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SALUTE E BENESSERE

L'ARTE DI STAR BENE/10 - IL "MAL DI SCHIENA" QUESTO SCONOSCIUTO

A cura del dott. Piero Siragusa p_siragusa@yahoo.it La lombalgia

(il cosiddetto MAL di SCHIENA) costituisce una delle più comuni affezioni. La sfavorevole storia naturale in combinazione con una prolungata inabilità sportiva (ma anche lavorativa) o comunque con una riduzione delle prestazioni, fa di questa patologia un problema di primo piano per il runner evoluto come per il neofito. Le motivazioni del dolore lombare sono molteplici e non sempre ben identificate (o identificabili), come misconosciute sono le diverse patologie muscolo-tendinee che possono simulare, dal punto di vista sintomatologico, una lombalgia o una lombosciatalgia (o sciatica). Ma se fare una diagnosi è compito del medico, voi che cosa sapete a riguardo? Spesso incontro atleti che nonostante dolori cronici o ricorrenti localizzati alla schiena o al gluteo o lungo una gamba, continuano ad eseguire lavori anche pesanti per poi “fermarsi” per forza di cose per periodi più o meno lunghi. A che cosa si va incontro con questi atteggiamenti? Tutto questo sarà oggetto della presente chiacchierata. Per abitudine, cerco sempre di spiegare ai miei pazienti la patologia di cui soffrono, affinché si rendano conto del loro problema e (quelli ragionevoli) si possano adeguare con maggiore consapevolezza a quelli che sono i “ sacrifici” a cui devono andare incontro: meglio una settimana di riposo oggi che un mese di fermo forzato+dolori domani. Per prima cosa dovete sapere che: · Al momento attuale della nostra fase evolutiva, la colonna vertebrale si può ritenere ANCORA in una fase di adattamento alla gravità. Inoltre non si può certo affermare che, nell’attuale caratterizzazione anatomo-funzionale, la colonna vertebrale risulti perfettamente adeguata ad assorbire le sempre nuove e, soprattutto sempre più numerose, sollecitazioni cui l’uomo la sottopone al giorno d’oggi: non ultime quelle legate alle attività SPORTIVE. · La colonna vertebrale è formata da una serie di segmenti costituiti da UNITA’ FUNZIONALI sovrapposte ciascuna delle quali formate a loro volta da due vertebre adiacenti e dai tessuti interposti. Dal punto di vista funzionale invece, la colonna è una struttura portante elastica UNICA, capace di garantire, in opposizione alla gravità, sia la stazione eretta sia l’equilibrio di forze e resistenze necessarie alla locomozione e ad ogni altra attività di movimento finalizzata – tra cui la corsa-. E’ intuitiva che l’efficienza funzionale della colonna vertebrale nel suo insieme dipende dall’integrità anatomo-funzionale delle singole unità che le costituiscono. · Il movimento del tratto lombare si realizza nel breve arco delle cinque vertebre che normalmente formano questo segmento. E’ ovvio che questa porzione della colonna sopporta le sollecitazioni più intense ed usuranti rispetto a quelle che agiscono ai livelli superiori. Inoltre bisogna sapere che la partecipazione delle sue varie unità funzionali al movimento è tutt’altro che uniforme, sicchè il massimo sforzo grava su un’area ancora più limitata. Indovinate qual è? Il 60-75% del movimento ha luogo tra la quinta lombare e la base del sacro. Dato che la flesso-estensione è preclusa al tratto dorsale, è facile capire come la giunzione lombo-sacrale “gestisca” circa i tre-quarti del movimento flessorio dell’intera colonna. Ma ATTENZIONE, quanto detto vale solo per la sola flesso-estensione del tratto lombare ma non per quella dell’intero tronco, per produrre il quale la cosa si complica notevolmente coinvolgendo il bacino e le articolazioni coxo-femorali. Troppo complicato? E pensate che ho semplificato solo il movimento di piegarvi per allacciarvi le scarpe. Non potete immaginare il lavoro della sola colonna vertebrale nel fare una mezz’oretta di corsa lenta. Inoltre quanto fin qui descritto è vero in una persona senza “problemi” di postura, appoggio plantare, articolarità temporo-mandibolare, perfettamente simmetrico e muscolarmente ben adattato. Ma quanti di noi lo sono? Scagli la prima lombalgia chi è senza difetti!!! Bene, ora passiamo alle buone notizie… Il dolore alla schiena o la sua irradiazione ad un gluteo o lungo una gamba nasconde sempre un’ERNIA del disco? Grazie al Cielo NO!!! Oggi tutti per necessità o per divertimento si sottopongono ad una RMN (risonanza magnetica) del tratto lombare: “per vedere se sto bene”… mi ha detto una volta qualcuno!! E’ per questo che oggi sei nessuno se non hai la tua “ernia” nel curriculum di runner. Avete mai incontrato qualcuno che prima di una gara dichiara: io? sto benissimo, sono in gran forma e non ho alcun problema fisico né l’ho avuto nel recente passato. Il vero runner è sempre reduce da qualche “disgrazia” e molto spesso si vanta di sopportare “terribili” dolori (lombari per esempio) che gli impediscono di allenarsi come si deve, ma poi termina la gara con una media di 3’30” al Km. Ebbene poiché in “moltissimi” hanno fatto una RMN, è statisticamente evidente che “molti”possano presentare un’ernia discale lombare. In realtà molti di questi presentano, a ben cercarli, sintomi dolorosi che NULLA hanno a che fare con l’ernia diagnosticata (che magari è presente già da molto tempo e che non dà segni di sé) e questo giustifica il perché dei molti ”insuccessi” di varie metodiche terapeutiche finalizzate al trattamento dell’ernia (intervento compreso: la cui indicazione è attualmente molto selettiva). E questo è ancora più vero (non me ne vogliano “questi terapeuti”) quando ci si rivolge a personaggi più o meno professionalmente competenti senza una diagnosi e con una RMN consigliata da un amico che “aveva lo stesso dolore” e che ha risolto così o colà. Ad ognuno il proprio mestiere e soprattutto la propria competenza (il che non significa NON ANDARE DAL SIG.X, ma almeno andarci con una diagnosi precisa a con un’indicazione terapeutica che poi IL SIG.X è certamente in grado di adottare) pena la peregrinazione ai vari “santuari” e il prolungamento del periodo di fermo. Di seguito vi proporrò diverse patologie che possono essere causa di dolori lombari e\o sciatalgici. 

