Capita
che a due musicisti, ad un certo punto della loro carriera, dopo che ognuno
di loro ha partecipato a numerose "spedizioni" musicali di vario tipo,
venga offerta una piccola ma efficiente nave da gestire in modo totalmente autosufficiente,
per salpare verso una rotta indefinita.
E capita anche che i due musicisti decidano di intraprendere questo viaggio
in maniera abbastanza sconsiderata, senza un preciso punto di partenza, se non
quello delle conoscenze musicali da loro acquisite nei loro piccoli porti e
il desiderio di navigare verso acque finora non completamente esplorate, calme
o tempestose che siano. Questo Ë successo, una volta imbarcati i viveri e gli
attrezzi necessari siamo salpati da uno studio di registrazione aretino nell'afoso
agosto del 1997 e nonostante le prime piccole difficoltý ognuno dei due ha preso
via via confidenza con la plancia di comando ed ha saputo apportare la propria
esperienza e conoscenza dei venti.
I nostri attrezzi sono costituiti essenzialmente da una chitarra elettrica per
Massimo Fantoni, che puÚ produrre sonoritý elettriche, acustiche o virtuali,
mentre per Francesco Tomei uno stick ed un contrabbasso sfregato, pizzicato
e talvolta picchiato.
La nave era investita dai venti pi˜ diversi, a momenti impetuosi che attraverso
gli oblÚ e i boccaporti producevano sonoritý dure, spigolose e irregolari, venti
sinuosi e ammalianti, e altri calmi e tranquilli, quasi riposanti.
Ed era incredibile constatare come ognuno di questi venti, pur nella sua totale
diversitý degli altri, riusciva, in qualche modo a noi sconosciuto, a imprimere
alla nave un movimento sempre pi˜ spedito senza farle perdere la rotta neanche
per un minuto.
Hanno partecipato ad alcuni momenti della navigazione anche due nostri amici,
uno molto esperto di spostamenti d'aria all'interno di clarinetti e l'altro
pi˜ specializzato in sfregamenti di corde applicate ad una viola.
Abbiamo invece deciso di lasciare in porto qualsiasi tipo di rullo di tamburi,
visto che gli ingranaggi della nave ci sembrano oliati a tal punto da non aver
bisogno di un ulteriore incitamento.
Il nostro veloce viaggio Ë cosÏ appena cominciato e le rotte che fino ad ora
abbiamo esplorato ci interessano molto; tanto che l'unica intenzione possibile
in questo momento non puÚ essere altro che:
BARRA A DRITTO!
Massimo Fantoni e Francesco Tomei
MARCO PAOLINI
"Il Milione quaderno veneziano di Marco Paolini"
Volevo raccontare una geografia, disegnare una carta per viaggiarci sopra, avevo voglia di andarmene lontano, verso l'altrove...mano a mano che leggevo e che cercavo una storia per legare insieme questi materiali sfuggenti avevo la sensazione di girare. In tondo mentre l'obiettivo non si avvicinava...
Cos'Ë questo
Quaderno Veneziano.
[Image] ...Invece che nell'oriente Poliano finivo sempre pi˜ per addormentarmi nei canali, rii, barene, isole disabitate... l'orizzonte della cittý di Marco Polo...CosÏ ho capito che non sarei mai riuscito a narrare qualcosa di cui non potevo fare esperienza, i libri in sÈ non bastano se non si appoggiano, se non si associano a quell'esperienza. Mentre steppe e deserti si allontanavano, a malincuore si faceva largo la geografia degli attraversamenti in laguna, la cronaca dei giorni passati a Venezia e dintorni... Questa Ë infine la carta su cui ho viaggiato e di questo dý conto il Quaderno. Cercavo una mappa altrove, l'ho trovata vicino. Mi hanno aiutato i sogni dei Veneziani. "Il Milione" di Marco Polo oppure Corte Sconta detta Arcana di Ugo Part, mi ha aiutato la forma in urbis di Venezia. Per me Ë una balena con un arpione nella fronte come Moby Dick, una cittý Balena Bianca coperta di segni, un altro mito della cittý dei miti... No, non c'Ë peggior inizio per avvicinarsi a Venezia che partire dai miti vecchi e nuovi che sulla cittý si intrecciano...cosÏ, a malincuore, ho lasciato anche Moby Dick e ho provato a ripartire da vicino nella quotidianitý della terraferma. Il protagonista di questo viaggio sulla carta si chiama Marco, ma gli altri lo chiamano Campagne. Il viaggio di campagne Ë uno spostamento nel tempo e nello spazio che percorre la genesi faticosa della cittý d'acqua, il traffico quotidiano che segue il tortuoso andamento dei canali, i pali, l'acqua e le sue bestie (i mototopi e i cavalli di vetro di Murano) le storie di altre isole raccolte in una mappa che cerco di portar con me nel tempo, per ricominciare ogni sera a teatro a viaggiare su quel basso mare di pianura.
