CONFERENZA TELEMATICA
"Hermann Hesse a Reggio Calabria"

Sito giuridico "Jura" - Mailing list "Salotto"


From: "Giorgio Rognetta" To: "Mailing List SALOTTO"
Subject: Hermann Hesse a Reggio Calabria
Date: Wed, 18 Dec 1996 12:56:37 +0100

Per la serie "non solo diritto" vi comunico che dalla primavera di quest'anno e' stata costituita a Reggio Calabria un'associazione di lingua e letteratura tedesca denominata "Hermann Hesse": il presidente e' una bella ragazza tedesca e il vice presidente sono io (indovinate chi ha curato lo statuto dell'associazione? :-)).
Il nostro programma si svolge attraverso saloni letterari, che teniamo due volte al mese, in cui si discute sui libri di Hesse che abbiamo letto in precedenza (finora abbiamo trattato il filone adolescenziale-giovanile); inoltre una radio locale ci ospita mensilmente per tenere un salone letterario radiofonico (la trasmissione va in onda su Radio Touring alle 21 del primo lunedi' di ogni mese, in una zona di ascolto che copre la provincia di Reggio e parte della Sicilia). Una volta al mese proiettiamo un film in lingua tedesca, e il primo sabato di ogni mese la nostra presidentessa ci prepara una cenetta tipica tedesca (cucina benissimo). Inoltre e' possibile seguire corsi di lingua tedesca.
Recentemente abbiamo ricevuto una cartolina dal figlio di Hermann Hesse! Il quale ha saputo di noi tramite un signore svizzero che cura una mostra di quadri di Hesse (che, per chi non lo sapesse, era anche un discreto pittore), e che noi avevamo contattato perche' stiamo cercando di ospitare questra mostra a Reggio Calabria. Per l'emozione nella nostra associazione ci sono stati svenimenti a catena, ed ora cercheremo di far leggere al figlio una poesia del padre, in diretta radiofonica (cosi' impara a mandarci cartoline :-) ).

Chiudo con alcuni versi della poesia di Hesse "Im Nebel = Nella nebbia" (che, tra l'altro, abbiamo in una versione su disco letta dall'autore):

Saggio non e' nessuno
che non conosca il buio
che lieve ed implacabile
lo separa da tutti.


PS: chi volesse intrattenersi su Hesse nel nostro amato Salotto, troverebbe un sicuro interlocutore nel sottoscritto.

---Giorgio Rognetta---


From: "Tiziano Solignani" To: "Mailing list SALOTTO"
Date: Wed, 18 Dec 1996 15:00:13 +0100

Bene bene molto bene... iniziativa molto interessante e ti ringrazio di averne parlato nel nostro salotto. Hesse e' un autore che conosco poco purtroppo ma quel che poco che ho letto mi e' sempre piaciuto molto. "Demian" e' un libro che ho trovato quasi per caso ma che mi ha affascinato. In seguito ho letto grazie al regalo di due amiche "Narciso e Boccadoro". Credo che entrambe queste opere appartengano al filone adolescenziale cui facevi riferimento prima. Io stessi le lessi alcuni anni fa e credo che siano una buona lettura proprio per i piu' giovani. E voi? Ciao!

----- TIZIANO SOLIGNANI ----


Date: Wed, 18 Dec 1996 23:31:49 +0100
To: salotto@conecta.it - From: Vincenzo Giordano

La mia passione per Hesse, invece, ha avuto origine dalla lettura del "Il lupo della steppa". prima lettura che, purtroppo, risale ormai a molti anni addietro :-( Anche se, devo dirvi, il piacevole ricordo che ne avevo mi ha spinto di recente a rileggerlo: ovviamente, questa seconda lettura non ha avuto la pregnanza della prima, ma questo solo per colpa del lettore e non dell'autore. Non ho approfondito la biografia di Hesse al di la' di qualche notizia di comune dominio, ma non so se quest'opera possa considerarsi appartenente al cosiddetto filone adolescenziale...anche perche' non e' cosi' immediata come, ad esempio, "Siddharta", "Narciso e Boccadoro", "Demian", etc... Ne ho lette anche altre, tipo "Peter Camezind", "Sotto la ruota", "Il gioco delle perle di vetro", "Viaggio in India", etc..etc...A tal proposito, se vi interessa il mio modestissimo parere, trovo tutt'ora piu' significative proprio le opere apparentemente piu' semplici e immediate dell'autore, laddove Hesse riesce, con un incedere scorrevole e leggero, ma non per questo meno accattivante, a solleticarti l'anima e a farti riflettere sui quesiti fondamentali dell'esistenza. E non ditemi che questi (chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, etc...) affliggono solo e proprio l'adolescenza perche' credo che non sia l'avervi trovato risposta a distinguere la maturita' dall'adolescenza, ma solo il non cercarla piu'. Ciao ;-)

