MOVIMENTO SOCIALE FIAMMA TRICOLORE

IDENTITÁ

SOVRANITÁ

SOCIALITÁ

 

Art. 1

II Movimento Sociale - Fiamma Tricolore è un'organizzazione politica, ispirata a una concezione spirituale della vita, che ha il fine di garantire la dignità e gli interessi del popolo italiano, nella ininterrotta continuità storica delle sue tradizioni di civiltà e nella sua prospettiva di una più vasta missione occidentale, europea, mediterranea. Il MSFT si propone la realizzazione dello Stato Nazionale del Lavoro, per il raggiungimento - mediante l'alternativa corporativa - dei più vasti traguardi di giustizia sociale/e di elevazione umana, nel rispetto della libertà per tutti e nell'armonia dell'ordine con la libertà.

IDENTITÀ

Salvaguardia degli italiani, della lingua e della cultura

Il Movimento Sociale Fiamma Tricolore è il partito degli italiani e, come tale, ha il compito di difenderne il primato e salvaguardarne gli interessi, sul piano politico, economico e militare, promuovendo il futuro e la crescita del Paese. Il bene e la salvaguardia dell’identità italiana vanno difese in tutte sue forme, nei suoi aspetti tradizionali e nelle sue specificità territoriali. Innanzi ad una classe politica che non si adopera più in funzione della Nazione e per la quale il fatto che degli italiani lottino per il rilancio e la crescita della loro Patria, è causa di rabbia insopportabile; innanzi a chi pensa che l’Italia e l’Europa hanno cessato di rappresentare un modello di civiltà, che non hanno più missioni né messaggi da portare nel mondo, a chi crede, in un’ottica mondialista, che la Nazione deve sparire, noi rispondiamo con il rifiuto della società multiculturale, che azzera la varietà culturale e non esalta le tradizioni dei popoli. Replichiamo con la lotta in nome dell’identità nazionale, perché una Nazione, privata della propria identità, è una Comunità di Popolo senza destino. Siamo per il rispetto, in Italia come altrove, del principio di autodeterminazione e del principio secondo cui ogni Popolo deve disporre di un proprio territorio commisurato alle proprie esigenze demografiche (spazio vitale). Perchè l’Italia resti Italia, gli italiani devono rimanere padroni a casa loro, difendendo la propria lingua, la propria cultura, la propria qualità della vita.

Famiglia

Sono necessarie ed urgenti politiche sociali di sostegno alla famiglia, vero pilastro della società, centro nevralgico del potenziamento e del consolidamento della Comunità di Popolo. Deve essere sostenuta la difesa della famiglia naturale, contro qualsiasi forma di sua "perversa parodia" ("coppie di fatto" e sostenuta pretesa di uguaglianza sociale e legale di queste, in particolare in alcune questioni quali ad esempio la possibilità di adozione). Contro il preoccupante calo delle nascite, contro la crescente disgregazione familiare e sociale, devono essere attuate politiche di difesa ed incentivo e sostegno della famiglia naturale e tradizionale.

Vanno tutelate le fasce più deboli, dai bambini agli anziani: questi ultimi, una volta ritenuti emblema di saggezza e riferimento per l’intera società, oggi, in pieno "clima di furore consumista", sono relegati, in quanto irrilevanti produttori-consumatori, ai margini della vita sociale.  Noi vogliamo che gli anziani sia riconosciuto il ruolo tradizionale che le grandi civiltà ad essi hanno sempre accordato e dovuto il rispetto per chi ha fattivamente costruito il presente e posto le basi del futuro.

Nel contesto della tutela della famiglia, si inserisce anche il problema della casa che, deve essere un diritto minimale di proprietà di ciascun nucleo familiare e, come tale, devono essere attuate politiche che assicurino, soprattutto per le giovani coppie, l’acquisizione di una casa. La costituzione di una famiglia, votata all’incremento demografico, viene vista come atto per l’ascesa della Nazione e per lo sviluppo della sua potenza economica, sociale e culturale. Di conseguenza, la famiglia diviene oggetto di difesa e di salvaguardia in una sana politica demografica, votata alla tutela ed alla protezione dell’infanzia e della giovinezza.

Ogni forma di tassazione sulla prima casa successiva all'acquisto e che non sia commisurata ad un eventuale erogazione di servizi, deve essere eliminata, mentre è giusto introdurre una tassazione d'incidenza crescente all'aumentare del numero degli immobili di una medesima proprietà.

Lotta all’immigrazione

La difesa dell’identità nazionale non può prescindere dalla lotta all’immigrazione incontrollata, fattore disgregativo dell’identità nazionale, e spesso veicolo d'alimento e diffusione della criminalità, cosa che trova conferma incontestabilmente, ad oggi, nelle statistiche della popolazione carceraria.