Marco Paolini
"Taurisano
- Cajarc" Ë uscita dalle stesse session di registrazione umbre di "Reus
- Ljubljana", pubblicato questa primavera dallEnfance Rouge. Sono
per noi canzoni storiche. Siamo sempre in viaggio. Abbiamo sempre voluto cosÏ.
Non siamo un gruppo grasso in nessun posto, ma lavoriamo e viviamo - realmente
- in tanti paesi. Cento concerti allanno, tra Swinoujscie (Polonia) e
Tunisi (Catalogna) e Ljubljana, Taurisano (Salento) e Cajarc (Lot). E cosÏ,
non ci troverete mai dove ci aspettavate. Pensiamo che il pubblico che ci segue
labbia sempre saputo. Nel giro di poche settimane siamo sempre giý altrove,
fisicamente e musicalmente.
Un fatto: la terra conta ora 5 miliardi di essere umani. 500 milioni vivono
confortevolmente. 4,5 miliardi soffrono di povertý. Da sola, la fortuna delle
358 persone pi˜ ricche del mondo, miliardi in dollari, Ë superiore al guadagno
annuale della metý degli abitanti del pianeta, ossia 2,6 miliardi di persone
(Le Monde Diplomatique, 1997). Chi lo ignora fa il gioco del neoliberismo, entra
a far parte ed Ë pedina della strapotenza dei mercati mondiali. Lignoranza
dei benestanti Ë una vergogna. La loro noncuranza un crimine. E
passiamo allartista. se cË un ruolo sociale di questultimo.
Ovvio, che cË. E cosÏ, ci fanno strane le parole dei gruppi detti di sinistra
(sarý una moda?), in confronto alle loro azioni, ovvero cachets, scelte artistiche,
scelte manageriali. Non vediamo nessun altruismo. Non vediamo nessun altruismo.
Il terzo mondo aspetterý.
Adesso distruggeremo tutto. proveremo ad uscire dalla periferia americana che
Ë lEuropa. I Sonic Youth, Nick Cave e i loro cloni ci disgustano. Idem
il post-rock, lelettronica e volendo anche i C.S.I.. Lautocelebrazione
Ë una miseria. Non siamo comunisti ma anarchici. Alla fine, siamo seri: Ë proprio
ora di essere se stessi.
"Taurisano-Cajarc" Ë prodotto dallEnfance Rouge e dato in licenza
al C.P.I..
Francois Regis Cambuzat
di Giuseppe Pionca
Incontro Tullio e Valentino, in una splendida serata cagliaritana, preludio alla bella stagione che incalza. Accovacciati sopra alcuni cuscinoni e di fronte a del buon vino, cerchiamo di evitare che Antonio, il cane di Tullio, ci sottragga i nostri antipasti...
Come siete arrivati
al Consorzio?
V. Esistevano giý dei contatti con Gianni Maroccolo, antecedenti alla
nascita degli Antennah, nascita datata tra la fine del 94 e gli inizi
del 95. I primi demotape furono quindi spediti a Gianni con il quale si
Ë consolidato sempre di pi˜ un rapporto di stima e collaborazione.
Come vi vedete
inseriti nel contesto del "nuovo rock italiano" e nel catalogo del
Consorzio?
T. Spesso ci dicono che siamo un prodotto anomalo per il Consorzio,
e per certi versi ci fa sentire ancora pi˜ liberi da costrizioni, perchÈ gli
Antennah vogliono suonare musica a 360ƒ senza escludere nulla, ci piace viaggiare
senza preclusioni di sorta.
La concezione,
la composizione, preproduzione e registrazione del vostro primo album, "Il
nostro labile equilibrio", alla fine rispecchia le vostre intenzioni iniziali?
T. Certamente. Bruce ci aveva avvisati che nessun pezzo sarebbe stato
come in origine e il primo ascolto del disco ci avrebbe dato un effetto immediatamente
negativo; mentre dopo con la sua assimilazione, vediamo in certe cose che prima
ritenevamo troppo forzate, i punti di forza di questo disco. Insomma, il nostro
giudizio Ë completamente positivo.