----Vincenzo Giordano----


Date: Thu, 19 Dec 1996 00:31:37 +0100 - From: "Mr. Raffaele Ladu"

Diciamo che una volta avevo conosciuto una ragazza adolescente bella, disponibile (aveva 17 anni, quindi non datemi subito del pedofilo) e non priva d'intelligenza che m'inizio' alla lettura di Hermann Hesse. Non ho letto "Demian", ma ho letto "Narciso e Boccadoro", "Il lupo della steppa", "Siddharta" e, soprattutto, "Il gioco delle perle di vetro". Quest'ultimo è un libro tosto, ma interessante: Hesse non ha definito nei dettagli le caratteristiche di questo gioco, che risulta essere quindi un'algebra astratta - ovvero un insieme di regole che mettono in relazione piu' oggetti od enti, indipendentemente dalla natura effettiva di questi ultimi. Percio' ogni lettore e' libero di interpretare il gioco come piu' gli garba; Hesse aveva alluso alla possibilita' che fosse applicabile alla musica (per cui le regole dell'armonia e della composizione musicale sarebbero in realta' delle applicazioni particolari del gioco delle perle) ed alla calligrafia cinese (Hesse era un appassionato di civilta' orientali, e la composizione dei caratteri cinesi segue delle regole plurimillenarie su cui sono stati scritti anche dei libri in italiano). Dacchè io programmo computer per professione, posso paragonare il gioco ad un linguaggio di programmazione (credo che il Java sarebbe piaciuto assai al nostro Hesse); visto pero' che ora comincio a studiare legge, posso hiedermi se Hesse non avrebbe considerato i brocardi un altro esempio di "perle del gioco". Solo la vostra fantasia v'impedisce di trovare nuove interpretazioni al gioco delle perle. Ciao.

----Raffaele Ladu----


From: "Giorgio Rognetta"
Date: Thu, 19 Dec 1996 16:32:20 +0100

Non mi aspettavo che Hesse avesse cosi' tanti appassionati lettori anche nel nostro Salotto: sono assolutamente soddisfatto, ma anche un po' intimorito, perche' adesso devo stare bene attento a quello che dico, pena la gogna virtuale-letteraria! ;-)
Vorrei innanzitutto chiarire a cosa mi riferivo nell'accennare al filone adolescenziale-giovanile di Hesse: egli, nei primi anni della sua produzione letteraria (ma anche successivamente), scrisse diverse opere i cui protagonisti erano inquieti adolescenti, ed in cui e' possibile scorgere evidenti tratti autobiografici: la nostra associazione ha deciso di iniziare con queste opere proprio per ricostruire la crescita letteraria-umana di Hesse, essendovi una forte identificazione tra i personaggi di questi libri ed Hesse adolescente-giovane, seguendo questa evoluzione come la visse Hesse stesso attraverso la successione dei suoi scritti e gli eventi della sua vita. E' come se tanti piccoli Hesse rivivessero in noi, in una simbiosi di vita e letteratura, in modo tale da non limitare la conoscenza della produzione letteraria ai tradizionali canoni esegetici, ma addirittura cercando di viverla con gli stessi tormenti e gioie dell'Autore.
In questa prospettiva i libri da noi letti sono stati: Hermann Lauscher -Animo infantile - L'infanzia del mago - Sotto la ruota - Peter Camenzind -Acquarelli - Favola d'amore - Demian - piu' una serie di poesie e racconti brevi. In tutti i protagonisti di tali libri e' possibile intravvedere parte della storia di Hesse, che ebbe un'adolescenza alquanto travagliata: non voleva assolutamente saperne di subire le fredde dottrine scolastiche, e quindi, egli, futuro premio Nobel, scappo' dal seminario, fu rinchiuso in una clinica per malattie mentali, minaccio' il suicidio, si diede all'alcool; questi profondi travagli, presenti nel filone che ho definito adolescenziale-giovanile, stiamo cercando di rivivere attraverso la lettura dei suoi racconti.

E adesso vi dedico questi versi tratti dalla poesia "Felicita' ":

Solo quando rinunzi ad ogni cosa,
ne' piu' mete conosci ne' piu' brami,
ne' la felicita' piu' a nome chiami,
allora al cuor non piu' l'onda affannosa
del tempo arriva, e l'anima tua posa.

