A proposito delle tre figure della Genealogia della morale
I
Dissertazione
La tesi
che l'origine del concetto di buono sia da attribuirsi ai Signori, ai violenti,
ai sopraffattori ai plasmatori-creatori di valori appunto, è sostenuta
principalmente mediante argomentazioni etimologiche. La nozione di cattivo viene
ad essere formata dunque semplicemente come riflesso negativo (per rafforzare il
pathos della distanza). Oggigiorno però il concetto di buono è venuto a
designare proprio la classe dei deboli, schiavi, reattivi: buono è umile è
sottomesso, è pacifico. Come è avvenuta una tale trasvalutazione dei valori?
La
risposta sta nella figura del Risentimento.
L'origine
di tale affezione è di ordine fisiologico: la disfunzione della facoltà attiva
dell'oblio, del dimenticare consente la confusione tra l'inconscio, facoltà di
sedimentazione delle tracce, e la coscienza, facoltà "riscrivibile"
di ricezione dello stimolo. La confusione tra stimolo e traccia ha come
conseguenza la cessazione dell'esser agita della reazione a quello e il divenir
sensibile della reazione a questa (ri-sentimento). E' l'uomo che non viene a
capo di nulla perchè soffre di "dispepsia coscienziale".
L'uomo del risentimento patisce l'infinito ritardo allo stimolo e prende in odio
la sua origine.
Le
forze reattive si sono sottratte all'azione delle forze attive.
Dimenticare
non è una semplice vis inertiae, ma piuttosto una facoltà attiva,
positiva nel senso più rigoroso, d'inibizione. [gdm II,1]
Digerisce
male i suoi eventi, non ne viene mai a capo [...] pesante, tardiva digestione [adb,
244]
Il ressentiment
di quei tali esseri a cui la vera reazione, quella dell'azione, è negata [gdm
I,10]
Radice
fisiologica del ressentiment, in un desiderio di ottundimento del dolore
per via passionale [gdm III,15]
Su queste
"fondamenta biologiche" si innesta l'azione del prete ebraico,
l'artista del risentimento. Questi offre ai deboli un'immagine rovesciata (dal
punto di vista delle forze reattive) dell'origine, in cui la differenza
gerarchica diviene opposizione, con conseguente rovesciamento dei valori morali.
Si noti innanzitutto come tale morale sia essenzialmente reattiva, necessita
infatti come presupposto da negare il modus operandi dei signori laddove questi
ultimi, estrinsecavano attivamente i propri valori. Tale operazione
(affermazione mediante doppia negazione) manifesta la dialettica come
"ideologia dello schiavo". Ma questa non è l'arma principale
utilizzata dal sacerdote; essa è la finzione della "sostratizzazione della
forza": si distingue tra forza e manifestarsi della forza (lampo da luce) e
si trasforma la prima in un soggetto-sostrato causante (evidente proiezione di
una finzione morale, quella dell'atomismo psichico), libero cioè di
estrinsecare o meno la propria forza; ecco che il debole è colui che è così
forte da non permettere tale estrinsecazione, egli è buono. Le forze
reattive si oppongono a quelle attive, separandole da ciò che è in loro
potere.
Questi
istinti di reazione e ressentiment per mezzo dei quali le razze
aristocratiche sono state [...] sopraffatte unitamente ai loro ideali [gdm I,11]
Pretendere
dalla forza che non si estrinsechi come forza [...] fraintendere ogni agire come
condizionato da un agente, da un soggetto. [...] Ma tale sostrato non esiste,
non esiste alcun essere al di sotto del fare, dell'agire, del divenire. [...] il
forte è padrone d'essere debole [gdm I,13]
II
Dissertazione
L'uomo ha
come compito allevare un'animale cui sia consentito fare delle promesse,
disporre dell'avvenire, un'individuo sovrano, un legislatore sovramorale,
rappresentante delle forze attive come colui che agisce, fa obbedire le proprie
reazioni. Tale frutto post-istorico si ottiene mediante un rafforzamento della
coscienza, memoria delle promesse (uomo come mallevadore di se stesso) della
responsabilità. Questa operazione pre-istorica è chiamata "attività
generica" o "eticità dei costumi", è una selezione,
un'addestramento i cui strumenti principali sono il dolore e il rapporto
creditore-debitore (responsabilità/debito). Come è fallito tale compito (la Cattiva
coscienza in vece della coscienza responsabile)?