Di fatti l'immigrazione produce:

a)

b)

c)

Auspichiamo quindi ad un blocco totale dell’immigrazione, all’espulsione immediata dei cittadini clandestini e che si macchiano di qualsiasi tipo di reato; nonchè ad un graduale ritorno in Patria dei cittadini extracomunitari, coadiuvati da interventi volti realmente a portare l’autosufficienza economico e alimentare ai paesi del cosiddetto Terzo mondo. L’apertura indiscriminata delle frontiere e l’ammissione massiccia delle popolazioni allogene, sembrano rispondere a delle logiche differenti, la prima più economica, la seconda più ideologica. In realtà esse si nutrono alla stessa fonte e concorrono allo stesso fine: la scomparsa dell’Italia come entità storica autonoma, lo sfruttamento economico, lo stato di soggezione psicologica ed economica. Abili politicanti senza scrupoli che per interesse o demagogia spicciola credono di risolvere il problema attraverso periodiche "regolarizzazioni di massa" semplicemente "adattano il diritto al fatto".

Inoltre, la presenza sul territorio italiano di etnie sempre più numerose che spesso privilegiano la loro appartenenza comunitaria ed identitaria rispetto alla loro assimilazione al modello di vita italiano, pone un problema di "convivenza civile", che può addirittura evolvere in "scontro sociale". Mescolando uomini e donne di origini etniche, religiose, in una parola culturali diverse, gli stessi immigrati si trovano sradicati dalle loro tradizioni, così come gli italiani nei quartieri con elevate percentuali di presenze degli immigrati si sentono "stranieri a casa loro". Per questo chiediamo di:

- porre fine ad ogni tipo d'immigrazione extracomunitaria, tanto più che il cosiddetto "mercato del lavoro" in Italia spesso recepisce il lavoratore immigrato, come lavoratore da sfruttare e limita, quando non rifiuta il lavoratore italiano;

- abrogare il ricongiungimento familiare;

- ricondurre il diritto d’asilo politico al suo significato originario;

- lottare contro il falso turismo, spesso preso a pretesto per bieche forme di sfruttamento a tempo (è il caso, ad esempio, della prostituzione);

- istituire una forza di coordinamento delle forze di polizia per il rimpatrio degli extracomunitari;

- procedere all’espulsione immediata degli immigrati clandestini;

- riaffermare il diritto all’italianità;

- fondare la naturalizzazione degli immigrati sull’assimilazione e sull'integrazione, dunque finirla con i giacobinismi dell'adeguamento nostro ai costumi altrui;

- assicurare la priorità nell’occupazione agli italiani;

- assicurare la priorità d'accesso all'istruzione, alle prestazioni sanitarie, ai benefici sociali, agli italiani;

- assicurare la priorità d'accesso agli alloggi popolari alle famiglie italiane;

- rimanere padroni delle nostre frontiere, della nostra cultura e così dei nostri destini;

- smantellare i ghetti etnici, sorti in alcune città grazie agli speculatori dell'affitto irregolare, o favoriti dall'occupazione di spazi pubblici e non solo in degrado e abbandono;

- controllare le attività politiche delle associazioni straniere.

 

SOVRANITÀ

INTERESSE NAZIONALE, EUROPA, POLITICA ESTERA

Politica estera

Uno Stato forte, deve necessariamente avere una politica estera propria, che sia prodotto della sua naturale proiezione geopolitica. Su questa base, su queste inalienabili fondamenta, l’Italia e l’Europa devono recuperare la sovranità politica, divenendo soggetto e non più oggetto delle politiche altrui; di conseguenza occorre affrancarsi dal giogo atlantico e dalla condizione di vassallaggio alla talassocrazia imperiale statunitense, uscendo dalla NATO e perseguendo una politica volta a salvaguardare gli interessi vitali, lo spazio vitale ed organico del Vecchio Continente. Altresì si dovranno perseguire rapporti d'amicizia e cooperazione economico-culturale con i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e del Medio Oriente, tanto più che l’Italia rappresenta il ponte tra civiltà, in particolar modo recuperando quel ruolo di faro che è stato nostro per secoli. Uscendo dalla NATO potranno così evitarsi inutili e dispendiose avventure belliche che provocano esclusivamente ritorsioni sul piano diplomatico, economico e sociale. Solamente affrancandosi dallo stato di vassallaggio rispetto agli interessi imperialistici degli Stati Uniti d’America, l’Italia e l’Europa tutta, potranno, raggiungendo l’indipendenza in politica estera, riappropriarsi della vitale indipendenza politica, economica e militare, realizzando un’Europa forte, armata ed indipendente, in antitesi all’Unione Europea dei mercanti e delle banche di Maastricht e Bruxelles. Solamente una sana politica di sicurezza europea può rappresentare gli interessi del nostro Continente nel mondo ed assicurare la pace interna.

