detiene armi o parti di esse o munizionamento di vario genere senza opportuna autorizzazione…", estende il concetto d’arma anche a sostanze biologiche, chimiche, o apparati fisici.

Nel pragmatismo di questa filosofia che è impostata sulla capacità di necare, le cosiddette armi non letali, ma in ogni modo capaci d’offendere devono allora rientrate tra i mezzi comunemente proibiti dal Legislatore o, viceversa, sono da considerarsi oggetti comuni che non possiedono le caratteristiche indispensabili per farle rientrare nella categoria delle armi?

Il problema non è da poco sia giuridicamente sia economicamente.

A mio giudizio, come già è stato più volte indicato, la nozione d’arma si deve applicare ad ogni categoria d’oggetti capaci di offendere e di creare lesioni fisiche momentanee o definitive sul bersaglio acquisito. Da un punto di vista più squisitamente medico legale, possiamo affermare, con limiti sempre approssimativi, che per l’azione nociva creata devono scaturire, sulle persone attinte, offese in cui residua una lesione temporaneamente invalidante o totalmente inficiante e capace, in certi casi, di creare anche la morte.

Da questo punto di vista le armi non letali rientrano nella categoria delle armi convenzionali, e, da ciò, la loro necessaria tutela attraverso il C. P. Se non altro in una popolazione come la nostra che non si dimostra matura come quella svizzera, cui è affidata la conservazione del fucile d’assalto militare che è consegnato all’atto della leva e che possono utilizzare per gare di tiro da loro molto diffuse.

La nota dolente di tutta la dottrina espressa è però ben evidente, perché nessuno potrà mai stabilire il limite di lesività minima e massima per considerare un’arma non letale.

Più tecnicamente possiamo affermare che le armi non letali sono classificate in conformità a tre diverse considerazioni che esaminano le condizioni d’esercizio sotto differenti aspetti: "L’obiettivo proposto e da raggiungere; la morfologia dell’oggetto dichiarato non letale; la tecnologia che lo supporta".

L’obiettivo da conseguire, con l’uso di queste tecnologie, è previsto in sanzioni contro Paesi non allineati, check-point con interdizione d’accesso in aree predefinite, effetti contro strumenti d’offesa, missioni contro gruppi eversivi, riot control.

Per quanto attiene la morfologia dell’oggetto, definito arma non letale, è ampiamente varia, da ciò l’esigenza d’essere esaminata e classificata alla luce della funzione e del suo possibile uso contro persone fisiche od apparati.

La tecnologia di supporto, sempre per la classificazione di questo tipo d’arma, è biologica, chimica (principalmente gas), fisica (acustica, elettrica, elettronica, radiante) ed informatica. Per quanto espresso, sono riconosciuti come armi non letali molti ceppi di microrganismi naturali od O.G.M. (la S.A.R.S. può essere tra questi e la guerra di conquista potrebbe ormai incominciare con uno starnuto), i prodotti chimici farmaceutici del tipo psicolettici, ipnotici barbiturici e non barbiturici, neurolettici fenotiazinici o butirrofenonici o reserpinici ed i tranquillanti. Altre categorie sono gli psicotonici psicodislettici e certi tipi di neurolettici, tutti farmaci di consueto uso psichiatrico.

Esistono già anche "supercollanti", sistemi elettronici capaci di fermare in lontananza i motori a combustione interna (brevetto italiano), "taser" che esercitano la funzione di stordimento sui bersagli umani verso cui sono diretti, reti elettriche o appiccicose, cannoni ad acqua elettrizzata,

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prodotti capaci di diminuire gli attriti per far derapare mezzi ruotati, e, dulcis in fundo del nostro breve elenco, virus informatici in grado di bloccare qualsiasi computer.

E poi speriamo che Internet sia sicuro, incolpando delle nostre disavventure informatiche gli hacker studenteschi che, hacker, spesso lo sono solo per curiosità.

In definitiva possiamo affermare che nel concetto di classificazione delle armi non letali si deve seguire una logica ad ampio raggio, che, oltre alla concezione classica di lesività, sia capace di valutare la globalità delle possibilità d’uso del nuovo mezzo e di limitarne la diffusione.

Così, nel gran marasma creato dalle nuove tecnologie, definire il concetto d’arma e tutelarlo con opportune normative diviene sempre più difficoltoso, e molto deve essere lasciato all’intelligenza e serietà professionale degli organi di tutela.

In ogni modo, ciò che più spinge al loro perfezionamento è l’interesse economico dei produttori e l’arroganza del potere che non vuole perdere il suo dominio sulle masse sempre più vaste.

Ah, dimenticavo, bisogna correggere quel monito che ci avverte che la terza guerra mondiale sarà atomica, perché potrebbe essere fatta di febbri e starnuti, e, in ogni caso, quella che verrà dopo sarà combattuta con le fionde, ma speriamo che ciò non avvenga.