Corriere della Sera, 30 dicembre 2003
Tre procedure per riformare la Gasparri

TV, DAL DECRETO ALLA NUOVA LEGGE

di SABINO CASSESE

 
Il governo ha dato ascolto al presidente della Repubblica. Con il decreto legge prenatalizio si è inserito nel dialogo tra Quirinale e Parlamento per salvare Rete4 e la pubblicità di Raitre, ma anche per dare attuazione a due osservazioni presidenziali: il termine per la verifica si è ridotto da un anno a quattro mesi; l’Autorità per le comunicazioni ha ora, al termine della verifica, unghie per graffiare (può inibire attività e obbligare a dismettere rami d’azienda). Si aprono, a questo punto, tre procedure, i cui esiti sono incerti. La prima è amministrativa e deve essere conclusa entro aprile prossimo. L’Autorità per le comunicazioni deve verificare quante persone sono raggiunte dal digitale terrestre, se sono disponibili decoder a prezzi accessibili, se vengono offerti su reti digitali anche programmi diversi da quelli diffusi dalle reti analogiche. L’accertamento del pluralismo televisivo va compiuto - secondo alcuni - con riferimento al 31 dicembre 2003. Altri sono, invece, disposti a concedere tutti e quattro i mesi fino al prossimo aprile, avendo atteso 20 anni. Ci si può chiedere se le imprese interessate ad accelerare l’effettivo ampliamento dell’offerta, oltre a contare sui cospicui stanziamenti disposti dal governo nella legge finanziaria, non possano offrire esse stesse il decoder agli utenti, come fanno spesso gli operatori di telefonia mobile con i loro terminali.
La seconda procedura è quella di conversione del decreto legge. Il Parlamento ha due mesi per concluderla. Se la legge Gasparri venisse approvata nuovamente nello stesso termine (ipotesi improbabile, per i motivi che dirò tra un momento), i contenuti del decreto legge potrebbero essere trasferiti nella legge, e non vi sarebbe bisogno di convertirlo.
La terza procedura è quella di una nuova approvazione della legge Gasparri. I regolamenti parlamentari prevedono un nuovo esame dell’intera legge, non solo degli articoli 2, 15 e 25, ai quali fanno principalmente riferimento le osservazioni del presidente della Repubblica. Per questa procedura non vi sono termini rigidi. È improbabile che i due mesi nei quali resta in vita il decreto legge bastino, perché le osservazioni del Presidente sul Sistema integrato delle comunicazioni (Sic) e sulla raccolta pubblicitaria toccano punti discussi nella stessa coalizione di governo, allora accantonati, ma che potrebbero ora ritornare in ballo, insieme ad altri, imposti dalla abbreviazione dei termini e dalla possibilità di introdurre misure asimmetriche per accelerare l’introduzione del pluralismo (come in altri settori si è accelerata l’introduzione della concorrenza).
Come ha osservato il presidente della Commissione Attività produttive della Camera, Bruno Tabacci, in una intervista al Corriere del 3 agosto scorso, il Sic è una costruzione strumentale: può essere utile restringere il paniere che lo compone. L’acquisizione di partecipazioni in imprese editrici di quotidiani da parte di imprese televisive può essere consentita a partire da una data più lontana, quando si saranno pienamente realizzati pluralismo e concorrenza. E potrà affidarsi all’Autorità delle comunicazioni il compito di stabilire il limite massimo della raccolta pubblicitaria da parte di concessionarie appartenenti a uno stesso operatore del settore delle comunicazioni.
Insomma, della legge Gasparri si continuerà a parlare per un pezzo. È importante, perché regole corrette sulla comunicazione televisiva sono una condizione della democrazia. Purché la discussione non finisca per assorbire tutte le residue energie di un ceto politico attento alle posizioni e alle forze reciproche, ma povero di contenuti ed incapace di interessarsi di case, scuole ed ospedali.


Commenti