Lo spirito libero

 

Lo spirito libero ( F.Nietzsche :Al di là del bene e del male, §§ 36- 42-43-44- 211)

36

Posto che null'altro ci sia "dato" come reale se non il nostro mondo di avidità e di passioni, che non possiamo scendere o salire verso nessun'altra "realtà", se non appunto la realtà dei nostri istinti - poiché pensare è solo un reciproco atteggiamento di questi istinti -: non sarebbe permesso tentare e chiederci se questo "dato" non sia sufficiente a comprendere sulla base di dati simili, anche il così detto mondo meccanicistico (o "materiale")? E non intendo come un'illusione, una "apparenza", una "rappresentazione" (nel senso di Berkeley e di Schopenhauer), ma come un qualcosa con lo stesso grado di realtà che hanno anche i nostri affetti, - come una forma più primitiva del mondo degli affetti, nel quale giace ancora chiuso in una possente unità tutto ciò che poi si ramifica e prende forma nel processo organico (e anche, logicamente, si assottiglia e si indebolisce), come una sorta di vita istintiva, nella quale sono ancora sinteticamente congiunte l'una all'altra tutte le funzioni organiche, con l'autoregolazione, l'assimilazione, la nutrizione, la secrezione, il metabolismo, - come una prefigurazione della vita? Infine fare questo tentativo non soltanto è permesso, ma partendo dalla coscienza del metodo, è imposto. Non accettare molte specie di causalità, fino a quando il tentativo di fare sì che ne sia sufficiente una sola non sia spinto sino al limite estremo (fino all'assurdo, se mi è concesso dirlo): questa è una morale del metodo, alla quale non si ha oggi il diritto di sottrarsi; - deriva "dalla sua definizione", come direbbe un matematico. In fin dei conti, il problema è di sapere se riconosciamo effettivamente la volontà come agente, se crediamo alla causalità della volontà: se lo facciamo - e in definitiva la - fede in ciò è appunto la nostra fede nella causalità stessa - allora dobbiamo fare il tentativo di porre ipoteticamente la causalità delle volontà come unica. La "volontà" non può naturalmente agire che sulla "volontà" - e non sulla "materia" (non sui "nervi" ad esempio -): insomma, dobbiamo arrischiare l'ipotesi che, ovunque vengano ammessi "effetti", la volontà agisca sulla volontà - e che ogni avvenimento meccanico, in quanto in esso diviene attiva una forza, sia appunto forza della volontà, effetto della volontà. Posto infine che si riuscisse a spiegare tutta la nostra vita istintiva come la evoluzione e la ramificazione di una unica forma fondamentale tipica del volere cioè della volontà di potenza, com'è la mia tesi; ammesso che si potessero ricondurre tutte le funzioni organiche a questa volontà di potenza e che si trovasse in questa anche la soluzione del problema della riproduzione e della nutrizione ed è un problema unico - ci si sarebbe con ciò procurati il diritto di definire chiaramente ogni forza agente come: volontà di potenza. Il mondo visto dall'interno, il mondo definito e designato secondo il suo "carattere intelligibile" - esso sarebbe appunto "volontà di potenza" e nulla oltre a questo. […]

42.

Si sta formando un nuovo genere di filosofi: oso battezzarli con un nome non privo di pericoli. Così come io li intuisco, così come essi si lasciano intuire - poiché è nella loro natura il voler restare in qualche modo degli enigmi- questi filosofi del futuro potrebbero avere il diritto, forse anche il torto, di essere definiti tentatori. Questo nome stesso non è infine che un tentativo, e, se si vuole, una tentazione

43.

Sono nuovi amici della "verità", questi filosofi che stanno giungendo? Probabilmente lo saranno: poiché tutti i filosofi hanno amato finora le proprie verità. Ma sicuramente non saranno dogmatici. Dovrebbe essere contrario al loro orgoglio e al loro gusto, che la loro verità debba essere ancora una verità per tutti: ciò che è stato finora il desiderio segreto e il senso nascosto di ogni aspirazione dogmatica. "Il mio giudizio è il mio giudizio: non sarà facile che su di esso anche un altro possa vantare un diritto" - dirà forse un tale filosofo dell'avvenire. Bisogna tener lontano da sé il cattivo gusto di voler essere d'accordo con molti. "Bene" non è più bene, se è pronunciato dalla bocca del vicino. E come potrebbe esserci addirittura un "bene comune"! La parola contraddice sé stessa: ciò che può essere comune, ha sempre solo uno scarso valore. Alla fine tutto deve essere come è sempre stato; le cose grandi restano riservate ai grandi, gli abissi ai profondi, le cose delicate e i brividi alle anime delicate, e in parole brevi e sintetiche, le cose rare agli spiriti rari.