Capire quale sia l’origine del dolore, questo è il presupposto per una corretta valutazione clinica del paziente che riferisce dolore lombare. Un normale comportamento statico e dinamico della colonna non può coesistere col dolore: da qui dobbiamo iniziare. LOMBALGIE DI ORIGINE POSTURALE In fase statica (da fermi) la maggior parte delle condizioni dolorose può dipendere dall’accentuazione della lordosi lombare (cioè dall’aumento di quella normale curvatura della colonna lombare che, per capirci, è così evidentemente accentuata nelle donne in avanzato stato di gravidanza = pancia in fuori e sedere in dietro). La conseguenza meccanica di tale modificazione posturale a livello dell’ultimo spazio intervertebrale determina uno stiramento del legamento anteriore ed un avvicinamento delle parti ossee posteriormente, determinando irritazione e, a lungo andare, una pseudo-artrosi con dolore anche intenso ad ogni movimento in senso iperestensorio (all’indietro). L’avvicinamento della parte posteriore delle vertebre può anche determinare un interessamento in senso irritativo delle radici nervose con dolore irradiato lungo la gamba o la comparsa di spasmi muscolari dolorosi (e vai a mangiare banane o a riempirsi di reintegratori!!!). LOMBALGIE DI ORIGINE CINETICA In questo caso le cause possono essere legate ai seguenti fondamentali meccanismi: · Sollecitazioni anormali su una colonna normale. Si ha quando un carico è eccessivo o la struttura (normale) è sollecitata per tempi eccessivi, tanto da sopraffare la resistenza muscolare e da permettere quindi che lo sforzo si ripercuota direttamente sulle articolazioni danneggiandole in senso distorsivo. All’inizio avremo un dolore determinato dall’ischemia muscolare con accumulo di cataboliti tossici = contrattura, quindi un dolore da stiramento delle strutture di connessione all’osso (periostio), poi distorsione delle articolazioni vertebrali con aggravamento della contrattura antalgica della schiena e grave limitazione dei movimenti. Questo è un motivo per il quale consiglio di fermarsi quando si sente rigidità muscolare lombare dopo sforzo o un allenamento pesante. · Sollecitazioni normali su una colonna anormale. Una colonna strutturalmente alterata può anche godere di una funzionalità apparentemente normale; ma una sollecitazione largamente sopportabile da una colonna normale può risultare eccessiva per una colonna alterata. Possiamo ricordare: 1. Scoliosi strutturale. Il dolore che accompagna i movimenti di una colonna scoliotica può presentarsi in due diverse situazioni: nella flessione dipende essenzialmente dalla distensione eccessiva dei legamenti; nella ri-estensione (rialzandosi) il dolore dipende da una sublussazione delle faccette articolari e quando il movimento è forzato oltre un certo limite, le articolazioni vengono a contatto e si bloccano (e addio allenamenti!!!). 2. Scoliosi funzionale. Può dipendere da una limitazione unilaterale dell’articolazione dell’anca che così impedisce una rotazione simmetrica del bacino. Ancora una volta il grosso problema si ha nella ri-estensione dalla posizione flessa e in particolare quando il movimento del rialzarsi si attua di scatto, con troppa forza e a tronco ruotato (così come vedo fare dopo l’allenamento da molti atleti quando eseguono esercizi “ginnici” del tempo che fù e peraltro assolutamente inutili oltre che, a volte, pericolosi). In questi casi la sede del dolore è rappresentata dall’articolazione coinvolta, compressa ed irritata e dalla sua possibile sublussazione. La contrattura muscolare di difesa che ne consegue agisce inoltre sui dischi intervertebrali aggravando ulteriormente il processo in atto. Questo è il motivo per cui molte “terapie” decontratturanti (che tanto hanno fatto bene al sor Giuseppe, o a mio cugino Pasquale, o a quell’amico mio risultano spesso inutili o quanto meno “provvisorie”). 