Cassazione
Sezione Prima Civile
Sentenza 18 settembre 2003
n. 13747
(Presidente A. Saggio - Relatore S. Di
Palma=
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n.
8369/97 del 23 aprile 1997, il Tribunale di Roma, tra l'altro, pronunciò la
separazione personale dei coniugi D. S. e G. D. P., addebitandola a quest'
ultimo; affidò i figli minori (omissis) e (omissis) alla madre, attribuendole il
diritto di abitare la casa coniugale di proprietà comune sita in ____, e
disciplinando un ampio diritto di visita del padre; determinò in £.1.700.000
l'assegno, a carico del D. P., per il mantenimento della moglie ed in
£.3.800.000 il contributo dallo stesso dovuto per il mantenimento dei figli.
2. Avverso tale sentenza il D. P. propose appello principale dinanzi
alla Corte di Roma contestando la dichiarazione di addebito della separazione ed
i provvedimenti di natura economica cui resistette la S., la quale propose anche
appello incidentale, chiedendo l'aumento a £.15.000.000 mensili del contributo
economico complessivo da porre a carico del marito.
Nel corso del
giudizio d'appello, a seguito di ricorso d'urgenza proposto dal D. P. tendente
alla modificazione immediata dei provvedimenti relativi all'affidamento dei
figli, all'attribuzione del diritto di abitare la casa coniugale ed al
mantenimento dei figli e della moglie la Corte ampliò unicamente l'esercizio del
diritto di visita del padre.
Successivamente, sentiti i figli minori di
17 e 15 anni, con sentenza n. 4170/00 del 21 dicembre 2000, la Corte adita,
ferma restando la declaratoria di separazione personale dei coniugi con addebito
al marito, in riforma della sentenza impugnata, tra l'altro, affidò i figli
minori al padre, disciplinando il diritto di visita della madre; attribuì al D.
P. il diritto di abitare la casa coniugale; e determinò in £.3.000.000 mensili
l'assegno di mantenimento che quest'ultimo doveva corrispondere alla moglie.
In particolare, e per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte ha
così, testualmente, motivato la decisione:
"Ritiene la Corte ....di dover
condividere le considerazioni che hanno indotto il Tribunale alla pronuncia di
addebito della separazione al marito.
Non può infatti sottacersi che, ai
fini dell'addebitabilità della separazione, il comportamento del coniuge, che
sia idoneo ad evidenziare anche agli occhi dei terzi la sua infedeltà,
costituisce di per sé, a prescindere dall'effettiva ricorrenza dell'adulterio,
causa di menomazione della dignità dell'altro coniuge e, quindi, violazione dei
doveri derivanti dal matrimonio. Ora dal complesso delle prove espletate in
primo grado risulta indubbiamente provata la relazione intrattenuta dal D. P.
con altra donna, coltivata con aspetti esteriori (manifestazioni affettive anche
in pubblico) tali da ingenerare, sia nel contesto familiare e parentale che
nell'ambiente in cui i coniugi vivevano, più che plausibili sospetti di
infedeltà e di tradimento, così da comportare offesa alla sensibilità ed al
decoro della moglie. La circostanza che detto comportamento sia riferibile al
periodo in cui la S. stava faticosamente rimettendosi dal gravissimo incidente
che ne aveva messo in pericolo la vita ed in cui quindi più necessitava della
cure, dell'attenzione e dell'affetto del marito, configura a carico di
quest'ultimo la violazione anche di quei doveri minimi di solidarietà e di
reciproco sostegno che sono il fondamento della vita in comune. L'assunto
dell'appellante in ordine ai riflessi di natura psichica residuati
dall'incidente, con conseguenti modifiche anche caratteriali e comportamentali
della moglie, che avrebbero ancor prima contribuito a rendere intollerabile la
prosecuzione della convivenza, oltre che destituito di ogni fondamento
probatorio, non sembra certo costituire valido argomento atto ad escludere
l'addebitabilità in via esclusiva della separazione al marito, posto che le
menomate condizioni psico fisiche della moglie, lungi dal giustificare il
disinteresse affettivo e materiale, avrebbero caso mai dovuto sollecitarne le
risorse di comprensione, partecipazione e mutuo soccorso".