Tramite la
finzione del risentimento, le forze reattive hanno separato quelle attive da ciò
che è in loro potere; la forza attiva non ha altra possibilità che
interiorizzarsi, divenendo crudeltà verso se stessi, moltiplicazione del
dolore; cattiva coscienza. Nella storia infatti, le organizzazioni reattive
(società, chiesa, stato) hanno preso il posto dell'attività generica. Le
forze attive iniziano a diventare reattive.
Quei
terribili bastioni con cui l'organizzazione statale si proteggeva contro gli
antichi istinti di libertà (vdp) fecero sì che tutti codesti istinti dell'uomo
selvaggio. libero, divagante si volgessero a ritroso. si rivolgessero contro
l'uomo stesso. [...] si strugge della nostalgia del deserto e che deve fare di
se stesso un'avventura, una camera di supplizi, una selva insicura e perigliosa
[gdm II,16]
Esiste un
copioso, esorbitante piacere anche nei propri dolori, del proprio farsi-soffrire
[...] lo stesso pascaliano sacrifizio dell'intelletto è quel pericoloso brivido
di una crudeltà rivolta contro se stesso. [adb, 229]
Interviene
ora un secondo sacerdote, quello cristiano che ridireziona il risentimento verso
se stessi completando la plasmazione della cattiva coscienza:
il
colpevole della iper-produzione del dolore (organizzazioni reattive) è da
ricercarsi in noi stessi (interiorizzazione del dolore, da attivo diviene
reattivo). Siamo colpevoli, siamo peccatori. Strumento di tale accusa è una
seconda finzione che rende "inestinguibile" il proprio debito,
dilatando il rapporto creditore-debitore; esso non si riferisce più alle nostre
forze reattive nei confronti di un tribunale attivo (attività generica) ma nei
confronti di organizzazioni (chiesa e aldilà) altrettanto reattive; la
responsabilità-debito si trasforma in responsabilità-colpa. Le forze attive
diventano reattive.
Quest'uomo
della cattiva coscienza si è impadronito del presupposto religioso (credito
degli avi divinizzati) per spingere il proprio automartirio fino alla più
orribile crudezza e sottigliezza. Un debito verso Dio [...] delirio della volontà
nella crudeltà psichica che non ha assolutamente eguali: la volontà dell'uomo
di trovarsi colpevole e riprovevole fino all'impossibilità d'espiazione [...]
quali fantasie le vengono in mente non appena si vede impedita di essere bestia
dell'azione [gdm II, 22]
L'avvento
del Dio cristiano, in quanto massimo dio [...] ha portato il maximum del senso
di debito [gdm II,20]
Il prete
è il modificatore di direzione del ressentiment. Ogni
sofferente,infatti, cerca istintivamente una causa del proprio dolore [...] su
cui possa scaricare le sue passioni [...] il prete asceta dice ad essa: sei
unicamente tu ad avere colpa di te stessa! [gdm III,15]
La cagione
del suo soffrire: deve cercarla in se stesso, in una colpa, in un frammento di
passato, deve comprendere la sua stessa sofferenza come una condizione di
castigo [gdm III,20]
III
Dissertazione
L'artista
e il modificatore di direzione del risentimento, il sacerdote, guida, porta al
trionfo le forze reattive ma non ne è un rappresentante. Egli incarna piuttosto
la volontà di potenza come volontà del nulla. Quest'ultima, oggetto
finale della nostra indagine, si congiunge alle forze reattive nella figura
dell'Ideale ascetico (IA).
Si tenta
l'ipotesi che l'IA abbia un triplice significato:
·
Il suo contenuto,
il mondo vero al di là di quello apparente, la realtà metafisica di
valori-in-sè, è lo sfondo, la condizione di possibilità delle precedenti due
finzioni: sostratizzazione della forza e diltazione del rapporto
creditore-debitore. Qui l'IA manifesta la sua realtà di "anello di
congiunzione" tra le forze reattive e la volontà del nulla.
·
Mezzo di
sopportazione per i deboli. Si è cioè tentato di "salvaguardare il
gregge", rendere innocui sino a un certo punto i malati, dargli una
rigorosa direzione alla volta di sè, una direzione a ritroso del loro
risentimento, altrimenti pericolosa "sostanza deflagrante".[gdm III,15,16]
Forse non c'è nulla di più venerando, nel cristianesimo e nel buddhismo, della
loro arte di ammaestrare le creature più umili a collocarsi, attraverso la
devozione, in un apparente ordine superiore di cose, e di tener stretto, in tal
modo, a sè quel loro contentarsi dell'ordine reale [adb, 61]. La salvaguardia
del gregge passa per quella delle pecore; si sono mantenuti in vita i malati,
dandogli una volontà (del nulla). E' l'istinto di protezione di una vita
degenerante: parziale inibizione contro la quale sono armati a combattere i più
profondi istinti vitali rimasti intatti; si ferisce, così la ferita stessa
costringe a vivere. La potenza del suo desiderare essere-in-altro-luogo è
appunto il ceppo che lo inchioda qui.[gdm III, 13] Esse cercano di conservare,
di mantenere in vita quel che in qualche modo può essere conservato [adb, 62]
·
Vera e propria
espressione della volontà del nulla (nichilismo), del ripudio della vita, del
divenire, dell'apparente, dell'ingannevole.