Il lavoro di
composizione parte necessariamente dai testi di Tullio o Valentino ?
V. Sia Tullio che io scriviamo le liriche in perfetta solitudine; testi che
riguardano la nostra intimitý e che possono scaturire anche da un film visto
o da un libro letto. Successivamente e in fase di composizione abbiamo un approccio
puramente istintivo, poi subentra il lato razionale col quale gli elementi pi˜
validi e interessanti confluiscono in una struttura pi˜ definita o comunque
in una canzone.
T. Il lavoro in sala puÚ scaturire da uno spunto, che puÚ essere un mio riff
o di Marco, un tempo di batteria di Valentino o un giro di Riccardo. Talvolta
lo spunto musicale si associa a un testo particolare, anche sotto consiglio
di Valentino. Insomma molte della canzoni degli Antennah sono nate dalla nostra
spontaneitý.
Il comunicato
stampa di presentazione al disco, conclude con: "Comunque sia, canzoni
e soltanto canzoni...", Ë anche questa una chiave di lettura al vostro
lavoro?
V. In effetti la nostra aspirazione Ë quella di scrivere soprattutto
delle belle canzoni anche se per sua definizione non intendiamo necessariamente
la struttura strofa/ritornello, ma anche il non superare mai i quattro/cinque
minuti di durata. Un brano come "Jamaica" ne Ë la rappresentazione,
Ë quasi un "parlato".
Limpatto
sonoro di un vostro concerto non corrisponde ai suoni del disco, molto pi˜ fluidi
e a tratti acustici, come mai?
T. Indubbiamente le due cose sono diverse, se nellascolto del
disco desideriamo che la gente ci si immerga, in un concerto ci piace che lo
spettatore ne sia coinvolto anche fisicamente, come Ë fisica la presentazione
di un live. Allapertura del concerto cagliaritano dei C.S.I. di questultimo
tour, abbiamo scelto i pezzi pi˜ dimpatto anche perchÈ paragoniamo il
tutto ad una fotografia, e questa la si ricorda meglio se Ë a tinte forti.
Anche se non
dedichiamo particolare attenzione alla "durezza" di un pezzo, sia
in fase compositiva e darrangiamento, o come questa verrý presentata dal
vivo.
V. Limpatto di un pezzo non Ë sempre da associare alla sua velocitý,
i nostri brani pi˜ duri non sono necessariamente veloci e il disco ne È lesatta
rappresentazione.
Quali sono i
riferimenti pi˜ evidenti alla Sardegna dentro "Il nostro labile equilibrio"?
T. I testi di Valentino, al cospetto dei miei, sono zeppi di riferimenti
non necessariamente espliciti alla Sardegna, io sono sardo come gli altri ma
di origine genovese quindi non mi ci sento legato quanto lui.....
V. Io sono di origine barbaricina (la Barbagia Ë la zona pi˜ interna e impervia
della Sardegna N.d.R.) pur essendo nato e cresciuto in cittý, quindi tutto quel
bagaglio fatto di aneddoti, storie e racconti di genitori e nonni su personaggi
realmente esistiti, hanno ispirato molte delle immagini presenti nei miei testi.
Invece il fatto di vivere a Cagliari, cittý ventosissima e intrisa di colori
e odori particolari, ha fatto il resto.
Il vostro "background"
musicale, invece, pare essere piuttosto variegato...
T. Si spazia dai "miei" Genesis di Peter Gabriel e Neil Young
ai Velvet Underground e Gong di Marco, ai Syd Barret e Frank Zappa di Valentino,
ai Nine Inch Nails di Riccardo, anche se poi tutti e quattro consumiamo valanghe
di dischi non necessariamente legati al rock o alla scuola chitarristica.
Cosa pi˜ vi colpisce
della scena italiana ?
V. Attualmente ci piacciono tantissimo i La Crus, i Santa Sangre, Andrea
Chimenti, i C.S.I., i Casino Royale e gli Almamegretta, i lavori di Teho Teardo,
i Marlene e i grandissimi Uzeda.
Oramai i riscontri
degli "addetti ai lavori" giungono da pi˜ fronti. Forse la pi˜ "spiazzante"
potrebbe essere linteressamento di Gianluca Grignani che non smette mai
di elogiare voi e in particolar modo la vostra "Ape giglio"...