"Dall'affidamento dei minori al padre discende necessariamente
l'assegnazione al medesimo anche della casa coniugale di _____, di proprietà
comune dei coniugi, e ciò al fine di conservare ai minori (che peraltro hanno
esplicitamente manifestato il loro disagio per le condizioni in cui attualmente
vivono) la continuità dell'habitat domestico e familiare, inteso come centro
degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si articola la vita
della famiglia. Va infatti richiamato in proposito il consolidato orientamento
giurisprudenziale ....secondo cui il potere (eccezionale) del giudice della
separazione di assegnare la casa coniugale è in funzione dell'interesse
esclusivo della prole e non già dell'eventuale diritto di mantenimento del
coniuge incolpevole, sì che, in presenza di figli ancora minorenni, l'esigenza
di assicurare ai medesimi una pronta e conveniente sistemazione con
l'affidatario e di impedire che gli stessi, oltre al trauma della separazione
dei genitori, debbano altresì subire il trauma dell'allontanamento dall'ambiente
familiare, assume rilievo essenziale e prioritario, preclusivo di qualsiasi i
altra considerazione.... Non può quindi trovare accoglimento la richiesta
avanzata dalla S. di conservazione del godimento della casa coniugale, né
possono trovare ingresso in questa sede deduzioni volte a dimostrare il maggior
(od esclusivo) contributo economico fornito dalla moglie all'acquisto,
trattandosi di circostanze che potranno eventualmente assumere rilievo in sede
di scioglimento della comunione".
"Nel caso in esame va .... rilevato
che lo squilibrio esistente nella condizione economica tra le parti, oltre a
giustificare l'imposizione a carico del D. P. di ogni onere relativo ai figli,
giustifica e legittima altresì il riconoscimento a favore della S., coniuge
incolpevole, di un contributo per il proprio mantenimento, apparendo
difficilmente contestabile che la medesima sia priva di adeguati redditi che le
garantiscano un tenore di vita comparabile od assimilabile a quello goduto
durante la convivenza matrimoniale. A tale proposito appaiono anzitutto
pienamente condivisibili le osservazioni svolte dal Tribunale sull'alto tenore
di vita goduto dal nucleo familiare prima della separazione evidenziato dalla
presenza di personale domestico fisso, necessitato o meno che sia stato
(collaboratrice domestica e baby sitter per i figli), dalla originaria scelta di
una scuola privata per entrambi i figli, dalle vacanze sia estive che invernali
sempre godute in località alla moda, dalla frequenza a circoli sportivi di
prestigio e dallo stesso tipo di attività sportiva prescelto (golf ed
equitazione, quest'ultima anche per i figli), dalla fruizione di auto o moto di
grossa cilindrata ecc. elementi questi tutti indicativi di una notevole
consistenza patrimoniale e del tutto incompatibili con la modestia dei redditi
denunciati in sede fiscale. Anche voler escludere una qualsiasi cointeressenza
del D. P. nel negozio di _____, concesso in gestione alla ___ e che è
formalmente di proprietà della madre dell'odierno appellante, risulta tuttavia
provato che il medesimo è titolare di quote della S.n.c. _____, che gestisce
negozi di abbigliamento in _____ (ove il _____ svolge anche attività lavorativa
personale), ed era amministratore unico della S.r.l. _____ (di cui è socio
assieme alla moglie, con sottoscrizione del capitale in misura del 50% ciascuno)
con negozio di abbigliamento in _____ (attualmente in amministrazione
giudiziale). Ora sia la natura dell'attività commerciale svolta (vendita di
articoli di abbigliamento) che la stessa ubicazione degli esercizi, siti nelle
zone più prestigiose e più commerciali di Roma, pur in mancanza di prove certe
in ordine agli incassi giornalieri, consentono tuttavia di presumere, anche alla
luce di quanto emerso sul tenore di vita elevato condotto dalla famiglia,
consistenti guadagni e ricavi. Di contro va considerato che la S. versa tutt'ora
in precarie condizioni di salute (v. documentazione medica allegata) con
necessità di cure e che i postumi residuati dall'incidente hanno inciso in
misura consistente sulla sua capacità lavorativa, sì che appare difficile
ritenere che la medesima, anche ove abbia ripreso una limitata attività
professionale, sia in grado di provvedere autonomamente ed adeguatamente alle
proprie esigenze e necessità. Tanto meno può ritenersi che la medesima tragga
sufficienti mezzi di sostentamento dalla partecipazione societaria alla ____,
non risultando che il D. P., dalla data della separazione e quanto meno fino a
che è stato amministratore unico di detta Società, abbia mai erogato alcunché
alla moglie a titolo di partecipazione agli utili (o ai proventi ricavati
dall'affitto dell'azienda). Valutata comparativamente la situazione economica
delle parti e la rispettiva capacità di lavoro e di guadagno e tenuto conto del
pregiudizio economico derivante alla S. dalla perdita del godimento e dell'uso
della casa coniugale, con conseguente necessità di sopperire diversamente alle
proprie esigenze abitative sostenendo i relativi costi, si stima equo stabilire
in £.3.000.000 mensili, da rivalutarsi annualmente in base agli indici Istat con
decorrenza da gennaio 2002, la misura dell'assegno alla medesima
dovuto".