-----Giorgio Rognetta-----


Date: Thu, 19 Dec 1996 18:28:09 +0100 - From: "Mr. Raffaele Ladu"

Caro Giorgio, permetti alla mia deformazione professionale di far capolino (sono laureato in psicologia)? Hermann Hesse soffriva effettivamente di disturbi mentali, tant'e' vero che nel febbraio 1995 e' uscito un articolo della rivista "Le Scienze" che parlava del "disturbo bipolare" - alias "psicosi maniaco-depressiva", la quale ha la curiosa caratteristica di colpire piu' facilmente le persone creative e di successo delle altre. L'articolo era illustrato con numerosi esempi di "grandi malati", tra cui appunto Hermann Hesse; personalmente aggiungerei alla lista anche Giuseppe Mazzini, dato che la sua biografia lascia intendere che egli soffrisse di questo disturbo (sebbene nessun medico glielo abbia mai diagnosticato). Hesse non era quindi un eccentrico "sovradiagnosticato". Ciao.

-----Raffaele Ladu-----


From: "Giorgio Rognetta"

Carissimo Raffaele, posso aggiungere, per il tuo piacere professionale, che nel 1916 Hesse inizio' una terapia psicanalitica dal dr. J.B.Lang, allievo di Jung, mentre la sua prima moglie, Mia Bernoulli, veniva ricoverata in una clinica per malattie nervose, dalle quali non si riprenderà mai (il divorzio avvenne nel 1923, e una nostra socia ha malignato che fu Hesse a fare impazzire la moglie); nel 1921 Hesse entro' in analisi con Jung in persona; quindi c'e' notevole materia prima per te.
Poiche' tu hai parlato di disturbo bipolare (non ne conosco l'esatto significato), io vorrei proporre un accostamento audace in quanto basato, per me, esclusivamente sull'assonanza delle parole: ti chiedo se possa avere anche un fondamento scientifico. Si tratta di questo: nell'opera di Hesse ebbe forte rilievo il tema della polarita'-unita', ricavato dalle culture orientali di cui era profondamente innamorato, grazie anche all'influsso culturale derivantegli dal nonno, notissimo orientalista. Un riferimento importante fu il Taoismo, filosofia del dualismo, maschile e femminile, Yang e Yin, bene e male, fonte primigenia di ogni cosa, molteplicita' di opposti tendenti all'unita' e all'armonia. Per fare un esempio ai nostri compagni di salotto, nel Demian (che avete letto in parecchi) vi ricordate il Dio Abraxas, che era Dio e Diavolo allo stesso tempo? E la storia di Caino, presentato come un personaggio positivo? E gli stessi protagonisti, Emil Sinclair e Demian, cosi' antitetici ma complementari, come lo erano anche i protagonisti di Sotto la ruota, di Peter Camenzind, e di tanti altri racconti.
Questa ossessiva presenza, nella produzione letteraria di Hesse, degli opposti che in qualche modo si riconducono ad una travagliata armonia, che io avevo sino al momento giustificato esclusivamente sulla base della formazione orientaleggiante di Hesse, puo' avere invece anche una componente "organica" nel disturbo bipolare della sua personalita' ? Mi piace pensare ad una affinita' tra il disturbo bipolare dell'uomo e le bipolarita' letterarie dello scrittore Hesse: e' soltanto una mia fantasia, o puo' esserci del vero?

----Giorgio Rognetta----


From: "Tiziano Solignani" - Date: Fri, 20 Dec 1996 09:54:20 +0100

In effetti tempo fa avevo visto in libreria un titolo di Hesse: "Guarire dalla nevrosi". Non so se sia un titolo originariamente apposto dall' autore o piuttosto una raccolta di scritti compilata dall' editore e pubblicata con questo titolo. Comunque potrebbe essere un' ottima idea per i regali di Natale a parenti, amici e soprattutto, colleghi di ufficio e mogli, che ne dite? Ciao!