44.

Dopo tutto ciò devo dire ancora, appositamente, che anch'essi saranno spiriti liberi, molto liberi, questi filosofi dell'avvenire, - per quanto sia certo che non saranno solamente spiriti liberi, ma qualcosa di più, di più elevato, di più grande e fondamentalmente diverso, che non vuol essere disconosciuto e confuso? Ma mentre dico questo, sento verso di loro quasi come verso di noi, noi che siamo loro araldi e precursori, noi spiriti liberi! - l'obbligo di soffiar via da noi, insieme, un vecchio sciocco pregiudizio e malinteso, che per troppo tempo, come una nebbia, ha reso "opaco" il concetto di "spirito libero". In tutti i paesi d'Europa e anche in America, si abusa oggi da parte di qualcuno di questo nome, una sorta di spiriti molto limitati, prigionieri, in catene, che vogliono pressappoco il contrario di quanto è nelle nostre intenzioni e nei nostri istinti - per non parlare poi del fatto che riguardo a quei nuovi filosofi che stanno sopraggiungendo essi non devono essere che finestre ben chiuse e porte sbarrate. Essi appartengono, per dirla in poche parole, ai livellatori, che falsamente vengono chiamati ",spiriti liberi" - in quanto schiavi, eloquenti e abili nell'usare la penna, del gusto democratico e delle sue "idee moderne": tutti quanti uomini senza solitudine, senza una propria solitudine, goffi onesti ragazzotti ai quali non dobbiamo negare il coraggio né onesti costumi, ma solo il fatto appunto di non essere liberi e di essere superficiali tanto da muovere al riso, soprattutto con la loro tendenza di fondo a vedere nelle forme della vecchia società esistita sino ad oggi, la causa di ogni miseria e fallimento umano: e così la verità viene ad essere felicemente capovolta! Ciò cui essi tenderebbero con ogni loro forza è la universale verde felicità campestre delle greggi, sicura, priva di pericoli, comoda e facile per tutti; le due canzoni e le due dottrine che essi cantano con maggior frequenza si chiamano "parità dei diritti" e "compassione per chiunque soffra", - e la sofferenza spesso viene presa da essi come qualcosa che deve essere eliminato. Noi, fatti a rovescio, noi che abbiamo aperti gli occhi e la coscienza al problema del dove e come sia cresciuta fino ad oggi con maggior vigore la pianta "uomo", crediamo che ciò sia accaduto ogni volta in condizioni opposte che inoltre il pericolo della sua situazione fu costretto aumentare in modo semplicemente portentoso, la sua forza inventiva e dissimulatrice (il suo "spirito") dovette svilupparsi in sottigliezza e audacia sotto una lunga coercizione e costrizione, e la sua volontà di vita dovette essere potenziata fino all'illimitata volontà di potenza - noi crediamo che durezza, prepotenza, schiavitù, pericoli nelle strade e nel cuore, segretezza, stoicismo, tentazioni e diavolerie di ogni tipo, che ogni malvagità, mostruosità, tirannia, tutto quanto vi è di rapace e di viscido nell'uomo, serva alla sua elevazione quanto il suo contrario - e addirittura non diciamo abbastanza, quando diciamo solo questo, e in ogni caso, con le nostre parole e i nostri silenzi su questo punto, ci ritroviamo all'altro capo di ogni ideologia moderna e dei desideri del gregge: come i suoi antipodi forse? Perché stupirsi, che noi "spiriti liberi" non siamo proprio gli spiriti più comunicativi? Che non abbiamo il desiderio di svelare, sotto ogni riguardo, da che cosa uno spirito possa liberarsi, e verso cosa egli verrà poi sospinto? E per quanto riguarda la pericolosa formula "al di là del bene e del male" con la quale per lo meno ci difendiamo dall'essere scambiati con altri: noi siamo diversi dai "libres-penseurs", "liberi pensatori", "Freidenker" o come vogliono chiamarsi tutti questi onesti intercessori delle "idee moderne". Siamo stati di casa, o perlomeno siamo stati ospiti in molte regioni dello spirito; siamo sempre nuovamente sfuggiti dagli oscuri piacevoli cantucci nei quali parevano confinarci predilezioni ed odi pregiudiziali, giovinezza, origine, il caso di uomini e libri, o addirittura le fatiche del vagabondaggio; pieni di cattiveria contro gli allettanti strumenti della dipendenza, che sono nascosti negli onori, nel denaro, o negli impieghi, o nell'esaltazione dei sensi; grati addirittura alla miseria e alla mutevole malattia, poiché sempre ci hanno liberato da qualsiasi regola e dal suo "pregiudizio", grati a Dio, al diavolo, alla pecora e al verme che sono in noi, curiosi fino al vizio, indagatori fino alla crudeltà, con dita pronte all'inafferrabile, con denti e stomaco per l'indigeribile, pronti a ogni mestiere che pretenda acutezza e sensi pronti, pronti a osare tutto, grazie a un'eccedenza di "libero volere", con anime manifeste e segrete, di cui nessuno può scorgere facilmente le ultime intenzioni, con primi piani e retroscena che nessuno potrebbe percorrere fino alla fine, nascosti sotto il manto della luce, conquistatori, anche se siamo simili agli eredi e ai dissipatori, ordinatori e collezionatosi da mattina a sera, avari della nostra ricchezza e dei nostri cassetti stipati, parsimoniosi nell'apprendere e nel dimenticare, ingegnosi negli schemi, di quando in quando fieri delle nostre tavole di categorie, a volte pedanti, a volte gufi del lavoro anche in pieno giorno; e, quando è necessario anche spauracchi - e oggi è necessario: in quanto siamo sin dalla nascita amici giurati e gelosi della solitudine, la più notturna e la più meridiana: - un tal genere di uomini siamo noi, noi liberi spiriti! e forse ci assomigliate, voi che state giungendo? voi nuovi filosofi?

