Bizet

Anche i rapporti di Nietzsche con la musica di Bizet, sono stati diversamente interpretati.
Secondo alcuni Nietzsche avrebbe usato “una buona dose di ironia” quando esaltava la “Carmen” di Bizet, contrapponendo quella musica “mediterranea” all’ “umido Nord” delle note wagneriane. Per altri era invece una autentica ammirazione.

Sappiamo che la passione del nostro filosofo per la musica fu una caratteristica costante. La musica è legata indissolubilmente a tutti i momenti della vita, e dunque del pensiero filosofico di Nietzsche. Egli era un grande conoscitore di opere musicali, del passato e del suo tempo. Alcuni paragrafi di “Umano,troppo umano” e de “Il viandante e la sua ombra” trattano di musica e compositori (Bach, Handel, Beethoven, Mozart, Schubert, Schumann ). Poi sono naturalmente da considerare il famoso rapporto con il circolo wagneriano e l’ammirazione nei confronti del Maestro, fino alla composizione del “Parsifal”. Ma Nietzsche non era soltanto un esperto conoscitore di musica: egli sapeva suonare il pianoforte fin da giovanissimo e componeva pezzi musicali già nel periodo 1858-1864, quando si dedicava agli studi superiori  a Pforta. Continuerà a suonare anche nel periodo della pazzia.

Le composizioni musicali di un Nietzsche non ancora ventenne non sono certamente considerate dei capolavori. In alcuni suoi pezzi, per esempio in quelli composti tra il 1871 ed il 1873, si nota l’influenza di Listz e Wagner, ma l’utilizzo del violino sembra anticipare Debussy.

Prima di convertirsi alla musica wagneriana (1868), comunque, il modello di Nietzsche era piuttosto R. Schumann: la più nota composizione di Nietzsche, la “Meditazione-Manfred” è un tentativo di revisione del “Manfred” di Schumann, basato sul poema “Manfred” di Byron.

Ricordiamo anche la “Gebet an das Leben”, o “Preghiera alla vita”, musicata  per voce e pianoforte nel 1882 su testo di Lou Salomé. In seguito Peter Gast arrangiò il pezzo per coro ed orchestra: nacque così l’ “Hymnus an das Leben” ( “Inno alla vita”). Ecco cosa scrisse Nietzsche al riguardo, qualche anno dopo il suo incontro con Lou (avvenuto a Roma, il 20 aprile del 1882), in “Ecce homo”: “Un giorno si canterà quell’inno – per coro misto ed orchestra – in mia memoria. Il testo, lo osservo espressamente perché circola un equivoco in proposito, non è mio: esso è la stupefacente ispirazione di una giovane russa, di cui allora ero amico, la signorina Lou von Salomé . Chi sa cogliere  un qualche senso nelle ultime parole di quella poesia indovinerà perché io l’ ho scelta e ammirata: in quelle parole c’è grandezza. Il dolore non vale, dà obiezione alla vita:- Non hai più altra felicità da darmi, bene! Hai ancora la tua pena…-. Forse in quel passo c’è grandezza anche nella mia musica “ (Edizione Oscar Mondadori, 1983, pag.69.)

Nel 1878, Wagner inviò al filosofo il testo del “Parsifal” con una dedica. Ma Nietzsche non apprezzò l’opera ed il suo atteggiamento critico provocò la rottura con Richard e Cosima.  

Wagner è per Nietzsche artista moderno per eccellenza, senza natura, senza coltura, senza istinto. Ma Wagner ha saputo, con acutissima perspicacia, scoprire i bisogni, le necessità interiori, dell'anima de' suoi tempi. Wagner è un ciarlatano che ha suonato insieme tutte le campane: la brutalità, l'idiozia, l'artificio sono le sue armi. Il retore dell'arte massiccia, africanamente fantasioso, preziosamente orientale, informe, scompositore dello stile, col suo coraggio ha saputo teorizzare i propri difetti. Wagner, narcotizzatore misterioso, sbigottisce come un sogno cupo, come un incubo, le anime malate. Gli istinti nichilisti, la fatica, la morte sono glorificati dal Maestro che ha reso musicalmente l'antipotenza e l'antivolontà. Wagner è il decadente per eccellenza, quello che Nietzsche, nella "Volontà di potenza" definirà "un grande punto interrogativo del nostro secolo". 