----- TIZIANO SOLIGNANI -----


From: "Giorgio Rognetta" - Date: Fri, 20 Dec 1996 18:03:35 +0100

Il libro che ho io e' intitolato "La nevrosi si puo' vincere" , Oscar Mondadori - L.12.000 per chi volesse seguire il consiglio di Tiziano (a proposito, non vorrete malignare che qualcuno mi ha regalato questo libro seguendo analogo proposito?). Si tratta di una antologia di piccoli brani e poesie tratti da varie opere di Hesse, e che dovrebbero essere accomunati dall'intento di enucleare da quegli scritti il tema della nevrosi, mentre, secondo il mio modesto punto di vista, sono piu' che altro accomunati dal desiderio di vendita dell'editore. Gia' il titolo e' chiaro sintomo di una bieca operazione commerciale, che potrebbe essere stata concepita col seguente disegno: tutti i nevrotici in fila davanti alle librerie per comprarsi il libro del miracolo e guarire dalla nevrosi.
Non credo che Hesse, che in alcuni periodi visse in estrema miseria ed in altri devolveva i suoi utili ai colleghi bisognosi, avrebbe mai potuto concepire un titolo da stratega del marketing. Mi chiedo, a questo punto, perche' ho comprato questo libro: o sono nevrotico, o era incellofanato e non ho potuto controllarne il contenuto (propenderei per la seconda ipotesi).
A Tiziano: mi sapresti indicare l'editore di "Guarire dalla nevrosi" ? (non mi meraviglierei se fosse lo stesso di "La nevrosi si puo' vincere" ;-))

-----Giorgio Rognetta-----


Date: Mon, 23 Dec 1996 03:16:51 +0100 - From: "Mr. Raffaele Ladu"

Giorgio Rognetta wrote:
> Carissimo Raffaele, > posso aggiungere, per il tuo piacere professionale, che nel 1916 Hesse inizio' una terapia psicanalitica dal dr. J.B.Lang, allievo di Jung, mentre > la sua prima moglie, Mia Bernoulli, veniva ricoverata in una clinica per malattie nervose, dalle quali non si riprenderà mai (il divorzio avvenne nel 1923, e una nostra socia ha malignato che fu Hesse a fare impazzire la moglie); nel 1921 Hesse entro' in analisi con Jung in persona; quindi c'e' notevole materia prima per te. >

Si e' notato che persone con disturbi psichici analoghi tendono a sposarsi tra loro ... in genetica questo fenomeno si chiama "accoppiamento assortativo", e spesso i geni la sanno piu' lunga degli stessi psichiatri. Infatti capita (per fare un esempio) che una persona con tendenze ossessive scelga per coniuge una con tendenze depressive, ed insieme generano figli con disturbi alimentari (anoressia o bulimia), o con una preoccupante tendenza all'abuso di sostanze. Curiosamente, alcuni psicofarmaci sono efficaci in tutte queste condizioni morbose, il che lascia supporre (non se ne ha la prova provata ancora) che esse abbiano una disfunzione organica comune alla base. Il concetto di accoppiamento assortativo nasce da quest'osservazione: se un gene non e' capace di influenzare, oltre alle caratteristiche fisiche e psichiche del suo possessore, anche i criteri di scelta del partner, la sua probabilita' di passare alla generazione successiva e' si' e no del 50%; se invece esso riesce a "convincere" il suo possessore a scegliere un partner con analoghi geni, la possibilita' di essere ereditato si avvicina molto al 100% (dacche' esso proviene o dall'uno o dall'altro dei due). Questo spiega sia questi matrimoni che si reggono sulle condizioni morbose dei coniugi, sia, per esempio, il fatto che dei coniugi "normali" tendano ad avere analoghe statura, quoziente d'intelligenza, avvenenza, eccetera.

> Poiche' tu hai parlato di disturbo bipolare (non ne conosco l'esatto > significato), io vorrei proporre un accostamento audace in quanto basato, per me, esclusivamente sull'assonanza delle parole: ti chiedo se possa avere anche un fondamento scientifico. >