T. Gianluca si Ë rivelata una persona vera e sensibile, e soprattutto un ottimo
musicista, e non puÚ far che piacere e inorgoglire un suo giudizio spassionato
e sincero. Abbiamo avuto lumiltý di avvicinarci ai suoi lavori, dopo che
ci siamo conosciuti, soprattutto gli ultimi in ordine di tempo. Riteniamo che
in Italia sia uno dei pochi ,se non lunico, cantautore rock, e apprezziamo
il fatto che si sia allontanato da quello che poteva essere un discorso puramente
commerciale e "sanremese".
V. CË da aggiungere anche il riscontro del pubblico ai nostri concerti
a spasso per la penisola. E davvero molto piacevole suonare con la gente
sempre presente sotto il palco e che dopo il concerto ti si avvicina per le
congratulazioni. Come la risposta del pubblico al concerto dei C.S.I. di Cagliari,
aperto da noi. Circa 3.600 persone che ci hanno accolto con un boato e incitato
fino al termine. Unaltra importante ascoltatrice degli Antennah Ë Cia,
la cantante di un gruppo svedese, gli Whale. Tra lei e gli Antennah Ë nata unamicizia
sincera e duratura. Tutto questo grazie ad un nostro concerto.
E giý delineata
la direzione che intraprenderete per il prossimo lavoro?
V. E prematuro parlarne, anche perchÈ si sta lavorando senza
fretta ma sicuramente il suono Antennah si sta evolvendo verso nuove direzioni,
soprattutto per ciÚ che riguarda le trame chitarristiche.
DUNE |
ELETTRONICAMENTE |
DUNE |
di Rossano Profili e Fabio Baini
"Noi abbiamo case del suono dove vengono generati tutti i suoni, e armonie che voi non avete e infinite note che scivolano leggere e continue, e diversi strumenti che voi non conoscete simili allascolto a piccole campane e cembali o a rombi profondi e potenti come onde del mare. Noi produciamo tutti i suoi articolati e le lettere e le voci e il canto degli uccelli. Possediamo anche parecchi e strani echi artificiali che riflettono la voce per molto tempo nello stesso modo in cui essa È emessa e altri che la restituiscono pi˜ forte e ancora altri che la rendono con un suono differente da come lhanno ricevuta." Francis Bacon in New Atlantis, 1624 |
Parlare di musica elettronica in Italia non Ë facile nÈ usuale.
La confusione attorno al termine ed alle sue diverse applicazioni non aiuta
certo a comprendere di cosa si tratta.
Elettronica puÚ essere un certo tipo di musica colta, come un brano
di dance commerciale oppure un vecchio album dei Tangerine Dream. Se Ë il mezzo
utilizzato per realizzare la composizione a definire il genere a cui appartiene,
allora pressochÈ tutta la musica riprodotta Ë elettronica, viste le tecnologie
impiegate in uno studio di registrazione anche solo per incidere la voce od
un qualsiasi strumento: effetti e processori di segnale, registratori digitali
ed editing in postproduzione. Quindi bisogna intendere qualcosa daltro,
un atteggiamento, una propensione culturale.
Il mezzo comunque non Ë secondario per un genere che fa della elaborazione del
suono uno dei suoi punti cardine, il proprio laboratorio di ricerca. Lattuale
concetto di musica elettronica Ë infatti legato pi˜ alla sperimentazione timbrica
e ritmica che allarmonia o alla melodia. Le potenzialitý intrinseche delle
macchine risiedono infatti nella possibilitý di creare dal nulla suoni mai uditi
prima, di riprodurre fedelmente suoni della realtý da poter poi manipolare e/o
aggiungere a contesti inusuali in una sorta di cut-up sonico, nella possibilitý
di scambiare, mescolare o scomporre in tempo reale cellule ritmiche, melodiche
o quantaltro ricercando non limitazione, bensÏ il superamento del
consueto, del giý conosciuto, del giý sentito.
Sviluppando lidea di avanguardie progenitrici (Schulze, Eno, Kraftwerk,
Cabaret Voltaire) la musica elettronica dellultimo decennio Ë riuscita
ad affrancarsi dalla logora polemica dellelettronica come musica delle
macchine grazie anche a teorie di movimenti culturali antagonisti (cyber, industrial)
in aperta polemica e reazione alla tecnologia del potere ufficiale dei governi,
dei militari e dellinformazione, combattendo al fianco di hackers, zippies
e technoanarchici, facendo proprie teorie ed analisi di certa letteratura cyberpunk
e psichedelico-elettronica (W. Gibson, B. Stearling, T. Leary). Gruppi come
Front 242, Clock DVA, Skinny Puppy, gli italiani Pankow, e a seguire band crossover
come Ministry, N.I.N., Young Gods hanno scritto pagine che hanno posto le basi
di una scena tra le pi˜ variegate e ricche di novitý e sperimentazione.
