Biblio.Major n. 8 novembre 2002

 

Il giornale della Biblioteca « Loredana Rossi Molinaro » del liceo Scientifico Statale « Ettore Majorana »

Via C. Avolio, 111 – 00128 Roma – tel. 06 5084274 – fax: 065085101

 


Indice di questo numero:

Attualità:

-         La “muffa” dei buoni Moffa di Laura Moreolo Svaluto e Maura Abbruciati VA

-          Ma “Saranno famosi” davvero? Di Gianluca Amatori 2°A

CiaK!:

-         “La Grande guerra” di Gianluca Amatori

Arti e spettacolo:

-         L’amore delle tre melarance di Alessandra D’Agruma e Francesca Lovaglio 4F

-         Il Labirinto dell’inconscio di Andrea Perrera 5D

La recensione:

- “Se questo è un uomo” di Primo Levi di Laura Taddeo 2F

Forum: Dibattito

Scrittura libera:

- L’algebrica commedia di Lorenzo beato e Daniele Romani 5E

 - Le poesie dadaiste del 5H

Biblionotizie

Dulcis in fundo:

- Dentro una tazza di Tè di Gianluca Amatori e Marzia Salzani

 



La muffa dei buoni Moffa

Maura Abbruciati & Laura Svaluto Moreolo 5°

 

Giorno: 28/09/02 - ore 9.30: Circa 11.000 ragazzi si recano con le loro famiglie a P.zza SS. Apostoli insieme ai loro genitori, professori ed alle loro cravatte rispolverate per la grandiosa occasione in cui i loro sforzi studenteschi verranno ripagati: ci si aspetta una pubblica manifestazione durante la quale ciascuno verrà chiamato solennemente dal presidente della provincia in persona che, qualche giorno prima, aveva inviato per posta ad ognuno la lieta notizia di aver ricevuto un buono per l'acquisto di 50,00 euro di testi scolastici e universitari.

ore 10.00: Le compagnie festanti arrivano nella suddetta piazza e trovano una fila chilometrica davanti al palazzo della provincia ed una simpatica presentatrice sul palco che li intrattiene. “Non preoccupatevi”- tranquillizza-“Avete comunque un'intera giornata di tempo per ritirare il vostro buono-libri!” (giustamente le famiglie arrivate dalle località più lontane della provincia, con l'orario dei treni di ritorno in mano, aveva l'intera giornata da perdere) “E’ stata organizzata una festa con grandi comici e nientepopodimenochè Syria in concerto! Ad ogni modo chi non dovesse riuscire, per disguidi di varia natura, a ritirare il buono, lo riceverà comodamente a casa per posta.

(ora non è che gli 11000+ annessi e connessi fossero proprio degli idioti a partire da tutta la provincia solo per fare la fila: diciamo semplicemente che nell’invito era stato accidentalmente omessa la possibilità d ricevere il buono-libri a casa propria)

 

ore 10.30: Prime defezioni nella fila e distribuzione di volantini che confermano che si sarebbero potuti ottenere i buoni anche a casa

(chissà quante persone non sarebbero state lì quel giorno se l'avessero saputo subito! Ma questo avrebbe forse rovinato le foto che continuavano ad essere scattate dai palazzi circostanti!!!)

 

ore 12.30: La fila si esaurisce e tutti riescono ad entrare nel cortile della Provincia. Qui ci si rimette in fila allo stand corrispondente all’iniziale del proprio nome. C'è anche chi, invece, la fila la deve rifare ad una sorta di ufficio informazioni per i ragazzi che, pur risultando nelle liste della propria scuola come destinatari del buono, non appaiono nella lista della provincia. (Chiunque fosse arrivato da quest'ora in poi avrebbe immediatamente ritirato il buono; ci chiediamo allora;"perché scrivere sulla lettera di convocazione un orario preciso quando la consegna può avvenire durante tutto l'arco della giornata?")

 

ore 12.31: E’ lo sconcerto: insieme al buono è stata consegnata una lista “proposta per l’utilizzo del buono-libri” ed il pluricitato buono è spendibile esclusivamente presso il distributore che ha vinto l’appalto: tale libreria Catena, in quel di Colleferro. (cittadina di cui il Presidente della Provincia era stato sindaco, tanto per la cronaca)

 

ore 13.00: La polizia ferma alcuni studenti con l’accusa di “istigazione alla violenza” (per tutta la durata della manifestazione si erano tenuti pacificamente fuori dalla folla che al contrario protestava nervosamente, la tensione piuttosto diffusa) e sequestra questo striscione “LE SCUOLE CADONO A PEZZI: NO AI BUONI CONTENTINO”

 

La cosa non finisce quel giorno comunque, perché ci è venuto qualche dubbio: non trovando nella lista i nostri libri di scuola, telefoniamo alla libreria per chiedere delucidazioni. Ci viene risposto che la lista contiene solo “consigli per aiutare gli studenti nella scelta dei testi”. Bisogna dire che la scelta è ampia: su 50 pagine, 10 sono di testi di informatica! E anche questi consigli ci lasciano leggermente perplesse: cosa c’entrano “Bouquet” & “Ghirlande”? E “La cucina romana e nel Lazio” & “Cellulite”? e ke ne dite de “Il libro dei cocktails” o “100 erbe della salute”??? A SCUOLA?!? Per non parlare di “Temi svolti di letteratura”...

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MA “SARANNO FAMOSI”

DAVVERO?

Di Gianluca Amatori

Da un’idea a un programma televisivo. Da un programma televisivo ad un successo sbalorditivo. Questo è quello che è successo alla trasmissione “Saranno Famosi”, giunta ormai alla sua seconda edizione.