L'idea tua ha un fondo di verita', ma prima e' necessario un chiarimento: i pazienti bipolari oscillano tra "mania" e "melanconia". Non posso qui scrivere un trattato sul tema, ma la "mania" si ha quando l'umore del paziente e' irragionevolmente alto, e questo lo induce a comportamenti pericolosi o comunque anormali come:
- prodigalita'; - promiscuita' sessuale; - abuso di sostanze (specialmente inebrianti, come caffeina, cocaina, anfetamine); - querulomania (ovvero, la sconsiderata tendenza ad agire in giudizio per motivi risibili o legalmente infondati); - apparente insensibilita' alla fatica ed al sonno; - grafomania (tendenza a scrivere in continuazione); - velocita' notevole nell'eloquio; - notevole permalosita' ed aggressivita' (di cui la querulomania puo' essere un aspetto); raramente pero' il maniaco commette delitti che vadano oltre l'oltraggio a pubblico ufficiale, o la bancarotta semplice.
Nella "melanconia" il paziente ha un umore pessimo (un medico direbbe "depresso" oppure "disforico", cioe' assai irritabile), e comportamenti allarmanti quali: - ideazione (e spesso attuazione) suicidaria; - disattenzione pericolosa; - insonnia od ipersonnia; - inappetenza o voracita'; - tendenza ad autoaccusarsi e perfino ad autocalunniarsi; - assenza di libido; - convinzione tanto radicata dell'inutilita' della vita che un delitto frequentemente commesso dalle persone gravemente depresse e' lo sterminio della propria famiglia chiosato dal proprio suicidio; - sospetta mancanza di aggressivita': il depresso spesso non reagisce neppure per difendersi da una prevaricazione evidente (il che non impedisce che un altro delitto tipico delle persone depresse sia il vendicare anni di umiliazioni con un omicidio particolarmente efferato).
Ulteriori informazioni spicciole:
- qui si sono descritti soltanto i casi piu' evidenti; nella maggior parte dei casi i sintomi sono piu' attenuati - e talvolta, per rendere la vita piu' "semplice" ai pazienti ed ai loro medici, il paziente ha una miscela di sintomi depressivi e maniacali (ed in questi casi il rischio di atti irreparabili e' altissimo); - la mania raramentissimamente si presenta da sola; chi ne soffre generalmente alterna fasi maniacali a fasi depressive, con intervalli di lucidita' di durata variabile; - il 15% della popolazione ha sofferto almeno per un periodo di depressione; l'1% soffre di disturbo bipolare (alternanza di mania, melanconia e lucidita'); le donne sono piu' colpite dalla depressione "unipolare" (senza mania), mentre il disturbo bipolare colpisce ambo i sessi in modo uguale; - le cure sono possibili, e normalmente prevedono la combinazione (in dosi variabili a seconda dei casi e delle preferenze del medico) di psicoterapia e psicofarmaci; - di guarigione non e' il caso di parlare, ma spesso il paziente ben curato puo' condurre una vita pressoche' normale ed evitare l'inabilitazione, ed un ricovero in ospedale psichiatrico e' indicato solo durante crisi particolarmente gravi; - sintomi depressivi o maniacali sono spesso i prodromi di malattie organiche gravi, come disturbi cardiaci, endocrini, diabete, anemia, cancro, ecc.; anche se il paziente si dimostrasse poi curabile senza psicofarmaci, una visita medica sarebbe comunque di rigore per chi ha questi sintomi.

> Si tratta di questo: nell'opera di Hesse ebbe forte rilievo il tema della polarita'-unita', ricavato dalle culture orientali di cui era profondamente innamorato, grazie anche all'influsso culturale derivantegli dal nonno, notissimo orientalista. Un riferimento importante fu il Taoismo, filosofia del dualismo, maschile e femminile, Yang e Yin, bene e male, fonte primigenia di ogni cosa, molteplicita' di opposti tendenti all'unita' e all'armonia. Per fare un esempio ai nostri compagni di salotto, nel Demian (che avete letto in parecchi) vi ricordate il Dio Abraxas, che era Dio e Diavolo allo stesso tempo? E la storia di Caino, presentato come un personaggio positivo? E gli stessi protagonisti, Emil Sinclair e Demian, cosi' antitetici ma complementari, come lo erano anche i protagonisti di Sotto la ruota, di Peter Camenzind, e di tanti altri racconti. Questa ossessiva presenza, nella produzione letteraria di Hesse, degli opposti che in qualche modo si riconducono ad una travagliata armonia, che io avevo sino al momento giustificato esclusivamente sulla base della formazione orientaleggiante di Hesse, puo' avere invece anche una componente "organica" nel disturbo bipolare della sua personalita' ? >

Molti scrittori famosi erano bipolari, ed in molti di loro il sentirsi enormemente diversi a seconda della fase della malattia che stavano attraversando (per esempio: attivi, creativi ed aggressivi quando lievemente maniaci; indolenti, critici e passivi quando lievemente depressi) li ha indotti ad affrontare il tema del "lato oscuro della propria personalita'"; se aggiungiamo il fatto che le persone gravemente melanconiche o fortemente maniacali hanno spesso allucinazioni a contenuto religioso (in cui si sentono partecipi, a seconda dell'umore, di un'essenza divina o demoniaca), uno scrittore che avesse almeno un po' di talento si trovava con una miniera di temi da sfruttare per la propria produzione letteraria. Non soltanto e' facile ritenere "buono" perche' "mansueto" il depresso, e "cattivo" perche' "prepotente" il maniaco; e' anche facile ritenere "virile" il maniaco e "femmineo" il depresso; per cui uno scrittore che soffra di questo disturbo si trova nella condizione (piu' o meno invidiabile) di essere costretto ad immergersi ciclicamente nei diversi ruoli previsti dalla societa', ed a rendersi conto che ognuno ha la possibilita' di ricoprire quei ruoli, possibilita' scoperta dalle circostanze. Per quanto riguarda il ricorso a coppie di personaggi complementari, si tratta di un comune artificio letterario, dacche' e' piu' facile delineare due "mezzi personaggi" che un unico protagonista a tutto tondo - non attribuirei questa scelta di Hesse soltanto al suo interesse per la bipolarita'/complementarieta' dei ruoli.