Lo sviluppo di tali basi Ë stato possibile grazie alla scena techno-house-breakbeat
che dai rave degli anni 80 alla club culture degli anni 90 ha formato
generazioni di neo-musicisti, dj e techno-kids, inventato nuove fomule ed alchimie
sonore, favorito numerose collaborazioni e contaminazioni accellerando sempre
pi˜ la sperimentazione: una sorta di rivoluzione paragonabile al fenomeno
punk del 77.
I tempi della diffidenza nei confronti delle nuove tecnologie hanno lasciato
il campo ad un loro uso ragionato. La conoscenza del mezzo fa sÏ che questo
non ci venga imposto: siamo noi che lo scegliamo e lo usiamo, a volte come semplice
strumento, a volte come complice delle nostre fantasie.
La Dune Records ha iniziato nei primi anni 90 con produzioni
in sintonia con gli interessi di Paolo Favati, suo fondatore, membro dei Pankow
ed attivo produttore di gruppi ed artisti legati alle sonoritý di quegli anni.
In seguito Paolo Favati si Ë concentrato su produzioni di techno, crossover
industriale ed altro segnando la propria presenza con artisti e band tra le
quali Templebeat, Attrition, Lassigue Bendthaus, Distant Locust, Dive, e collaborando
con produttori quali Adrian Sherwood, Rico Conning, Paul Kendall, Goh Hotoda,
Roli Mosimann.
Oggi insieme ad un gruppo di produttori che, attenti alle nuove sonoritý, formano
la Dune Crew, Paolo Favati ha ricostituito la Dune Records e con la collaborazione
artistico-professionale di Gianni Maroccolo e del Consorzio Produttori Indipendenti
(giý avviata con la produzione di Otero ed i remix dei Marlene Kuntz) sono state
poste le basi per la realizzazione di unetichetta di musica elettronica
che affrontasse la materia sonora con un approccio overground, come da anni
avviene in Europa, a favore comunque di una sensibilitý compositiva dautore.
Le nuove produzioni riflettono la scena elettronica odierna e si propongono
anche come nuove possibili linee di sviluppo per la musica di confine e dautore,
mettendo in luce inoltre la variegata formazione artistica e professionale della
Dune Crew e le differenti influenze e passioni che la costituiscono. Una passione
per suoni e ritmi elettronici, per il campionamento e la sintesi sonora, per
la voglia di fare quello che normalmente una produzione classica
non farebbe mai, per quei groove che hanno un calore e una forza non inferiore
alla musica suonata.
Come prima uscita sul mercato discografico la Dune Records ha deciso di proporre
una compilation di artisti Dune Records/CPI che esprimono ampiamente le sonoritý
che verranno proposte nelle prossime produzioni.
Metatoys, titolo scelto per la compilation, Ë stata progettata e realizzata
da Paolo Favati che si Ë avvalso della collaborazione della Dune Crew a seconda
dei contesti e delle specifiche sonoritý.
Metatoys sarý inoltre una serie di concerti/performance che vedranno impegnati
gli artisti proposti nella compilation, la stessa Dune Crew, ed ospiti quali
dj, videomaker, performer.
A risentirci, a rivederci.
Meta:
meta
Oltre, dopo. Prefisso di composti indicanti partecipazione, successione, cambiamento.
Toy: Gioco, balocco.
Dunque giocattoli mutanti. Od una partecipazione al giocare.
Solo una parola inesistente, un neologismo, poteva descrivere il contenuto di
questa raccolta. Il concetto del gioco, atavico e contemporaneamente ipermoderno,
unito al cambiamento ed alla partecipazione, definisce in maniera eloquente
lintenzione delle tredici tracce presenti su Metatoys.
A partire dallimmagine di copertina, un bambino inquietantemente adulto,
si viene introdotti nelluniverso puro ma disincantato dellesplorazione
sintetica della realtý.
Dai richiami orbitali dei Transonia che aprono il disco veniamo
calati nel ricordo di orrori terreni con Lagerblumen di Otero,
metafisica jungle; inghiottiti successivamente nei vortici sonori dei WWF
(Bruce Morrison alla voce, Paolo Favati alla regia) ci si placa momentaneamente
con il lirismo soffocato degli Here: M.T.T. (Meathead, Matera),
Martin Atkins (PIL, Ministry), Lydia Lunch (Teenage Jesus, Sonic Youth).