211.

Insisto perché si smetta finalmente di confondere gli operai della filosofia e in generale gli uomini di scienza con i filosofi - si dia appunto qui, con rigore, "ad ognuno il suo" e non troppo a quelli e troppo poco a questi. Può essere che sia necessario per l'educazione del vero filosofo che lui pure si sia soffermato una volta su tutti i gradini sui quali i suoi servitori, gli. operai scientifici della filosofia, si fermano - devono fermarsi; egli stesso dev'essere stato forse critico e scettico e dogmatico e storico e inoltre poeta e raccoglitore e viaggiatore e scioglitore di enigmi e moralista e profeta e "libero spirito" insomma tutto, per percorrere l'ambito dei valori umani e dei sentimenti di valore umani e per poter guardare, con molteplici sguardi e coscienze, dall'alto verso ogni lontananza, dalla profondità verso ogni altezza, dall'angolo verso ogni ampiezza. Ma tutte queste cose non sono altro che condizioni preliminari del suo compito: questo stesso compito esige qualcosa di diverso, - esso pretende che egli crei dei valori. Quegli operai filosofici secondo il nobile modello di Kant e di Hegel hanno il compito di determinare e costringere in formule ogni vasta fattispecie di stima di valore - cioè di antiche definizioni, di creazioni di valori, che sono diventate predominanti e per un certo periodo sono state chiamate "verità" - sia nell'ambito della logica che della politica (morale) o dell'arte. Spetta -a questi ricercatori il compito di rendere chiari, intelligibili, afferrabili, maneggevoli tutti gli avvenimenti e le valutazioni che si sono avute sino ad oggi, abbreviare ogni lunghezza, il "tempo" stesso, e vincere l'intero passato: un compito - immenso e splendido in grado di appagare sicuramente ogni sottile ambizione, ogni ostinata volontà. Ma i veri filosofi sono coloro che comandano e dettano legge: essi dicono "così dev'essere!" essi determinano per prima cosa la direzione e lo scopo dell'uomo e dispongono con ciò del lavoro preliminare di tutti gli operai filosofici, di tutti i dominatori del passato - essi tendono verso il futuro la loro mano creatrice e tutto ciò che è e fu diventa con ciò per essi mezzo, strumento, maglio. Il loro "conoscere" è creare, il loro creare è dettar leggi, la loro volontà di verità è - volontà di potenza. Ci sono oggi tali filosofi? Vi furono mai tali, filosofi? Dovranno essercene?

da "Umano, troppo umano: un libro per spiriti liberi". Grandi tascabili economici Newton

