Anche
i rapporti di Nietzsche con la musica di Bizet, sono stati diversamente
interpretati.
Secondo alcuni Nietzsche avrebbe usato “una buona dose di ironia” quando
esaltava la “Carmen” di Bizet, contrapponendo quella musica
“mediterranea” all’ “umido Nord” delle note wagneriane.
Sappiamo
che la passione del nostro filosofo per la musica fu una caratteristica
costante. La musica è legata indissolubilmente a tutti i momenti della vita, e
dunque del pensiero filosofico di Nietzsche. Egli era un grande conoscitore di
opere musicali, del passato e del suo tempo. Alcuni paragrafi di “Umano,troppo
umano” e de “Il viandante e la sua ombra” trattano di musica e compositori
(Bach, Handel, Beethoven, Mozart, Schubert, Schumann ). Poi sono naturalmente da
considerare il famoso rapporto con il circolo wagneriano e l’ammirazione nei
confronti del Maestro, fino alla composizione del “Parsifal”.
Le
composizioni musicali di un Nietzsche non ancora ventenne non sono certamente
considerate dei capolavori. In alcuni suoi pezzi, per esempio in quelli composti
tra il 1871 ed il 1873, si nota l’influenza di Listz e Wagner, ma l’utilizzo
del violino sembra anticipare Debussy.
Prima
di convertirsi alla musica wagneriana (1868), comunque, il modello di Nietzsche
era piuttosto R. Schumann: la più nota composizione di Nietzsche, la
“Meditazione-Manfred” è un tentativo di revisione del “Manfred” di
Schumann, basato sul poema “Manfred” di Byron.
Ricordiamo
anche la “Gebet an das Leben”, o “Preghiera alla vita”, musicata
per voce e pianoforte nel 1882 su testo di Lou Salomé. In seguito Peter
Gast arrangiò il pezzo per coro ed orchestra: nacque così l’ “Hymnus an
das Leben” ( “Inno alla vita”). Ecco cosa scrisse Nietzsche al riguardo,
qualche anno dopo il suo incontro con Lou (avvenuto a Roma, il 20 aprile del
1882), in “Ecce homo”: “Un giorno si canterà quell’inno – per coro
misto ed orchestra – in mia memoria. Il testo, lo osservo espressamente perché
circola un equivoco in proposito, non è mio: esso è la stupefacente
ispirazione di una giovane russa, di cui allora ero amico, la signorina Lou von
Salomé . Chi sa cogliere un
qualche senso nelle ultime parole di quella poesia indovinerà perché io l’
ho scelta e ammirata: in quelle parole c’è grandezza. Il dolore non vale, dà
obiezione alla vita:- Non hai più altra felicità da darmi, bene! Hai ancora la
tua pena…-. Forse in quel passo c’è grandezza anche nella mia musica “
(Edizione Oscar Mondadori, 1983, pag.69.)
Nel 1878, Wagner inviò al filosofo il
testo del “Parsifal” con una dedica. Ma Nietzsche non apprezzò l’opera ed
il suo atteggiamento critico provocò la rottura con Richard e Cosima.
Wagner
è per Nietzsche artista moderno per eccellenza, senza natura, senza coltura,
senza istinto. Ma Wagner ha saputo, con acutissima perspicacia, scoprire i
bisogni, le necessità interiori, dell'anima de' suoi tempi. Wagner è un
ciarlatano che ha suonato insieme tutte le campane: la brutalità, l'idiozia,
l'artificio sono le sue armi. Il retore dell'arte massiccia, africanamente
fantasioso, preziosamente orientale, informe, scompositore dello stile, col suo
coraggio ha saputo teorizzare i propri difetti. Wagner, narcotizzatore
misterioso, sbigottisce come un sogno cupo, come un incubo, le anime malate. Gli
istinti nichilisti, la fatica, la morte sono glorificati dal Maestro che ha reso
musicalmente l'antipotenza e l'antivolontà. Wagner è il decadente per
eccellenza, quello che Nietzsche, nella "Volontà di potenza" definirà
"un grande punto interrogativo del nostro secolo".