Tutto è iniziato quando la mente di Maria De Filippi elaborava il progetto di una scuola dove i ragazzi potessero studiare canto, ballo e recitazione, e magari diventare le future star della televisione. E’ quello che è accaduto ai partecipanti della prima edizione, partita molto male e poi arrivata ad essere apprezzata in particolar modo dai giovani.

Ragazzine impazzite per Leonardo Fumarola, per Antonio Baldes, Andrea Cardillo e tanti altri ancora. Alcuni di loro sono riusciti ad avere contratti (chi con Mediaset e Costanzo, chi facendo pubblicità…) e il vincitore Dennis Fantina ha inciso un album, ed è già uscito il suo primo singolo!

Ma veniamo alla seconda edizione. Quest’anno la classe è composta da 28 ragazzi. Qualcuno di essi, purtroppo, è già stato “buttato fuori” come ad esempio Salvatore che aveva già un contratto con una casa discografica o come Francesca e Giacomo che hanno perso una sfida “d’ingresso”. Due, invece, i protagonisti romani: Enrico Pittari e Jennifer Iacono.

Le materie più scelte sono quelle della danza e del canto, con, a pari merito, 12 ragazzi, mentre – ovviamente! – la meno frequentata è la recitazione con sole 4 persone!!!   Per poter restare nella scuola, gli artisti devono ottenere la sufficienza in tutte le materie. Alcune di esse sono state aggiunte quest’anno, come ad esempio la danza classica e la lavorazione del vetro.

Per quanto mi riguarda, io credo che però questa scuola abbia assunto i toni di un vero e proprio programma televisivo: le sfide ne sono la dimostrazione. Perché i ragazzi devono uscire?! Allora questa non è una vera accademia perché alla fine non viene data a tutti la possibilità di studiare fino in fondo e trascorrere tutti e nove i mesi all’interno della scuola! Quei poveretti hanno dovuto superare provini su provini per entrarci e non mi sembra corretto che ragazzi che non l’hanno superato – e che quindi evidentemente non sono ai loro stessi livelli! – possano di punto in bianco sfidarli ed avere la possibilità di “sottrargli il banco”!

Ma torniamo al quesito con cui ho iniziato quest’articolo: ma “Saranno Famosi” davvero? Io spero di si per loro, anche perché se lo meritano sul serio (ma non generalizziamo!). E poi, per lo meno, in televisione andrebbe chi qualcosa sa fare e sa farla pure bene! Non trovate?

Se volete maggiori informazioni sul programma potete visitare il sito web ufficiale:

Gianluca Amatoriwww.mariadefilippi.it/sarannofamosi

 

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Rubrica Ciak!

 

“La Grande Guerra”

 

Non potevo non iniziare questa nuova rubrica di “Biblio-Major” rendendo omaggio a chi del cinema italiano ne è stato protagonista più volte. Sto parlando di Alberto Sordi, Vittorio Gassman e Mario Monicelli. Cosa lega tra loro questi nomi così… “pesanti”? Un film, che non merita davvero di essere chiamato con un termine così povero. Sto parlando de “La Grande Guerra”.

1915: è scoppiato il primo conflitto mondiale e alla visita medica per l’arruolamento nell’esercito si incontrano il milanese Giovanni Busacca (Gassman) e il romano Oreste Jacovacci (Sordi). Il loro, più che un incontro, è uno scontro perché Jacovacci, furbo e scansafatiche, finge di aiutare lo sbruffone Busacca, ex carcerato, ad evitare l’arruolamento, lasciandolo inviare tranquillamente al fronte. Per uno scherzo del destino, i due si ritroveranno sulla stessa tradotta che li porterà in zona di guerra. Dopo un brusco chiarimento, stringono amicizia e insieme cercano di sopravvivere alla dura vita militare, fatta di trincea, attacchi allo sbaraglio e brevi parentesi sentimentali. Dopo la disfatta di Caporetto, i due si fanno sorprendere da un battaglione austriaco senza la divisa dell’esercito italiano. Li aspetta la fucilazione come spie, ma Jacovacci, cercando di dimostrare che sono soltanto due poveri soldati, si lascia sfuggire l’accenno a un’informazione preziosa per il nemico…

Considerato il capolavoro di Mario Monicelli, il film ha il merito di aver affrontato un tema come quello della Prima Guerra Mondiale, fino ad allora raramente trattato dal cinema italiano, riuscendo a far conciliare gli aspetti drammatici della vicenda con la commedia all’italiana. Straordinaria la prova dei protagonisti, Sordi e Gassman (ma non sono da dimenticare Silvana Mangano e Romolo Valli) cui si deve buona parte del successo del film, secondo per incassi dopo “La Dolce Vita”.

Molte furono le voci contrarie alla realizzazione del film. Pensate che i sindaci dei luoghi scelti per girare non volevano che si filmasse lì e così costrinsero Dino De Laurentiis, il produttore, a pensare di girare il film in Jugoslavia. Solo grazie al definitivo nulla osta del ministero della Difesa, si poté finalmente allestire il set in Friuli.

Fu nominato agli oscar come miglior film straniero e vinse nel ’59 il Leone d’Oro a Venezia.

