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14.07.2008 web stats Feed RSS

Una sinistra senza merito?

In una lettera inviata qualche tempo fa a "Il Riformista", Gianni Cuperlo ha esposto i dati di un'interessante indagine della Swg su un campione di elettori di centro sinistra nella quale è stato chiesto sostanzialmente "Quali termini fossero più direttamente associati all'idea di sinistra". Dal sondaggio emerge che il termine "Riformista" viene associato all'identità della sinistra, o del centrosinistra, più o meno dal 70% del campione. Un altro 10% lo assegna in quota "centro" e solo il 7% alla destra. La parola "Progresso" raccoglie un bel 85%, "Socialdemocrazia" 80%, "Eguaglianza" il 90% idem per "Gestione pubblica" e "Lavoratori". "Protezione dell'ambiente" si attesta al 75%, l'idea di "Comunità" di nuovo all'85%, la nozione di "Cittadinanza" al 70%. "L'integrazione degli immigrati" fa quasi un en plein. La questione "Morale" si attesta al 50% e - devo ammettere con un certo sconcerto - anche l'espressione "No global" viene associato dal 90% degli intervistati.

Fin qui niente di strano, apparentemente. Eppure - e su questo Cuperlo si sofferma a lungo - ci sono termini che pure potrebbero (e dovrebbero) far parte del bagaglio di una moderna sinistra di governo e di una nuova classe dirigente, che appaiono invece residuali se non addirittura avversi a gran parte dell'elettorato di sinistra. Per esempio il "Merito individuale" che identifica la sinistra per meno di un quarto del campione. Se dal merito passiamo al "Talento" la sostanza non cambia. "La gestione privata", ad esempio di una quota di servizi sociali, evoca un richiamo alla sinistra per poco più del 33% degli intervistati. "L'ambizione individuale" raccoglie un misero 10% e l'idea del "Rischio", anche nell'attività economica, il 12% contro il 70% che lo riferisce alla destra.

Con una schematica aggregazione, Cuperlo arriva a qualificare "l'idea che del riformismo si è fatto il settanta per cento del campione". "Per una buona parte di questi riformismo equivale, più o meno, a progresso, eguaglianza, welfare nel senso di tutele e protezioni, comunità, innovazione, progresso scientifico e una concezione multi-etnica del tessuto sociale". Sarà senz'altro così - e in questo concordo con Cuperlo - tuttavia credo che quest'accezione di "riformismo" rischia di essere insufficiente a dare una risposta alle molteplici problematiche che la società moderna quotidianamente ci pone.

Intendiamoci, non bisogna innamorarsi delle parole. L'associazione "riformismo-sinistra" nasce ancora prima della Prima guerra mondiale con la nascita dei sindacati, delle cooperative e con le società di mutuo soccorso. E' evidente che oggi sono cambiati molti riferimenti: è difficile ragionare per "blocchi sociali" oppure attardarsi su schemi e analisi deterministe in cui ogni fenomeno ha una causa diretta e necessaria.

Prendiamo, per esempio, la questione del "merito". La nostra società è caratterizzata da un elevato livello di complessità: tecnologica, culturale, professionale, ecc. L'unico approccio in grado di far fronte a tale complessità montante è quello incentrato sul merito e sulla meritocrazia. Eppure, in parte della sinistra, c'è chi ancora una volta perde di vista la realtà. Il merito è visto come fumo negli occhi.

Per l'economista Michele Salvati: "Il tentativo di garantire la massima possibilità di scelta dei migliori, concedendo la possibilità di superare gli ostacoli che impediscano un pieno sviluppo dell'individualità, è in fondo, il contenuto del secondo comma dell'articolo 3 della Costituzione Repubblicana del 1948". Ovviamente per convenienza o, appunto, per rigurgito ideologico, in molti confondono questo significato e pretendono, di fatto, in nome di quello stesso articolo il "diritto al titolo di studio" piuttosto che il sacrosanto "diritto allo studio".

Che utilità può avere allora una scuola che non sia in grado di selezionare i migliori, i più capaci, in nome di un malinteso egualitarismo? Salvati sostiene: "Senza voler negare il fatto che un'istruzione post-scuola media superiore è da garantirsi a tutti, dobbiamo capire anche che occorre selezionare le capacità vere per le professionalità e la ricerca. Bisogna ovviamente aiutare massicciamente le famiglie povere affinché non mandino a lavorare troppo presto i figli ma poi si deve far leva sulla meritocrazia e premiare il talento e la capacità dei giovani più meritevoli".

Anche questa è una nuova sfida riformista.


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Ci sono 3 commenti all'articolo

Jonathan Pine scrive: Il merito contro la sinistra inutile...

Il merito e' lo strumento per superare proprio una struttura ereditaria e dinastica della societa'. Infatti la mobilita' sociale in Europa e' la piu' alta di sempre, ed e' molto piu' alta per esempio che in USA, la "terra delle opportunita'". Mica per un grazioso regalo, bensi' per la natura del contratto socialdemocratico, che ha conquistato alle classi subalterne strumenti di promozione individuale diffusi (e quindi di promozione sociale) e di critica della realta' impensabili solo due generazioni fa. Quegli stessi strumenti che i gruppettari pretaioli degli anni '70 dicevano di voler abbattere, tra una canna e una vasca, prima di sbattere il muso contro la FGCI di d'Alema e il PCI di Berlinguer. Mi rendo conto che sia comodo e pratico assegnare alla storia e al destino le colpe della propria inadeguatezza individuale, ma di persone che non riconoscono una vittoria della sinistra nemmeno se salta loro sulle spalle mordendo loro le chiappe ed azionando una sirena penso se ne possa fare tranquillamente a meno. C' e' sempre la psicanalisi, per chi si detesta. (da i.p.s.)

davide scrive: Il merito, una realtà da costruire

Merito, un termine che in ambito sociale italiano evoca fregature. Merito scolastico va avanti il figlio del professionista o dell' imprenditore. Merito scentifico, idem e tanti nostri cervelli scappano all' estero. Nel mondo delle professioni ci sono vere lobbi padre/figlio, università, avvocatura, medicina, farmacia, architettura, ma anche taxi, camionisti ecc. ecc. ecc. . Dall' altra parte il merito è visto come nemico per chi punta sulle raccomandazioni per un posto di lavoro o per un avanzamento di carriera. Nel caso più bonario la meritocrazia è vista come una presa in giro con la quale mascherare nepotismo e clientele. Un' Italia provinciale e paurosa. Dulcis in fundo, il merito è qualcosa che vede messi in disparte i meno capaci o sfortunati. Sulla nozione di merito l' Italia deve aprirsi come un bocciolo di rosa alla rugiada, se vuole evolversi.

giovanni scrive: JP ma di cosa stai parlando?

cosa c'entra l'Europa con l'Italia? Dov'e' questa mitologica mobilita' sociale in ITALIA?

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