Riguardo a
questo terzo, più proprio significato, ci si pone le seguenti domande:
·
Che cosa
significa esattamente la potenza di questo ideale, l'immensità della sua
potenza? Perchè non è stata fornita migliore resistenza?
·
L'ideale ascetico
esprime una volontà: dove si trova la volontà opposta in cui si esprimeva un
ideale opposto? [gdm III,23]
In
risposta alla seconda domanda vengono avanzate diverse ipotesi: la scienza,
l'ateismo, l'immoralismo, il nichilismo, lo scetticismo..
Essi
stessi oggi lo rappresentano e forse nessun'altro, essi stessi sono il loro
prodotto più spiritualizzato, la sua più avanzata schiera di guerrieri e
d'esploratori, la sua più capziosa, più morbida, più inafferabile forma di
seduzione... sono ben lontani dall'essere spiriti liberi, poichè ancora essi credono
alla verità. [...] Volontà di verità è la fede nello stesso IA [...]
in un valore metafisico, in un valore in sè della verità, quale
solo quell'ideale garantisce e convalida. [gdm III, 24] Possiamo allora
immaginare quale che sia un possibile antagonista dell'IA: L'arte, in cui
appunto la menzogna si santifica e la volontà d'illusione ha
dalla sua la tranquilla coscienza, è in qualche modo contrapposta all'IA: Omero
contro Platone. [gdm III,25]
In
risposta alla prima domanda: Perchè questa volontà del nulla (nichilismo)?
Perchè così restava salvata la volontà stessa, l'uomo preferisce ancora
volere il nulla, piuttosto che non volere... [gdm III,28]
Il
passaggio successivo sarà quello di precisare il rapporto tra volontà del
nulla e volontà di verità.
La
questione non è la falsità o meno di un giudizio ma fino a che punto esso
promuova o conservi la vita [...] i giudizi falsi sono per noi i più
indispensabili [...] senza una costante falsificazione del mondo mediante il
numero, l'uomo non potrebbe vivere: ammettere la non verità come condizione
della vita [adb, 4].
E non
verità, illusione, finzione sono il vivere secondo natura degli stoici [adb,
9], i giudizi sintetici a priori di Kant [11], l'atomismo materiale e psichico
[12], la fisica [14], il cogito cartesiano [16], la coscienza come facoltà
attiva [17], il libero arbitrio [19], il nesso causa-effetto [21], le leggi
della natura [22].
L'unità
nella molteplicità, la forma nell'informe è frutto di una proiezione, è un
atto estetico. L'estetica è sterilizzazione, è mortificazione della
produttività, è interpretazione che ritaglia l'infinito produrre.
Da dove
nasce dunque la nostra volontà di verità?
Nel quinto
libro della Gaia scienza (par.2) si afferma che l'uomo cerca il
mondo-vero non per non-ingannarsi (in quanto l'ingannarsi sarebbe nocivo e
pericoloso) poichè se quello che appare è illusione (discendente
dall'affermarne uno vero) allora è nocivo e pericoloso proprio il
non-ingannarsi! Lo fa' piuttosto per non ingannare, (se si vuole la verità, ciò
dipende non da quello che il mondo è ma da quello che non è) cioè per
svalutare il mondo apparente come falso. Insomma dietro questa scelta
speculativa sta un pregiudizio morale. Ma chi vuole un'altra vita nega questa
vita, essa non è che un tramite per l'al di là. Insomma il presupposto è la
contraddizione ascetica come espressione principe della volontà del nulla.
Volontà
del nulla -> contraddizione
ascetica -> contrapposizione morale -> volontà di verità.
Nella
storia abbiamo vissuto questi passaggi; la religione è stata sopraffatta dalla
morale e ben presto la morale sarà sopraffatta dalla volontà di verità [gdm
III, 27]
Combattendo
la volontà di verità noi combatteremo il nichilismo nella sua ultima forma!
.... di
Mauro de Zorzi, tratto da Deleuze