 

Ho avuto – e mi ritengo fortunato! – la possibilità e l’onore di vedere questo film che mi ha veramente molto colpito. Io personalmente sono un appassionato di cinema, e di film sulla guerra ne ho visti tanti ma sono tutte, più o meno, delle “americanate”. Questo è un film ITALIANO con attori ITALIANI che l’America sognerebbe di avere (e non solo lei!)! E se ho aperto la nuova rubrica di “Biblio-Major” con “La Grande Guerra” è anche per rendere omaggio al grande Vittorio Gassman, scomparso a 78 anni nel giugno di due anni fa, che non merita solo la pagina di un giornalino, ma anche qualche istante… qualche istante per riflettere e capire quanto abbia dato al cinema e all’Italia.

Tornando a noi, consiglio vivissimamente di vedere questo film a chi non l’avesse visto e di rivederlo più volte a chi ha già assaggiato il gusto del vero cinema italiano di un tempo.

Vi aspetto al prossimo appuntamento con “Ciak” che appassionerà soprattutto le persone sensibili e gli amanti degli extraterrestri…

A presto!

 

Gianluca Amatori

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L’AMORE DELLE TRE MELARANCE

 

Studenti a teatro: l’occasione data dalla scuola di andare a teatro, si è rivelata particolarmente divertente e istruttiva. Inizia ora un viaggio fantastico che ci porterà a corte, nei castelli, in giro per un mondo a noi sconosciuto. Chiudete gli occhi, ecco la fiaba…

Protagonista della fiaba è Tartaglia, figlio del Re di Coppe che, per un sortilegio di Morgana, diventa vittima di una straziante malinconia: inutilmente il padre e il ministro Pantalone si prodigano per salvarlo, consultando i migliori medici e allestendo feste di ogni genere. Contro la guarigione del principe tramano Clarice, Leandro e Brighella, con il sostegno della fata Morgana. Intanto,a corte, Truffaldino s’affanna a guarire il principe, ma Tartaglia scoppia a ridere solo quando la perfida fata Morgana va accidentalmente a gambe all’aria. Morgana di fronte alla sua ilarità, lo condanna a innamorarsi delle tre melarance. Accompagnato da Truffaldino e con l’aiuto del mago Celio, il giovane riesce a conquistare i tre magici frutti dai quali escono tre belle fanciulle. Purtroppo sopravvive solo l’ultima, Ninetta, della quale il principe s’innamora, decidendo di sposarla. Morgana però, con l’aiuto di Smeraldina, trasforma la fanciulla in colomba. Ma come in tutte le fiabe alla fine l’inganno è sciolto, gli intrighi vengono svelati, i malvagi puniti, e l’amore trionfa.

L’autore è Edoardo Sanguineti, che ha trasformato L’amore delle tre melarance- fiaba teatrale che Carlo Gozzi scrisse nel 1761 in forma di canovaccio- in una gustosa, graffiante, e divertente commedia.

Riproposta da Benno Besson, grande regista svizzero, la fiaba teatrale si presenta come una visione contemporanea in chiave di sberleffo, con riferimenti continui all’attualità, alla realtà politica e televisiva. Colpisce l’efficacia della recitazione di una squadra di attori, che pronunciano una sequela ininterrotta di parole su ritmo del doppio settenario, rivelando le miserie umane, gli intrighi, le ambizioni, le crudeltà di ogni tipo.

Il bravo Lello Arena, nella parte del balbuziente Tartaglia, è senza ombra di dubbio, il perno dello spettacolo. Accanto al protagonista della fiaba, un cast formato da diversi attori hanno dato prova di grande esperienza e capacità.

All’inizio dello spettacolo, il palcoscenico presenta un teatrino di cartapesta che si alza e si abbassa agendo come una scatola magica. Da questa escono fuori vari personaggi, che recano sul volto maschere neutre e, insieme, grottesche. Le coreografie semplici e significative fanno da sfondo ideale alla bravura dei protagonisti. Prolungati e meritati gli applausi che hanno richiamato più volte gli attori a fine rappresentazione.

 

                                                                       Alessandra D’Agruma

                                                                       Francesca Lovaglio IV

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Il labirinto dell’inconscio

Intervista immaginaria ad Arturo Schwarz

Di Andrea Perrera VD

 

“Lo spirito del surrealismo è ancora vivo”. Così inizia l’intervista al poeta surrealista Arturo Schwarz sui movimenti delle avanguardie storiche, viste dagli occhi di un critico e mercante d’arte nonché loro attivo promotore.

 

“Lei è nato quando già le avanguardie avevano sperimentato numerose tecniche e avevano raggiunto il loro apogeo; eppure è riuscito ad incontrare numerosi artisti e ad istituire con loro un proficuo rapporto di collaborazione e ad assorbire l’essenza del surrealismo tanto da potersi considerare un continuatore di quel movimento. Lei dunque sostiene che il surrealismo è ancora vivo?”

 

“Certamente, come tutte le altre forme di sperimentazione di quel periodo. I nostri manifesti, le dichiarazioni di poetica non indicavano solo un modo di scrivere o di disegnare; erano un modo di intendere la vita nella sua interezza.

È lo spirito di quell’arte che la rende ancora viva ai giorni nostri, ed è per questo che anche io mi sento un surrealista.”

 

“Dunque qual è lo spirito di cui parla, che può accomunare tanti diversi artisti?” 

 

“Credo che, per capire il movimento delle avanguardie storiche, si debba aver chiaro il concetto di modernità. Ogni artista si deve confrontare con questa, può accettarla o rifiutarla, ma è da questo confronto che nasce l’arte del Novecento. Durante i primi decenni del secolo ci siamo trovati di fronte una società modificata alle sue basi. I valori di sicurezza, di stabilità e di conservatorismo della società borghese si erano diversificati e la “nuova modernità” sconvolgeva ogni equilibrio. C’era uno straniamento nell’aria, l’uso di tutta quella tecnologia, la velocità e il dinamismo, la massificazione politica producevano negli intellettuali effetti mai visti: ci sentivamo come sfidati. Molti passarono così al rifiuto dei valori borghesi che avevano portato quei cambiamenti così drastici (e poi la grande guerra), e alla produzione di un proprio tipo ideale di modernità, quello a cui tendere.”