> Mi piace pensare ad una affinita' tra il disturbo bipolare dell'uomo e le bipolarita' letterarie dello scrittore Hesse: e' soltanto una mia fantasia, o puo' esserci del vero? >

Le diagnosi e' meglio lasciarle agli psichiatri (anche se spesso sono matti come e piu' dei loro pazienti - se cosi' non fosse, non riuscirebbero a capirli); ti posso pero' dire una cosa su Jung, che ho studiato molto: a giudicare dalla sua autobiografia, egli soffri' di un "episodio depressivo maggiore", che poi "rimbalzo'" in un episodio maniacale - e probabilmente soffri' di questo disturbo per tutta la vita. La sua tecnica psicoterapeutica si puo' interpretare come un tentativo di accompagnare il paziente verso un episodio depressivo, per pilotarne poi il ritorno alla normalita', nella speranza che l'illuminazione ottenuta attraverso questo "viaggio agli inferi" lo rendesse piu' saggio. Una cosa del genere era possibile soltanto in alcuni pazienti particolari, ed a questo proposito sono molto significative le prescrizioni di Jung, che tendevano ad accogliere soltanto pazienti con depressione unipolare: i pazienti bipolari sarebbero peggiorati col metodo junghiano, dacche' esso li avrebbe resi non normali (dopo l'episodio depressivo pilotato) ma maniaci; i pazienti puramente nevrotici non avrebbero ottenuto alcun giovamento. Hesse probabilmente imparo' la tecnica analitica junghiana, che gli permetteva di dar senso alle sue esperienze interiori, ma, se mi sono spiegato bene, dovrebbe essere chiaro che la somiglianza e' piu' formale che sostanziale.
Scusate se mi sono dilungato; un libro interessante per chi voglia approfondire il rapporto tra i disturbi bipolari e la creativita' e' "Toccato dal Fuoco", di Kay Redfield Jamison, Longanesi; per chi vuol conoscere il metodo junghiano, il libro migliore e' "La psicologia del transfert", di C. G. Jung - qualunque edizione va bene. Ciao.

----Raffaele Ladu----


Date: Mon, 23 Dec 1996 03:25:25 +0100 - From: "Mr. Raffaele Ladu"

Tiziano Solignani wrote: > In effetti tempo fa avevo visto in libreria un titolo di Hesse: "Guarire dalla nevrosi". Non so se sia un titolo originariamente apposto dall' autore o piuttosto una raccolta di scritti compilata dall' editore e pubblicata con questo titolo. colleghi di ufficio e mogli, che ne dite?

Non ho letto il libro, ma vorrei far notare che dagli anni in cui Hesse era sotto analisi con Jung la psichiatria ha fatto molti passi avanti. In America, almeno, il termine "nevrosi" non e' piu' usato nel gergo medico, e si preferisce parlare di "disturbi d'ansia" o "di personalita'" a seconda dei casi; libri come l'antologia degli scritti di Hesse risultano percio' quantomeno datati. Ne' le "psicoterapie a lungo termine" come quelle in cui erano maestri Freud e Jung sono adatte a tutti i pazienti, e solo un esperto puo' consigliare il tipo giusto di terapia. Ciao.

----Raffaele Ladu----


From: "Giorgio Rognetta" - Date: Wed, 25 Dec 1996 01:00:54 +0100

Da: Mr. Raffaele Ladu Giorgio Rognetta wrote:
> > > >Poiche' tu hai parlato di disturbo bipolare (non ne conosco l'esatto significato), io vorrei proporre un accostamento audace in quanto basato, per me, esclusivamente sull'assonanza delle parole: ti chiedo se possa avere anche un fondamento scientifico.

