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YANN TIERSEN

L'Uomo Orchestra

YANN TIERSEN "Le Phare"

Le PhareYann Tiersen Ë un "pazzo", un polistrumentista (dal violino alle marmitte, nel mezzo di tutto e di pi˜), un compositore per cinema e teatro, un solista con tre album all’attivo, un genio musicale, un visionario, un uomo che con la sua musica riesce a far sognare, un diplomato al Conservatorio, un direttore d’Orchestra, un artista che il C.P.I. ha deciso di pubblicare in Italia (in terra Transalpina la sua etichetta Ë la Virgin France), un precursore, un attento osservatore. Yann Tiersen ed il suo ultimo album, "Le Phare", per farci visitare un mondo parallelo.

No AgeYann Tiersen Ë nato in Bretagna all’inizio degli anni ’70. Ha studiato, al conservatorio di Rennes e Nantes, violino, piano e direzione d’orchestra. PerÚ il suo mondo non si limita al classico, infatti con tre all’album all’attivo ha saputo creare un universo musicale originale ed in grado di sfuggire ad ogni classificazione.
Ecco di seguito una lista dei suoi lavori.

FORMAZIONE:

1976 Conservatoire National de RÈgion de Rennes, solfeggio e piano.

1977 Conservatoire National de RÈgion de Rennes, violino.

1983 Diploma di fine degli studi, violino e solfeggio, con ottimi voti.

1986 Conservatoire National de Boulogne, violino superiore.

1993 Entra al secondo anno di composizione al Conservatoire National de RÈgion de Rennes, promosso con ottimi voti.

Classe di direzione d’orchestra al Conservatoire National de RÈgion de Nantes.

COMPOSIZIONI PER IL CINEMA:

1992 "Pixillation", cortometraggio di Pierre Bouchon.

        "La Tectonique Des Plaques", film d’animazione, Lazenec Prod.

1994-1995 "L’Autre Corps", cortometraggio di Patrice Brochet.

                   "Court-circuit", cortometraggio di Laurent Gorgiat.

1996 "Le Kid" di Charlie Chaplin, CinÈ Concert – Festival Travelling, tournÈe francese.

1997 "L’Homme Aux Bras Ballants", cortometraggio di Laurent Gorgiat, Lanzanec Bretagne Prod. Diffusione nelle sale e            Canal Plus (FIPA d’oro)

          "La Vie RvvÈe Des Anges", lungometraggio di Eric Zonca, Bagheera prod., premio per l’interpretazione femminile              a Cannes.

         "Le Cyclope De La Mer", cortometraggio di Philippe Julien, JPL Film, Rennes.

 COMPOSIZIONI PER IL TEATRO:

1994 "Bal Trap" di Xavier Durringer, Cie Ainsi de Suite.

1995 "Freaks", Cie La Gaterie.

         "Deux N§ Moderne" di Mishima, Cie Ainsi de Suite.

1996 "Quartet", Cie Ainsi de Suite.

        "Le Funambule" di Jean Genet, Cie Digor.

1997 "My Fridge Fair…y", coreografia di Jim Vincent. Utilizzo di quattro titoli di "Rue Des Cascades".

Yann Tiersen

INTERVISTA

Una musica intimista e raffinata a base di strumenti come di ipotetiche bande Ë per un cinema senza schermo, questo Ë "Le Phare", terzo album di Yann Tiersen. Un bretone.

In due parole cosa Ë successo prima di "La Phare"?
Due album, "La Valse Des Monstres" e "Rue Des Cascades".

Qualche pezzo del tuo nuovo lp Ë stato registrato sull’isola d’Ouessant. Uno strano posto…
E’ vero, ma non sono pi˜ andato a lavorare a Parigi. Infatti a quell’epoca dovevo fare la musica di un film su un guardiano del faro. Ho affittato una casa per tre settimane con i miei strumenti ed i miei magneti ed ho registrato tutti i pezzi. Ne ho tenuti tre per questo album. E’ un posto che conosco da molto tempo e che mi piace molto.

In alcuni pezzi c’Ë una influenza celtica. E’ voluta?
No, Ë incosciente, ma non ho cercato di sbarazzarmene. Ne ho ascoltata molta nei bar, a Brest, o a Rennes. Non amo molto che mi si parli di folklore. E’ una scelta degli strumenti, piano, violino, fisarmonica, che dona alla musica un colore.

