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Unicef Siamo giunti in fine alla mattina dell’ultimo
giorno di permanenza in Rwanda…
Grazie all’intuizione di un’amica, per rompere il ghiaccio, presi la telecamera e girai il display verso i bimbi che in questo modo si vedevano ripresi… fu il momento della giornata che mi segnò più di ogni altro. I bambini cominciarono a ridere, a muoversi, a scherzare con la loro immagine riflessa, mi facero cenni di assenso, divertiti da quel gioco strano, mai visto e mai provato. Anche io mi divertii a cercarli tutti a non dimenticare nessuno, anche quelli che ancora erano intimiditi. Si possono dare tante interpretazioni antropologiche di questo episodio ma io lo ricordo nitido per un solo motivo: stavamo giocando insieme e insieme ci divertivamo.
Dopo alcuni minuti io e
un giornalista vedemmo più in alto rispetto a dove avevamo
parcheggiato un gruppo di ragazzi dai capelli rasati (come la stragrande
maggioranza dei bambini) vestiti con delle divise blu che giocavano a
pallone… uno dei pilastri su cui si fonda l’operato dell’Unicef
in Rwanda è proprio lo sport, inteso come mezzo per creare
amicizie, divertimento, unione tra gli individui, motivo per stare insieme.
Incuriositi ci avvicinammo, erano scalzi… è più corretto
dire scalze… perché la squadra era femminile!!! La notizia
data da un’altra giornalista ci sbalordì… “Caspita
sono pure forti!” aggiunse il mio compagno… dopo un
reciproco cenno d’intesa, dopo che che ci era arrivato un passaggio,
ci buttammo nella mischia. Anche qui mi divertii e mi affaticai moltissimo
ma c’era in me un sentimento di profonda gioia che in qualche
maniera mi faceva sentire realizzato, parte di qualcosa di importante…
non so come esprimermi meglio, posso solo dire che ho provai una comunione
incredibile con tutto quello che mi circondava.
Dentro le scuole i bambini attenti seguivano le lezioni impartite da maestri che, ci hanno spiegato, sono abitanti di kigali che hanno frequentato corsi professionali per insegnare. Ogni classe formata in media da circa 50 alunni seguiva lezioni di ogni genere: da scienze a italiano, da matematica a disegno. Sulle pareti c’erano decine di cartelloni coloratissimi che testimoniavano il lavoro svolto durante l’anno esattamente come una scuola da noi pensai…. L’importanza così rilevante delle scuole è che i bambini ricevendo un grado anche minimo di istruzione possono più facilmente costruirsi un futuro. Il motto dell’unicef sembra essere “scuola e sport” semplice ma efficacissimo per risollevare l’infanzia di migliaia di ragazzi.
Una volta usciti dalle strutture un nutrito gruppo
di piccoli intonò alcuni canti preparati per l’occasione.
L’ultima parte della visita stava per iniziare: la federazione nazionale
italiana di rugby aveva portato del materiale(palloni, magliette,pantaloncini)
da distribuire… appena sentii il verbo distribuire automaticamente
si innestò in me il sorriso stereotipato accompagnato dalla
solita domanda che mi eclissò gran parte della gioia dei bimbi
in quel momento, tuttavia cercai di non accentuare troppo queste mie sensazioni
perdendomi nei loro abbracci questi si,davvero sinceri. Dopo i discorsi
del sindaco di Roma, delle istituzioni, del comitato dell’Unicef,
i bambini vennero da noi prima che ce ne andassimo definitivamente e ci
portarono dei regali fatti da loro, la commozione generale era stata forte,
sentii più di un ragazzo dire ”Vabbè senti questo
è troppo io mi sento in debito mi sa che rimango qui e a Roma torno
fra qualche tempo…” effetivamente anche io provai un po quella
sensazione… volevo rimanere a dare una mano… Che c’è
da fare scavare un pozzo? Ok mi rimbocco le maniche e andiamo…
forza dobbiamo lavorare! Bisogna fare qualcosa! Sulla strada del
ritorno guardai quei doni a cui tenevo davvero molto: una piccola sedia
di legno, una palla fatta con le foglie secche di banana, un piccolo strumento
a corde… autentici capolavori di impegno e dedizione… bellissimi. Francesco Porcaro VD |
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