> >L'idea tua ha un fondo di verita', ma prima e' necessario un chiarimento: i pazienti bipolari oscillano tra "mania" e "melanconia". Non posso qui scrivere un trattato sul tema, ma la "mania" si ha quando l'umore del paziente e' irragionevolmente alto, e questo lo induce a comportamenti pericolosi o comunque anormali come: - prodigalita'; - promiscuita' sessuale; - abuso di sostanze (specialmente inebrianti, come caffeina, cocaina, anfetamine); - querulomania (ovvero, la sconsiderata tendenza ad agire in giudizio per motivi risibili o legalmente infondati); - notevole permalosita' ed aggressivita' (di cui la querulomania puo' essere un aspetto); raramente pero' il maniaco commette delitti che vadano oltre l'oltraggio a pubblico ufficiale, o la bancarotta semplice. >>

MA ALLORA, SE PROVOCHIAMO UNA EPIDEMIA DI QUERULOMANIA, SIAMO A POSTO! ;-)

> Molti scrittori famosi erano bipolari, ed in molti di loro il sentirsi enormemente diversi a seconda della fase della malattia che stavano attraversando (per esempio: attivi, creativi ed aggressivi quando lievemente maniaci; indolenti, critici e passivi quando lievemente depressi) li ha indotti ad affrontare il tema del "lato oscuro della propria personalita'"; se aggiungiamo il fatto che le persone gravemente melanconiche o fortemente maniacali hanno spesso allucinazioni a contenuto religioso (in cui si sentono partecipi, a seconda dell'umore, di un'essenza divina o demoniaca), uno scrittore che avesse almeno un po' di talento si trovava con una miniera di temi da sfruttare per la propria produzione letteraria. >

Su questo tema ho trovato uno scritto di Hesse del 1918, in cui egli definisce il poeta come sognatore, e l'analista come interprete dei sogni. Egli ritiene che vi siano almeno tre motivi per i quali l'artista debba interessarsi alla psicanalisi:
1 - la psicanalisi insegna all'artista che, se anche talvolta egli giudica la sua opera come finzione, questa finzione ha tuttavia grande valore: quindi la psicanalisi giustifica l'artista di fronte a se stesso; 2 - la psicanalisi consente un piu' proficuo e appassionato alternarsi di conscio e inconscio, facendo emergere cio' che altrimenti resterebbe al di sotto della "soglia dell'attenzione" e che si manifesterebbe, quindi, solo in sogni inavvertiti; cio' e' definito come "intimo rapporto con il proprio inconscio";
3 - solo sperimentando personalmente e intensamente la psicanalisi e' possibile rivivere, in modo scrupoloso e sconvolgente, l'origine, i vincoli e le speranze dell'uomo; vengono alla luce paure, turbamenti e mortificazioni e il significato della vita si palesa puro e provocante: cio' consente all'artista di sviluppare dalla psicanalisi una forza didattica e stimolante.

Mi pare, quindi, che Hesse fosse conscio della sua bipolarita'; non solo, ma ho l'impressione che egli, nel sottoporsi a psicanalisi, in realta' non intendesse guarire dai suoi disturbi, ma addirittura scavare dolorosamente in essi unicamente per ricavarne stimoli creativi. A tal proposito affermerei, ma non so' se con sufficiente fondamento, che egli riusci' a strumentalizzare la psicanalisi, deviandola dai fini ad essa propri. Una volta accertata la valenza creativa della psicanalisi sull'artista, Hesse la uso' non come sollievo ai suoi disturbi, ma come aggravamento consapevole. Infine ringrazio Raffaele per la approfondita disamina, che mi ha avvicinato un orizzonte che la mia fantasia aveva sono lontanamente intravisto, e che credo abbia costituito un utile apprendimento anche per i miei colleghi salottieri.
Tuttavia in chiusura, caro Raffaele, voglio proporti una poesia di Hesse, scritta nel 1959, stranamente sarcastica con la categoria che aveva spesso osannato, intitolata

"PSICOLOGIA"

Un gambero amava un'aragosta,
amore che non era corrisposto;
per questo nell'inconscio fu rimosso
e causo' un desiderio di morte.

Uno psicologo indago'
sul fatto e non ci vide chiaro,
ma il gambero impreco' e scappo',
perche' era troppo alto l'onorario.

Lo psicologo biasimo'
in silenzio il comportamento,
ma la sua testa rimugino'
sul caso per lungo tempo.

Il gambero trovo' un altro amore
e guari', questo e' chiaro,
ma il medico attribui' il suo dolore
al suo complesso per il denaro.