La musica secondo Nietzsche é stata privata del suo carattere affermativo e
trasfiguratore del mondo per diventare una vera e propria musica di decadenza e
non più il flauto di Dioniso: in essa non é più insita una volontà di vivere
che si estrinseca in ogni istante, bensì predominano i temi cupi di chi rifiuta
la vita. Ed ecco che tutto "Il caso Wagner" non é altro che un enorme
"problema musicale", come lo definisce Nietzsche stesso in "Ecce
homo": e Nietzsche si proclama pronto a muover guerra contro Wagner, il suo
grande amico del passato, schierando i campo i "pezzi più grossi della mia
artiglieria". Nietzsche era particolarmente affascinato dalla musica in
quanto forma artistica, per di più tipicamente dionisiaca ed egli arriva più
volte a sostenere che l'arte sia più importante della verità (anche perchè,
in fin dei conti, che cosa é la verità?). Il grande pensatore tedesco dice di
disprezzare in Wagner l'eccessivo spirito religioso e l'antisemitismo sfrenato:
e qui abbiamo la conferma decisiva dell'errata interpretazione nazista del
pensiero nietzscheano che, indebitamente, lo ha sempre fatto passare per
antisemita. Ma la critica aspra e polemica mossa al musicista tedesco non trova
le sue radici in complessi edifici argomentativi, quanto piuttosto nel mettere
in luce i danni arrecati da Wagner alla cultura tedesca: sì, perchè
"Wagner non é un sillogismo, ma una malattia" che se non trattata con
la giusta terapia può infettare l'intero mondo tedesco ed europeo.
Ed ecco allora che troviamo Nietzsche nei panni di medico indaffarato a trovare
un rimedio a questa malattia di nome "Wagner". Wagner secondo
Nietzsche ha tutte le istanze dell'uomo moderno: il sovreccitamento e
l'esaltazione, la pomposità delle rappresentazioni, il teatro rivolto alle
masse, all' 'armento'. E strettamente congiunto alla decadenza wagneriana é
l'idealismo stesso che caratteristica il musicista tedesco, il cercare in modo
esasperato la redenzione dell'uomo (anche dalla donna!), la conoscenza. Wagner
é poi imbevuto del pessimismo di Schopenhauer,
da cui Nietzsche si é saggiamente distaccato. E poi non mancano le critiche
all'ideale wagneriano secondo il quale la musica non sarebbe un punto di arrivo,
ma solo un mezzo per arrivare oltre, a qualcosa di superiore: Nietzsche non può
accettare questo, da grande estimatore dell'arte quale egli é: non vi é un
"oltre la musica", non vi é una verità recondita cui l'uomo può
accedere tramite le leggiadre sinfonie musicali: tutta la verità é insita
nella musica stessa, massima espressione artistica di tipo dionisiaco. Certo,
Wagner si può ammirare: è un seduttore in grande stile, convince gli incerti
senza condurli alla consapevolezza di ciò che viene fatto loro credere, occulta
il più nero oscurantismo nei luminosi involucri dell' "ideale". I
giovani con Wagner diventano imbecilli, cioè "idealisti"; in questo
senso Parsifal è un capolavoro. Dunque, l'adesione a Wagner deve far sì che la
vita riesca in singoli individui, in singoli esemplari e non realizzi la felicità
dei più, della maggior parte delle persone. Il "dramma di sè" deve
essere "ritrovamento di sè". Occorre prendere potere su se stessi che
significa anche prendere potere sui nostri "pro" e sui nostri
"contro". Leggi ancora: "aver potere sul bene e sul male".
Questo ci libera dall'obbligo di solidarizzare con gli altri i quali invece
ostacolano proprio la formazione del super uomo. Nel 1854 Wagner si avvicina a
Schopenhauer concependo il mito non solo come passato inverato dalla storia, ma
come il presente che spiega il passato imperniando il dramma sull'azione
negativa della volontà, poi supera Schopenhauer affermando la possibilità di
un' azione redentrice. Rielaborando le antiche leggende dell' "Edda",
del "Niebelungenlied", Wagner infonde nei personaggi uno spirito
universale sì che l'angoscia degli dei antichi, le passioni dei nani e dei
giganti, l'anima degli eroi si identificano con le nostre angosce, con le nostre
passioni, con i nostri stessi ideali Due le idee madri in Wagner: l'idea di una
caduta originale e quella di una redenzione. Il male entra nel mondo per una
colpa, un fallo e fatalmente allarga il proprio influsso venefico fino a
dominare tutti gli esseri viventi e persino gli stessi dei. La caduta da uno
stato di innocenza e la coscienza della colpa spingono i personaggi wagneriani
al bisogno di un riscatto: siamo alla vigilia dell'idea della redenzione. E
poiché nessuno può essere nello stesso tempo colpevole e redentore, ecco
allora profilarsi l'eroe redentore: l'uomo puro tra i puri potrà essere l'eroe
degno della missione e riportare l'umanità alla purezza, perdonando e obliando
la "caduta". Niente di più lontano da Nietzsche; il filosofo rifiuta
decisamente l'equivalenza pena = colpa. E' vero che la sofferenza conferisce
distinzione, virtù, valore e nobiltà, ma l'ascesi di Nietzsche ha un'altra
direzione; ciò che è terribile è la mancanza di senso del dolore, è la sua
gratuità che suscita ribellione. Occorre dunque trovarne una interpretazione.