 

“Lei ha parlato di una sfida, di un confronto. In che cosa consiste e a cosa porta?”

 

“E’ quello che stavo dicendo. L’intellettuale vede intorno a sé un mondo modificato. Deve scegliere se quello che vede gli piace o no. Può reagire contro oppure esaltare. In base a questo si delineano le caratteristiche tipiche di tutte le avanguardie: il dinamismo e l’attivismo, l’antagonismo verso la società borghese, una sorta di nichilismo, l’uso di un linguaggio aggressivo che porti a colpire nel profondo chi osserva e legge.”

 

“Quali erano allora i centri culturali di diffusione delle avanguardie?”

 

“Dobbiamo prestare attenzione a questo punto. Le avanguardie non avevano interesse a diffondersi o ad essere apprezzate dalla massa. In pratica tutti potevano essere artisti ma, una volta tali si entrava a far parte di quel circolo che si distaccava dal mondo e che ne criticava ogni cosa. Se il mondo vedeva o voleva vedere la realtà, gli artisti del tempo nelle loro opere riproducevano tutto tranne che quello. Nulla è più antitetico alle avanguardie del realismo.

Ma tornando ai luoghi, direi che Parigi è la città per eccellenza d’inizio secolo. A Parigi si costituisce il gruppo dei Fauves che è il primo movimento d’ispirazione espressionistica, poi si sviluppano cubismo e futurismo prima della grande guerra. Successive al conflitto ma sempre nella capitale francese nascono il surrealismo e la metafisica.”

 

“E quali effetti ha avuto la guerra nello sviluppo delle avanguardie?”

 

“E’ stato un bel colpo, decisamente. Anche a livello numerico alla fine del conflitto c’erano meno artisti! Soprattutto i futuristi aderirono alla guerra e vi parteciparono in massa. Movimento particolare il futurismo. In un certo senso si avvicinava al surrealismo per l’ambizione ad essere filosofia totale, a differenza delle altre avanguardie.

Comunque negli anni della guerra ci fu come una pausa riflessiva. Ma questa non era la fine delle avanguardie, anzi ne caratterizzò la rinascita! Il Dada, nato a Zurigo nel 1916, è proprio il frutto del rifiuto della guerra. Dal Dada poi molti passarono al surrealismo.”

 

“E che spazio ebbero invece gli altri movimenti?”

 

“L’espressionismo trovò nuovo slancio nel “Cavaliere Azzurro” e nell’astrattismo che continuarono la loro produzione artistica. Per il cubismo e il futurismo invece la guerra fu il termine che segnò il periodo di massimo sviluppo.”

 

“L’espressionismo è quindi una delle avanguardie più durature. Qualche idea in riguardo?”

 

“Si, certo. Sinceramente non mi ritrovo con l’espressionismo. È un’avanguardia tutta tedesca di spirito. Anche se nata a Parigi il senso vero lo prende in Germania con il “Ponte”. È una protesta, un urlo contro la modernità, contro la macchina, la fabbrica, il potere. In un certo senso è la più attaccata al passato, cioè ai valori umani. E poi non ha l’ironia delle altre. È più rigorosa; si, è prettamente tedesca. Ma questo non le toglie valore, anzi la identifica con un popolo, le dà maggiore identità ed è forse questo a mantenerla così a lungo viva. D’altronde al suo opposto il Dada, senza definizioni, senza valori, senza senso, affidandosi alla massima casualità, dura pochissimo! Circa dal 1916 al 1923. Sono entrambe due facce dell’arte del Novecento.”

 

“Arte che poi sfocia nell’ultima delle avanguardie, forse anche la più politicizzata?”

 

“Si, il surrealismo prende un po’ da tutti questi esperimenti. Molti artisti Dada poi diventeranno surrealisti, da Duchamp a Man Ray. È anche un movimento politicizzato ma questo è strettamente legato alla sua ideologia. Fondamentalmente il surrealismo cerca la libertà dell’individuo e dell’inconscio grazie all’automatismo psichico e al sogno che ci dà una nuova dimensione: la surrealtà. L’ideologia è soprattutto tratta da Freud e Marx. Solo negli anni trenta però il movimento diventa partito e si dividerà a causa della rivoluzione russa e della guerra civile spagnola. Alcuni rimangono più legati al marxismo, altri più liberi e sciolti dalla politica, tra cui Breton. Credo che Breton sia la vera anima del surrealismo. La vera bellezza che è nel sogno irrazionale ma non astratto, non anarchico e casuale come il Dada ma costruttivo ed espressione del nostro inconscio”

 

“E in questa mostra che ha organizzato al Museo del Corso, tra i tanti amici surrealisti, che ruolo ha Ernst?”

 

“Max Ernst… ho voluto soprattutto evidenziare le sue doti di sperimentatore. Produce in frottage, in grattage, utilizza il collage, accosta oggetti estranei tra loro per dissimilitudine, crea il meraviglioso e il surreale ponendoli in ambiti completamente estranei ad entrambi. Questo è nella mostra. Le innovazioni, il tocco di leggerezza e di follia, il profumo di libertà di questo splendido movimento che vi farà perdere in quel mondo fatto di realtà e sogno che è il labirinto del vostro inconscio.”