Europa

Rifiutiamo l’Unione Europea nata a Maastricht, creata artificialmente al di sopra ed al di fuori della volontà popolare e governata dalle Commissioni e dai vertici della BCE, non eletti né scelti da nessuno se non dalle centrali di super-finanza. Contestiamo, come diretta conseguenza, la Costituzione europea imposta ai popoli di tutta l’Unione, documento di chiara ispirazione massonica, antipopolare e lontana anni luce dai millenari valori della civiltà europea, derivazione di quella greco-romana-germanica. Non vogliamo inoltre un’Europa allargata a paesi che per tradizioni, storia, cultura e religione, non hanno nulla a che vedere con il Vecchio Continente, in particolar modo Turchia e, a maggior ragione, Israele. Vogliamo sì un Europa allargata, ma alla Russia, così da poter completare quella Confederazione di Stati che vuole il "Nostro Continente" estendersi fino agli Urali. Una realizzazione di una comunità di, popoli d'Europa, istituita come federazione di tutte le Nazioni; perché come la Nazione è la risultante di milioni di famiglie che hanno una fisionomia propria anche se posseggono il comune denominatore nazionale, così nella comunità europea ogni Nazione ha il diritto/dovere di esercitare i poteri di autodeterminazione che gli derivano dall'essere una entità ben definita.

 

SOCIALITÀ

E SOLIDARIETÀ NAZIONALE

 

Recupero della sovranità economica

Con l’adozione dell’euro la nostra politica economica viene sottomessa a drastici ‘criteri di stabilità’ (deficit, inflazione, tassi di interesse…). Non abbiamo una politica monetaria, di bilancio, industriale e commerciale indipendente; di conseguenza, non abbiamo più una politica nazionale salariale, fiscale e sociale. La nostra sovranità economica, cioè il nostro potere decisionale e la nostra libertà di scelta, sono spariti. Una sana difesa dello Stato sociale non può prescindere dal recupero del controllo politico sull’economia, ribaltando gli attuali rapporti di forza tra potentati economico-finanziari e istituzioni politiche. Quindi, rigettiamo e lottiamo contro le privatizzazioni, che smantellano il patrimonio produttivo nazionale svendendolo a prezzi di favore al capitale privato anonimo e cosmopolita; sosteniamo l'inderogabile necessità della nazionalizzazione delle industrie chiave nei settori considerati strategici (energia, dalle fonti alternative al nucleare, telecomunicazioni, trasporti…) e conseguente protezionismo per questi settori. Vogliamo privilegiare la produttività nazionale contro le Imprese Multinazionali, latrici di un preciso messaggio mondialista, volto allo smantellamento dello Stato sociale ed al saccheggio delle risorse nazionali in favore del sistema bancario internazionale. Contro la prospettiva di un’Europa invasa dai prodotti extraeuropei, chiediamo di proteggere con dazi e barriere doganali il prodotto europeo ed italiano dalla sleale e antisociale concorrenza extraeuropea, incentivare la PMI, vera spina dorsale dell’economia reale nazionale.

Lotta al sistema bancario internazionale

Lotta serrata al sistema usuraio delle Banche Centrali che devono ritornare necessariamente sotto stretto controllo pubblico, senza alcun tipo di partecipazione privata. La Banca Centrale, necessariamente di proprietà dello Stato, deve emettere moneta in base alle reali esigenze dell’economia interna, accreditando l’intera massa monetaria in emissione ai cittadini; eliminando così alla fonte la vera causa del debito pubblico. Non vi potrà mai essere libertà economica fino a quando i popoli e gli Stati non si riapproprieranno dell’emissione del denaro. Questo passaggio rimane esiziale per trasformare i popoli da schiavi della grande usura a popoli liberi.

Questo consentirebbe altresì di dare il via a grandi opere pubbliche, necessarie all'adeguamento funzionale del territorio, al riequilibrio ambientale e anche dell’economia interna, all’assorbimento della disoccupazione. L’instaurazione della proprietà popolare della moneta  fondata sui seguenti principi:

a) La sovranità monetaria spetta allo Stato e la proprietà della moneta al Popolo.

b) Lo Stato deve trattenere all’origine, all’atto dell’emissione, quanto necessario per esigenze fiscali e di pubblica utilità.

c) Ad ogni cittadino va attribuito il reddito monetario di cittadinanza a norma del 2° co. dell’art. 42 della Costituzione che sancisce l’accesso alla proprietà per tutti.

d)  Poiché il mercato è saturo quando i prezzi coincidono con i costi di produzione, solo quando questa coincidenza tende a verificarsi, occorre sospendere sia l’emissione di moneta che la produzione dei beni.

e) Per risarcire gli ingenti danni causati dal regime usurocratico ed evitarne altri, occorre costituire, con urgenza, il Ministero per il risarcimento danni da usura  (analogo al Ministero per il risarcimento danni di guerra) ed il Tribunale dell’usura (analogo al Tribunale del Lavoro).

La moneta  va concepita come strumento di diritto sociale, in una democrazia integrale in cui il Popolo non ha solo la sovranità politica, ma anche quella monetaria.

