Pensieri

d’amore e

poesie del ‘300

 

 

 Tutte le immagini sono state disegnate dai ragazzi della terza F dell'anno scolastico 95-96 della SMS "Zingarelli" di Bari e hanno contribuito alla scenografia di una mostra tenuta alla fine dell'anno.

 

 

 

1. Premessa

 

Il desiderio di affrontare in modo diverso le tematiche solitamente proposte alle terze a dei ragazzi in piena preadolescenza mi era sorto negli ultimi anni, poiché avendo cambiato diverse scuole ed essendomi stati affidati ripetutamente dei ragazzi di terza, ne avevo messo a fuoco le più svariate sollecitazioni.

Ragazzi, che pur diversi per tanti aspetti sociali e culturali, mi proponevano comunque una stessa domanda: "Che cosa dici, tu, che noi dovremmo essere e fino a che punto sei disposto a sostenerlo? che cosa ne pensi, in fondo, tu di noi e del nostro disagio, delle nostre deboli maschere, della nostra voglia di essere, di conoscere di amare e di essere visti?"

Entrare in rapporto con loro mi aveva obbligato a sconfinare dai programmi e dai formalismi, per cui non ci si poteva prendere in giro con le classiche dinamiche difensive di provocazione/contenimento oppure noia/indifferenza.

Pertanto mi rodeva dentro il desiderio (a me che all’età loro e per tutta l’adolescenza ero stato completamente distante dal vivere con intensità, profondità e interesse lo studio) di far conoscere di appassionarli alla cultura classica che da adulto soltanto avevo avuto la fortuna di scoprire ed apprezzare.

2. Le ragioni

Inseguivo, quindi, da alcuni anni il desiderio di portare loro, più o meno conviventi spettatori di tanti ragazzi dello "zoo di Berlino", addestrati in miriadi di tanto "scientifici" quanto ignavi progetti educativi (dal rinforzo dei processi cognitivi alle tante educazioni ambientali, stradali e in testa a tutte genitalsessuali) a riconoscersi nelle poesie d’amore dei grandi poeti del ‘300. Sospettavo che dietro l'indifferenza, l’arroganza il disprezzo per ogni forma di impegno, covasse la sofferta ricerca di qualcosa, che riuscisse a dare veramente senso alla propria esistenza, ricerca tanto sofferta e a volte disperata da giustificare nei casi di maggiore solitudine e debolezza la possibilità di abbracciare qualsiasi soluzione si affacciasse.

Cominciai più o meno così: "So bene che alla prima lettura che vi proporrò mi manderete a quel paese, ma abbiate fiducia e un po’ di pazienza, aspettate che vi spieghi quel che vi avrò letto e poi mi direte se ha a che fare con la vostra vita o no".

Con un bel po’ di fotocopie, considerando che le antologie trattano molto di straforo l’argomento prescelto, i ragazzi conobbero con i sonetti di Jacopo da Lentini, Cavalcanti e Guinizzelli, Dante e Petrarca dei vissuti straordinariamente vicini alla propria esperienza umana.

Scelsi, infatti, di questi autori alcune poesie d’amore, certamente le più famose. Ciò che mi premeva mettere a punto era un modo di trasferire loro l’esperienza che mentre leggevo provavo. Confesso che alcune spiegazioni, commenti, interpretazioni nascevano sul momento, incrociando i loro sguardi meravigliati di ritrovare in quei versi esperienze vissute magari mai confessate ad alcuna persona, oppure banalizzate se non rimosse o esorcizzate.

Senza accorgermene si abbozzava per me un metodo di lavoro/proposta basato soprattutto sullo scoprire di credere e sentire quel che proponevo e sulla forte tensione rivolta al provocare la loro esperienza a confrontarsi. Stranamente ciò che spiegavo lo capivo in quel modo lì, con quella pregnanza, solo allora, anche se i miei alunni avranno forse pensato che quelle cose io le avessi sempre sapute.

Comunque credo di non essere spesso riuscito, io per primo, a nascondere lo stupore di certe scoperte.

 

3.1 Lo sguardo

 

La prima tematica affrontata è stata suggerita dallo studio di "Amor è uno desio che ven da core" di Jacopo da Lentini, che a parte la difficoltà di lettura e l’uso di espressioni e vocaboli davvero lontani dall’esperienza odierna, suggeriva di riflettere su di una formidabile esperienza "psicologica": lo sguardo. E potentemente leggendo, commentando e confrontandosi, si sviluppava una riflessione forte sul rapporto tra ciò che accade dentro ciascuno quando gli occhi trasmettono al cuore una bellezza che li ha colpiti.

Gli elementi fondamentali che lo studio del testo, le riflessioni personali e il confronto, da me guidato, hanno consentito di individuare sono stati:

Infatti, identificare alcune proprie inconfessate emozioni e dolci atmosfere in una poesia e in una tradizione letteraria "alta", come io ripetutamente sottolineavo, aiutava i ragazzi a non sentirsi "imbranati" o peggio "da meno" rispetto alle comuni sollecitazioni di più disinvolti coetanei magari più grandi, che si proponevano come modelli. Inoltre il soffermarsi insieme a riflettere su ciò che è vero perché è propria, magari inconfessata, esperienza rendeva più forti e attenti nel distinguere che cosa è veramente la propria realtà da ciò che è invece frutto di condizionamento e che proviene da qualcosa di esterno, tanto forte perché sostenuto da una moda giovanile, da schemi ricorrenti nella pubblicità e da uno stile di vita tanto "disinibito" e consumistico quanto violento e distruttivo verso quelle semplici ed elementari ma vere ed importanti esperienze.