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Recensione del libro "Se questo è un uomo" di Primo Levi

Laura Taddeo 2F

 

Il libro narra le drammatiche vicende di alcuni prigionieri, per lo più ebrei, durante la Seconda Guerra Mondiale, dal momento della cattura, al breve soggiorno nel campo di concentramento a Fossoli e, infine, il viaggio fino in Polonia, ad Auschwitz nei lager dove furono deportati, umiliati, torturati e alla fine massacrati. In questo campo gli uomini, di cui il libro racconta, si sforzavano di comportarsi come persone normali, lavandosi, mangiando, dormendo e facendo anche delle chiacchere tra loro pur sapendo che quel posto di umano non aveva nulla. Il titolo del libro, infatti, vuole essere un'amara constatazione, che nasce dall'unica speranza di poter poi raccontare, per lui e per i suoi compagni morti, le atrocità compiute dai nazisti ("se questo" cioè colui che è costretto ai maltrattamenti fisici e morali, "è un uomo").


Sfogliando le pagine del libro si può notare che Levi non scrive delle accuse contro i nazisti, forse perché il racconto, così preciso e realistico, punisce da solo le infamie dei nazisti.


Dal libro si ricavano due concetti principali: 1) La morte morale ha gli stessi effetti di quella fisica perché l'uomo, senza dignità, senza ragione, è come morto; 2) il male può essere distrutto solo attraverso l'esempio di uomini come Levi che non si sono lasciati andare, ma hanno sopportato tutte le umiliazioni, resistendo ai soprusi e alle sofferenze della prigionia e alla fine hanno riassaporato il gusto della libertà.

Secondo me questo libro è un capolavoro della letteratura e riveste un alto valore educativo lasciato da uno scrittore che ebbe la cattiva sorte di provare in prima persona quella drammatica esperienza che lo ha profondamente segnato nell'anima per tutta la vita.

sommario


 


Forum: Dibattito

Siamo giunti al terzo appuntamento con il nostro spazio delle libere opinioni. Anche questa volta pubblichiamo come ricevuto un pezzo di protesta. Non entriamo nel merito della questione, cosa che non rientra nello spirito della rubrica, ma osserviamo che la parola “verità” andrebbe usata con parsimonia e che per ricostruire i fatti non ci si può basare su una sola fonte, come hanno fatto le nostre tre scrittrici. Buona lettura!

LC

                                 

  La verità: ma quale razzismo!

 

Ciao ragazzi! Siamo Beatrice, Eleonora e Shila e siamo una tifosa della Roma e due della Lazio.

Quello che vogliamo raccontarvi, o meglio, spiegarvi, è il fatto accaduto il tredici ottobre, la storia del marocchino picchiato davanti alla sede degli Irriducibili, gli ultras tifosi della Lazio.

Da quello che i giornali e telegiornali dicono, l’accaduto riguarda una questione di razzismo. Ma chi ha letto la Repubblica, pensiamo si sia reso conto della storia montata da tutti i media. All’inizio, quando abbiamo sentito la notizia anche noi pensavamo che fosse solo una questione di razzismo. Ma visto che siamo cocciute e non ci fermiamo davanti alle apparenze, abbiamo deciso di informarci meglio sull’argomento. Come? Ascoltando la trasmissione radiofonica del gruppo

degli Irriducibili, che nell’agosto dell’anno scorso decisero di comprare uno spazio radiofonico per poter esprimere la propria opinione senza filtri e censure.

Tutti o quasi conoscete il brutto periodo che stava passando la Lazio, tra l’allenatore, i giocatori, il Presidente, i problemi che c’erano tra società e tifo e i gravi danni economici nascosti. Quanti tifosi conoscevano la realtà che nascondeva la società? Nessuno! Chi li ascolta sa che gli Irriducibili non raccontano menzogne, dato che hanno conoscenze nella società e nella squadra.

Vi chiederete che centra il fatto di avere conoscenze nella Lazio con il fatto di essere certi che non è una questione di  razzismo la storia del marocchino! Niente, ma quello che vogliamo farvi capire, è che i ragazzi che hanno aperto la trasmissione, non dicono mai niente senza essere del tutto informati!

Sapete ciò che è realmente accaduto quel giorno? In pochi conoscono la situazione, allora vi raccontiamo…

Verso le sette di sera, un gruppetto di ragazze usciva dalla stazione della metropolitana Ostiense, e un gruppo di marocchini ubriachi hanno cominciato ad infastidirle pizzicandogli il sedere e facendogli pesanti apprezzamenti che darebbero fastidio a chiunque; speriamo che le ragazze che leggono capiscano cosa vuol dire ricevere degli apprezzamenti pesanti, e non solo se vengono da degli stranieri, ma da chiunque.

Le ragazze provocate ed impaurite sono corse nella sede dei ragazzi della Lazio, che è vicino alla stazione, per chiedere aiuto ai loro amici, che fanno anche parte degli Irriducibili. Uno di loro è uscito con la mazza e dopo una discussione è nata una rissa tra i due gruppi. I marocchini erano armati di bottiglie di vetro rotte e hanno inveito contro i ragazzi, ma nessuno ha ritenuto importante questo “piccolo” particolare. Quando sono cominciate ad arrivare le pattuglie della Polizia tutti gli extracomunitari sono scappati, lasciando uno dei loro connazionali a terra sanguinante. In base a ciò, i giornali hanno fatto credere che i ragazzi se la fossero presa con un solo marocchino e che lo avessero picchiato per questioni di razzismo.

Ma siete sicuri che questo ragazzo è andato in coma (come ci hanno fatto credere)? Siete sicuri che i giornali ci hanno detto la verità? Se in ogni ospedale è vietata l’entrata anche ai familiari nella sala rianimazione, come ha fatto il Messaggero ad avere le foto del ferito?