Poiché il senso del dolore ha varie interpretazioni, trovare il "senso in
sé " è cosa che non esiste. E' compito rimesso a ciascuno di noi trovare
l'interpretazione del nostro dolore personale. Solo così avrà
"senso" per ciascuno di noi e ne renderà possibile l'accettazione.
Dunque il dolore può assumere più forme perché di per sé non ha valore, ma
riceve il valore di "riflesso", il valore che ogni uomo dà al proprio
dolore. La sofferenza non deriva da colpa, c'è e basta; è la lotta titanica
con il dolore che ci porta a rinascere alla vita. Morale, religione, metafisica
sono solo giustificazioni. Il dolore ha senso nel preciso momento in cui io
gliene do uno. Dice Nietzsche: "davanti al tiranno (dolore) io sono senza
colpa". Profonde divergenze ideologiche e filosofiche allontanano quindi
Nietzsche da Wagner, per quanto Nietzsche abbia indubbiamente sentito il fascino
della musica wagneriana, e non solo. Già nel 1854 Nietzsche aveva composto al
ginnasio alcuni brani musicali; nel 1860 aveva fondato l'associazione musicale e
letteraria "Germania" per la quale il filosofo scriverà saggi,
poesie, composizioni musicali.
A
Genova, il 27 novembre 1881, Nietzsche assiste per la prima volta alla
rappresentazione della “Carmen”. Il giorno seguente egli scrive una lettera
a Peter Gast, che sembra non condividere l’entusiasmo dell’amico nei
confronti di un’opera che non ha ancora ascoltato. Ma Nietzsche gli scrive
ancora, insistendo sulla bellezza di quella musica “estremamente
meridionale!”e, in una terza lettera, si dichiara quasi convinto che
“Carmen” è la migliore opera che ci sia.
Dopo l'allontanamento da Wagner, Nietzsche farà l'elogio della Carmen di Bizet, dimostrando di amare un altro tipo di musica. Risale a questo periodo anche l'esaltazione delle qualità musicali del mediocre compositore suo amico, Peter Gast.
Probabilmente pubblicizzare Bizet e Gast era un modo per declassare il talento di Wagner.
Egli acquista anche una partitura per piano della “Carmen”, vi apporta delle notazioni a margine – l’esemplare è conservato nell’Archivio Goethe-Schiller di Weimar – e la invia a Peter Gast.
La
risposta dell’amico contiene un bel complimento per il filosofo: “Mi sono di
nuovo reso conto che voi siete più musicale di me, il musicista
Consideriamo alcune note che il filosofo “musicale” appone sulla partitura della “ Carmen”, seguendo la puntuale analisi di Paolo D’Iorio. La prima annotazione segue la ouverture: a destra del foglio Nietzsche opera una critica che potremmo definire di natura tecnica, lamentando l’insufficienza della riduzione per pianoforte, non in grado di trasmettere la stessa forza degli strumenti a corda e a fiato. A sinistra dello stesso foglio, il filosofo interpreta il tema musicale e lo definisce un “epigramma sulla passione, ciò che di meglio si è scritto su tale soggetto dopo Stendhal”.
Nella
“Carmen” la protagonista appare nel primo atto e si presenta con la celebre
“Habanera”, una canzone sull’amore che è bene riportare
integralmente per comprendere il senso dell’annotazione di Nietzsche:
“L’amore
è un uccello ribelle / che non si lascia addomesticare, / ed è inutile
chiamarlo, /se gli va di ricusare! / Non serve nulla, né minacce, né
preghiere, / l’uno parla, l’altro tace;/ ed è l’altro che io preferisco,/
non ha detto nulla, però mi piace./ L’amore…l’amore…/ L’amore è
figlio di zingari, / non ha mai conosciuto leggi; / se tu non m’ami, io ti
amo,/ se io ti amo, sta’ attento! / L’uccello che tu credevi di aver
catturato/ con un battito d’ali ha preso il volo;/ l’amore è lontano, tu
puoi attenderlo,/ se non l’aspetti più, eccolo arrivare./ Intorno a te,
rapido, rapido, / viene, se ne va, ritorna, / tu credi d’afferrarlo, egli ti
sfugge,/ tu credi di evitarlo, egli ti afferra! / L’amore…l’amore…/
L’amore è figlio di zingari…”.
Chissà
se scrivendo queste parole, in “Al di là del bene e del male”, 237,
Nietzsche pensava a Carmen: “Sino ad oggi le donne sono state trattate dagli
uomini come uccelli che da una qualche altezza si sono smarriti giù in basso
fino a loro: come una cosa più delicata, più fragile, più selvatica, più
strana, più dolce, più ricca di sentimento, ma anche come qualcosa che si deve
imprigionare perché non se ne voli via”. (Ed. Adelphi, 1976, pp. 145/ 146).
