VIDEOLABILE

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Un video. Una video compilazione. Una compilazione del Consorzio, prodotta da "Il Maciste" e messa in vendita solo per i lettori di questo organo d'informazione. "Videolabile", una videocassetta con quindici interventi visivi. Quindici affreschi fotografici divisi tra dieci gruppi: A.F.A., Umberto Palazzo & Il Santo Niente, Disciplinatha, C.S.I., Yo Yo Mundi, Andrea Chimenti & David Sylvian, Marlene Kuntz, Ustmamò e Corman & Tuscadù. Una idea che vuole racchiudere due anni di produzione video (gennaio `94/gennaio `96), due anni che per il Consorzio Produttori Indipendenti hanno significato ritagliarsi un angolino nel mercato discografico italiano, un angolino importante, non solo per i gruppi della Famiglia, ma anche per far crescere un moto di interesse nei confronti di un panorama musicale relegato per troppi anni ai confini del music business. Una videocompilazione con quindici clip significa anche un momento di autocelebrazione, autocelebrazione fatta senza dover mostrare i muscoli e la forza bruta, ma semplicemente il lavoro svolto, il sudore, la gioia, la passione. Quindici videoclip distanti anni luce l'uno dall'altro, manipolati da registi, montaggisti, operatori, sceneggiatori diversi, geograficamente, culturalmente e anagraficamente distanti.

L'archivio video del Consorzio richiede partecipazione da parte di coloro che vorranno trascorrere un'oretta davanti alla televisione. Una partecipazione attiva, un lasciarsi andare alla vista dei fotogrammi che si rincorrono uno dietro l'altro. Una partecipazione che non deve dimenticare i rispettivi lavori discografici di ciascun gruppo, ma che anzi da queste immagini deve trarre ispirazione, emozioni e sentimenti.

Non ho mai amato i videoclip, li trovavo un miserevole attentato alla mia persona, alla mia fantasia. Un voler violentare la mia immaginazione. Un videoclip è un qualcosa che ti rimane dentro, è una visione di un brano che ti ritornerà alla mente ogni volta ascolterai quella canzone. Pensate invece quanto era bello chiudere gli occhi e lasciarsi andare, immaginando visioni, personaggi e storie. Ognuno poteva così girare il proprio videoclip semplicemente abbasando le palpebre, ognuno era sceneggiatore, regista, o montaggista. Poi qualcuno capii che era più semplice girare un video e spedirlo a mezzo mondo, piuttosto che far volare il proprio artista da un continente all'altro. La moda dei video dilagò ed oggi non c'è artista che non si cimenti con questa forma d'arte. Ebbene ho sempre odiato i videoclip, ho sempre disprezzato il voler imporre una sola ed unica visione di una canzone.

Poi qualcosa è cambiato, qualcosa è scattato dentro di me. Ho visto il video di "In Viaggio" e "Del Mondo" dei C.S.I., "Rollamuffin" degli Ustmamò, "La Diserzione Degli Animali Del Circo" degli Yo Yo Mundi, "Lieve" dei Marlene Kuntz, "Up Patriots To Arms" dei Disciplinatha, "Moderno Primitivo" degli A.F.A., "Ti Ho Aspettato" di Andrea Chimenti e mi sono ritrovato in quelle immagini, mi sono sentito a casa, mi ero già immaginato quelle sequenze, quel svolgersi, quei passaggi. Finalmente i videoclip non avevano distrutto le mie fantasie. Credo che il significato di tutto questo sia alla base di una sintonia con le canzoni, un appropriarsi interiore di parole e suoni. Ecco perchè sono ormai giorni che ininterrottamente "Videolabile" continua a passare sullo schermo del mio televisore, ecco perchè lo consumerò visione dopo visione, ecco perchè queste immagini mi sembrano così familiari. Voi invece cosa ne pensate dei videoclip?
Andrea Tinti

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MONDARISO

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Titolo: Mondariso
Data di Uscita: 25/4/1996
Luogo di Presentazione: Correggio (RE)
Produzione: Fabrizio Tavernelli
Foto: Fabrizio Cicconi
Grafica: Diego Cuoghi
Minutaggio: 43.01