Tu parli di musica per i film. Ti piace lavorare per il cinema?
SÏ, quando c’Ë l’incontro. Ma in ogni caso non mi interessa l’illustrazione delle immagini. E’ pi˜ sottile…

Quali sono gli artisti che ti hanno influenzato?
Steve Reich, Joy Division, Sonic Youth, My Bloody Valentine, gli Stooges ed oggi Tortoise.

PerchÈ non canti?
Sto cominciando. Sull’ultimo pezzo dell’album canto. Fino ad allora avevo un piccolo blocco con la mia voce. Veramente non vedo la differenza tra un pezzo cantato ed uno strumentale. Ho un legame intimo con ogni titolo. E’ come una parte della mia vita. Come una pagina di un giornale intimo.

 

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AGEO

 

Genealogia

 

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MASSIMO ALTOMARE e STEFANO BOLLANI
"GnÚsi delle fýnfole"

Gnòsi Delle FànfoleSignori, potrei dire, eccovi alcuni esperimenti di poesia metasemantica.
Per millenni il procedimento principe seguito nella formazione e nell'arricchimento del patrimonio linguistico Ë stato questo: dinanzi a cose, eventi, emozioni, pensieri nuovi, o ritenuti tali, trovare suoni che dessero loro foneticamente corpo e vita, che li rendessero moneta del discorso....
Nella poesia, o meglio nel linguaggio metasemantico, avviene proprio il contrario. Proponi dei suoni e attendi che il tuo patrimonio d'esperienze interiori, magari il tuo subconscio, dia loro significati, valori emotivi, profonditý e bellezze. E' dunque la parola come musica e come scintilla...
Il linguaggio, salvo rari casi, mira ai significati univoci, puntuali, a centratura precisa. Nel linguaggio metasemantico invece le parole non infilano le cose come frecce, ma le sfiorano come piume, o colpi di brezza, o raggi di sole, dando luogo a molteplici diffrazioni, a richiami armonici, a cromatismi polivalenti, a fenomeni di fecondazione secondaria, a improvvise moltiplicazioni catalitiche nei duomi del pensiero, dei moti pi˜ segreti.
Il lettore non diviene solo azionista del poetificio, ma entra subito a far parte del consiglio di gestione e deve lui, anche, provvedere alla produzione del brivido lirico. L'autore pi˜ che scrivere, propone. Se Ë riuscito nel suo intento, puÚ dire di avere offerto un trampolino, nulla pi˜.

Tratto dall'introduzione a "La gnÚsi delle fanfole", Baldini&Castoldi, 1994

Fosco Maraini Ë nato a Firenze nel 1912. Scrittore, antropologo, etnologo, fotografo, Ë stato ricercatore a Oxford e nelle universitý di Sapporo e Kyoto. Ha insegnato lingua e letteratura giapponese all'Universitý di Firenze.
Ha scritto libri di successo quali "Segreto Tibet" e "Ore giapponesi", tradotti in moltissime lingue.

LA GNOSI DELLE FANFOLE

Raccolta poetica di Fosco Maraini musicata da Massimo Altomare & Stefano Bollani

Massimo Altomare - voce
Stefano Bollani - voce, pianoforte, fisarmonica, arrangiamenti

Massimo Altomare e Stefano Bollani

Massimo Altomare Ë nel mondo della musica d'autore italiana da pi˜ di 20 anni. Negli anni '70 forma un duo di successo con Checco Loy col quale incide tre dischi per la CGD. Ha all'attivo anche due album da solista usciti negli anni '80 per la RCA. Negli ultimi anni, insieme a Bollani, ha ideato una serie di spettacoli improntati al recupero della canzone italiana del passato (dagli anni fra le due guerre fino all' avventura del beat), che sono stati portati in teatri e locali di tutta Italia.

Stefano Bollani, diplomato presso il conservatorio Cherubini di Firenze, si muove in ambiti musicali spesso considerati lontani tra loro, da ensemble cameristici (i solisti dell'Orchestra Regionale Toscana) a prestigiose collaborazioni pop (Jovanotti, Raf, Laura Pausini, Irene Grandi) fino a solisti jazz del calibro di Richard Galliano, Lee Konitz, Kenny Wheeler e soprattutto Enrico Rava col quale collabora assiduamente.