Vien detto spirito libero colui che pensa in modo diverso da come ci si aspetterebbe in base alle sue origini, al suo ambiente, al suo ceto sociale e al suo ufficio, o in base alle opinioni dominanti. Egli è l'eccezione, gli spiriti vincolati sono la regola; questi gli rimproverano che i suoi liberi principi derivano dalla smania di farsi notare, o addirittura che lasciano supporre azioni libere, azioni cioè incompatibili con la morale vincolata. Talvolta si dice altresì che questi o quei liberi principi sian da ricondurre a stravaganza o a ipertensione della mente; ma così parla solo la cattiveria, che non crede essa stessa a quanto dice ma pure vuole, in tal modo, nuocere: poiché la testimonianza della maggiore bontà e acutezza d'intelletto dello spirito libero gli sta normalmente scritta in viso, così leggibile che gli spiriti vincolati la capiscono benissimo.
Poiché consapevole della complessità delle motivazioni e della molteplicità dei punti di vista è avverso a ogni fanatismo di chi pretende possedere la verità assoluta, e cioè dell'uomo delle convinzioni, che è esponente dell'età arretrata dell'innocenza teoretica. Scegliere la libertà dello spirito comporta dunque abbandonare costantemente i nostri ideali, diventando traditori e commettendo infedeltà, ("per aver giurato fedeltà, forse a un essere del tutto immaginario come un dio, per aver dato il proprio cuore a un principe, a un partito, a una donna, a un ordine sacerdotale, a un artista, a un pensatore, in uno stato di cieca illusione che ci rapiva e ci faceva apparire quegli esseri come degni di ogni venerazione, di ogni sacrificio, si è ora indissolubilmente vincolati? Anzi, non abbiamo allora ingannato noi stessi? Non era quella una promessa ipotetica, con la seppur tacita presupposizione che quegli esseri, ai quali ci consacravamo, fossero realmente come apparivano alla nostra immaginazione? Siamo tenuti a restar fedeli ai nostri errori, anche rendendoci conto che con questa fedeltà danneggiamo il nostro io superiore? - No, non esiste nessuna legge, nessun dovere di questo tipo; noi dobbiamo diventare traditori, commettere infedeltà, sacrificare di continuo i nostri ideali"), e rinunciare senza rammarico e senza risentimento, a quasi tutto quello che ha importanza agli occhi degli altri per un sollevarsi libero e senza paura al di sopra di uomini, costumi, leggi e tradizionali valutazioni delle cose che consenta di superare i limiti dell'individualità comprendendo e vivendo in sé l'intera coscienza dell'umanità.

Lo spirito libero assume come obiettivo della propria vita la "conoscenza". Disprezza perciò l'attivismo dell'uomo contemporaneo, dominato dal capriccio di passioni mutevoli e prigioniero di convinzioni dogmatiche; sono forse i vantaggi dei nostri tempi a portar con sé una diminuzione, e talora una sottovalutazione, della vita contemplativa. All'uomo attivo manca il tempo per pensare e la calma nel pensare; non si prendono più in considerazione quelle idee che esulano dalla norma: ci si limita a odiarle. Nell'enorme acceleramento della vita, occhio e spirito si abituano a vedere e a giudicare a metà o in modo errato, e ognuno assomiglia a quei viaggiatori che fan la conoscenza di un paese o di un popolo dal treno. Agli uomini attivi di solito fa difetto l'attività più alta: voglio dire quella individuale. Essi sono attivi come funzionari, commercianti, dotti, cioè come esseri generici, non come uomini affatto determinati, singoli, unici; sotto questo punto di vista sono pigri. E' la disgrazia degli attivi, il fatto che la loro attività sia quasi sempre un po' insensata. Non si può ad esempio chiedere, al banchiere che ammucchia denaro, lo scopo di quella sua incessante attività: essa è insensata. Gli attivi rotolano come rotola la pietra, con meccanica stupidità. Tutti gli uomini si dividono, in ogni tempo e anche oggi, in schiavi e liberi: chi, infatti, non ha per sé i due terzi della sua giornata, è uno schiavo, qualunque cosa sia politico, commerciante, funzionario, dotto.
Su ogni cosa sulla quale sia possibile avere opinioni, ciascuno debba possedere un'opinione propria, in quanto egli stesso è qualcosa di particolare e di irrepetibile, che assume, rispetto a tutte le altre cose, una posizione nuova e mai esistita prima. Ma la pigrizia che giace in fondo all'anima dell'uomo attivo gli impedisce di macinar la farina del suo sacco.