"Strani alleati, noi: una città e alcuni musicisti che furono punk. Nessun futuro possibile a partire da questo presente: questo era il punk. E allora meglio tornare sui propri passi, e provare altri futuri, partendo da altri passati.
Forse poteva esistere, per le mondine e per le risaie, un futuro migliore di quello dei veleni chimici; e forse sarebbe potuto esistere, per noi, un futuro migliore di questo; e speriamo che queste canzoni, che affondano le loro radici nella nostra terra e nel nostro sudore, siano un buon viatico per noi, viaggiatori un pò spaesati, ma ostinati cercatori di un'altra età dell'oro.
La monda, uno dei lavori agricoli più importanti e caratteristici nell'Italia del primo novecento, era l'operazione con cui si estirpavano manualmente le piante infestanti della risaia. Si svolgeva all'inizio dell'estate a partire dalla fine di maggio, per un periodo di 5/7 settimane (i "40" giorni di tante canzoni). Le mondine erano lavoratrici stagionali (in grande maggioranza donne, anche in ragione della concomitanza di altri lavori agricoli che impegnavano gli uomini), che, organizzate da intermediari, partivano in gruppi per le risaie della Padania. Le condizioni di lavoro delle mondine erano dure: 10/12 ore al giorno tra le bisce, topi e zanzare, sotto il sole; il sonno notturno nel "camerone" su mucchi di paglia; riso, fagioli, pane vecchio e poco altro da mangiare; bassa la paga. Le condizioni di lavoro e di vita durante la monda, oltre al fatto che folti gruppi di lavoratrici si trovavano assieme, spesso per la prima volta, lontano da casa, hanno fatto delle mondine le protagoniste di importanti lotte sindacali, antesignane del movimento per l'emancipazione femminile e supporto fondamentale della lotta di liberazione dal nazifascismo.
La cultura orale delle mondine ha avuto come principale mezzo di comunicazione le canzoni, basate su melodie popolari molto diffuse e su strutture ritmiche elementari e cadenzate tipiche di tutti i canti di lavoro. I testi venivano sovente inventati dalle mondine durante il lavoro. La monda manuale é cessata nel 1964.
Il Coro delle Mondine di Correggio si confronta su questo cd con la propria storia, eseguendo canzoni cantate durante il lavoro, e con alcuni gruppi che dalla storia delle Mondine hanno tratto e traggono le basi profonde del loro esistere: A.F.A., Piva Dal Carner, CCCP Fedeli Alla Linea.
Questo é tutto. Ma non pensate ad una operazione retrò, che il cd rivela affinità sorprendenti con la musica moderna: 18 canzoni in 32 minuti, impresa riuscita solo ai Residents agli inizi degli Anni 80 e ad alcuni gruppi Hard-core californiani prematuramente scomparsi (su tutti i Circle Jerks di "Group Sex"); una attitudine all'autogestione della propria musica, al prezzo imposto, al controllo assoluto della produzione e messa in commercio propria delle frange più estreme. E, sul retro cd, lo stesso divano dei Cranberries di "Zombie".

Il Comune di Correggio

I Dischi Del Mulo

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DISCIPLINATHA "PRIMIGENIA"

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Gian Maria Turi ha collaborato ai testi di "Primigenia", nuovo album dei Disciplinatha, quello che segue é il suo pensiero sul secondo album del gruppo bolognese.