La Repubblica è stato l’unico quotidiano a dire la verità sull’accaduto! E’ stato l’unico a scrivere che il marocchino non è mai stato in pericolo di vita!

Quello che noi vogliamo farvi capire è che non è possibile che un fatto accaduto solo per difendere le proprie amiche, sia definito razzismo!! E che solo perché i ragazzi che hanno picchiato il marocchino sono laziali, TUTTI i giornali hanno offeso, incolpato e macchiato il nome degli Irriducibili!

Inoltre la vera violenza è quella che nessuno ha mai definito rissa quello che è successo, si è sempre usato il termine aggressione. 

Se queste cose sono scritte anche da una romanista, è un motivo in più per dimostrare che sono parole vere, anche se questo fatto non riguarda lo sport ma la cronaca. Inoltre ci chiediamo: perché gli altri fatti di cronaca non vengono trattati con la stessa enfasi? Forse perché ci sarebbe una minore pubblicità?

Come mai nessun giornale ha messo in evidenza che il nordafricano è sprovvisto di permesso di soggiorno e con decreto di espulsione dal nostro paese? Questo ci fa riflettere….

Per avere un decreto di espulsione, cosa sarà già successo in passato?

Di certo ciò non giustifica l’accaduto, rimane ugualmente una violenza, MA VIOLENZA SENZA COLORE!!

Chi ha sbagliato è giusto che paghi ma per quello che ha fatto non per quello che si vuole far credere, insomma le falsità vanno smascherate.

E come mai il nostro sindaco Veltroni è andato a trovare questo ragazzo, dandogli il permesso di soggiorno, un lavoro e la riabilitazione completamente pagata?

Ci sono ancora troppe domande alla quale non ci rispondono.

Per esempio perché la testimonianza delle ragazze, non è servita per scagionare i “teppisti” (così nominati dai media)?

Dopo circa ventiquattro ore dall’accaduto, un testimone è andato alla polizia, dicendo di aver visto la scena dal suo balcone, e affermando che ciò che raccontavano i ragazzi era la verità, ossia che per difendere le ragazze molestate era nata una rissa tra i due gruppi, quindi che il marocchino ferito non era affatto da solo e non era stato picchiato per razzismo. Ma la polizia lo ha mandato via dicendogli che la sua testimonianza era futile.

Perché non si è parlato di quel 17enne Irriducibile a cui è stata tagliata la giugulare da un gruppo di extracomunitari, a Torre Maura, con una bottiglia rotta a mezzo collo? Per questo ragazzo il sindaco Veltroni, DOV’ERA??

Di questo non se ne parla! Perché? Perché se è uno straniero di colore a picchiare un italiano non scatena la stessa reazione? E perché solo quando si parla degli Irriducibili esce fuori la parola razzismo?

Faceva comodo dire che un poveretto era stato picchiato da quindici Irriducibili xenofobi, alla ricerca di qualcuno su cui sfogare il loro razzismo!

Stanno facendo passare Roma come una sorta di città dei sogni, dove tutti sono buoni, e che solo dei famelici “Irriducibili” si aggirano per la città armati di catene, bastoni e quant’altro alla ricerca di qualcuno da uccidere…

 

 

Beatrice Riggio, Eleonora Riggio , Shila Alfieri

 

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Lorenzo Beato e Daniele Romani VE

 

L’ALGEBRICA COMMEDIA

 

I

 

Nel mezzo del cammin di nostro studio

ci ritrovammo per un’intrata oscura,

ch’ all’istante facea risalir su ripudio.

 

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

est’intrata fredda e aspra e forte

che nel pensier rinova la paura!

 

Non saprem ben dir quale sorte,

tant’eravam pien di sonno entrando,

ci fece ormeggiar lì tra quelle porte.

 

Ma a trovar conforto sperando,

trasalir di paura ci fecen le mura,

al loro cospetto il cuor sconquassando.

 

Quando morsi d’orror fino all’usura,

d’istante scorgemmo insolita foggia,

che innanzi li nostri occhi parea cura.

 

Quando vedemmo codesta ombra moggia

d’apparenza, gridammogli a gran voce:

<Di qual parte fa il tuo passo loggia?>

 

Ed egli venuto della luce alla foce,

rispuoseci:<Non schiavo, schiavo

già fui, e dei libri porto la croce[1]>.

 

<Or sei tu quel Leonardo bravo

d’animo e in cuor e in dito sposato,

che vien sempre da quel loco chiaro e cavo[2]?>

 

<Io seppur d’animo provato

de le vostre menti e corpi sarò duca

sequendo avi consigli e istint’innato>.

 

Guidatici fuor de la nefasta buca

per la via, senza più timor d’imprudenze,

ci ritrovammo subitamente con voce rauca.

 

Per me si va nella città delle scienze,

per me si va tra corsie dannate,

per me si va tra algebriche sentenze.

 

Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate.

Queste furon le parole iscritte in su la volta,

dal color del sanguigno intagliate.

 

Con angoscia ancor più accolta,

l’arti ci condussero pel passo vano.

Ma senza neppur orma ritolta,

 

ecco verso noi venir con chino crano

e brandelli crespi e occhi intenti

una vetusta, non bianca, dal color arcano.

 

Ella sussurrocci:<ecco li  penitenti!

D’aree dolci a non veder mai cielo.

Non esitate or per li comuni venti[3]>.

 

Condotti in foga pel varco, con gelo

Sguardo ci accolse la folla in sosta.

