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16.02.2009 web stats Feed RSS
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Biutiful Cauntri

Pochi km a nordest di Napoli. Un gregge di pecore pascola ignaro in mezzo ad un campo. Qualche istante e l'immagine bucolica si colora di morte. Le povere bestie sono abbattute. Tutte. Sono malate, la mano dell'uomo non fa altro che anticipare il triste destino, in ogni caso segnato, di chi è gravemente contaminato dalla diossina.

Non c'è tempo per la pietà. Gli animali sono abbandonati in mezzo al prato. Poco distante, peraltro, affiorano nell'erba le carcasse d'altre sfortunate "compagne", in già avanzato stato di decomposizione.

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Questo è l'incipit di "Biutiful Cautri", libro da cui è stato tratto un bel film documentario, ma soprattutto una grande storia d'impegno civile sostenuta da una costruzione poetica davvero originale, che raffigura un territorio che non è solo un luogo geografico, ma anche un anfratto della nostra società.

Nel cortometraggio voci ed immagini non sono lasciate al caso. Ogni particolare compone il ritratto di un'umanità semplice: la storia di tanti uomini che assistono alle trasformazioni indotte da un certo tipo di progresso, mentre impotenti vedono sfigurare e violentare il loro ambiente. Ovviamente un responsabile c'è e il documentario, lo denuncia senza remore. L'alleanza sciagurata fra un Nord operoso e senza scrupoli e la criminalità imperante del sud che si fa, a sua volta, impresa.

Sono così mostrate le immagini (inedite fino allora) del traffico illecito dei rifiuti, spesso tossici ed assai nocivi. L'autore dell'opera è Peppe Ruggiero, giornalista impegnato che da molto tempo ha denunciato, spesso inascoltato, i crimini delle varie "ecomafie". Già collaboratore de L'Unità, de Il Mattino e della rivista Left, Ruggiero ha anche pubblicato il libro "Terre tremule" sul terremoto del 1980 in Irpinia ed ha collaborato al documentario "La terra è fatta così" di Gianni Amelio. Nel "palmares" di Biutiful Cautri troviamo il "Nastro d'argento" come miglior documentario dell'anno ed il "Ciak d'oro" per l'impegno civile.

Qui, invece, trovate il video con le prime scene del documentario da cui emerge, a mio avviso, una drammaticità lampante ed insieme silenziosa, non urlata, che però, se possibile, accresce la nostra indignazione.


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