SOVRAIMPRESSIONI A "PRIMIGENIA", NUOVO DISCO DEI DISCIPLINATHA
Avevo scritto alcune righe di presentazione per una cassetta demo con 5 brani del nuovo album Disciplinatha. Questo sotto Natale. Poi i tempi di creazione e produzione del disco si sono superaccelerati, mentre il precedente numero de "Il Maciste" é stato dedicato a Ustmamò e varie; così oggi, i primissimi di marzo, "Primigenia" é quasi finito e riproporre quell'articolo immutato e nella sua interezza non avrebbe molto senso.
Comunque, avevo scritto: "...vengo fagocitato dalla musica e poi risputato fuori, e questo mi fa rimanere all'erta, attento. Perché fuoriescono dal silenzio, o dal fruscio nein-dolby del nastro, "New Dawn Fades" (copyright Joy Division) e "Esilio" - questa precisamente la sensazione che provo, che le note nascano a forza da un'interzona in ombra dai mille più mille rumori umani e là tornino a dormire alla fine del tempo concessogli. Potrei chiamarla lo spazio infinito di ognicosa in potenza, ognicosa costretta a negarsi dopo essere stata da qualche parte, per qulacuno. Non sempre ci si accorge di questa provenienza della musica. Da qui però vengono "New Dawn Fades" e "Esilio" e da qui anche "Otto Minuti", per quanto meno evidentemente, più distrattamente. I primi due, infatti, li vedo così, un gigante incastrato in una roccia informe che gli rende la vita possibile e assieme lo richiama a sé; mi sento sovrastato dalla tensione e dall'inquietezza di un parto del genere e l'atmosfera a volte trasognante non mi riesce a ingannare. E' la chitarra dai suoni piegati a comunicarmi questo, principalmente. L'altro, dico "Otto Minuti", sopravviene invece come una apparizione o una lieve fiammata di aurora boreale nell'oscurità: che la vedi e sembra soffrire. Però resta lontana rampa di colori. Viene. Se ne va. Mi lascio affascinare da queste associazioni, insegno immagini intriganti, sinapsi che non so giustificare. QUindi il gigante, l'aurora boreale; mi viene in mente un teatro di luci e di stracci, di schiene che inarcano onde, cantilene e richiami; mi sento dentro i suoni magnetici di un orizzonte illimitato che ti incatena all'immenso, al non definito. Spirali di energia che sbocciano e si disperdono senza ragione; qualcosa da ricordare che continuamente sfugge".
Avevo scritto questo e non l'ho rinnegato. Avevo scritto ancora di altre due canzoni, "Lingua Lusinga" e "Quanto mi ami?", ritenendole però incomplete, soprattutto nei testi. Ma a disco ormai ultimato quei dubbi non hanno più ragione di esistere, ampiamente fugati da correzioni e diverse trasformazioni. Aggiungo invece una nuova sensazione generale che ho avuto proprio oggi, ascoltando in sala di registrazione stralci di un altro pezzo che ancora non conoscevo e rileggendo tutti i testi. La sensazione che la rabbia esplosiva dei Disciplinatha di "Addis Abeba" sia venuta via via mutandosi in rabbia malinconica. Più trattenuta, più spessa, più tesa. Mi sembra la rabbia del fallimento, la rabbia di chi non ha scelta, la rabbia di chi si scopre umano. E il fallimento é epocale; il non avere scelta é di ogni uomo libero nel libero mercato e nella libertà di informa(tizza)zione; il trovarsi umani è sconvolgente quando l'umanità la scopri cucita sulla faccia di tutti, di chi ami, chi odi, chi ignori.

Gian Maria Turi

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Dice di sè: ascoltatrice femmina, scombinata, emotiva, usa male le parole, entra negli argomenti di dialogo con cose che non c'entrano ma ci entrano.
Facile alacrimevole felice.
Grande dilatazione delle cose che vive, scava in ogni posto, le cose piccole sono grandi, vedute circolari cariche. Dice di "Linea Gotica": un giro intorno, la inseguo, mi fermo, "Linea Gotica" mi insegue per la casa, pretende ascolto.
Mi fermo di nuovo. Conferme, voci su musiche senza tempo, violini verde viola, chitarre azzurro giallo, pianoforte argento bianco, basso blu notte, voce rubiscente, parole nero. Rispolverati vecchi comandamenti, generati comandamenti nuovi.
"Occore essere attenti". Vivo che esce, se ne possono trovare sparsi per la casa. C.S.P.: non so perchè ma adesso mi suona meglio così. Personalità musicale, un matrimonio felice, la sposa Giovanni sarà sorretta e accompagnata magistralmente fino all'altare. Libro, copertina, parole, pagine, immagine, colori, vietato ai minori. Fra molti anni su di una soffitta, tra polvere e raggio di sole, qualcuno che va a ficcanasare lo troverà. Lui sarà lì al suo posto.
Volume alto.
Per il godimento dei colori tenui un po' nascosti.

Valeria Cevolani - Disciplinatha

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Tutti i dischi dei Disciplinatha sono sempre "poco Disciplinatha" eccetto il primo che era "molto Disciplinatha", anzi, era "Disciplinatha".
Il discorso classico che "i tempi e la musica cambiano e noi ci evolviamo con loro" lo darei per scontato.
La caratteristica dei Disciplinatha é che si cercano in continuazione. La novità è che forse si sono trovati.
La qualità di sporcizia smistata all'interno della musica soddisfa gli ultimi e resistenti residui di cattiveria punkrumoristi presenti in ognuno di noi.
La qualità delle melodie sono il frutto delle ricerche della nostra parte misticolevitante.
Dinamiche morbidoviolente, possibilmente.
Tensione sfogata, abbastanza.
Pensieri, parole, opere, omissioni.
Perdonato il vecchio cinismo ci affacciamo a quello nuovo, più discreto forse, più sottile.
Questo disco é enorme, sottilissimo.
E' un disco che non si lava da tempo.

Roberta
(per i Disciplinatha)

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