3. Avverso tale sentenza d. P. ha proposto ricorso per
cassazione, deducendo due motivi di censura.
Resiste, con controricorso, D.
S., la quale ha anche proposto ricorso incidentale, fondato su un solo
motivo.
Motivi della decisione
1. I ricorsi nn. 8678
(principale) e 9382 (incidentale) del 2001, in quanto proposti contro la stessa
sentenza, debbono essere riuniti ai sensi dell'art. 335 cod. proc.
civ.
2. Con il primo motivo (con cui deduce: "Omessa e/o insufficiente
e/o contraddittoria motivazione; violazione e falsa applicazione degli artt.143,
147 e 151 c. c. in merito alla sussistenza delle condizioni per l'addebito;
omessa e/o errata valutazione delle prove"), il ricorrente principale critica la
sentenza impugnata (cfr., supra, n.1.2 lett. A), anche sotto il profilo della
sua motivazione, sostenendo che:
la Corte romana, nella valutazione del suo
comportamento nei confronti della moglie, avrebbe omesso di tener conto della
scarsa attendibilità dei testimoni indicati dalla moglie (sulle cui deposizioni.
avrebbe fondato la decisione di addebito), delle contrarie circostante attestate
da altri testimoni, ed in particolare dai testi U. F. e M. L.;
in ogni
caso, i Giudici d'appello avrebbero "totalmente omesso di verificare l'
incidenza della dedotta .... violazione dei doveri ex art.143 c.c. sul venir
meno della unione tra i coniugi" (cfr. Ricorso, pag.10).
Con il secondo
motivo con cui deduce:
"Omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria
motivazione; omessa e/o errata valutazione delle prove; errata applicazione e/o
violazione dell'art. 156 c.c."), il ricorrente principale critica la sentenza
impugnata (cfr., supra, n.1.2 lett.C), anche sotto il profilo della sua
motivazione, sostenendo che, nel giudicare sulla spettanza di un assegno di
mantenimento alla moglie e nell'utilizzare, in proposito, la prova per
presunzioni, i Giudici a quibus avrebbero "totalmente ignorato, se pure disposta
dal Tribunale, la verifica operata dalla Guardia di Finanza sullo stato
patrimoniale e reddituale delle parti", dalla quale emergerebbe, invece, "la
perfetta aderenza tra le dichiarazioni dell'odierno ricorrente e le risultanze
della puntuale verifica operata dalla sopra detta Autorità" (cfr. Ricorso, pag.
12 -13).
3. Con l'unico motivo (con cui deduce: "Violazione e/o falsa
applicazione degli artt.155 e 156 c.c., ai sensi dell'art.360 n. 3 c.p.c.;
omessa o insufficiente motivazione ai sensi dell'art.360 n. 5 c.p.c., nella
parte in cui è stata assegnata la casa coniugale al marito"), la ricorrente
incidentale critica, a sua volta, la sentenza impugnata (cfr., sopra, n.1.2
lett. B), anche sotto il profilo della sua motivazione, sostenendo che la Corte
romana avrebbe insufficientemente motivato sul punto, non tenendo conto, in
particolare, delle circostanze che i figli sarebbero ormai quasi maggiorenni;
che la stessa, invalida al 67%, sarebbe completamente inabile al lavoro e del
tutto sprovvista di adeguati redditi propri; e che i figli vivrebbero, ormai da
più di due anni, con il padre in altra abitazione.