Stato nazionale del Lavoro

La disoccupazione imperante rappresenta il fallimento più significativo delle politiche socioeconomiche adottate dai governi negli ultimi anni, unitamente al libero-scambismo che, generalizzando progressivamente a tutti i settori dell’economia una concorrenza selvaggia e senza freni, è all’origine della scomparsa di interi settori della nostra industria, della nostra agricoltura e delle nostre attività di servizi. Altro problema esiziale è rappresentato dal mancato adattamento della formazione professionale ai bisogni delle imprese. Numerosi datori di lavoro lamentano l’impossibilità di trovare personale qualificato. A ciò si aggiunge l’esorbitante pressione fiscale e, più in generale, il peso dei prelievi obbligatori (vera piaga della nostra economia), scoraggiano l’iniziativa creatrice e causano la latitanza di posti di lavoro reali o potenziali; una farraginosa burocrazia domina la nostra società e la nostra economia, genera un "fuggi-fuggi" delle imprese; ciò spinge spesso e volentieri a delocalizzare le attività, dunque a distruggere le opportunità di lavoro in patria - territorio d'origine degli investimenti, in alcuni casi realizzati anche con il contributo pubblico-, delle imprese, per crearne altre all’estero, a beneficio di altri Paesi. Ben inteso, la disoccupazione è sempre esistita, poiché l’economia non è una scienza esatta, e tutte le società, oggi come ieri, sono o saranno perturbate da "fattori di disordine", che alterano la "quantità di lavoro" disponibile. Oltre alle cause politiche, la disoccupazione ha delle cause economiche strutturali, indottei da una perversione profonda dell’economia di mercato. Di quale perversione si tratta? Di una deriva verso la "finanziarizzazione" della nostra economia. I "presidi oligarchici", nelle più alte schiere politiche ed economiche, si disinteressano del mondo della produzione e del lavoro o della creazione di beni e di servizi, per "favorire il virtuale": i ‘prodotti derivati’ dei valori finanziari, per esempio, che non sottendono alcun attivo reale, ma volatili ed inverificabili, sono spesso negoziati, convertiti, ceduti ancor prima di aver avuto una contropartita effettiva. Questi "gran sacerdoti" dei tempi moderni hanno il loro tempio nella Borsa, la cui finalità iniziale, l’apporto di liquidità ad imprese sane o la regolamentazione del mercato dei capitali, viene fatto sparire a favore di una speculazione senza remore. Ne consegue che in una tale prospettiva, il lavoro autentico, solo creatore di valore aggiunto e di ricchezza, non rappresenta più il motore essenziale dell’attività economica e vi è sempre meno spazio per l’occupazione. Si costituiscono gigantesche e malsane accumulazioni di capitali; il fenomeno è accelerato dalla corsa alle "fusioni – acquisizioni" e crede di giustificarsi attraverso la ricerca di un ‘taglio critico’: le conseguenze sono inevitabilmente riscontrabili sul piano sociale, poiché la sola ‘variabile di adeguamento’ è il lavoro. Mondializzazione e profitto congiungono così i loro effetti devastanti. Il capitalismo sta alla proprietà come Caino ad Abele. Una sana politica d’occupazione non può essere compresa e lanciata prescindendo dalle altre politiche inerenti la famiglia, l’immigrazione, l’istruzione, l’Europa e le finanze; ma soprattutto potrà essere conseguita attraverso la protezione del mercato nazionale dall’iper-liberismo selvaggio che favorisce solo ed esclusivamente le Imprese Multinazionali, tramite una macchinosa burocrazia improntata a scoraggiare la nascita e lo sviluppo delle piccole e medie imprese. Attraverso una sana politica famigliare che faccia fronte ai problemi demografici; attraverso una mirata ed intelligente politica di formazione ed educazione professionale dei lavoratori; attraverso la salvaguardia della specificità di particolari mestieri e professioni; infine e soprattutto, favorendo i nostri concittadini nella corsa alle liste di collocamento e nel giusto riconoscimento salariale per il lavoro svolto. Solo in questo modo sarà possibile, rilanciando una sana economia produttiva slegata dagli interessi finanziari–speculativi delle IM, abbattere la piaga sociale della disoccupazione, e recuperare il profondo e dignitoso senso, che giustamente deve essere conseguito, del lavoro. L’imperativo rimane comunque quello di fare del Lavoro il soggetto dell’economia e la base infrangibile dello Stato, trasformandolo da “strumento del capitale” a “soggetto strumentalizzante il capitale stesso, perché tra capitale e lavoro non deve necessariamente esserci scontro e conflittualità, bensì essi devono incontrarsi in una suprema sintesi votata all’accrescimento ed al potenziamento della Nazione. Le forze lavoro, devono necessariamente, in attuazione dell’art. 46 della Costituzione italiana vigente[1], entrare nel vivo del meccanismo produttivo e partecipare direttamente alla vita dell’impresa attraverso i propri rappresentanti. In questo modo ci opponiamo contemporaneamente alle insufficienze ed agli egoismi del liberismo esasperato quanto alla visione estremamente sorpassata e burocratizzata del livellamento verso il basso cui tendono i sindacati e le forze ‘progressiste’. Vogliamo politiche sociale improntate al rilancio dell’occupazione che può repentinamente prendere slancio attraverso la pianificazione di grandi opere pubbliche, necessarie al prestigio della Nazione e funzionali agli interessi della Comunità di Popolo. Innanzi ad un sistema liberal-capitalista e ad una errata mentalità imprenditoriale (funzionali entrambi ad un implicito messaggio politico mondialista che non apporta nessun beneficio sul piano dell’occupazione né su quello dell’arricchimento della Nazione), nonché a fronte di un’organizzazione sindacale operante come "struttura collaborazionista del capitale", caratterizzata in maniera equivoca ed ambivalente (che lascia allo sbaraglio migliaia di lavoratori sospinti ad innescare sterili conflittualità interne al mondo produttivo, al solo fine del rivendicazionismo contrattuale e salariale); affermiamo, ancora una volta, che, il rapporto tra capitale e lavoro deve sfociare in una suprema sintesi benefica per la realizzazione dello Stato sociale e l’arricchimento della Comunità di Popolo. Occorre rilanciare un sistema alternativo ai processi produttivi ed occupazionali imposti dalla globalizzazione e funzionali ad essa, iniziando da sane politiche sociali e di pianificazione economica da parte dello Stato. Conseguire l’indipendenza economica della Nazione è condizione di garanzia della sua libertà politica nel mondo. Devono finire i tempi in cui i "grandi gruppi", sostenuti dallo Stato con i soldi dei cittadini, privatizzano gli utili e socializzano le perdite; devono finire i tempi in cui le giuste rivendicazioni dei lavoratori, afflitti dal "caro vita" innescato dall’avvento dell’euro, vengono ingabbiate all’interno di strutture sindacali al soldo del potere e dei giochi sporchi della "politichetta di palazzo"; deve finire, soprattutto, la logica nefasta che vede un’economia virtuale sempre più slegata dall’economia reale e dalle naturali esigenze della Comunità Nazionale. Una sana risposta a queste irrisolte problematiche non può che derivare, nel rispetto delle normative vigenti (se ci muovessimo in altra direzione verremmo subitaneamente tacciati come estremisti e sovversivi) attraverso l’attuazione del già citato articolo 46 della Costituzione. Investire il lavoratore-produttore della gestione e della partecipazione agli utili dell’azienda significa renderlo parte interattiva dell’organismo della Comunità Nazionale. Collaborazione e non lotta di classe; l’operaio deve essere parte integrante dell’impresa, del prodotto, dell’utile; deve essere creato un modo di produrre nuovo, dove Stato, Impresa, Operaio, Nazione, sono un tutt’uno e lavorano per il bene reciproco; affinché tutti gli sforzi siano convogliati e finalizzati ad un bene supremo, il bene della Comunità di Popolo.