 

3.2 Il sospiro, tra passione e purezza: Guinizzelli e Cavalcanti

Resomi conto, di quanto grande esperienza mi era dato di incontrare, proposi Guinizzelli scoprendovi una esperienza di percezione così pura del sentimento amoroso che "bassezze ed egoismi risultavano sconfitti". Il testo chiave che suggeriva tali riflessioni, che è poi risultato quello tra i più cari a molti, è stato: "Io voglio del ver la mia donna laudare". In questo sonetto erano offerti due temi di confronto molto forti che approfondivano le riflessioni che confluivano nel tema dello sguardo:

Con Cavalcanti la poesia si proponeva come una esperienza totale in cui la dolcezza dell’espressione e del vissuto si fondevano con l’elevazione della ragione: solo nell’amare "…non fu sì alta già la mente nostra e non si pose in noi tanta salute.." Riflettere insieme su queste frasi, certo all’inizio spiegate letteralmente, consentiva di dar dignità alla percezione (magari provata qualche volta di sfuggita e poi rimossa in quanto pura fantasia, oppure custodita gelosamente nelle profondità del proprio io) di poter conoscere attraverso una totale esperienza di amore e di intelligenza, esperienza che non può che essere stupore del creato.

3.3 Il compimento nel miracolo: con Dante il sentimento incontra l’infinito.

 

In "Tanto gentile e tanto onesta pare" i passaggi precedenti descritti giungevano a sintesi nei seguenti punti nodali, coincidenti con le strofe del sonetto:

 

 

  

3.4 Petrarca: nella solitudine dei pensieri profondi si incontra il desiderio di amare.

Al termine del percorso non poteva mancare all'appuntamento quell’atmosfera soffusa della maliconia di Petrarca che, diversamente da quanto potessi immaginare , per i preadolescenti aveva un significato diverso: non era un ripiegare in se stessi di fronte alle difficoltà della vita e una fuga consolatoria dalla realtà. Si trattava invece di qualcos’altro, come scriveva una delle alunne:"…ho imparato a convivere con la mia solitudine a distinguere le cose con lei anche se può sembrare impossibile ed oggi non mi spaventa la voglia di restare sola, perché so che ho solo bisogno di riflettere e conoscere un po’ di più che cosa accade dentro di me". Il valore positivo dell’esperienza di Petrarca emergeva nel forte bisogno di scoprire la verità dentro se stessi, un bisogno di distinguere, di riflettere, e affermare un'autenticità sempre più minacciata da una solitudine, quella sì disperata della omologazione e dell’appiattimento delle perniciose mode e stili di vita giovanili. Quindi una esperienza non rivolta alla contemplazione di un giovinezza vissuta e perduta, ma (non potevo immaginare) orientata a cogliere la densità degli istanti e aperta al futuro, a ciò che si è chiamati a vivere e che è immensamente importante quanto è importante la propria vita: "…a volte quando sono solo mi volto indietro, guardo le mie orme e penso a quanta strada ho percorso, poi guardo avanti e penso a quanta strada devo ancora fare" .

Riflessioni

Questo tipo di percorso è stato possibile, grazie al piacere di incontrare i ragazzi nei loro vissuti profondi e agli stimoli provenienti da un cammino personale. Superate le prime fasi di imbarazzo e di disagio si è creata tra i ragazzi una produttiva situazione di confronto, che ha richiesto una attenta mia direzione e mediazione. Infatti, i temi trattati rischiavano di dividere i ragazzi (per molti aspetti più difesi) dalle ragazze, i più estroversi (che già avevano già vissuto qualche amicizia affettuosa) dai più chiusi e timorosi. Perciò si è sostenuta un'atmosfera in cui si dissolvessero le paure del confronto e si sviluppasse fiducia in se stessi, curiosità e una visione positiva del futuro con tutti i limiti e le piccole difficoltà che emergevano nel carattere di ciascuno.

Quindi, volta per volta dopo la lettura e la spiegazione di ciascun sonetto, si animava un serrato dibattito tutto orientato alla conoscenza delle esperienze proprie e dei giovani; dibattito che riprendendo il tema del sonetto proponeva confronti, domande e richieste di approfondimento, dopo di cui era assegnato come compito per casa la stesura di un testo personale che riassumesse le proprie riflessioni.

Un esito non trascurabile del percorso, e che probabilmente ne ha sostenuto l'interesse, è stato la mostra finale "Pensieri d'amore e poesie del '300", tenuta a fine anno e che proponeva, accanto alle poesie dei cinque autori stampate in caratteri medievali, dei pannelli tematici con dei disegni evocativi del tema e un'antologia di pensieri dei ragazzi estrapolati dai temi realizzati nei due mesi in cui si è trattato l'argomento. Inoltre, emergeva nei ragazzi il desiderio di accompagnare la mostra con un piccolo recital, che è stato proposto alle altre classi e che è stato organizzato sullo schema:

Pertanto la preparazione della mostra e del recital ha trasformato l'atmosfera della classe in laboratorio espressivo, contribuendo a consolidare il piacere di stare insieme, di conoscersi e di confrontarsi.

 

Francesco Lorusso