4. Il ricorso
principale deve essere respinto.
Per quanto riguarda il primo motivo, il
profilo di critica (cfr. , sopra, n. 2.2 letta) relativo alle dedotte
inattendibilità delle deposizioni dei testimoni indicati dalla S. ed omessa
considerazione di pretese, a sé favorevoli, circostanze affermate da altri due
testimoni (F. e L.) é chiaramente inammissibile, sia perché irrimediabilmente
generico, laddove fa riferimento a circostanze (attestanti il preteso rispetto,
da parte sua, dei doveri nascenti dal matrimonio) contrarie a quelle accertate
dal Giudice del merito, senza alcuna specifica deduzione sul carattere decisivo
dei punti evidenziati; sia perché risolventesi, in definitiva, in una
(ri)vautazione della prova orale meramente diversa da quella operata dai Giudici
d'appello; sia perché i riprodotti brani delle deposizioni dei testi F. e L. non
si riferiscono alla prevalente ragione violazione dell'obbligo di fedeltà che la
Corte romana ha posto a fondamento della dichiarazione di addebito a carico del
ricorrente.
Per quanto attiene al secondo profilo dei censura (cfr.,
supra, n. 2.2 lett. b) se è vero che, secondo il costante orientamento di questa
Corte (cfr., e pluribus, sent., a s.u., nn. 2494 del 1982 e 15279 del 2001,
nonché n. 12130 del 2001), in tema di separazione personale dei coniugi, la
pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che
l'art. 143 cod. civ. pone a carico dei coniugi, essendo invece necessario
accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella
determinazione della crisi coniugale è anche vero che, secondo un più specifico
e recente orientamento (cfr. sent. n. 7859 del 2000), la reiterata violazione
dell'obbligo di fedeltà coniugale, particolarmente se attuata attraverso una
stabile relazione extraconiugale, rappresenta una violazione particolarmente
grave di tale obbligo, che, determinando normalmente l'intollerabilità della
prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, causa della
separazione personale dei coniugi e, quindi, circostanza sufficiente a
giustificare l'addebito della separazione al coniuge che ne è responsabile,
sempreché non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi
coniugale mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del
comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una crisi
già irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza
meramente formale. Orbene, i Giudici d'appello (cfr., supra, n. 1.2 lett. A),
con motivazione ampia ed adeguata, nonché scevra da errori logico giuridici,
hanno ritenuto provata la relazione extraconiugale intrattenuta dal D. P.,
sottolineando, da un lato, le forme esteriori con cui essa è stata coltivata
("manifestazioni affettive anche in pubblico"), e, dall'altro, il carattere
particolarmente grave ed "odioso" di tale comportamento integrante, peraltro,
anche violazione dei "doveri minimi di solidarietà e di reciproco sostegno che
sono il fondamento della vita in comune" se rapportato alla circostanza che esso
è stato tenuto nel momento in cui la S. era convalescente da un gravissimo
incidente, che ne aveva messo in pericolo la vita. Inoltre, non è nemmeno esatto
che la Corte romana abbia omesso l'accertamento fini della valutazione della
adeguatezza dei redditi del soggetto che chiede l'assegno, il parametro di
riferimento è costituito dalle potenzialità economiche complessive dei coniugi
durante il matrimonio, quale elemento condizionante la qualità delle esigenze e
l'entità delle aspettative del medesimo richiedente; e, secondo cui, una volta
accertato il diritto del richiedente all'assegno di mantenimento, il giudice,
per determinarne il quantum, deve tener conto anche degli elementi fattuali di
ordine economico o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal
reddito dell'onerato, suscettibili di incidenza sulle condizioni delle parti.