Una nuova mentalità dovrà conformare le organizzazioni sindacali (che dovranno abbandonare il loro, fin qui unico interesse, della distribuzione del reddito), ad operare verso il mondo della produzione: difatti la produzione è un cardine dell’economia, è vano o impossibile migliorare le retribuzioni del lavoro se non si è, innanzi tutto, provveduto ad aumentare il rendimento. Soprattutto un nuovo modo di pensare ed operare dovrà caratterizzare la classe politica alla guida di uno Stato che dovrà necessariamente assumere la gestione diretta delle aziende in quei settori essenziali per l’indipendenza economica e politica del Paese, nonché le imprese fornitrici di materie prime o di energia o comunque di quei servizi indispensabili al regolare svolgimento della vita economica del Paese. Di fronte ad uno Stato oramai invaso dal capitale, ove gli interessi finanziari, il capitale e il denaro dominano e sono unica fonte di potere, a tal punto che condizionano le scelte dello Stato e ingeriscono nelle politiche interne ed internazionali; di fronte al capitale ed alle Multinazionali, baluardi dello sfruttamento degli uomini sugli uomini, di Nazioni su altre Nazioni, si impone una sana ed armoniosa riorganizzazione programmatica e pianificatrice dello sviluppo economico-sociale, culturale, educativo, morale della Nazione: contro le grandi concentrazioni di capitale, contro la finanza multinazionale e apatride, con i lavoratori, per lo Stato sociale!

Sanità e diritto alla Salute

Il cinico e subdolo raggiungimento del massimo profitto, al di là e al di sopra di qualsiasi residuo di salvaguardia e rispetto nei confronti dell’uomo e della natura, rimane, in piena epoca consumista, l’obbiettivo principale delle grandi corporations. Questa logica assassina non risparmia neppure la salute pubblica; anzi il campo farmaceutico-sanitario è spesso teatro di lotte intestine tra le Imprese Multinazionali chimico-farmaceutiche che, volte a perseguire solamente i propri interessi, finiscono con l’incidere in modo serio sulla salute dei cittadini, anche in questo caso, considerati come semplici e abitudinari consumatori di farmaci-merce destinati ad un mercato sempre più frenetico e privo d'ogni logica e buon senso. Occorre difendere il sacrosanto diritto alla salute e costituire una sanità statale garantita per le fasce sociali più deboli, in particolar modo per i bambini e per gli anziani.

Ogni contribuzione al sistema sanitario nazionale deve essere commisurata - fatta salva una fascia di reddito di garanzia sociale-, al reddito dell'individuo.