La libertà da ogni certezza illusoria, acquisita mediante il sapere, condanna lo spirito libero alla solitudine, ma non alla tristezza e all'infelicità. Si allontana dunque dall'uomo attivo, e vive totalmente assorto in una solitudine da cui sa attingere letizia intellettuale. La solitudine renderà nobile la sua anima, e cioè capace non tanto di voli alti, quanto di vivere in un ambiente ricco di purezza, moderazione, mitezza, carattere, apportatore di felicità e irradiante felicità; gli consentirà di sperimentare una gioia nutrita da grandezza, calma, solarità, qualità intellettuali provenienti da pensieri che elevano, tranquillizzano e illuminano; e di procedere, nella ricerca della filosofia del mattino, con una passo lieve, quasi senza rumore, fiducioso e spedito, mentre la luce del sole gioca nel suo profondo.

Accortezza degli spiriti liberi. - Uomini di sentimenti liberi, che vivono solo della conoscenza, si troveranno presto ad aver raggiunto lo scopo esteriore della loro vita, la posizione definitiva nei confronti della società e dello Stato, e si sentiranno ad esempio ben soddisfatti di una piccola carica o di una sostanza che basti appunto a vivere; infatti essi regoleranno la propria esistenza in modo che nessun grande mutamento dei beni esterni né alcun sovvertimento dell'ordine politico possano coinvolgere la loro vita. In tutte queste cose essi spendono la minore energia possibile, per potersi immergere, con tutta la forza così risparmiata, e per cosi dire con un lungo respiro, nell'elemento del conoscere. Così possono sperare di immergersi in profondità e di guardare anche sul fondo. Di un avvenimento, un tale spirito prenderà solo un lembo: non ama le cose in tutta l'ampiezza e prolissità delle loro pieghe, poiché non vuole lasciarsene coinvolgere. - Anch'egli conosce i giorni feriali della mancanza di libertà, della dipendenza, dell'asservimento. Ma di tempo in tempo deve giungere anche per lui una domenica di libertà, altrimenti non sopporterà la vita. E possibile che anche il suo amore per gli uomini sia cauto e di breve respiro, perché egli vuole abbandonarsi al mondo delle inclinazioni e della cecità solo quel tanto necessario al fine della conoscenza. Deve confidare che il genio della giustizia dirà qualcosa a favore del suo discepolo e protetto, se voci accusatrici dovessero chiamarlo privo d'amore. - C'è, nel suo modo di vivere e di pensare, un raffinato eroismo, che disdegna di offrirsi alla grande ammirazione delle masse, come fa il suo più rozzo fratello e suole andare silenzioso per il mondo e via dal mondo. Quali che siano i labirinti che attraversa, gli scogli tra i quali si è talvolta tormentato il suo corso, se torna alla luce prosegue chiaro, lieve e quasi senza rumore per la sua via, e lascia che la luce del sole giochi sin nel suo profondo.

Avanti. - con ciò, avanti sulla strada della saggezza, di buon passo e con fiducia! Comunque tu sia, servi a te stesso come fonte di esperienza! Sbarazzati del malcontento sul tuo essere, perdonati il tuo io, giacché in ogni caso hai in te una scala dai cento gradini, sulla quale puoi salire verso la conoscenza. L'epoca in cui con rincrescimento ti senti precipitato, ti chiama beato per questa fortuna; ti grida che sarai ancora partecipe di esperienze alle quali uomini di epoche più tarde dovranno forse rinunciare. Non disprezzare di essere stato ancora religioso; valuta appieno quale genuino accesso tu abbia ancora avuto all'arte. Forte appunto di queste esperienze, non puoi tu percorrere con maggior consapevolezza enormi tratti del cammino dell'umanità passata? Non sono forse cresciuti proprio su quel terreno che a volte tanto ti spiace, sul terreno del pensiero impuro, molti dei frutti più splendidi della vecchia cultura? Non si può diventar saggi, se non abbiamo amato arte e religione come madre e nutrice. Ma si deve guardare al di là di esse, sapersene svezzare; se si rimane in loro balia, non le si può comprendere. Così pure ti debbono essere familiari la storia e il cauto gioco con i piatti della bilancia: "da una parte - dall'altra". Torna indietro, calcando le orme sulle quali l'umanità fece il suo grande, doloroso cammino nel deserto del passato: così apprenderai nel modo più sicuro in quale direzione l'umanità futura non dovrà o non potrà più andare. E mentre con tutte le tue forze vorrai spiare in anticipo in quale nodo il futuro sarà ancora annodato, la tua vita acquisterà valore di strumento e mezzo per la conoscenza. E' in mano tua far sì che tutto quel che hai vissuto: tentativi, vie false, errori, illusioni, passione, amore e speranza, si dissolvano nel tuo fine senza resti. Questo fine è di diventare tu stesso una necessaria catena di anelli della cultura, e di concludere da questa necessità alla necessità del cammino della cultura universale. Quando il tuo sguardo sarà divenuto forte abbastanza da vedere il fondo dell'oscuro pozzo del tuo essere e delle tue conoscenze, allora forse, nel suo specchio, per te saranno visibili anche le lontane costellazioni delle culture di domani. Credi che una vita simile, con uno scopo simile, sia troppo faticosa e priva di vantaggi? Allora non hai ancora imparato che non esiste miele più dolce della conoscenza, e che le nubi minacciose della desolazione dovranno esser per te la mammella da cui mungere latte per il tuo ristoro. Solo quando sarà sopraggiunta la vecchiaia capirai veramente come tu abbia ascoltato la voce della natura, di quella natura che per mezzo del piacere domina il mondo: la stessa vita che ha il suo culmine nella vecchiaia, ha il suo culmine anche nella saggezza, in quel mite splendore solare di una costante letizia dello spirito: l'una e l'altra, vecchiaia e saggezza, tu le incontri su un solo versante della vita: così ha voluto la natura. Allora è tempo, né c'è motivo di adontarsene, che si avvicini la nebbia della morte. Verso la luce - il tuo ultimo movimento; un giubilo della conoscenza - il tuo ultimo grido.