Ciò posto, dall'analisi della motivazione della sentenza impugnata
dianzi (cfr., supra, n. 1.2 lett. C) integralmente riprodotta emerge con
chiarezza che i Giudici d'appello hanno rigorosamente applicato i predetti
orientamenti di questa Corte, in questa sede ribaditi, sia per quanto riguarda
la mancanza, da parte della S., di redditi propri ed adeguati per consentirle di
mantenere l'elevato tenore di vita caratterizzante la vita coniugale, sia per
ciò che attiene alle rispettive potenzialità economiche delle parti scemate
quasi del tutto relativamente alla moglie in conseguenza delle sue menomate
condizioni fisiche cagionate dal grave incidente occorsole e, quindi, alla
radicale disparità economica esistente tra di esse. In particolare, la critica
relativa alla dedotta, omessa considerazione dei risultati delle indagini di
polizia tributaria, disposte ed acquisite dai Giudici di primo grado, appare
anch'essa infondata in fatto, sol che si consideri che la Corte romana dopo aver
descritto l'elevato tenore di vita della famiglia ha specificato che i relativi
elementi probatori sono "tutti indicativi di una notevole consistenza
patrimoniale e del tutto incompatibili con la modestia dei redditi del D. P.
denunciati in sede fiscale": il che sta a significare che i Giudici d'appello
hanno esaminato anche i risultati delle disposte indagini di polizia tributaria,
legittimamente valutando, in via presuntiva alla luce di tutti gli altri
elementi probatori acquisiti, inattendibili le dichiarazioni dei redditi
presentate dal D. P..
5. Anche i1 ricorso incidentale è privo di
fondamento (cfr., supra, n. 2.3) .
Dall'analisi della motivazione della
sentenza impugnata (cfr., supra, n. l. 2 lett. B) risulta chiaramente che la
Corte romana ha scrupolosamente applicato il costante orientamento di questa
Corte (cfr., e pluribus, sent. nn. 2494 del 1982, a s.u., e 9073 del 2000),
secondo cui, in tema di separazione personale dei coniugi, la disposizione
dell'art. 155 comma 4 cod. civ. che attribuisce al giudice il potere di
assegnare il diritto di abitare la casa familiare al coniuge affidatario (dei
figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti con lo stesso
conviventi) , che non sia contitolare od esclusivo titolare del diritto di
godimento (reale o personale) dell'immobile ha carattere eccezionale ed è
dettata nell'esclusivo interesse della prole, sicché essa non è invocabile,
neppure in via di interpretazione estensiva, con riferimento alla posizione del
coniuge non affidatario dei figli, ancorché avente diritto al mantenimento (come
nella specie), al quale, pertanto, il predetto diritto non può essere attribuito
neppure in forza dell'art. 156 cod. civ., che non conferisce al giudice il
potere di imporre al coniuge obbligato al mantenimento l'adempimento
dell'obbligo in forma diretta e non mediante prestazione pecuniaria.
Alla luce di tale orientamento, che in questa sede viene ribadito,
perdono qualsiasi rilevanza le critiche alla sentenza impugnata formulate dalla
ricorrente incidentale ed aventi ad oggetto l'omessa considerazione del quasi
raggiungimento della maggiore età da parte dei figli, nonché della propria
invalidità del 67% (della qual circostanza i Giudici d'appello hanno
esplicitamente tenuto conto nella determinazione dell'assegno di mantenimento).
Quanto all'omessa considerazione dell'ulteriore circostanza secondo la quale "i
figli vivono ormai da più di due anni con il padre in un'altra abitazione, dove
hanno ricreato le proprie abitudini ed il proprio centro di interessi" (cfr.
Ricorso incidentale, pag. 11) la relativa deduzione deve considerarsi
inammissibile, in quanto non risulta che sia stata mai proposta nel giudizio di
merito (del resto, la circostanza stessa, ove ne sussistano i presupposti, potrà
eventualmente esser fatta valere ai sensi del combinato disposto degli artt.155
comma 8 cod. civ. e 710 cod.proc.civ.).
6. Vertendosi in ipotesi di
soccombenza reciproca, le spese della presente fase del giudizio possono essere
compensate per intero tra le parti.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le
spese.
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