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Incontro con il Presidente Kagame

L’ultimo giorno del nostro intensissimo viaggio si stava concludendo. Avevamo terminato tutte le visite e gli incontri e con le nostre valigie pronte aspettavamo i pullman per andare in aeroporto. Nella hall dell’albergo si respirava aria di malinconia e di tristezza. Eravamo tutti più silenziosi del solito, qualcuno si ritagliava un angolo di solitudine, altri chiacchieravano con gli sguardi gettati nel vuoto. Tante teste che pensavano ed era come se quei pensieri che vagavano nell’aria fossero palpabili e si potesse afferrarli con le mani. Il tempo passava, ci chiedevamo come mai non fossimo già partiti. L’aereo non era ancora arrivato, per un attimo sperammo, come era accaduto l’anno precedente, di rimanere lì ancora una notte. Ma ecco che arriva la notizia: visto il ritardo dell’aereo l’intera delegazione è stata invitata dal presidente della repubblica rwandese ad incontrarlo personalmente nel suo palazzo. Siamo rimasti esterrefatti ed era come se ci risvegliassimo da un sogno, siamo di nuovo immersi nell’avventura, il viaggio non è ancora finito. Inizialmente solo il sindaco Veltroni doveva incontrare il Presidente Kagame, ma vista la disponibilità di tempo, quest’ultimo ha chiesto di incontrarci tutti. Quindi ci rimettiamo in moto, tutti sui pullman con i bagagli e via! Riattraversiamo le strade di Kigali dirigendoci verso i quartieri più alti, quelli residenziali, più ricchi dove ci sono i dirigenti degli  apparati statali. Il palazzo del Presidente è una mega villa, composta da tre piani e circondata da un immenso e curato giardino.

Entriamo, ma non possiamo portare borse o zaini con noi, solo la macchinetta fotografica. Passiamo attraverso due metal detector e una severa security. Ci stiamo veramente avvicinando al centro del potere di questo Paese.


Ci fanno accomodare in una sala circolare di quelle tipiche da conferenza o riunione tra alte cariche dello stato, di quelle che si vedono ai tg durante incontri europei o ONU. Che onore…


Fortunatamente siamo tra i primi a entrare e ci posizioniamo in prima fila, ognuno di noi ha davanti un microfono e un portatile, mi sento quasi un ambasciatore.

Ecco la sala si riempie ed entrano in ordine Veltroni, Kagame e il sindaco di Kigali, vicino a loro c’è anche Luca del Glocal Forum, che farà l’interprete in inglese. Siamo tutti in piedi, applaudiamo ed il presidente ci saluta, è incredibile, passa e stringe la mano a tutti noi della prima fila, wow questo è un momento da immortalare. Le telecamere ci seguono come hanno fatto durante tutti questi giorni, adesso per una occasione così importante sono attive più che mai. Iniziano i discorsi, parla il sindaco Veltroni che ci presenta tutti , associazione per associazione, giornale per giornale e scuola per scuola. Si ironizza sul nostro abbigliamento sicuramente non adeguato per un’occasione così importante, ma siamo giustificati dalla sorpresa. Veltroni ringrazia per la straordinaria ospitalità dimostrata dal popolo rwandese e per l’organizzazione che ha sostenuto questa giovane delegazione. Sono i ringraziamenti al centro dei discorsi di questo incontro. Il presidente si dimostra persona disponibilissima e spontanea scherza con il sindaco della sua città e con noi ragazzi e alla fine si apre alle nostre domande.
Ebbene sì , abbiamo la possibilità di fare noi ragazzi delle domande al presidente, che dire, occasione più unica che rara e naturalmente io come non potrei cogliere l’occasione?!il mio cervello comincia subito a lavorare. Dopo un primo momento di imbarazzo e timore le mani si alzano ma non sono molte. Eccomi, tocca a me, accendo il microfono. Mamma la voce trema, mi faccio forza, è sempre, così devo solo iniziare.


“Salve. Noi come italiani, come europei conosciamo bene la ferita del genocidio e sappiamo quanto questa sia dura a rimaginarsi. Durante questi giorni abbiamo visitato luoghi e incontrato gente e quello che abbiamo visto è un paese risollevato che ha trovato il modo, o che comunque ci sta provando, di superare la tragedia del genocidio. Dieci anni sono pochi. Ecco la mia domanda, è questa: con quale spirito lei dieci anni fa si è messo a lavoro? Quello spirito che oggi le permette di avere un Rwanda in crescita? Grazie.”
Bene è andata, nenche troppo male. Il Presidente mi ha risposto dicendo che naturalmente egli non aveva fatto altro che interpretare quello che era il sentimento del suo popolo e cioè quello di non sentirsi inferiori a nessuno e di sentire il diritto di vivere una vita normale come qualsiasi altro paese, senza che il peso del genocidio continuasse a gravare e limitasse lo sviluppo del Rwanda.
Kagame è un personaggio forte, sicuro del lavoro di ricostruzione fatto che non permetterà più al passato di tornare. Raccoglie attorno a sé il consenso del popolo rwandese e questo gli permette di lavorare in serenità. Lo stesso uomo che nel 1994 entrò con le sue truppe per liberare un paese distrutto dalla tragedia, è oggi l’uomo del riscatto e di una nuova età per il Rwanda non più caratterizzata dalla dominazione coloniale né dall’odio e dalla morte, ma, speriamo, dalla crescita del Rwanda dei rwandesi.    
   

Claudia Peppicelli VC