Pria ancor che si mutò d’oca il pelo[4],

 

lo nostro Duca ci esclamò:<Posta

la volontà che io di mediar conforto,

sia stato scelto dall’uman’imposta,

 

rassicurovvi de le genti che in est’orto

stanno. Seppur di volto sconsolati,

a vagar presso est’averno smorto,

 

esti son cor di mestizia impregnati

e gettati a lor sorte e ad ignoto futuro,

di lor stessi non animi fidati>.

 

Stava all’angolo d’un cesto oscuro,

marcangelo filosofo caduto, di fumo

schiavo e misero presso lo muro.

 

Donna rossi occhi ed aspetto brumo

e Cristina da Cremona entrambe di sensil[5]

core, che mai per algebra fecer tumo[6].

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Le Poesie dadaiste del 5H

Questi versi sono stati composti in Biblioteca dalla classe 5h (la professoressa Valeria D’Aversa ha proposto il gioco letterario ) seguendo le procedure di scrittura associativa a estrazione utilizzata spesso dai dadaisti.

 Interessante, no?

 

1)            La panna felice appare e amorevolmente in mutande lunatiche mugugna

2)              La porta violenta fluttua frequentemente nel parco illusorio che perpetua

3)              Un tetto sereno soffre lentamente se la golf ridicola sogghigna

4)              Il bagno bellicoso è riordinato agevolmente dal tavolo delicato che lo rivoluziona

5)              L’albero pederasta cuoce precipitevolissimevolmente l’arcobaleno sensuale e si reprime

 

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Biblionotizie novembre 2002

 

 

La nuova logistica della nostra biblioteca

Vivere la biblioteca significa in primo luogo aggirarsi in un spazio e il primo impatto con la biblioteca riguarda il luogo fisico che la caratterizza. Per questi motivi non può essere trascurata le modalità di sistemazione (ma anche i colori) dei locali, dei mobili, degli scaffali dei tavoli, delle sedie etc.

A inizio settembre si è perciò deciso di modificare alcune cose:

-         diversificare alcune zone affinché non interferissero l’una con l’altra

-         rendere più gradevole l’aspetto della biblioteca

Altra notizia positiva è che nel frattempo la biblioteca ha arricchito le sue postazioni informatiche acquisendone (provvisoriamente) un’altra, oltre a quella già dedicata agli utenti, dal laboratorio di storia.

 

 

Volumi ricevuti

Sono a disposizione da poco i seguenti volumi gentilmente donati alla biblioteca (un GRAZIE speciale a tutti i donatori!):

-         SINGLETON, La poesia della Divina Commedia, Bologna, Il Mulino, 1999 (dono Prof.sa Galiberti)/ collocazione 851.1ALI-SIN

-         MALLE LOUIS, Arrivederci ragazzi, Torino, Archimede, 1993 (dono di Marina Avati e Maura Abbruciati)/ collocazione 843.9MAL

-         ORWELL GEORGE, Nineteen Eighty Four, London, Penguin, 2000 , (dono di Marina Avati e Maura Abbruciati)/ collocazione 823.9ORW

-         BARRA – LEONE, Ragazzi dentro. 10 anni di lettere dal carcere per droga, Lecce, Manni, 2002/ collocazione 362.29BAR

-         GRUPPO REGIONALE DI RICERCA DEL LAZIO, Monitoraggio dell’autonomia scolastica. Rapporto regionale di sintesi, Milano, Franco Angeli, 2001/ collocazione 371.2MON

-         MENDUNI – DE GIORGI, Sto un po’ nervosa, Roma, Il Segnale [2002]/ collocazione 852.9MEN

-         ISTAT, Rapporto sull’Italia. Edizione 2001, Bologna, Il Mulino, 2002/ collocazione 310.945/IST

-         ISTAT, Compendio statistico italiano 2001/ collocazione 310.945COM

-         FORLANI L., Mercato del lavoro e formazione delle risorse umane… [2000]/ collocazione 331.1FOR

-         STROZZIERI, Achille Pace. Lo spazio come luogo di eventi, Artemide2000, 2000 (Dono Prof. Di Giacomo)/ collocazione 700MISC.II60

-         ANDRE’, Segnali d’ombra. Achille Pace: segni per una poesia, Andromeda (1999), (Dono Prof. Di Giacomo)/ collocazione 700MISC.II61

-         STUDI E DOCUMENTI DEGLI ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE (N.92/93), Obbligo scolastico e obbligo formativo. Sistema italiano…,Firenze, Le Monnier, 2001/ collocazione 379.23OBB

-         STUDI E DOCUMENTI DEGLI ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE (N.91), Cittadinanza studentesca e autonomia scolastica, Firenze, Le Monnier, 2000/ collocazione 371.59CIT

-         MIUR, Linguaggi non verbali e multimediali, (STAMPA:)Verona, Grafica Autora, 2001/ collocazione 371.3LIN

Una segnalazione speciale meritano le due ultime pubblicazioni ricevute, la prima è un libro del giornalista e professore universitario Angelo Paoluzi, che ha tenuto un a lezione sul giornalismo il 6/11; la seconda è una recente e interessante pubblicazione della nostra professoressa Rosaria Domenella:

-         PAOLUZI ANGELO, Un canto nella notte mi ritorna nel cuore. Itinerari poetici di preghiera, Torino, SEI, 1995

-         DOMENELLA ROSARIA GRAZIA, La coda dell’occhio. Cinema e percezione visiva, Estratto da Raccolti di scritti in memoria di Antonio Villani, Napoli, Istituto Suor Orsola Benincasa, [2002]

 

Giornalismo a scuola/scuola di giornalismo

Le classi 1°, 2F e 3B (anche una rappresentanza del 2D) tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre hanno già partecipato in Biblioteca a due incontri riguardo il giornalismo, il primo di introduzione (storia dei giornali, la grafica del giornale e la prima pagina); il secondo è stato un incontro con il giornalista e professore di giornalismo Angelo Paoluzi che ha parlato dell'articolo di cronaca.