La musica secondo Nietzsche é stata privata del suo carattere affermativo e trasfiguratore del mondo per diventare una vera e propria musica di decadenza e non più il flauto di Dioniso: in essa non é più insita una volontà di vivere che si estrinseca in ogni istante, bensì predominano i temi cupi di chi rifiuta la vita. Ed ecco che tutto "Il caso Wagner" non é altro che un enorme "problema musicale", come lo definisce Nietzsche stesso in "Ecce homo": e Nietzsche si proclama pronto a muover guerra contro Wagner, il suo grande amico del passato, schierando i campo i "pezzi più grossi della mia artiglieria". Nietzsche era particolarmente affascinato dalla musica in quanto forma artistica, per di più tipicamente dionisiaca ed egli arriva più volte a sostenere che l'arte sia più importante della verità (anche perchè, in fin dei conti, che cosa é la verità?). Il grande pensatore tedesco dice di disprezzare in Wagner l'eccessivo spirito religioso e l'antisemitismo sfrenato: e qui abbiamo la conferma decisiva dell'errata interpretazione nazista del pensiero nietzscheano che, indebitamente, lo ha sempre fatto passare per antisemita. Ma la critica aspra e polemica mossa al musicista tedesco non trova le sue radici in complessi edifici argomentativi, quanto piuttosto nel mettere in luce i danni arrecati da Wagner alla cultura tedesca: sì, perchè "Wagner non é un sillogismo, ma una malattia" che se non trattata con la giusta terapia può infettare l'intero mondo tedesco ed europeo. 

Ed ecco allora che troviamo Nietzsche nei panni di medico indaffarato a trovare un rimedio a questa malattia di nome "Wagner". Wagner secondo Nietzsche ha tutte le istanze dell'uomo moderno: il sovreccitamento e l'esaltazione, la pomposità delle rappresentazioni, il teatro rivolto alle masse, all' 'armento'. E strettamente congiunto alla decadenza wagneriana é l'idealismo stesso che caratteristica il musicista tedesco, il cercare in modo esasperato la redenzione dell'uomo (anche dalla donna!), la conoscenza. Wagner é poi imbevuto del pessimismo di Schopenhauer, da cui Nietzsche si é saggiamente distaccato. E poi non mancano le critiche all'ideale wagneriano secondo il quale la musica non sarebbe un punto di arrivo, ma solo un mezzo per arrivare oltre, a qualcosa di superiore: Nietzsche non può accettare questo, da grande estimatore dell'arte quale egli é: non vi é un "oltre la musica", non vi é una verità recondita cui l'uomo può accedere tramite le leggiadre sinfonie musicali: tutta la verità é insita nella musica stessa, massima espressione artistica di tipo dionisiaco. Certo, Wagner si può ammirare: è un seduttore in grande stile, convince gli incerti senza condurli alla consapevolezza di ciò che viene fatto loro credere, occulta il più nero oscurantismo nei luminosi involucri dell' "ideale". I giovani con Wagner diventano imbecilli, cioè "idealisti"; in questo senso Parsifal è un capolavoro. Dunque, l'adesione a Wagner deve far sì che la vita riesca in singoli individui, in singoli esemplari e non realizzi la felicità dei più, della maggior parte delle persone. Il "dramma di sè" deve essere "ritrovamento di sè". Occorre prendere potere su se stessi che significa anche prendere potere sui nostri "pro" e sui nostri "contro". Leggi ancora: "aver potere sul bene e sul male". Questo ci libera dall'obbligo di solidarizzare con gli altri i quali invece ostacolano proprio la formazione del super uomo. Nel 1854 Wagner si avvicina a Schopenhauer concependo il mito non solo come passato inverato dalla storia, ma come il presente che spiega il passato imperniando il dramma sull'azione negativa della volontà, poi supera Schopenhauer affermando la possibilità di un' azione redentrice. Rielaborando le antiche leggende dell' "Edda", del "Niebelungenlied", Wagner infonde nei personaggi uno spirito universale sì che l'angoscia degli dei antichi, le passioni dei nani e dei giganti, l'anima degli eroi si identificano con le nostre angosce, con le nostre passioni, con i nostri stessi ideali Due le idee madri in Wagner: l'idea di una caduta originale e quella di una redenzione. Il male entra nel mondo per una colpa, un fallo e fatalmente allarga il proprio influsso venefico fino a dominare tutti gli esseri viventi e persino gli stessi dei. La caduta da uno stato di innocenza e la coscienza della colpa spingono i personaggi wagneriani al bisogno di un riscatto: siamo alla vigilia dell'idea della redenzione. E poiché nessuno può essere nello stesso tempo colpevole e redentore, ecco allora profilarsi l'eroe redentore: l'uomo puro tra i puri potrà essere l'eroe degno della missione e riportare l'umanità alla purezza, perdonando e obliando la "caduta". Niente di più lontano da Nietzsche; il filosofo rifiuta decisamente l'equivalenza pena = colpa. E' vero che la sofferenza conferisce distinzione, virtù, valore e nobiltà, ma l'ascesi di Nietzsche ha un'altra direzione; ciò che è terribile è la mancanza di senso del dolore, è la sua gratuità che suscita ribellione. Occorre dunque trovarne una interpretazione. Poiché il senso del dolore ha varie interpretazioni, trovare il "senso in sé " è cosa che non esiste. E' compito rimesso a ciascuno di noi trovare l'interpretazione del nostro dolore personale. Solo così avrà "senso" per ciascuno di noi e ne renderà possibile l'accettazione. Dunque il dolore può assumere più forme perché di per sé non ha valore, ma riceve il valore di "riflesso", il valore che ogni uomo dà al proprio dolore. La sofferenza non deriva da colpa, c'è e basta; è la lotta titanica con il dolore che ci porta a rinascere alla vita. Morale, religione, metafisica sono solo giustificazioni. Il dolore ha senso nel preciso momento in cui io gliene do uno. Dice Nietzsche: "davanti al tiranno (dolore) io sono senza colpa". Profonde divergenze ideologiche e filosofiche allontanano quindi Nietzsche da Wagner, per quanto Nietzsche abbia indubbiamente sentito il fascino della musica wagneriana, e non solo. Già nel 1854 Nietzsche aveva composto al ginnasio alcuni brani musicali; nel 1860 aveva fondato l'associazione musicale e letteraria "Germania" per la quale il filosofo scriverà saggi, poesie, composizioni musicali.

