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Leftorium

02.05.2005 web stats Feed RSS

Tremonti beach

Appena recuperato nella compagine di governo, Giulio Tremonti, tanto per non smentire la sua fama di ministro "creativo", ha lanciato la straordinaria idea di vendere le spiagge del Sud per avviare, con i fondi ricavati, anche nel nostro meridione, lo sviluppo inutilmente atteso per tanti decenni. Boutade o sincero (quanto improbabile) proposito, sta di fatto che al nostro vice premier non difetta certamente la fantasia.

Meglio stare zitti dando l'impressione di essere stupidi, che parlare togliendo ogni dubbio - Confucio

Così, alzata più in alto l'asticella della propria "creatività", il nostro ha deciso di mettere subito alla prova il suo formidabile talento. In occasione della cerimonia di consegna delle stelle del lavoro, lo scorso primo maggio, ha avanzato un'altra proposta delle sue. "Equipariamo il diritto di esportare al diritto di espressione. Ovvero possono esportare solo i Paesi che ai loro cittadini danno il diritto di esprimersi liberamente". Tremonti, ovviamente, ce l'ha con la Cina che detesta almeno quanto l'euro, Prodi e Gianfranco Fini. Quando è stato all'Economia, i suoi provvedimenti, le sue omonime leggi e in pratica tutti i suoi atti, sono stati finalizzati, sostanzialmente, alla realizzazione di un grandioso e fondamentale obiettivo: nella divisione internazionale del lavoro, fare dell'Italia il principale concorrente mondiale della Cina. Invece di incrementare la ricerca scientifica, favorendo la competitività qualitativa delle nostre imprese e ad accrescere le loro dimensioni, si è deciso di assecondare tutte quelle decrepite produzioni industriali con una struttura dei costi analoga a quella delle imprese dei paesi del terzo mondo. Anziché puntare sul prodotto ci si è rivolti al processo (vedi Tremonti bis) mirando a ridurre soltanto i costi di produzione e del personale senza che si generasse, dato il basso livello d'automazione, alcuna apprezzabile economia di scala.

Ma poi, davvero converrebbe alle nostre imprese l'applicazione del principio enunciato da Tremonti di equiparare export e libertà d'espressione? A detta del centro studi statunitense "Freedom house" (letteralmente Casa delle libertà), che ogni anno redige una speciale classifica sulla libertà d'espressione, non si direbbe. L'Italia che nel 2004 si trovava al 74° posto, oggi è scesa alla 78° posizione, dietro a Capo Verde e a pari merito (se così si può dire) con Bolivia, Bulgaria, Mongolia e Filippine. Ci ritroviamo, per tanto, nell'imbarazzante categoria "partly free" (parzialmente libero). Inutile dire che sul giudizio grava come un macigno il dolente tasto dell'abnorme potere mediatico che fa capo, più o meno direttamente, al Primo Ministro Silvio Berlusconi, il quale occupa da solo ben il 42% dello spazio televisivo riservato ai politici. Inoltre nel rapporto si cita esplicitamente la famigerata legge Gasparri varata dal Parlamento che ha ribaltato, tra l'altro, una sentenza della Corte Costituzionale del 2002 che imponeva a Rete4 (di cui Berlusconi è proprietario) di trasmettere solo su canale satellitare.

Se l'idea di Tremonti davvero dovesse trovare seguito servirebbe a poco accusare di catastrofismo l'opposizione. Saremmo semplicemente esclusi dal mercato globale e condannati all'inevitabile declino. Che avesse ragione Confucio quando sosteneva che è "Meglio stare zitti dando l'impressione di essere stupidi, che parlare togliendo ogni dubbio"?

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