Giustizia e libertà di pensiero

Il Movimento Sociale Fiamma Tricolore si impegna per una riforma del sistema giudiziario in ottemperanza della Costituzione italiana e chiede a questo scopo:

  •     maggiori garanzie e tutela per le vittime di gravi crimini;

  •    effettiva indipendenza della magistratura da qualsiasi ingerenza esterna, sia di ordine politico che di qualunque altra natura;

  •    ripristino della pena di morte per crimini particolarmente efferati (per es.: reati contro l'interesse pubblico e la Comunità Nazionale, gli abusi sui minori);

  •    abolizione dei “reati di opinione” e delle leggi liberticide del pensiero e dell'associazionismo politico: legge Scelba, Mancino e delle norme transitorie della Costituzione Italiana; nonché ferma opposizione all’adozione del mandato d’arresto europeo.

In particolar modo, per quest’ultimo punto, è necessario smascherare quelle lobby che ispirano i cosiddetti “processi alle idee”, che provocano arresti, la messa al bando d'organizzazioni, ordini di cattura e la criminalizzazione di intere aree politiche. Secondo una logica perversa il nemico contro cui non bastano le ordinarie regole del gioco politico, deve essere posto al bando; non basta condannarlo nelle idee, sconfiggerlo “democraticamente” coi consensi, ci vuole una dannazione criminale. La famigerata Legge Mancino nega, in nome di una presunta e generica tolleranza, la libertà di manifestazione e propaganda del proprio pensiero, punti fondamentali e qualificanti di ogni ordinamento moderno; nonché cardini inamovibili della Costituzione stessa e del fondamento giuridico di un Paese libero. Queste normative ripugnanti non solo violano i principi stessi della vigente Costituzione italiana , in particolare quelli sanciti agli articoli 17, 18 e 21, (che garantiscono, o meglio, dovrebbero garantire, il diritto di riunione, di associazione e soprattutto di poter liberamente manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione); ma soprattutto contrastano con l’articolo 19 della tanto decantata “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”, delle Nazioni Unite, secondo la quale tutti hanno diritto alla libertà d’opinione e d’espressione. Questo diritto include la libertà di avere opinioni senza alcuna interferenza e il diritto di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso qualsiasi mezzo di comunicazione e attraverso le frontiere. Quasi non bastasse, l’Europa Comunitaria sembra volere proseguire per questa strada e accelerare l’introduzione del mandato di cattura europeo, estendendolo, oltre tutto, ad ipotesi di reato che non solo nulla hanno a che vedere con il terrorismo, ma a molte delle quali è arduo attribuire la “dignità” di normali reati. Trentadue reati contemplati: primo fra tutti il reato d’opinione, consistente nella pubblica manifestazione di idee xenofobe o razziste, assurdamente esteso sino a vietare la ricerca storica controcorrente o revisionistica. Il reato di razzismo e xenofobia viene concepito proprio come un vero e proprio reato di opinione, andando infatti ben oltre i comportamenti criminosi o violenti, ma estendendosi ad eventuali manifestazioni verbali o scritte e a giudizi difformi da quelli canonici a proposito di immigrazione e integrazione razziale. È tempo di grandi repressioni su semplice base ideologica? No è il tempo dei nuovi spazi politici e delle idee. E le idee non possono essere messe a domicilio coatto, né in galera, e non si possono neanche uccidere!

Istruzione

L’educazione dei figli, conforme ai principi dell'etica e del sentimento nazionale, è il supremo obbligo dei genitori, e delle famiglie, dello Stato e delle principali istituzioni. Lo Stato, col rispetto dei diritti e dei doveri della patria potestà, deve vigilare e coadiuvare affinché l’educazione famigliare raggiunga i suoi più alti fini di formare uomini probi, onesti e organicamente inseriti nella Comunità Nazionale, per questo lo Stato si avvale degli ordinamenti scolastici per integrare ed indirizzare l’opera della famiglia.

La scuola pubblica ha principalmente la responsabilità della formazione culturale del popolo, ispirandosi ai valori eterni della nostra Tradizione. Il sistema della pubblica istruzione deve necessariamente essere rivisitato in favore di una impostazione che riesca a coniugare le esigenze di una scuola funzionale all'avviamento al lavoro, ma anche (secondo la tradizione gentiliana) finalizzando l'istruzione all'elevazione della sensibilità culturale dell'individuo a quelle conoscenze non immediatamente proiettabili sul piano empirico e quindi lavorativo, ma che concorrono fortemente alla formazione e sviluppo psico-pedagogico dell'individuo. Eliminare le sublimazioni scientiste, ma comunque dare incentivo alla ricerca e fornire una formazione scolastica improntata alle esigenze empiriche le professionali richieste dal sistema economico-produttivo. Si impone, nel contesto degli insegnamenti storici, poiché una Nazione monca della propria storia non può avere un futuro, una necessaria ed impellente rivisitazione di tutta quella formazione storiografica ufficiale, in favore di una storiografia, scientificamente applicata, come qualsiasi altro tipo di disciplina scolastica. Nell’ambito dell’educazione scolastica vanno anche strutturate, per i più giovani, Case per la gioventù, luoghi di incontro e di formazione fisico-attitudinale, complementari alle scuole, o comunque ripristinando nel quadro dell'istruzione scolastica anche la cura e lo sviluppo delle qualità fisiche dell'individuo, oggi quasi completamente demandate all'iniziativa - e a spese -;della famiglia e dell'individuo.