A Genova, il 27 novembre 1881, Nietzsche assiste per la prima volta alla rappresentazione della “Carmen”. Il giorno seguente egli scrive una lettera a Peter Gast, che sembra non condividere l’entusiasmo dell’amico nei confronti di un’opera che non ha ancora ascoltato. Ma Nietzsche gli scrive ancora, insistendo sulla bellezza di quella musica “estremamente meridionale!”e, in una terza lettera, si dichiara quasi convinto che “Carmen” è la migliore opera che ci sia.  

Dopo l'allontanamento da Wagner, Nietzsche farà l'elogio della Carmen di Bizet, dimostrando di amare un altro tipo di musica.  Risale a questo periodo anche l'esaltazione delle qualità musicali del mediocre compositore suo amico, Peter Gast.

Probabilmente pubblicizzare Bizet e Gast era un modo per declassare il talento di Wagner.

Egli acquista anche una partitura per piano della “Carmen”, vi apporta delle notazioni a margine – l’esemplare è conservato nell’Archivio Goethe-Schiller di Weimar – e la invia a Peter Gast

La risposta dell’amico contiene un bel complimento per il filosofo: “Mi sono di nuovo reso conto che voi siete più musicale di me, il musicista.

Consideriamo alcune note che il filosofo “musicale” appone sulla partitura della “ Carmen”, seguendo la puntuale analisi di Paolo D’Iorio. La prima annotazione segue la ouverture: a destra del foglio Nietzsche opera una critica che potremmo definire di natura tecnica, lamentando l’insufficienza della riduzione per pianoforte, non in grado di trasmettere la stessa forza degli strumenti a corda e a fiato. A sinistra dello stesso foglio, il filosofo interpreta il tema musicale e lo definisce un “epigramma sulla passione, ciò che di meglio si è scritto su tale soggetto dopo Stendhal”.  

Nella “Carmen” la protagonista appare nel primo atto e si presenta con la celebre  “Habanera”, una canzone sull’amore che è bene riportare integralmente per comprendere il senso dell’annotazione di Nietzsche:

“L’amore è un uccello ribelle / che non si lascia addomesticare, / ed è inutile chiamarlo, /se gli va di ricusare! / Non serve nulla, né minacce, né preghiere, / l’uno parla, l’altro tace;/ ed è l’altro che io preferisco,/ non ha detto nulla, però mi piace./ L’amore…l’amore…/ L’amore è figlio di zingari, / non ha mai conosciuto leggi; / se tu non m’ami, io ti amo,/ se io ti amo, sta’ attento! / L’uccello che tu credevi di aver catturato/ con un battito d’ali ha preso il volo;/ l’amore è lontano, tu puoi attenderlo,/ se non l’aspetti più, eccolo arrivare./ Intorno a te, rapido, rapido, / viene, se ne va, ritorna, / tu credi d’afferrarlo, egli ti sfugge,/ tu credi di evitarlo, egli ti afferra! / L’amore…l’amore…/ L’amore è figlio di zingari…”.

Chissà se scrivendo queste parole, in “Al di là del bene e del male”, 237, Nietzsche pensava a Carmen: “Sino ad oggi le donne sono state trattate dagli uomini come uccelli che da una qualche altezza si sono smarriti giù in basso fino a loro: come una cosa più delicata, più fragile, più selvatica, più strana, più dolce, più ricca di sentimento, ma anche come qualcosa che si deve imprigionare perché non se ne voli via”. (Ed. Adelphi, 1976, pp. 145/ 146).

