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Leftorium

19.10.2004 web stats Feed RSS

Il progetto del riformismo

Cominciamo con una semplice domanda: che cosa vuol dire essere riformisti oggi? Per rispondere a questa domanda occorre dapprima chiarire che cosa c'identifica collettivamente come riformisti e, poi, in che cosa ci distinguiamo da altri, sia nella sinistra sia - naturalmente - nei confronti della destra. Una visione politica riformista non rinuncia al sogno di una società più dignitosa e meno ingiusta ma ci chiede di essere fedeli alla realtà delle cose e alla possibilità di operare scelte coerenti.

In quest'ottica l'intervento pubblico nel campo economico diventa un elemento essenziale per la stessa sopravvivenza del libero mercato

Questo definisce la nostra prospettiva, il nostro modo di guardare e giudicare la politica e la società e ci dice che cosa dobbiamo fare e perché. Una cultura riformista è votata all'esplorazione delle politiche praticabili giacché non uno ma tanti altri sono i mondi possibili...

Se la politica è chiamata a rispondere al mutamento sociale e ai suoi effetti, il "metodo" riformista mette alla prova la strategia praticata ed il suo impatto: ossia se una situazione sociale modificata dalla nostra scelta politica fa sì che le persone stiano meglio, in termini di diritti, opportunità e benessere oppure no.

Oggi, cadute le ideologie, proprio la nostra cultura riformista diventa l'elemento che permette di distinguerci dalla destra (contrariamente a quello che sostengono certi teorici del pensiero unico o i nostalgici conservatori della sinistra). La distinzione fondamentale passa fra una concezione di società includente e aperta e una concezione alternativa di società escludente e chiusa. Mercato aperto in una società chiusa è oramai lo slogan della destra.

Una cultura riformista invece è imperniata su regole certe ed obiettive, affinché la società risulti aperta ai nuovi entranti anche in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo. In una moderna economia di mercato lo Stato deve garantire che la concorrenza si esplichi: smantellando cartelli, concentrazioni e monopoli, impedendo conflitti d'interesse e generando quei meccanismi a sostegno della produzione, dell'occupazione e del reddito che portano benefici ai cittadini. In quest'ottica l'intervento pubblico nel campo economico diventa un elemento essenziale per la stessa sopravvivenza del libero mercato.

In una società di individui, come piace dire a Giuliano Amato, assume notevole importanza il conflitto moderno fra una prospettiva conservatrice ed una progressista sul valore della Libertà. La destra, nel migliore dei casi, affida alla politica il solo fine di assicurare e tutelare la libertà di scelta individuale. La sinistra riformista invece deve avere a cuore che, assicurata la libertà per le persone e più opportunità per la vita di ciascuno, il valore di quella libertà non sia a discapito dell'eguaglianza dei diritti.

Analizzando il voto delle elezioni politiche del 2001 il professor Ilvo Diamanti ha scritto: «la sinistra ha perso perché troppo spesso ha dato l'impressione di essere preoccupata più di proteggersi dai cambiamenti, che di volerli guidare». Piero Fassino ha individuato nell'opzione riformista la possibilità per costruire «una sinistra che di fronte a una società segnata dal cambiamento, sappia cambiare se stessa per dare a quei cambiamenti una qualità civile e sociale alta. Una sinistra che "non abbia paura" del futuro e che alla consolatoria tranquillità della conservazione preferisca il rischio dell'innovazione. Una sinistra che torni a vincere perché capace di guidare una società in movimento, tenendo insieme modernità e diritti».

Su questo si vince o si perde se si riesce o no ad impedire che il grande cambiamento in corso si avviti in una spirale di nuove ingiustizie e soprattutto in un impoverimento complessivo delle relazioni sociali, e quindi della democrazia. Se la sinistra non si pone su questo terreno liberando forze ed energie, mobilitando interessi, mondi, bisogni e movimenti reali, ovvero compattando nuovamente quel blocco sociale - del tutto anomalo per i vetero marxisti - che ha fatto vincere Prodi nel 1996, essa si condanna ad un ruolo subalterno: denunciare gli eccessi ed i disastri prodotti dal governo della destra senza tuttavia prospettare una credibile alternativa di governo.

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