L’Unità, 26 novembre 2003

 

UNA LEGGE CONTRO CIAMPI

di Roberto Zaccaria

La legge Gasparri è una legge incostituzionale, inutile, dannosa che aggrava il problema del conflitto d’interessi e che non potrà essere applicata perché calpesta i principi comunitari. Un documento promosso da «Articolo 21», firmato da cinquanta costituzionalisti (con alcuni dei nomi più illustri dell’Accademia italiana) e pubblicato ieri dall’Unità illustra le quattro ragioni per le quali la legge contrasta con la Carta fondamentale e si presenta quindi come manifestamente incostituzionale. Segue dalla prima Primo, perché alza enormemente il limite massimo per le concentrazioni e riduce il pluralismo e il diritto dei cittadini all’informazione (niente più Biagi, Santoro, Luttazzi, Guzzanti... e tanti altri). Introduce attraverso la finzione del digitale terrestre un nuovo «regime transitorio» oltre il termine del 31 dicembre 2003 giudicato improrogabile dalla Corte Costituzionale (466/02). Secondo, perché sottrae la disciplina della radiotelevisione al Parlamento e la consegna al Governo. Terzo, perché rafforza il potere del Governo sulla Rai attraverso la nuova procedura di nomina del CdA Rai (vietato secondo sentenza Corte Costituzionale 225/74). Quarto, perché avvia una privatizzazione totale del «servizio pubblico» regalando il canone ai privati (vietato secondo sentenza Corte Costituzionale 284/02). In questo modo la legge «stravolge clamorosamente» il messaggio del Presidente della Repubblica (pluralismo come condizione per la democrazia) e «aggira» le sentenze della Corte Costituzionale (826/88, 420/94, 466/02: la situazione esistente nella radiotelevisione é incostituzionale). È una legge inutile perché ripete, per l’ottanta per cento, disposizioni già contenute nelle leggi vigenti (bastava quindi un bel testo unico) e aggiunge la sola parte relativa al digitale terrestre (che sarà controllato da chi avrà già accumulato risorse enormi nel mercato pubblicitario). È una legge dannosa per gli editori dei giornali perché consente ai privati (e soprattutto a Mediaset) di fare più pubblicità e telepromozioni e «annulla» due decisioni del Consiglio di Stato (in contrasto con sentenza Corte Costituzionale 231/85) È una legge dannosissima per la Rai perché la carica di compiti nuovi senza darle le risorse adeguate. Le impone di realizzare il «digitale terrestre» che costa almeno 750 milioni di euro e anziché renderla indipendente, la pone sotto la tutela più stretta del Governo e poi la «svende». Il gruppo Mediaset-Publitalia ringrazia per il dono che ottiene da questa legge perché può crescere ancora e quasi raddoppiare (dagli attuali 3,5 miliardi ad oltre 6 miliardi di euro) perché può fare tranquillamente più pubblicità di prima, perché potrà gestire anche le Tv locali, perché tra qualche anno potrà comprare (senza finzioni di mogli o fratelli) nuovi giornali e, infine, perché Fede «resta in terra » anziché andare sul satellite ospite dell’«amico» Murdoch. Questa legge ignora naturalmente la risoluzione del 3 settembre del Parlamento europeo che aveva deplorato il fatto che in Italia permanesse una situazione di concentrazione del potere mediatico nelle mani del Presidente del Consiglio, senza l’adozione di alcuna seria normativa sul conflitto di interessi. La legge Gasparri, in questo quadro, è quindi doppiamente pericolosa perché aggrava in maniera speventosa la concentrazione nei media e, aumentando enormemente il potere del presidente del Consiglio, realizza una concentrazione di poteri nello Stato ed incide direttamente sulla forma di Governo. Si realizza con questa legge quella forma di «premierato assoluto » temuta da Leopoldo Elia. Altro che riforma dei quattro «saggi » di Lorenzago: è questa la riforma costituzionale! Ma forse, prima che intervengano gli organi di garanzia costituzionale, come ci auguriamo, potrebbe aiutarci l’Europa. Guido Rossi ha detto, nei giorni scorsi, che l’enorme allargamento del mercato rilevante (il cosiddetto «Sic», sistema integrato delle comunicazioni) si pone in netto contrasto con i principi comunitari in materia di antitrust. Il professore ha citato una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 9 settembre 2003 secondo la quale una legge - come la Gasparri - che fornisce copertura legale a comportamenti incompatibili con i principi comunitari sulla concorrenza (art.10 e art.81 CE) deve essere disapplicata, oltre che dai giudici, dalle autorità di controllo (Antitrust e Comunicazioni). «Il diavolo fa’ le pentole ma non i coperchi» ha concluso scherzando, ma non troppo, Guido Rossi. Noi lo speriamo vivamente.