Comunque la nota posta sulla partitura dell’opera  a questo punto parla di “Eros”, di amore come lo vedevano gli antichi, seducente, gioioso, demoniaco, irresistibile ed il filosofo ammette :”Io non conoscevo niente di simile a questa canzone  ( occorre cantarla all’italiana e non alla tedesca )”.

E ancora sull’amore inteso alla maniera della “Carmen” Nietzsche scrive ne “Il caso Wagner”:

“Non conosco alcun altro caso in cui la tragica ironia che costituisce l’essenza dell’amore si sia espressa in maniera tanto rigorosa, abbia trovato una formulazione tanto terribile, come nell’ultimo grido di Don José, con il quale si chiude l’opera :Sì! Io l’ho uccisa, io – l’adorata mia Carmen!.

Una tale concezione dell’amore  ( l’unica che sia degna del filosofo) è rara : essa mette in risalto tra mille un’opera d’arte”. 

E sulla partitura, nella parte finale dell’opera, Nietzsche annota :”Magnificamente orchestrato” e “E’ la febbre della passione che è pronta alla morte”, riferendosi a Carmen che grida a Don José: “Colpiscimi allora, o lasciami passare”, per raggiungere il suo nuovo amante Escamillo , toreador trionfatore nella corrida.

Nell’aforisma 254 di “Al di là del bene e del male”  Nietzsche scrive che Bizet ha saputo scoprire, nella sua musica, una bellezza ed una seduzione nuove”.

E riguardo al modo d’intendere l’amore, forse il filosofo pensava a Don José quando scriveva ne “La gaia scienza” :

“L’amante vuole l’incondizionato, esclusivo possesso della persona da lui ardentemente desiderata; vuole un assoluto potere tanto sulla sua anima che sul suo corpo, vuole essere amato lui solo e prendere stanza nell’anima dell’altro e signoreggiarvi come il bene più alto e più desiderabile: Se si pone mente al fatto che ciò non è altro se non escludere tutto il mondo da un bene prezioso, da una sorgente di felicità e di piacere: se si considera che l’amante mira ad impoverire e spogliare ogni altro concorrente e che vorrebbe diventare il drago del suo prezioso tesoro, essendo il più spregiudicato ed egoista di tutti i conquistatori e i predatori: se si tiene finalmente presente che allo stesso amante tutto il resto del mondo appare indifferente, pallido, senza valore, e che egli è pronto a fare ogni sacrificio, - ( “Carmen, io t’amo, t’adoro! Ebbene! Se lo desideri, resterò bandito…farò tutto quello che vorrai…tutto, mi capisci, ma non lasciarmi, o mia Carmen…”, grida Don José prima di compiere il suo folle gesto d’”amore”) – a sconvolgere ogni ordinamento, a mettere in secondo piano ogni suo interesse, ci si meraviglia effettivamente che questa selvaggia avidità di possesso e questa ingiustizia dell’amore sessuale sia stata a tal punto esaltata e divinizzata , com’è accaduto in tutti i tempi, e che anzi da questo amore si sia ricavato il concetto di amore come contrapposto dell’egoismo, mentre questo è forse proprio l’espressione più spregiudicata dell’egoismo stesso”. – ( “Così mi sarei dannato, avrei perso la mia anima perché tu, infame, te ne vada tra le sue braccia a ridere di me! No, maledizione, tu non andrai, Carmen, tu seguirai me!”: cosa, meglio delle parole di Don José, può esprimere il senso di quell’amore che Nietzsche, in “Ecce Homo”, definisce “nei suoi mezzi, la guerra, nel suo fondo, l’odio mortale fra i sessi” ?).

Perché dunque la musica di Bizet aveva colpito Nietzsche al punto da causare in lui un’adesione così entusiastica?

Probabilmente , nella “Carmen”,Nietzsche vedeva espressa la sua filosofia.

Carmen incarna  per Nietzsche l’autentico dionisiaco, quell’impulso che scaturisce dalla forza caotica della vita e che si esprime nella musica.

In Carmen  Nietzsche vede  l’espressione di un gioioso immoralismo  che esalta amore e libertà, il vero attaccamento alla terra, la fatale accettazione della morte come proprio destino: i caratteri fondanti dell’”Uber-mensch”.

Si può immaginare un rapporto più stretto tra filosofia e musica? Il pensiero di Nietzsche è stato definito un’estetica dell’esistenza, in quanto solo l’arte ci permette di vivere. La musica può così prendere il posto della metafisica, come già aveva annunciato Schopenhauer nel cap.52 del “Mondo come volontà e rappresentazione”. Nietzsche è convinto, e lo scrive nel “Crepuscolo degli idoli”, che “senza la musica la vita sarebbe un errore”. Erico Blondel commenta queste parole sostenendo che, per Nietzsche, la musica è la giustificazione del mondo e della vita.