MOVIMENTO SOCIALE FIAMMA TRICOLORE

(Comunicato del Segr. Naz. On. Luca Romagnoli)


DAL MS– FIAMMA TRICOLORE UN FORTE NO ALLA DEVOLUZIONE

Devoluzione sia! Si mantengono i patti con gli elettori (con quelli della Lega, i soli consapevoli)! Si compia dunque l’ennesima mortificazione dello Stato, trasferendo da questo alle Regioni “le competenze esclusive di scuola, sanità e polizia locale” . Come? Al solito proseguendo nel solco già tracciato dal biasimato governo ulivista. È proprio così: la “devolution” del Ministro per le Riforme (l’Umbertone nazional-padano, discendente di quei valligiani che dal Bresciano e Bergamasco decisero di risalire a ritroso la Penisola al seguito del Garibaldi ) ha preso le mosse dalla riforma federalista approvata nella scorsa legislatura, quella che ha modificato il Titolo V della Costituzione, conferendo maggiori poteri alle Regioni (riforma poi confermata dal referendum). Poteri alle Regioni? C’è da chiedersi piuttosto se non sia il caso di toglierli; giacchè, in tante occasioni, sono solo serviti ad alimentare disservizi appetiti pantagruelici, distribuire o meglio disperdere risorse pubbliche, creare una pletora di nuovi amministratori e quindi loro soldati da mantenere, ingolfare o peggio costringere nelle pastoie d’una ulteriore burocrazia gli amministratori. Non bastava questo, non era sufficiente il già ampio potere legislativo concesso alle Regioni autonome, si dovevano spingere gli egoismi dei ricchi al parossismo della disgregazione culturale, solidale e persino della sicurezza pubblica. Eccolo dunque il progetto “Bossiano”, fatto proprio dal Governo e da questa malnata maggioranza: modificare l’art 117 della Costituzione assegnando alle Regioni pieni poteri in materia di sanità, polizia locale e scuola. “Lo Stato non deve mettere bocca nelle materie in cui c’è la competenza esclusiva delle Regioni ” ha dichiarato il braccio destro di Bossi Francesco Speroni e, peggio, gli ha fatto eco il Ministro per gli affari Regionali Enrico la Loggia (non padano, ma meridionale eletto da elettori meridionali), che sulla devoluzione ha dichiarato: “… non riesco ad immaginare come possa sfasciare il Paese” (CdR, 3 dicembre pag. 8). E ministri, deputati e senatori di Alleanza Nazionale come intervengono? Cosa dicono questi falsi paladini della dignità nazionale; del “Tricolore patriottardo” questi inventori del “timido sciovinismo massmediatico” questi malversatori dei sentimenti e dei valori, questi “metafisici del potere” questi “nuovi illuminati”? Tombale silenzio. Fragoroso, solito ipocrita silenzio. Al massimo pencoleranno tra le battute del Presidente Ciampi, cercando di convincere iscritti ed elettori che un “…regionalismo solidale è possibile” anzi “va di pari passo con l’unità nazionale”. No questa secessione surrettizia, questa ulteriore sperequazione tra Nord e Sud d’Italia, questa divisione dei diritti e dei doveri, questo abominio antisolidarista e antisociale va denunciato e combattuto con asprezza di toni e protesta fragorosa quanto popolare! Sicurezza e ordine pubblico, pari opportunità d’accesso alle prestazioni sanitarie (per altro già deficitarie come il fenomeno della migrazione sanitaria in Italia ampiamente dimostra), diritto ad un’istruzione non sperequata quanto a temi culturali e servizi sono doveri inalienabili dello Stato. Così come non sono discutibili questi doveri altrettanto non si può mortificare un’unità nazionale ed una identità culturale che oggi –ancor più di ieri- si confronta nel più ampio scenario europeo. Non è possibile consentire che si usi il federalismo per dividere -primo caso nella storia- quando ogni altro, sua concreta attuazione e sempre servita al tentativo (talvolta con esiti poi negativi come nel caso della Jugoslavia), di unire e condividere. Mentre curiosi attendiamo di vedere come giustificheranno ai loro elettori gli eletti della CdL nel Mezzogiorno l’ennesima svendita, piace qui concludere con un’altra citazione –simpatica questa volta- “Berlusconi ha vinto grazie ai voti del meridione. Ma se oggi andasse al Sud verrebbe preso a fischi e pernacchie. E quando ci sarà il referendum (abrogativo della Devoluzione n.d.r.) io sono convinto che lo vinceremo” (Clemente Mastella, CdR, 3 dicembre pag. 8). Beh, quel che è certo è che i missini della fiamma faranno quanto in loro potere affinché questo accada. Significativo è il potenziale disgregante della proposta, che interseca dinamiche conflittuali tra diversi territori del paese. Una riforma istituzionale, che prefigura politiche locali e profili assai differenziati, quindi l'ulteriore inasprimento degli squilibri territoriali del Paese, alla luce della evidente recrudescenza dei profondi divari interregionali, avrà esiti pericolosi in termini di sviluppo socioeconomico e d'indebolimento della coesione sociale. A causa della moltiplicazione degli ordinamenti regionali e della differenziazione normativa, nelle Regioni si determineranno differenze sostanziali e inaccettabili disomogeneità nei servizi erogati ai cittadini, nelle opportunità di sviluppo per le imprese residenti nelle diverse aree del Paese. Prendiamo ad esempio due indicatori socioeconomici di base: la ricchezza pro capite e il tasso di disoccupazione nei diversi contesti territoriali e nel confronto con altre regioni europee. Il valore medio della ricchezza pro capite a livello nazionale è pressoché in linea con il valore medio riferito all'Unione Europea, è però vero che l'Italia figura tra i Paesi europei che presentano i più marcati divari territoriali interni dello sviluppo. I due esempi regionali estremi in Italia sono il Trentino - Alto Adige (con il PIL pro capite pari nel 1998 al 136,1 % del valore medio europeo), e la Calabria, la cui ricchezza per abitante scende al 60,7 % della media europea, ovvero è tra i livelli più bassi d'Europa insieme ad alcune regioni della Grecia, Spagna e Portogallo.