3. Rigidità dei muscoli posteriori delle cosce. Limita l’escursione rotatoria del bacino, per cui la flessione del tronco può avvenire solo forzando l’incurvamento anteriore del tratto lombare con conseguente sovradistensione legamentosa e dolore acuto. Il ripetersi di simili azioni porta al cedimento ed all’allungamento della struttura legamentosa con conseguente instabilità della colonna (da qui in poi la schiena farà male anche soltanto guardando gli altri correre). 4. Rigidità lombo-sacrale. Qui il meccanismo di produzione del dolore è opposta. La rotazione del bacino è normale, mentre è la flessione del tratto lombo-sacrale che è ostacolata. Ogni tentativo di flessione forzata provocherà sovradistensione dolorosa del legamento posteriore, delle capsule articolari e dei muscoli paravertebrali e poi dei muscoli posteriori delle cosce. LOCALIZZAZIONE DEL DOLORE Il medico NON deve accontentarsi della generica denuncia di “dolore alla parte bassa della schiena” ma deve stabilire, con la massima accuratezza possibile (e spesso è molto difficile), quale sia la localizzazione del dolore. L’esame fisico deve essere accurato e completo, cioè comprendere l’esame neurologico, posturologico e i relativi esami (quali e quando necessari): 1. L’esame NEUROLOGICO per la valutazione del coinvolgimento e degli eventuali danni a strutture nervose. Può mettere in evidenza danni misconosciuti perché al momento asintomatici (senz’altro non così in un più o meno prossimo passato: una lontana e dimenticata sciatica ora “guarita”), oppure selezionare e/o appurare a quale livello nasce l’attuale sintomatologia escludendo “parti” della sintomatologia dolorosa riferita, dovuta ad altra patologia (qualcuno non vi ha mai parlato della lombalgia urologica, o di quella ginecologica, o di quella gastro-enterologica?). 2. L’assetto POSTURALE che comprende l’ispezione del profilo, la posizione delle ginocchia e dei piedi, l’assetto cervicale (ve n’eravate dimenticati?). 3. La verifica dell’ALLINEAMENTO DEL BACINO che ci da inoltre una determinazione della lunghezza degli arti. L’apprezzamento di una differenza anche modesta fra la lunghezza di un arto inferiore ed il controlaterale è di grande importanza, poiché è da un preciso sviluppo degli arti inferiori che dipende l’equilibrio dell’assetto del bacino e di conseguenza della colonna vertebrale. E non sono neanche d’accordo con quanti considerano ininfluenti pochi millimetri di differenza poiché, se questo può essere vero nell’atto del camminare e nella vita quotidiana, i pochi millimetri diventano “metri” se li moltiplichiamo per le centinaia di migliaia di passi di corsa che un runner compie e spesso anche sotto carico. Il rilievo di una differenza di lunghezza necessita di tutti gli accertamenti per stabilirne l’origine: un ginocchio varo o valgo monolaterale, pregressi interventi chirurgici o fratture, un appoggio non corretto di uno dei piedi e così via. 4. La valutazione del RITMO LOMBO-PELVICO cioè del movimento del piegarsi in avanti ed in dietro al fine di evidenziare i possibili difetti di cui vi ho parlato sopra. Ciascuna componente deve essere attentamente studiata sia in sé che in relazione alle altre dinamiche: · Un deficit dell’inversione (flessione lombare in avanti) indica l’esistenza di una contrattura muscolare o di una limitazione meccanica per alterazione anatomica delle articolazioni, dei legamenti o della muscolatura. · Un arresto della rotazione pelvica (cioè del bacino in senso antero-posteriore) può dipendere da rigidità dei muscoli posteriori delle cosce, da irritazione sciatica o compromissione anatomica dell’articolazione dell’anca. · Un prematuro ripristino della lordosi nella ri-estensione del tronco fa sì che il carico gravi sulla colonna in modo eccentrico per sostenere la colonna stessa. Nel tentativo di limitare questa condizione, la colonna lombare tende a posizionarsi in IPERlordosi, atteggiamento che può comportare l’impatto delle faccette articolari posteriori (già riavvicinate in conseguenza della contrattura muscolare) che a questo punto sopportano tutto il carico e che vanno rapidamente incontro ad irritazione acuta e blocco (in particolare se nel movimento di ri-estensione il tronco è anche poco ruotato).

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