I SOLISTI GNALIDI

Piccola orchestra formata da ottimi musicisti da lungo tempo attivi in pi˜ ambiti - pop, jazz, musica da camera.

Mirko Guerrini - sax, flauti
Beatrice Bianchi - violino
Riccardo Onori - chitarra
Milko Ambrogini - contrabbasso, basso elettrico
Walter Paoli - batteria, percussioni

 Il lavoro discografico vede la partecipazione alle voci di Emy Berti e Riccardo Pangallo.

 

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Mondi strani

 Siccome mi Ë stato chiesto, con intenzioni maliziosamente ovvie, "Ma chi sono ‘sti Sonic Youth?", sapendo, anche qui ovviamente, che il destinatario di tale domanda rappresentava la motivazione stessa del porla in quel tono, ne approfitto per raccontarvi il concerto di questo gruppo americano a cui ho assistito nelle due occasioni di Jesolo e Correggio. Queste esibizioni succedevano a quelle dei Marlene Kuntz, fortunati frequentatori degli stessi palchi. A Jesolo (Beach Bum Festival) non si puÚ fare il sound-check: in genere Ë la norma, ai festivals, dati i molti gruppi e il poco tempo. I pi˜ organizzati, per giustificata possibilitý, dispongono di gente affidabile che controlla in maniera sommaria certi equilibri di suono basilari. Anche per i Sonic Youth Ë cosÏ, ma quando salgono sul palco nessuno si accorge che l’introduzione Ë un lungo sound-check dissimulato e compresso entro le sue apparenze! Una qualche affidabile noncuranza indirizza le impressioni dei quattro strumentisti, che senza fretta giungeranno al comune tracciato: un fiume immenso e placido crescerý e scorrerý via via, trascinando.
Quei circa dieci minuti di test per arrivare al primo pezzo sono dunque la deriva rassicurante e incantevole verso un’oasi speciale, la stessa che gli sprovveduti chiamerebbero "miraggio" dopo aver ricusato le lusinghe all’abbandono, e sono pi˜ che sufficienti per sfregarsi mani e cuore all’idea di ciÚ che sarý.
Dal palco il suono di ogni strumento Ë a un livello di bellezza vertiginoso, ed Ë la sintesi della suprema maestria nella gestione, definizione e modellatura della propria arte unica e del proprio punto di vista al servizio delle invenzioni per un nuovo mondo (la ragione d’essere stessa di ogni processo creativo interessante o stupefacente). Non li ho visti "da fuori", come dicono quelli che stanno nel retropalco, ma sempre sul palco, e da dietro. Da questa posizione privilegiata li ho ammirati nella loro integritý, quella per cui si ritrovano a quarant’anni a essere personaggi non solo credibili, ma fighi e affascinanti.
Io credo che l’onestý sia un requisito essenziale per ogni artefice, e intendo quel tipo di onestý che vieta sempre e comunque l’utilizzo di espedienti fasulli o di comodo, che non rispecchiano la sintonia totale con l’anima creatrice: anche una singola nota puÚ essere incredibilmente, o sottilmente, retorica e ridondante, e infastidire..... Ai Sonic Youth certe debolezze non si possono imputare, e un loro concerto ce lo impone indelebilmente.
La loro opera si rigenera con gli stessi ingredienti di sempre (prendete a esempio una qualsiasi figura importante dell’arte, e verificatene l’analogia), perchÈ da sempre producono coi loro aggeggi materiale gravido di nuove intuizioni; e se puÚ forse essere che la discografia, nelle sue ultime incisioni, si definisca con qualche minor brillantezza, dal vivo l’abilitý nel porgerla alle emozioni singole e collettive Ë indiscutibile: vi sono cose durante una loro performance estremamente emozionanti e, in un certo senso, commoventi, e ritrovarsele a distanza di tempo rinvigorite, rielaborate, re-interpretate, Ë il viaggio su e gi˜ per la spina dorsale di un brivido compiaciuto. La cura con cui vengono disposti i particolari, la sacra pazienza con cui si intessono le trame incantatrici, la solennitý con cui si muovono le ondate inarrestabili, la precisione con cui si risveglia l’attenzione di tutti gli occhi rapiti alla riconfigurazione improvvisa della "canzone com’era quando Ë partita", hanno una forza assoluta che sbaraglia il campo.
A Correggio la scaletta Ë stata uno spietato crescendo di suggestioni multicolori, multiodori e multiumori. La musica ha veleggiato con le molteplici sensazioni sprigionate, in una quasi palpabile circumnavigazione magica sospesa in riva al cielo. All’approdo, il lento ricongiungimento con la terra, attraverso il ristagno di una fosforescente psichedelia analogica, ultimo show di fuochi d’artificio inatteso: quattro tipi nell’intento di liberare per l’aria nuove figure di suono e nuovi colori, giocano coi loro clichÈ ai bordi del nostro arrivo, e noi disperdiamo la nostra ebbrezza in questo paesaggio rigoglioso, consegnando alla memoria vivide istantanee di brillantezza e passione.

