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Leftorium

02.10.2007 web stats Feed RSS

La politica allo specchio

La legge finanziaria per il 2008, a detta dell'economista Innocenzo Cipolletta, "E' la fotografia del nostro Paese: c'è di tutto". E' vero, non è una critica, ma una constatazione. Si mantiene l'impegno a ridurre il deficit e il peso del debito pubblico come vuole l'Unione europea; ci sono misure di riduzione fiscale per le imprese; si favoriscono piccoli professionisti ed artigiani con la forfetizzazione delle imposte; si riduce l'Ici per le famiglie meno abbienti; vi sono interventi per gli incapieti, per la scuola, per la cooperazione internazionale, per la ricerca, per alcune infrastrutture, per la sicurezza, per il lavoro e si potrebbe continuare a lungo.

Come sempre, quando c'è un po' di tutto manca anche un po' di tutto, malgrado il governo abbia fatto un serio lavoro per comporre le aspettative degli italiani, in una situazione di finanza pubblica che resta fortemente critica. Il tentativo di accogliere, in larga misura, l'elenco delle istanze che la composita maggioranza di governo rappresenta, rischia, tuttavia, di trasformarsi in una sorta di perverso gioco di specchi riflessi con il Paese.

Per questo occorre che il nascente Partito democratico sia finalmente libero dalla zavorra dell'alleanza obbligata con la sinistra radicale e con i settori meno affidabili del centro

Un governo saggio ed accorto, infatti, non deve rappresentare tutte le richieste ma, viceversa, deve essere capace di fare sintesi e di individuare alcune precise priorità.

In questi giorni, nel pieno di una fragorosa ventata anti-politica, si è spesso parlato di eccessivo distacco della politica dalla gente, di rifiuto da parte degli italiani nei confronti di una casta che gode di privilegi e non sa ascoltarli. Ma forse, come ha scritto il prof. Ilvo Diamanti su Repubblica, le cose stanno diversamente. "Gli italiani - sostiene Diamanti - contestano i privilegi dei politici non perché li vedano distanti, ma perché li sentono talmente simili a loro stessi che non capiscono perché debbano godere di privilegi". Per questo, il tentativo da parte della politica di legittimare tutte le richieste (persino quelle più contraddittorie) non reca un gran servizio alla democrazia. Con tali atteggiamenti, forse, si possono anche vincere le elezioni raggruppando i malcontenti e i malumori ma poi non si governa. Certamente si finisce col riprodurre in Parlamento e nelle altre istituzioni le frammentazioni e le contraddizioni che sono presenti nella società.

La frammentazione di una società, in sé, non è un male; anzi è l'indice di una società composita e varia. Ma più la società è composita, meno la politica deve esserne il riflesso nello specchio. La politica serve, anche e soprattutto, per dare unità e visione ad istanze diverse che necessariamente sono contraddittorie; deve saper fare sintesi e non sommare le richieste, e deve dare delle priorità precise per conseguire obiettivi condivisi.

Al contrario, complice un sistema elettorale immorale - perché concepito proprio per rendere impossibile il governo, la politica italiana appare è sempre più un puzzle impazzito. Un politica forte, con pazienza e determinazione, risponde meno alle singole istanze e propone traguardi più utili e condivisi. Bisogna perciò rischiare sulle scelte che vengono fatte: e forse, così facendo, scopriremo che il Paese, messo davanti a delle scelte, è meno frammentato di quello che si crede e sa premiare chi si prende l'onere di dare una concreta visione d'insieme.

Per questo occorre che il nascente Partito democratico sia finalmente libero dalla zavorra dell'alleanza obbligata con la sinistra radicale e con i settori meno affidabili del centro. Un Pd - per dirla con Walter Veltroni - "a vocazione maggioritaria" capace di giocare una partita in proprio per conquistare nel Paese il consenso a un programma di governo pienamente innovatore. Un Pd svincolato da ogni compromesso, affrancato dai debiti pregressi, liberamente lanciato verso l'orizzonte di nuove idealità.

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