Comunque
la nota posta sulla partitura dell’opera
a questo punto parla di “Eros”, di amore come lo vedevano gli
antichi, seducente, gioioso, demoniaco, irresistibile ed il filosofo ammette
:”Io non conoscevo niente di simile a questa canzone ( occorre cantarla
all’italiana e non alla tedesca )”.
E
ancora sull’amore inteso alla maniera della “Carmen” Nietzsche scrive ne
“Il caso Wagner”:
“Non
conosco alcun altro caso in cui la tragica ironia che costituisce l’essenza
dell’amore si sia espressa in maniera tanto rigorosa, abbia trovato una
formulazione tanto terribile, come nell’ultimo grido di Don José, con il
quale si chiude l’opera :Sì! Io l’ho uccisa, io – l’adorata mia
Carmen!.
Una tale concezione dell’amore ( l’unica che sia degna del filosofo) è rara : essa mette in risalto tra mille un’opera d’arte”.
E
sulla partitura, nella parte finale dell’opera, Nietzsche annota :”Magnificamente orchestrato” e “E’ la febbre della passione che è pronta
alla morte”, riferendosi a Carmen che grida a Don José: “Colpiscimi
allora, o lasciami passare”, per raggiungere il suo nuovo amante Escamillo ,
toreador trionfatore nella corrida.
Nell’aforisma
254 di “Al di là del bene e del male”
Nietzsche scrive che Bizet ha saputo scoprire, nella sua musica, una
bellezza ed una seduzione nuove”.
E
riguardo al modo d’intendere l’amore, forse il filosofo pensava a Don José
quando scriveva ne “La gaia scienza” :
“L’amante
vuole l’incondizionato, esclusivo possesso della persona da lui ardentemente
desiderata; vuole un assoluto potere tanto sulla sua anima che sul suo corpo,
vuole essere amato lui solo e prendere stanza nell’anima dell’altro e
signoreggiarvi come il bene più alto e più desiderabile: Se si pone mente al
fatto che ciò non è altro se non escludere tutto il mondo da un bene prezioso,
da una sorgente di felicità e di piacere: se si considera che l’amante mira
ad impoverire e spogliare ogni altro concorrente e che vorrebbe diventare il
drago del suo prezioso tesoro, essendo il più spregiudicato ed egoista di tutti
i conquistatori e i predatori: se si tiene finalmente presente che allo stesso
amante tutto il resto del mondo appare indifferente, pallido, senza valore, e
che egli è pronto a fare ogni sacrificio, - ( “Carmen, io t’amo, t’adoro!
Ebbene! Se lo desideri, resterò bandito…farò tutto quello che
vorrai…tutto, mi capisci, ma non lasciarmi, o mia Carmen…”, grida Don José
prima di compiere il suo folle gesto d’”amore”) – a sconvolgere ogni
ordinamento, a mettere in secondo piano ogni suo interesse, ci si meraviglia
effettivamente che questa selvaggia avidità di possesso e questa ingiustizia
dell’amore sessuale sia stata a tal punto esaltata e divinizzata , com’è
accaduto in tutti i tempi, e che anzi da questo amore si sia ricavato il
concetto di amore come contrapposto dell’egoismo, mentre questo è forse
proprio l’espressione più spregiudicata dell’egoismo stesso”. – (
“Così mi sarei dannato, avrei perso la mia anima perché tu, infame, te ne
vada tra le sue braccia a ridere di me! No, maledizione, tu non andrai, Carmen,
tu seguirai me!”: cosa, meglio delle parole di Don José, può esprimere il
senso di quell’amore che Nietzsche, in “Ecce Homo”, definisce “nei suoi
mezzi, la guerra, nel suo fondo, l’odio mortale fra i sessi” ?).
Perché
dunque la musica di Bizet aveva colpito Nietzsche al punto da causare in lui
un’adesione così entusiastica?
Probabilmente
, nella “Carmen”,Nietzsche vedeva espressa la sua filosofia
Carmen
incarna per Nietzsche l’autentico
dionisiaco, quell’impulso che scaturisce dalla forza caotica della vita
e che si esprime nella musica.
In
Carmen Nietzsche vede
l’espressione di un gioioso immoralismo
che esalta amore e libertà, il vero attaccamento alla terra, la fatale
accettazione della morte come proprio destino: i caratteri fondanti dell’”Uber-mensch”.
Si
può immaginare un rapporto più stretto tra filosofia e musica? Il pensiero di
Nietzsche è stato definito un’estetica dell’esistenza, in quanto solo
l’arte ci permette di vivere. La musica può così prendere il posto della
metafisica, come già aveva annunciato Schopenhauer nel cap.52 del “Mondo come
volontà e rappresentazione”. Nietzsche è convinto, e lo scrive nel
“Crepuscolo degli idoli”, che “senza la musica la vita sarebbe un
errore”. Erico Blondel commenta queste parole sostenendo che, per Nietzsche,
la musica è la giustificazione del mondo e della vita.