Sorprendentemente scattante e nervosa Ë la jungle di Fabba,
mentre una calma apparente regna nellincrocio di frequenze per Alex
D. Steak; dalle eteree parole nellelectro-dub dei Left-Right
si passa allidioma quasi infantile nel lo-fi elettronico di Indefatigable
Neural System.
Il laser continua a sondare il disco argentato codificando i trascinanti beatz
chimici dei Weird Uncle Betty e dei L.I.N.,
incontrando la deviante energia di Kiloton, analizzando limpeto
metal in singolare fusione drumnbass dei Manergy.
La sperimentazione rumorista industriale di Dkea infine pone
laura dellindefinito, quale enigma irrisolto, allascoltatore
che come in qualsiasi gioco ha giý voglia di ricominciare.
Biografia di Ageo
20 maggio 1958 - Villa Minozzo (RE)
Nasco nella casa del calzolaio da una pastora poi casalinga.
E lunedÏ, ho poca voglia di dire anche perchÈ 3 fratelli + grandi dicono
anche troppo.
Di spirito frugivoro la necessitý mi fa onnivoro, cosÏ mi trovano linfatico
e mi apparento agli alberi, o almeno mi sembra di capirli.
Tranquillo li osservo a lungo.
31 marzo 1966
Rimango orfano, per ora solo di padre, pi˜ tardi anche di dio e dei maestri.
1 ottobre 1969 - Marola (RE)
Mentre lontani echi di fratelli + grandi parlano di rivolta, entro in collegio
a Marola.
Corridoi, lunghi corridoi come il carcere e lospedale.
Il 20 maggio mi regalano una chitarra. Per i successivi tre anni mi sarý daiuto.
1 ottobre 1973 - Reggio Emilia
Dada Ë grande almeno come da Porta Castello a Piazza S. Prospero, ed E. A. Poe
Ë il suo profeta.
Ascolto Fausto Papetti e leggo Steimbeck.
Pi˜ tardi imparo la fantascienza. Amo i fumetti.
5 novembre 1978 - Bologna
Ho 20 anni, mi agito in tutte le direzioni. Bologna Ë viva.
DAMS? Chi era costui? Preferisco Nillo, Gingi, Franco, Il sud America di Munoz
e Sampajo, dei Breccia e di Mandrafina; o la Parigi di Metal Urlant, di Drillet,
di Girot, o la Grecia dei buzuki e delluzo.
Il giradischi del libanese in via S. Stefano suona i Velvet, la classica, De
AndrË, i Devo, Zappa...Radio Cittý, poi del Capo...La birra, le donne, il fumo
il blues di Bologna finisce a Porta Mazzini, poi fuori S. Vitale, poi fuori
anchio...
1986
Torno a casa, siamo in tanti sul treno...
1988
Murgai suna
Pinin Mardus
Radio Bilsga
Sono il campionatore umano di UstmamÚ
1997
Il mondo Ë piccolo, anzi microscopico in quanto monitor tastiera Apple/Akai
che ha aperto una finestra sul mondo delle forme musicali.
Io sto qui nella mia scatola, e voi?
1998
Ho quasi 40 anni, comincia la vita, dicono.
Ma se mi se ne chiede il riassunto, la biografia, non sarý perchÈ si Ë deciso
che Ë finita?!
AGEO "TRASHCAN"
Se non fosse colpa di un campionatore, di un resample e del sequencer,
dovrei incolpare Tristan Tzara "Come si fa una poesia dadaista" e
il cut up di W. Burroughs; ma trattandosi di musica elettronica preferisco citare
gli strumenti della sartoria, ed in particolare del ricamo: lago, il ditale,
le forbicine, i molti fili colorati, talora il tombolo, e poi le figurine multicolori,
lorlo a giorno, le cifre, il punto e croce, il punto erba, il punto pieno.
Non Ë algomusic, non ci sono algoritmi dietro le mie scelte; potrebbe essere
etno-funk-trance-ambient, se fosse distribuita nei coffÈe shop e pagata in Euro;
di fatto Ë il frutto maturo della mia esperienza adolescenziale dellimmondezzaio.
Dalla grande pattumiera sonora planetaria ho prima separato il rusco dal brusco,
poi risistemato il brusco ho rimasticato il rusco et voilý!...
La mia musica marziana per gli adolescenti del terzo millennio.
Udire per credere.
Scommettere o tacere.
(Il disco Ë stato prodotto da Luca Rossi degli UstmamÚ.)