Il nichilismo di Nietzsche e Stirner

Il problema del negativo, della fine dell'esistenza, del nulla non è certo legato ad un'epoca particolare: esso, in quanto tale, fa parte del pensiero umano. In tutte le culture, la questione della finitezza, della temporalità, dei confini della vita s'impone come nucleo centrale: possiamo dire che uno dei pensieri fondanti i vari itinerari della conoscenza umana è proprio quello del negativo, del nulla. Infatti, le domande che si vedono dietro tutti gli interrogativi della filosofia, della religione e di altre forme del sapere sono le seguenti: verso dove andiamo? La meta finale è la vita? Siamo destinati a sparire nel nulla? C'è un senso nell'esistenza o è tutto casuale? Le risposte che indicano nel negativo l'origine e la conclusione dell'esistenza costituiscono quel pensiero filosofico, che viene definito come "nichilismo": esso nega che ci sia un senso nel nostro vivere, non vede un fondamento positivo della realtà, affermando che tutto è destinato a perire, che l'esistere viene dal nulla e va verso il nulla, che non c'è alcun fine nella vita dell'universo. Nella nostra età, la filosofia nichilista appare dominante: la maggior parte delle correnti di pensiero del mondo contemporaneo dà risposte negative alle domande sull'esistenza. Ad esempio, c'è un filone che considera il soggetto umano come l'unico perno della realtà. Tale impostazione afferma che solo l'essere umano, con la sua forza individuale, può dare un senso alla vita, può creare dei valori: non esiste alcun essere assoluto, in grado di fondare il reale; non ci sono valori oggettivi e universali, buoni per tutti, ma esistono solo uomini cangianti, che, nel tempo, pongono ciò che è buono e ciò che non lo è. Uno dei massimi pensatori di questa filosofia è Nietzsche, che, nell'opera "Gaia scienza", indica la "morte di Dio" come approdo della civiltà e della cultura contemporanee. Secondo il filosofo tedesco, finisce ogni fondamento oggettivo, ogni valore assoluto: Dio muore, in quanto, nella nuova prospettiva del presente e del futuro, non c'è più spazio per la metafisica, per una concezione che voglia parlare dell'origine della vita e dell'essere, per la religione, ma tutto sarà creato dal soggetto, vero "super-uomo". Lo stesso Cristianesimo, per il pensatore tedesco, si nutre di un passato improponibile, poiché, alla sua base, non c'è l'opera del soggetto, con le sue qualità, quindi l'esaltazione della vita, della creazione terrena, non c'è quella volontà positiva di costruire il nuovo mondo, che, per lui, è "volontà di potenza", ma c'è la negazione della forza umana, della vita terrena e delle sue possibilità. Nietzsche afferma che, sulla stessa linea di Platone, la religione cristiana svaluta il mondo terreno, per esaltare solo la trascendenza, la dimensione della verità oggettiva; in questo modo, essa finisce per mortificare l'essere umano e, la sua volontà di fare, di creare, di progettare. Molto vicino a Nietzsche, per gli esiti del suo pensiero, è Max Stirner, con il suo testo "L'unico e la sua proprietà". Per lui, l'unica vera base della vita è l'io; tutto il resto rientra o nell'illusione o nella falsità. La vita umana, secondo il filosofo tedesco, attraversa varie fasi: dal "bambino realista", che cerca di costruire dei contatti con il reale, al "giovane idealista", che vede nell'idea il centro dell'esistenza, fino all'"adulto", che trova se stesso scoprendo la potenza del proprio io. Per Stirner, l'io è l'unica vera dimensione della realtà: non esistono verità oggettive, valori universali, esseri trascendenti. In questo modo, l'uomo è del tutto isolato, abbandonato a se stesso, privo di riferimenti: esso ha a che fare solo con il proprio piccolo io. Davanti a lui si apre il baratro del nulla, in quanto l'io, da solo, non può darsi un senso, fondarsi; nella sua filosofia, non c'è solo la morte di Dio, ma anche quella dell'uomo. Stirner afferma: "Io ho fondato la mia causa sul nulla". Nietzsche e Stirner, pur nella diversità degli stili, sono due esempi della cultura nichilistica imperante e, ancora oggi, sono due pensatori molto considerati. Entrambi, nei loro percorsi speculativi, si basano sul soggetto. Però, quest'ultimo non può essere fondamento di sé: esso è finito, limitato, in divenire, non può creare la realtà. Il soggetto, in quanto essere finito, proviene da un altro essere, che, essendo l'origine, è assoluto. Solo un essere assoluto può veramente creare. Alla base del reale, allora, possiamo vedere l'essere, non il nulla; tutto ciò che esiste trae l'esistenza da un'origine positiva, che trascende la dimensione del tempo e dello spazio. Inoltre, l'essere assoluto non è la "mortificazione" del mondo, come dice Nietzsche, a proposito del Cristianesimo, ma, anzi, è il vero significato della nostra dimensione immanente, il fondamento della realtà. Questo non vuol dire che il nulla sia un'illusione (come afferma Parmenide), poiché il negativo fa parte del finito, del divenire, del nostro essere; non si può negare la presenza del nulla, così come non si può negare la presenza della morte, delle ferite esistenziali, della malattia e della sofferenza, del male (come ci ricorda Pascal, che definisce l'uomo una "canna pensante"). Il discorso svolto ci fa dire, però, che il nulla non è il destino dell'uomo e della vita: esso è, in un certo senso, la "differenza" tra il nostro essere e l'essere assoluto, lo iato tra il tempo e l'eterno. Il nichilismo vede solo la faccia negativa del reale, confondendo i piani e mettendo il soggetto umano al posto dell'essere assoluto: il suo esito è la deformazione della realtà, come avviene per il "super-uomo" di Nietzsche, mostro di intelligenza ma fragile ed illuso di essere il creatore, o per l'"io" di Stirner, apparentemente gigantesco, in realtà inconsistente ed effimero.

Il Giornale di Brescia-22 MAGGIO 2002