Il viandante. - Chi sia giunto anche solo relativamente alla libertà della ragione, sulla terra non può sentirsi altro che un viandante, - anche se non un viaggiatore diretto verso un'ultima meta, che non c'è. Ma egli ben vuole guardare, e tener gli occhi aperti su tutto quel che veramente accade nel mondo; per questo non gli è consentito unire troppo strettamente il suo cuore a nessuna cosa particolare; dev'esserci in lui stesso qualcosa di nomade, che gioisca del mutamento e della provvisorietà. Certo, per un tale uomo giungeranno cattive notti, in cui sarà stanco e troverà chiusa la porta della città che dovrebbe offrirgli riposo; e forse, oltre a ciò, il deserto giungerà sino a quella porta, come in Oriente, e gli animali da preda urleranno ora lontano ora vicino, e si leverà un forte vento, e i ladri gli ruberanno le bestie da tiro. Allora la notte terribile calerà per lui sul deserto come un secondo deserto, e il suo cuore sarà stanco di peregrinare. Ma quando si leverà il sole del mattino, rosseggiante come una divinità della collera, la città si aprirà, e nel volto degli abitanti egli vedrà forse ancor più deserto, sporcizia, inganno, insicurezza che davanti alle porte - e il giorno sarà quasi peggiore della notte. Questo potrà ben succedere una volta al viandante; ma poi giungeranno a ricompensarlo i gioiosi mattini di altri paesi e di altri giorni, in cui già nel grigiore della luce egli vedrà passar danzando accanto a sé, nella nebbia dei monti, gli sciami delle Muse, e in cui poi, quando silenzioso, nell'armonia mattutina dell'anima, egli passeggerà sotto gli alberi, dalle vette e dai recessi delle fronde gli cadranno intorno solo cose belle e chiare, dono di tutti quegli spiriti liberi che stanno sul monte, nel bosco e nella solitudine e che, come lui, nel loro modo ora gioioso ora meditabondo, sono viandanti e filosofi. Nati dai misteri dell'alba, essi meditano come mai il giorno possa avere, tra il decimo e il dodicesimo tocco, un volto così puro, così trasparente, così serenamente radioso: - essi cercano la filosofia del mattino.

Il viandante sui monti a se stesso. - Ci sono segni sicuri del fatto che sei andato più avanti e più in alto: intorno a te c'è più spazio e la prospettiva è più ampia di prima, ti investe un'aria più fresca, ma anche più mite - infatti hai disimparato la stoltezza di scambiare mitezza e calore, il tuo passo si è fatto più vivace e fermo, coraggio e avvedutezza sono cresciuti insieme: - e per tutti questi motivi la tua strada potrà ora essere più solitaria, e in ogni caso più pericolosa di prima, benché, certo, non nella misura in cui credono coloro che ti vedono salire viandante dalla valle nebbiosa verso il monte.