Il termine "superuomo" è stata la prima e più
diffusa traduzione italiana del termine originale tedesco «Übermensch».
Dopo gli orrori del nazismo e delle ideologie totalitarie, la rilettura che è
stata condotta sui testi di Nietzsche dai filosofi italiani, e tra questi
soprattutto da Gianni Vattimo, ha portato alla luce un altro possibile
significato della parola, che si esprime nella locuzione "l’oltreuomo",
inteso non più come "uomo superiore" ma come ulteriore stadio dello
sviluppo etico e culturale dell’umanità.
L’uomo è un cavo teso
tra la bestia e il superuomo, – un cavo al di sopra di un abisso.
È questa l’immagine chiave con cui Nietzsche tratteggia il concetto di oltreuomo: è l’immagine di un rinnovamento interiore che si realizza attraverso l’apertura a nuovi valori, a nuovi significati della vita. Il significato del concetto di oltreuomo non è dunque quello dannunziano della realizzazione storica di una nuova élite di individui-guida dell’umanità, ma è quello tutto interiore del destino che attende ciascun uomo di fronte alla possibilità di essere diverso da quello che è, nel senso di più autentico, più completo, più libero.
Arrivato nella città più vicina, che sorgeva ai margini della foresta, Zarathustra vi trovò una gran folla radunata sulla piazza dei mercato: perché avevano detto che si sarebbe visto un uomo camminare sulla corda. E Zarathustra così parlò alla folla:
"Io vi insegno l'oltreuomo. L'uomo è
qualcosa che deve essere superato. Che cosa avete fatto voi per superarlo?Tutti
gli esseri hanno finora creato qualcosa al di sopra di se stessi: e voi volete
essere il riflusso di questo grande flusso e tornare piuttosto all'animale che
superare l'uomo? Che cos'è la scimmia per l'uomo? Una risata o una
dolorosa vergogna. E proprio ciò dev'essere l'uomo per l'oltreuomo: una risata
o una dolorosa vergogna. Voi avete fatto la strada dal verme all'uomo, e
molto c'è ancora in voi del verme. Una volta eravate scimmie, e ancora adesso
l'uomo è più scimmia di qualunque scimmia.
Ma anche colui che è più saggio tra voi, non è che un dissidio, un essere
ibrido fra la pianta e lo spettro. Ma vi ordino io di diventare spettri o
piante?Vedete, io vi insegno l'oltreuomo! L'oltreuomo è il senso della
terra. La vostra volontà dica: sia l'oltreuomo il senso della terra!
Vi scongiuro, fratelli, rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che vi
parlano di speranze ultraterrene! Essi sono degli avvelenatori, che lo sappiano
o no. Sono spregiatori della vita, moribondi ed essi stessi avvelenati,
dei quali la terra è stanca: se ne vadano pure! Una volta il sacrilegio
contro Dio era il sacrilegio più grande, ma Dio è morto, e sono morti con Dio
anche quei sacrileghi. Commettere sacrilegio contro la terra è ora la cosa più
spaventosa, e fare delle viscere dell'imperscrutabile maggior conto che del
senso della terra!
Un tempo l'anima guardava al corpo con disprezzo: e allora questo disprezzo era
la cosa più alta: essa lo voleva macilento, orribile, affamato. Così pensava
di sfuggire ad esso e alla terra.
Oh, quest'anima era essa stessa ancora macilenta, orribile e affamata: e la
crudeltà era la voluttà di quest'anima!
Ma anche voi, fratelli, ditemi: che cosa rivela il vostro corpo della vostra
anima? Non è la vostra anima povertà e sporcizia e un miserabile benessere?
In verità, un fiume lutulento è l'uomo. E bisogna essere un mare, per poter
accogliere un fiume lutulento senza divenire impuri.
Vedete, io vi insegno l'oltreuomo: esso è questo mare, in cui può inabissarsi
il vostro grande disprezzo.
Qual è l'esperienza più grande che potete fare? Essa è l'ora del grande
disprezzo. L'ora in cui anche la vostra felicità vi nausea, e così pure la
vostra ragione e la vostra virtù.
L'ora in cui dite: "Che importa la mia felicità? Essa è povertà e
sporcizia, e un miserabile benessere. E la mia felicità dovrebbe giustificare
la stessa esistenza?"
L'ora in cui dite: "Che importa la mia ragione? Ha essa fame di sapere come
il leone del suo pasto? Essa è povertà e sporcizia e un miserabile
benessere!"
L'ora in cui dite: "Che importa la mia virtù? Essa non mi ha reso ancora
furibondo. Come sono stanco del mio bene e del mio male! Tutto ciò è povertà
e sporcizia e un miserabile benessere!"
L'ora in cui dite: "Che importa la mia giustizia? Non vedo che io sia brace
ardente. Ma il giusto è brace ardente! "
L'ora in cui dite: "Che importa la mia pietà? Non è la pietà la croce
sulla quale viene inchiodato colui che ama gli uomini? Ma la mia pietà non è
una crocifissione".
Parlaste già cosi? Gridaste già così? Oh, se vi avessi già sentito gridare
cosi!
Non il vostro peccato, ma la vostra moderazione grida vendetta al cielo, la
vostra avarizia nello stesso vostro peccato, grida vendetta al cielo!
Dov'è la folgore che vi lecchi con la sua lingua? Dov'è la follia che vi si
dovrebbe inoculare?
Vedete, io vi insegno il superuomo: esso è questa folgore, esso è questa
follia!
Quando Zarathustra ebbe così parlato, uno di tra la folla gridò: "Abbiamo
ascoltato il funambolo abbastanza; adesso vogliamo anche vederlo!". E tutta
la folla rise di Zarathustra. Da parte sua il funambolo, credendo che quelle
parole fossero rivolte a lui, sì mise all'opera. (F. Nietzsche: Così
parlò Zarathustra: Prefazione, §§3- 4; Della virtù che dona)
L'oltreuomo di Nietzsche non è un individuo, neppure nel senso biologico di una
singola razza, ma una categoria etica: rappresenta cioè l'essenza vera e
ideale insieme dell'uomo pienamente realizzato in se stesso, libero da
valori-guida provenienti al di fuori o a di sopra di lui.
Una tappa importante nella storia dell'interpretazione del pensiero di Nietzsche è
quella aperta nella metà degli anni '60 da Gianni Vattimo. Di questo autore
proponiamo qui una pagina tratta da: Ipotesi
su Nietzsche, un saggio didattico del '67. In esso Vattimo propone una
rilettura complessiva dell'opera nietzscheana alla luce dell'antistoricismo di
questo filosofo, ponendo al centro dell'attenzione il concetto di
interpretazione. Il brano è utile anche per un inquadramento generale del tema
del "superuomo".
Le qualità che l'oltreuomo possiede sono:
1) sa accettare la vita nella sua interezza, nella sua dimensione irrazionale fondata sul caso e sul caos. Non ha paura degli istinti ed accetta la dimensione dionisiaca dell'esistenza;
2) sa "reggere" psicologicamente la "morte di Dio", ossia la condizione del nichilismo, l'annullamento di tutti i tradizionali valori morali; sa rinunciare alla consolazione esistenziale offerta dalle fedi religiose;
3) sa condurre la propria vita in una diversa dimensione temporale, ponendosi nella prospettiva dell'eterno ritorno del tempo. Recuperando l'antica visione pagana del tempo ciclico, non pensa più in termini di presente, passato e futuro, ma vive ogni istante con intensità totale, come fosse l'eternità.