L’approccio dato al problema addestramento è infatti completamente diverso da quello impostato dagli sportivi del Club Francese dove, se volessimo riassumere, la progressione di un cane è data prima dal riporto di un manicotto lanciato in acqua, poi di un manichino, poi di una persona presa al polso per finire con l’apporto di alcuni oggetti, cime, salvagenti, remi.
Se ad un primo approccio tale strada può veramente convincere, ad un più approfondito esame degli esperti ha segnato subito il passo. A quanti metri vengono effettuate le prove? Con mare grosso? Quello che fa finta di annegare lo fa veramente e mette in difficoltà il cane, come avverrebbe in un salvatag-gio
vero? 
La risposta a queste domande può essere riassunta nella direttiva che obbliga il figurante, quello che fa finta di annegare, tanto per intenderci, di smettere di agitare le braccia e fare spruzzi, quando il cane arriva a uno due metri, altrimenti alcuni cani si spaventano e possono tornare a riva prima di aver fatto aggrappare il finto naufrago.
Se pensate che nella realtà funzioni così, allora che ne dite se vi diciamo di pensare che la persona in difficoltà si trovi a duecento, trecento metri dalla riva, che ci sia il mare mosso, un vento che nebulizza l’acqua, confusione sulla spiaggia, e voi siete lì col vostro cane? Cosa fate?, forse era meglio seguire un corso più difficile, dove vi hanno insegnato tutt’altre cose, dove per far allenare il cane nel nuoto non si debba stare sul gommone che va a motore, col cane che segue!
Ci stavamo infatti dimenticando di dirvi che alcuni hanno importato in Italia questa barbara, onestamente non saprei come altro definirla, pratica, tra l’altro inserita in alcune prove sportive (sic!), dove per vedere se il cane sa correttamente nuotare, non si è pensato ad altro che comprare un bel gommone a motore, farci salire il cane ed il padrone, andare a 100-200-300 metri dalla riva, far saltare in acqua il cane e farlo nuotare dietro il gommone. Personalmente Ferruccio Pilenga e gli istruttori della Scuola preferiscono per allenare il cane, mettersi la muta e le pinne, e andare a nuotare insieme.
Qualcuno per fortuna se ne sta accorgendo e inizia ad imitare la tecnica. 
(In Francia, nel famoso brevetto di sal.. pardon, brevetto in mare i metri da fare dietro un battello pneumatico che va a motore sono 2000, o quarantacinque minuti. Alla richiesta perché non in acqua insieme, cane e padrone, il responsabile del lavoro in acqua del Club ha risposto: Se il conduttore
non sa nuotare? come facciamo. Ha dimenticavamo, NON è un brevetto di salvataggio, anche se conosciamo esperti che lo chiamano ancora così, o che ancora meglio hanno cercato di trasformarlo in un qualche cosa di simile).
A conclusione del viaggio-corso in Francia ci si è chiaramente accorti che la strada intrapresa è quella giusta, che ancora c’è molto lavoro da fare, tra cui trasmettere questa filosofia di lavoro con i cani da salvataggio a tutti gli appassionati cinofili.
Parliamo, se avete notato, di cani da salvataggio e non di Terranova poiché pensiamo che anche in questo campo non si possa essere razzisti, e se vediamo un cane che non sia della razza eletta fare le stesse
cose che fa un cane da salvataggio, non conta né il pedigree, né la genealogia, né null’altro: quello è un cane da salvataggio!
Vogliamo che questa Filosofia Cinofila, veramente amante dei cani, contagi, così come ha già fatto, un numero sempre maggiore di appassionati.

Il Terranova Mas durante la stagione estiva 1993 di salvataggio in Liguria, 
“rimorchia” la motovedetta dei Carabinieri per mostrare la potenza di questi cani da salvataggio