Difesa ordine e lotta criminalità

In ottemperanza alla lotta per la difesa contro qualsiasi tipo di criminalità e per il mantenimento dell’ordine sociale, invochiamo normative che concedano un rafforzamento sul piano quantitativo e qualitativo delle forze dell’ordine. La criminalità diffusa e soprattutto particolari ed efferati tipologie di reati richiedono una maggiore rigidità nell'affrontare la tutela dei cittadini che, lasciati in balia della malavita, sono costretti a difendersi da soli. Le Prefetture (organi di controllo e competenza provinciale, diretta emanazione del Ministero dell’Interno), agendo in modo complementare alle forze dell’ordine, devono operare un’azione di monitoraggio e di coordinamento delle forze dell’ordine stesse. In particolari aree territoriali, innanzi ad un’esponenziale crescita di episodi malavitosi, radicati nel territorio, si impone la militarizzazione delle zone, con poteri atti alla tutela ed alla salvaguardia dei cittadini e dei loro interessi.

Lotta alla droga

Tra i mille problemi che investono la nostra società, la piaga della droga è uno dei più preoccupanti; primariamente perché investe il mondo giovanile, in secondo luogo, perché viene affrontato e combattuto in maniera blanda e con metodi inefficaci: nulla o poco si fa contro la diffusione della droga. In una società sempre più ricca, caratterizzata da un elevato benessere e da un esasperato materialismo, la droga trova terreno fertile e miete le sue vittime. Così la droga dilaga, dalle periferie degradate alle megalopoli, dalle province alle campagne, dagli strati sociali più emarginati ai salotti buoni dell’alta società; il fenomeno è dilagante e di portata tragica. Ma in tanto gran ciarlare, innanzi a belle parole e tanti buoni propositi, davanti a statistiche e ventagli di proposte, incontri e conferenze sul problema droga, nessuno mai si prodiga a ricercare le reali cause del fenomeno e le eventuali soluzioni. Il problema centrale, non è e non può essere quello del semplice recupero degli attuali tossicodipendenti, quanto quello della prevenzione. Bisogna cioé intervenire contro la diffusione della droga, contro la crescita del fenomeno; ciò che è importante non è tanto farli smettere, che spesso risulta difficilissimo, quanto impedire che comincino, il che è misura assai più semplice ed immediata comunque possibile. Prevenire è meglio e anche più economico che reprimere. Il problema della droga va risolto con la prevenzione e non con la depenalizzazione; la tesi del "minor danno" sostenuta dal movimento antiproibizionista, resta una soluzione falsa ed ipocrita. Gli ipocriti tentativi di recupero e le tendenziose politiche sociali adottate con l’intento di arginare il problema droga, vanno definitivamente abbandonate; occorre intervenire radicalmente per fermare il dilagare sempre maggiore del fenomeno, con particolare riferimento alle scuole, alle università e a ogni centro di aggregazione giovanile. Se la droga miete tante vittime tra i giovani, la colpa è anche della propaganda irresponsabile di alcuni media, che si fanno veicoli di veri e propri "inni alle sostanze stupefacenti", col risultato di incentivarne l’uso tra i ragazzi, attraverso l’esaltazione della falsa cultura dello sballo, dell’esasperata trasgressione, dell’eccessivo permissivismo. La società moderna è caratterizzata purtroppo da un eccesso di libertà e di danaro di cui godono giovani e giovanissimi, ma soprattutto dalla mancanza di valori e modelli alternativi a quelli offerti dalla "cultura dello sballo". Quel che colpisce, infatti, non è tanto il fatto che questa "pseudo-cultura", anche caratterizzata da un certo tipo di musica e di abbigliamento, nutrita di festival e di raduni di massa, fondata sul totale permissivismo e il disimpegno sociale, la vinca nei confronti di altre culture; quel che colpisce è che, specialmente nel mondo dei giovanissimi, non esiste alcuna altra cultura. Ma "se i ragazzini d'oggi hanno troppi soldi in tasca e troppa libertà", evidentemente è perché c’è qualcuno che gliene dà; se non hanno valori e modelli comportamentali positivi, evidentemente è perché non v’è nessuno che gliene dia. È questo il punto cruciale, questo il nodo della matassa. In realtà, il non concedere troppa libertà ai ragazzi costa assai più agli adulti che non ai ragazzi stessi: per le madri, significa restare a casa, rinunciando all’impiego, all’indipendenza economica, all’emancipazione; per i padri, dedicare assai più tempo ai figli, discutere con loro, affrontarli, seguirli, interessarsi del loro presente e del loro futuro, assumendosi la pesante responsabilità e il durissimo impegno dell’esercizio dell’autorità; per gli insegnanti e gli educatori, combattere faticosamente controcorrente per imporre a sé e ai giovani mal sopportati doveri, il cui fondamentale modello sta tutto nell’esempio; per le istituzioni religiose, sfidare una pubblica opinione avversa a ogni rigore e a ogni severità.