Sono in previsione altri incontri con giornalisti, di cui daremo conto nel prossimo numero. Ecco i titoli: "La redazione come gioco di squadra" (R. Masci), "L'iniviato" (F. Gustincich), "Il giornalismo di cultura e spettacolo: l'intervista e la conferenza stampa" (N. Roumeliotis), "Il giornalismo sportivo e la radiocronaca" (C. Loreti).

Nasceranno nuovi redattori di Biblico.Major e di testate più importanti?

Chi desiderasse materiale e ulteriori informazioni può rivolgersi in biblioteca.

 

I nuovi rappresentanti

Il 30 ottobre sono stati eletti i nuovi rappresentanti degli studenti al Consiglio d'Istituto. Per ora diamo solo i loro nomi, anche se nei prossimi numeri vorremmo intervistarli:

Lista 1: Giovanni Piccirillo (5E) e d'Aloja Enrico (5C)

Lista 3: Borgna Federica (4E) e D'Ammando Valerio (4E)

 

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Dulcis in fundo:

 

Dentro una Tazza di Tè

di Gianluca Amatori e Marzia Salasano

 

Il tè è un vero signore. Non ama aspettare: vuole essere bevuto dorato e bollente. Va pazzo per le tazze e le teiere raffinate. Adora profumarsi alla menta, alla cannella, al gelsomino e persino all’ananas.

Secondo i cinesi il tè nasce in Cina. Secondo gli indiani nasce, per caso, dalla meditazione di un guru indiano, naturalmente in India. Secondo i giapponesi, è addirittura Buddah che lo inventa, in Giappone s’intende! Per le sue fantastiche proprietà questa bevanda è dunque molto contesa – almeno lo sono le sue origini – dai tre paesi che primi al mondo l’anno adottata. La versione cinese della nascita del tè è senz’altro la più affascinante, e anche la più verosimile.

Nell’ anno 800 del Celeste impero (corrispondente al 2737 avanti Cristo) l’imperatore Shen Nung, incallito igienista, ordina di bollire l’acqua prima di berla. I servi eseguono, ma mentre l’acqua bolle, nel recipiente cadono alcune foglioline: è così che l’imperatore “scopre” il tè, fragrante e profumata bevanda dai poteri corroboranti. È Marco Polo che porta in Italia i primi “assaggi”, ma il nostro popolo lo utilizza dapprima come un medicinale a causa delle sue proprietà lassative e stimolanti.

Caterina di Braganza, sposa di Carlo I d’Inghilterra, porta con sé in dote, fra le sue ricchezze, anche l’abitudine quotidiana di bere il tè; e fu così che divenne la bevanda nazionale inglese.

Questo infuso fu talmente importante, da scatenare due tra le più considerevoli guerre: prima tra tutti la Rivoluzione Americana (preludio alla guerra d’Indipendenza). In seguito, la celeberrima “guerra dell’oppio” scoppiata tra inglesi e cinesi: infatti i primi importavano prima palesemente e poi clandestinamente il tè cinese, e lo scambiavano con pani di oppio coltivato nelle colonie delle Indie.

Ma come si può preparare veramente un buon tè? Inutile perderci in chiacchiere spiegandovi i numerosissimi passaggi che facevano gli antichi cinesi per prepararlo. A noi mortali del XX° secolo basterà tener presente qualche facile accorgimento. Primo: fare il tè al momento di berlo, non lasciarlo lì preparandolo in anticipo. Secondo: scaldare la teiera con acqua bollente. Terzo: mettere nella teiera un cucchiaino di tè per ogni persona, più uno… per la teiera, come dicono gli inglesi (usate le bustine, così andate sul sicuro!). Quarto: versare l’acqua, bollente ma che non abbia bollito, chiudere la teiera e lasciare in infusione per qualche minuto. Quinto: versare il tè nella tazza servendosi di un colino. Sesto: se mettete latte nel tè, versarlo prima nella tazza, alla maniera inglese. Il limone: concesso, ma si tratta di uno strappo alle regole. Comunque una fettina per tazza. Settimo: scaldare l’acqua per il tè in un recipiente destinato esclusivamente a questo scopo. E tenere sempre pronta una riserva per offrire, come vogliono gli inglesi, la tradizionale seconda tazza.

Esistono decine e decine di tipi diversi di tè. Fra cui: il tè nero, quello verde, il tè oolong, il tè scented e, immancabile, il “Breakefast Tea”, il tè del mattino.

Vi abbiamo fatto venire voglia di tè? Ok, allora andate in cucina e… Primo: fare il tè al momento di berlo. Secondo…


 

 


Fine del n. 8

 

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[1]…porto la croce: La croce ha la funzione di pugnacolo nei confronti delle arti filologiche.

[2] …loco chiaro e cavo: Biblioteca

[3]  …per li comuni venti: I flussi di persone che si riuniscono in un’unica direzione (verso l’entrata della scuola).

[4]  …mutò d’oca il pelo: prima ancora ci venisse la pelle d’oca dalla paura…

[5]  sensil: dal cuore sensibile

[6]  che mai… fecer tumo: che mai per l’algebra mieterono vittime, e per questo sono nel Limbo