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01.05.2005 web stats Feed RSS

Il Panorama di D'Alema

In un'intervista pubblicata sul numero di questa settimana di Panorama, Massimo D'Alema ha tracciato alcuni punti importanti che faranno parte del programma "riformista" dell'Unione in vista delle prossime elezioni politiche del 2006.

La sfida è costruire una maggioranza solida intorno a un progetto di cittadinanza che non può essere una mera somma o mediazione di interessi costituiti - Massimo D'Alema

Per D'Alema non si voterà prima del maggio 2006, per tanto l'alleanza di centrosinistra dovrà prepararsi, per tempo, alla sfida del governo: "Dando un po' di respiro alla nostra visione programmatica, partendo innanzitutto dalle regioni visto che ne guidiamo 16 su 21".

Tra i punti nodali del programma, il Presidente dei Ds individua la politica estera. Occorre "rilanciare il ruolo dell'Italia come propulsore dell'unità europea e la sua funzione nel Mediterraneo e nel mondo. Un ruolo che si è appannato, perché siamo apparsi come il Paese europeo più allineato sulle posizioni americane". Tuttavia, con estremo realismo, D'Alema precisa che pur essendo contrario alle guerre preventive ed unilaterali "Il tema dell'uso della forza non possa essere escluso a priori. Noi non siamo pacifisti integrali. Il nostro Paese, com'è più volte successo con i governi dell'Ulivo, potrebbe essere chiamato ad assumersi responsabilità, nell'ambito dell'Europa e delle Nazioni Unite. Bisognerà stabilire una norma di comportamento generale sull'uso della forza, e verificare di volta in volta l'esistenza delle condizioni di legittimità e necessità. Fatto questo, l'Italia non dovrà tirarsi indietro". L'ex premier tuttavia ammette che in passato, su questo punto, il centrosinistra si è spaccato. "E' un tema che dovremo affrontare perché una maggioranza è davvero tale se trova coesione anche sui temi della politica estera".

Venendo alla politica economica, D'Alema detta i principi che contraddistingueranno il prossimo programma riformista. "Il nostro è un Paese lento, affaticato, invecchiato. Il governo Berlusconi ha mancato la sua promessa fondamentale, che era quella di rinnovare l'Italia. Dovremo noi, allora, restituire al Paese lo slancio verso il futuro, puntando su una nuova stagione del dialogo sociale e della concertazione. Occorre un patto per lo sviluppo e la modernizzazione tra le forze migliori". Concretamente "bisognerà puntare sull'innovazione, sulla ricerca, sulla formazione e sulla qualità del lavoro. Vuol dire aiutare le imprese a crescere come dimensione e riconvertire le produzioni sulla base del valore aggiunto. Insomma, puntare sul prodotto".

Con onestà intellettuale D'Alema ammette che, con l'attuale ciclo economico, non sarà possibile per le aziende fare a meno della flessibilità. Sarà per tanto compito della politica contrastare la pericolosa involuzione della flessibilità in precarietà stendendo una nuova e più universale rete di protezione sociale per i lavoratori. "Senza una forte iniezione d'investimenti pubblici non possiamo avere questo salto di qualità. Anche perché i concessionari che gestiscono settori strategici non hanno fatto gli investimenti che avrebbero dovuto fare". D'Alema ammette che privatizzare non è stato un errore ma un obbligo per evitare il fallimento. "L'errore, piuttosto, è stato quello di privatizzare senza creare le condizioni per un'effettiva concorrenza. Si è privatizzato, ma si è liberalizzata poco l'economia".

Quindi più investimenti pubblici, un welfare più universalista e razionalizzazione della spesa. Ma dove prendere i soldi? D'Alema è risoluto nella risposta. "Il Fisco, come in tutti i paesi civili, resta una leva importante per finanziare i servizi e per gli investimenti. Bisogna riprendere la lotta all'evasione e all'elusione fiscale. E bisognerà cominciare a dire che non vanno abbassate le aliquote massime: è giusto che chi ha di più paghi di più". Un ragionamento di chiaro stampo socialdemocratico, volto all'equità sociale.

L'Intervista, dopo una breve dissertazione sul nuovo Papa Benedetto XVI "Uomo di grande qualità che dai primi segnali sembra stia cercando di dare un'impronta di apertura e di dialogo; vedo possibile una forte intesa sui valori comuni", affronta infine lo "stato dell'Unione": i problemi con Rifondazione e soprattutto con la Margherita, la difesa dell'identità e i tanti ostacoli posti dal gruppo dirigente diellino al funzionamento della federazione riformista. "Se si raggiunge un'intesa e il giorno dopo la si rimette in discussione, è un modo per non fare mai nulla".

Infine D'Alema torna al punto di partenza. "Sono contrario ad affogare Europa e Stati Uniti in un'unica nozione dell'Occidente. Finita la guerra fredda, oggi nel mondo occidentale c'è una dialettica tra visioni diverse. Da un lato c'è il multilateralismo, un ordine fondato sul diritto internazionale. Dall'altro c'è la visione unipolare, un ordine egemonico occidentale fondato sulla forza. E' necessario lavorare per costruire un punto di equilibrio positivo. E in questo l'Europa potrà dare un contributo tanto più forte quanto più chiaro avrà il senso della sua missione".

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