Per i citati significa abbandonare la comoda posizione sulla quale sono adagiati da tempo in nome di una falsa tolleranza che serve in verità a mascherare una mancanza di coraggio morale. Per fabbricanti, commercianti, editori, produttori cinematografici e cantautori, chiudere o reindirizzare la loro pubblicità e i loro prodotti di uno fra i più lucrosi dei propri settori d'affari, quello che va dai film ai cd, dall’abbigliamento alle riviste in gran parte "assorbito" dai giovanissimi. Per i magistrati e le forze dell’ordine, assumere una veste di "repressori" delle indiscipline minorili, anche se questo (in una società che non sa più reprimere mafia, camorra e altre manifestazioni delinquenziali, associative o meno), potrebbe apparire buffo, equivoco, addirittura contraddittorio. Per i legislatori, significa compiere una sferzata che, agli occhi della buona educazione ideologica conformista, potrebbe apparire "reazionaria" e "oscurantista". Per pedagoghi, psicologi, uomini di cultura e giornalisti, significa "cospargersi il capo di cenere".

Di fronte a questa situazione non dobbiamo assumere semplici atteggiamenti moralistici, ma fornire una corretta informazione che possa permettere ai giovani di conoscere i reali pericoli che tutte le droghe comportano. In quest’ottica occorre anche attivare massicce campagne informative, attraverso i media classici come tv, radio, stampa, ma anche attraverso affissioni, opuscoli informativi mirati, presso luoghi ad alta frequentazione giovanile come discoteche, bar, scuole, università, spiagge, centri commerciali, feste e locali, rave party e manifestazioni sportive. Combattere la droga è contrastare sì la diffusione delle singole sostanze, ma è anche e soprattutto prevenire e prendersi cura dei singoli individui direttamente nel luogo in cui, nel contesto in cui, si manifestano le loro "propensioni a rischio", il loro atteggiamento nei confronti delle droghe inopinatamente percepite come strumento di elezione per gestire piacere, emozioni, relazioni. Dunque è indispensabile una mirata ed approfondita informazione con l’obiettivo di rappresentare un terreno di riflessione in grado di produrre un’elaborazione costruttiva, con lo scopo di stimolare una presa di posizione sostenuta da valori forti ed alternativi alla "cultura dello sballo".

Ambiente

In una visione etica della vita e dello Stato non può che trovare posto un saldo rapporto organico tra uomo e natura, visto come giusto equilibrio e rispetto reciproco. L’uomo è parte del+la natura, i nostri paesaggi sono una proiezione della nostra cultura e per questo, la salvaguardia dell’ambiente deve essere considerata un tutt’uno con lo sviluppo culturale della Nazione. Il materialismo esasperato degli ultimi decenni, la disinibita crescita economica, la radicale modifica dell’ambiente per consentire ambiziosi progetti industriali e la devastazione delle campagne causata da scriteriati sviluppi urbanistici, hanno condotto all’alienazione ed allo sradicamento della bidirezionale sinergesi uomo e natura. Alla luce di tutto ciò esigiamo una difesa della natura che non può essere considerata unilateralmente con criteri economici, poiché la conservazione degli ambienti vitali è più importante dei profitti delle imprese. Rigettiamo qualsiasi tentativo di alterare il naturale percorso e il sano processo naturale della crescita vegetale e animale attraverso l’adozione di Organismi Geneticamente Modificati ed ogni tipo di sperimentazioni genetiche, sistemi di alterazione i cui riflessi sulla salute umana e più in generale sui processi stessi della natura sono ancora incogniti. L’adozione di OGM rimane solo ed esclusivamente finalizzata agli interessi delle Imprese Multinazionali, votate, tramite  politiche volte al raggiungimento del massimo profitto, a soppiantare nel tempo le  varietà locali di prodotti, diffondendo le monoculture e riducendo drasticamente la preziosa variabilità genetica delle piante coltivate. E come ulteriore conseguenza avremo anche la standardizzazione delle derrate e una civiltà di fast food e di cibi in serie, senza sapori e senza aromi. Ciò evidenzia l’incompatibilità tra le "leggi della terra" e le pianificazioni del capitalismo esasperato, così che, tutto questo risulta una catastrofe per la sopravvivenza stessa della nostra civiltà agricola e rurale, che deve invece essere rilanciata e rafforzata, soprattutto nella produzione di specificità e prodotti locali ad origine controllata, attraverso la creazione di consorzi di tutela dei prodotti, promossi e sostenuti dallo Stato.

il riequilibrio del rapporto uomo-natura, il contrasto dei processi di sfruttamento intensivo ed estensivo del territorio, quanto quelli di occupazione estensiva ed innaturale dello spazio, trovano tutta la nostra avversione e pertanto sosteniamo la necessità di apposite politiche  di contrasto di tali distruttive tendenze che non consentono un uso ecocompatibile e rinnovabile e quindi sostenibile anche in futuro delle risorse.


[1] Omissis - «Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende».