Scritta nell'autunno del 1873, fu pubblicata nel febbraio del '74.
Il primo impulso e progetto dell'opera fu di natura
autobiografica: nel 1873-74, Nietzsche era professore di filologia classica
all'Università di Basilea ed era profondamente insoddisfatto del suo lavoro,
del quale non riusciva a vederne il senso. Il filosofo non riusciva a darsi
adeguate risposte al rapporto passato - presente.
Nella Nascita della tragedia aveva
affermato che al presente, mediocre e deludente, occorreva una iniezione di Passato
Greco.
Da sempre infatti Nietzsche mostrava interesse per il passato, non tanto per
amore di studio o per la sua formazione classica, ma piuttosto come
ricerca di qualcosa di rigenerante per il presente.
Se dunque nel passato aveva dato molta importanza allo studio della filologia,
ora vi credeva sempre meno e si andava sempre più convincendo che il passato
non può essere neppure compreso, dato lo squallore intellettuale e morale del
presente.
Nietzsche dunque cambia rotta e, per rigenerare il
presente, prova a partire dal presente stesso: è qui che va ricercata la
trasformazione di Nietzsche da filologo a filosofo.
La seconda inattuale va letta come una continuazione,
anzi, come una generalizzazione della prima: nella prima, dedicata a David
Strauss, Nietzsche polemizza contro il filologo, nella seconda la
polemica viene estesa al filisteo colto, a colui cioè che ha un rapporto
ottuso con la storia e con la cultura in genere.
Il filisteo, e con lui il filologo, è un vero "essere negativo"
(F. NIETZSCHE, David Strauss, l'uomo di fede e lo scrittore, in Opere,
Vol. III, Milano, Adelphi 1972, p. 175.) in quanto si impossessa del passato non
per alimentare il presente, ma per impadronirsene in modo statico, in una forma
di cultura che paralizza.
La credenza di essere un epigono del passato fa sì che l'uomo moderno
non scelga mai veramente poiché giustifica tutto con il suo ideale non con la
sua volontà, quindi l'uomo si deresponsabilizza e, qualsiasi cosa faccia, crede
che la storia vada come deve andare.
Inoltre, l'uomo ottocentesco ha cultura storica, troppe informazioni storiche e una mentalità troppo storicista,
cioè troppo conscia del legame col passato.
In questo modo, l'uomo è portato a
pensarsi solo come prodotto del passato, e non come autore del presente e preparatore
del futuro; gli si atrofizza cioè la capacità creativa.
Conseguentemente, l'arte ha per Nietzsche la funzione di elevare all'eterno, e
dare un po' di oblio con cui contrastare lo storicismo presente e recuperare una
certa spontaneità e incoscienza per fare cose nuove.
La storia dunque non è puro atto conoscitivo, non è scienza, ma arte.
Questa inattuale, considerata per molto tempo un
testo contro la storia, in realtà nasconde un commento geniale e inquietante su
questioni che riguardano la cultura egemone di ogni tempo: il sapere non
agisce come motivo trasformatore del mondo esterno, ma rimane nel caotico mondo
interno dell'uomo.
La cultura è trasformata in "indigeribili pietre del sapere, che
rumoreggiano (...) nel corpo" (F. NIETZSCHE, Sull'utilità e il
danno degli studi storici per la vita, in Opere,
Vol. III, Milano, Adelphi 1972, p. 355.)
L'uomo moderno è dunque sterile e vuoto spettatore,
frastornato e confuso, caratterizzato dalle incongruenze tra nozione e
contenuto, dal non ancora ritrovato legame cultura - ragione, dalla
nevrotizzante insensatezza del suo sapere, dall'indisgiungibile rapporto tra
psicologia individuale e ideologia sociale.
L'uomo moderno matura così una nevrotica tendenza a ritirarsi illusoriamente
nella sua interiorità.
Questi sono anche i motivi per cui Nietzsche critica Hegel, colpevolizzandolo di
aver influenzato negativamente in questo senso la cultura tedesca: Hegel ha
commesso l'errore di considerare il reale come il vero unico scopo di tutto
ciò che è avvenuto precedentemente e sono ovvie le gratificazioni dei
contemporanei. Un tale modo di parlare ha abituato i tedeschi a pensare ad un
"processo del mondo" (F.
NIETZSCHE, Sull'utilità e il danno degli studi storici per la vita, cit., p.
370.) in cui viene esaltata proprio quella società tanto criticata da
Nietzsche.
Per i temi trattati lo scritto è un'opera memorabile, espressione della crisi
tardo ottocentesca, ma ancora attualissima.