Sono sempre stato affascinato dalla ricchezza della loro composizione, cosÏ prodiga di addobbi e dettagli da non poterne trovare di simili in altri progetti nati e morti nel tempo.
Il rock Ë spesso e volentieri un tipo di linguaggio sorprendentemente banale, perchÈ si fonda sull’impiego di trucchi e certezze consolidati che ne garantiscono la fruibilitý che sappiamo, e perchÈ fa leva su elementi di fascinazione che, essendo gli stessi di sempre e agendo sulla componente istintiva e "animale" dell’uomo, sono facilmente smascherabili. La maggior parte delle bande li assume come dati di fatto, indiscutibili, evidenziando i limiti di un tale approccio povero nella giý scarsa disponibilitý di mezzi utilizzabili.
L’arte sonica Ë un conglomerato di tentativi riusciti di destabilizzare questo stato delle cose, con una giusta misura che gli ha garantito l’intramontabilitý (pensate all’intransigenza ottusa di certo estremismo sonoro, cosÏ a senso unico da chiedersi se sia mai possibile nutrire un solo incazzoso sentimento e grugnire costantemente, o agli schematismi della canzone videabile con il ritornello che arriva in tempo utile, o eccetera).
Eppure da pi˜ parti della critica rock super underground, la stessa che vanta i meriti di averli scoperti e sponsorizzati, si tende ora a maneggiarli con la caustica altezzositý di un telent-scout impettito e bizzoso (e un po’ rincoglionito, o plagiato), insinuando addirittura intenzioni commerciali da un certo punto della loro carriera in poi.
Ma la loro importanza vola pi˜ in alto ed Ë proporzionale alla incredibile potenza con cui certe caratteristiche della loro musica si sono radicate nel gergo rock, pop ed elettronico degli ultimi anni, e vi corrisponde, Ë una mia sensazione, la conseguente consapevolezza che ogni loro comportamento evidenzia, con intelligenza e, credo, necessaria superioritý: Ë probabile che siano loro i migliori critici di sÈ stessi, da qualche tempo a questa parte, insieme a tutti quelli che li amano al di fuori degli......esclusivissimi giri della discussione saccente intorno alla musica giovanile.

Accade poi che la possanza mitica del loro nome, per la quale a distanza di una quindicina d’anni dalla sua creazione ovunque nel mondo se ne estrapola la qualifica "Sonic(o)" per le definizioni pi˜ disparate e meno azzeccate, si spinga sino alle generiche suggestioni di molti nuovi arrivati, che sperimentano un primo approccio volenteroso assistendo a un loro live: un mondo strano, a volte bizzarro, a volte noioso, a volte sgraziato, privo di appigli se non le spine da istrice, si manifesta allo sbigottimento avanzante come un cancro, disorientando e allontanando (lo stesso tipo di affrancamento lo potete rintracciare nelle fauci spalancate di colui che sbadiglia, che ne so, alla visione di un film.....troppo lento).
E siccome tutte le parole che precedono l’epilogo che questa frase rappresenta sono in appassionata contraddizione con i motivi di queste "fughe", lasciamo che la nascosta veritý continui a bazzicare nei posti giusti, e irrintracciabili....perchÈ anche il mondo che viviamo Ë strano assai!

 

Posta scriptum: i Marlene Kuntz stimano profondamente questi quattro signori.

Cristiano Godano

 

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