------Giorgio Rognetta-------


Date: Fri, 27 Dec 1996 00:55:09 +0100 - From: "Mr. Raffaele Ladu"

Giorgio Rognetta wrote:
> > MA ALLORA, SE PROVOCHIAMO UNA EPIDEMIA DI QUERULOMANIA, SIAMO A POSTO! > ;-) >

Lo diresti anche se fosse abolito l'articolo 2233 comma 3 del Codice Civile, che vieta che gli avvocati siano pagati "in quota lite"? ;-)

> Su questo tema ho trovato uno scritto di Hesse del 1918, in cui egli definisce il poeta come sognatore, e l'analista come interprete dei sogni. >

Anche Freud e Jung usavano la letteratura come via alternativa alla scoperta dell'inconscio - la via principale per entrambi era l'analisi dei sogni.

> Egli ritiene che vi siano almeno tre motivi per i quali l'artista debba interessarsi alla psicanalisi: 1 - la psicanalisi insegna all'artista che, se anche talvolta egli giudica la sua opera come finzione, questa finzione ha tuttavia grande valore: quindi la psicanalisi giustifica l'artista di fronte a se stesso; >

E' vero; ma quanta cattiva letteratura e' nata in conseguenza di terapie psicoanalitiche? Una psicoterapia spesso fa germogliare dei semi creativi in un paziente; ma quanto vigorosa e' la specie a cui questi semi appartengono?

> 2 - la psicanalisi consente un piu' proficuo e appassionato alternarsi di conscio e inconscio, facendo emergere cio' che altrimenti resterebbe al di sotto della "soglia dell'attenzione" e che si manifesterebbe, quindi, solo in sogni inavvertiti; cio' e' definito come "intimo rapporto con il proprio inconscio"; >

Il concetto e' tipicamente junghiano.

> 3 - solo sperimentando personalmente e intensamente la psicanalisi e' possibile rivivere, in modo scrupoloso e sconvolgente, l'origine, i vincoli e le speranze dell'uomo; vengono alla luce paure, turbamenti e mortificazioni e il significato della vita si palesa puro e provocante: cio' consente all'artista di sviluppare dalla psicanalisi una forza didattica e stimolante. >

Questo concetto e' piu' personale, anche se la base del concetto e' junghiana.

> Mi pare, quindi, che Hesse fosse conscio della sua bipolarita'; non solo, ma ho l'impressione che egli, nel sottoporsi a psicanalisi, in realta' non intendesse guarire dai suoi disturbi, ma addirittura scavare dolorosamente in essi unicamente per ricavarne stimoli creativi. >

Anche qui c'e' di mezzo Jung: per lui una "nevrosi" spesso nasceva quando c'era un blocco nella circolazione della libido (da intendersi, nel caso di Jung, come energia psichica pura), la cui rimozione avrebbe reso la libido disponibile anche per compiti creativi. Quindi lo scopo analitico non era sfruttare i sintomi a scopi creativi, ma raccogliere l'energia psichica che essi dissipavano per impiegarla al meglio.

> A tal proposito affermerei, ma non so' se con sufficiente fondamento, che egli riusci' a strumentalizzare la psicanalisi, deviandola dai fini ad essa propri. Una volta accertata la valenza creativa della psicanalisi sull'artista, Hesse la uso' non come sollievo ai suoi disturbi, ma come aggravamento consapevole. >

Jung aveva gia' fatto la stessa cosa; per saperne di piu' ti conviene leggere la sua autobiografia (Ricordi, Sogni, Riflessioni); su Jung era stato pubblicato un interessantissimo libro a fumetti dalla Feltrinelli: ad onta del "medium", il libro e' molto preciso ed informato. >

>Infine ringrazio Raffaele per la approfondita disamina >

Approfondita!? Non sapete quanto e' vasto e difficile e' l'argomento! O credete forse che i manuali di psichiatria forense siano esaurienti?

>Tuttavia in chiusura, caro Raffaele, voglio proporti una poesia di Hesse, scritta nel 1959, stranamente sarcastica con la categoria che aveva spesso osannato, intitolata

>"PSICOLOGIA"

>Un gambero amava un'aragosta,
amore che non era corrisposto;
per questo nell'inconscio fu rimosso
e causo' un desiderio di morte.

>Uno psicologo indago'
sul fatto e non ci vide chiaro,
ma il gambero impreco' e scappo',
perche' era troppo alto l'onorario.

>Lo psicologo biasimo'
in silenzio il comportamento,
ma la sua testa rimugino'
sul caso per lungo tempo.

>Il gambero trovo' un altro amore
e guari', questo e' chiaro,
ma il medico attribui' il suo dolore
al suo complesso per il denaro. >

Molto divertente!

-----Raffaele Ladu-----