I fatti del 1799

Il 2 settembre 1798 con un dispaccio reale si chiedeva alla municipalità di San Severo di fornire 120 uomini atti alle armi che dovevano ingrossare l'esercito  che re Ferdinando stava preparando per fermare le truppe francesi dello Championnet occupanti lo Stato pontificio. In una situazione già problematica per la miseria delle campagne, la richiesta reale contribuì ad aumentare il malcontento e i giovani sanseveresi, probabili coscritti, si industriarono con vari sistemi per non prestare il servizio militare (false dichiarazioni, regalie in denaro per essere esclusi, ...). Comunque, nonostante tutto, Nicola De Horatiis, governatore e giudice della città riuscì a fornire a Ferdinando IV gli uomini richiesti che andarono ad alimentare le fila dell'esercito napoletano. Dopo alterne vicende, l'esercito francese comandato dallo Championnet risultò vittorioso nel dicembre costringendo i napoletani a ripiegare nel Regno. Il re nella notte del 23 dicembre fuggiva da Napoli ed il mese successivo, 22 gennaio,  Championnet entrava a Napoli: nasceva la Repubblica napoletana.

Nelle province del Regno giungeva notizia, anche se spesso in modo frammentario e distorto, di quanto era accaduto. A San Severo ci fu una entusiastica iniziale adesione della popolazione al movimento rivoluzionario soprattutto per ragioni sociali più che politiche; nessuno prese iniziative concrete fin quando alcuni notabili della città (d'Ambrosio, Saverio, Maddalena, Santelli, Nobiletti, Galluccio, di Lorenzo, Cordera) si uniscono ad un certo Scipione Vicerè che si era presentato come commissario del governo provvisorio di Napoli. Questi - insieme anche al vescovo,  alle autorità municipali e ad alcuni proprietari - presero l'iniziativa di portare in processione la Madonna del Soccorso e la mattina dell'8 febbraio venne piantato l'albero della libertà, simbolo del regime repubblicano, nella piazza della Trinità. Per convincere il popolo che era finito il tempo delle ingiustizie, un gruppo di giacobini (tra cui i fratelli Santelli e Crescenzo d'Ambrosio) si recarono nel piano del Carmine e distruggevano la baracca utilizzata dal Principe per la riscossione dei diritti feudali.

Ma l'illusione fu di breve durata perchè la municipalità che si formò escluse quei soggetti (in particolare rappresentanti del popolo) che auspicavano un cambiamento di segno del potere. Il popolo cominciò a manifestare il suo malcontento ed approffittarono della situazione alcuni proprietari guidati dai fratelli Russi (esclusi dalla municipalità) che strumentalizzarono il malumore popolare per creare disordini e far cadere l'amministrazione giacobina. Fecero spargere la voce che la domenica successiva, 10 febbraio, ci sarebbero state "danze sfrenate, abbracciamenti e nozze" con la presenza della statua della Madonna del Soccorso. In effetti quando i repubblicani prelevarono la statua della Madonna, complici alcuni popolani che gridavano al sacrilegio,  si scatenò una sanguinosa rivolta contro i sostenitori della repubblica. Vennero trucidati Cordera, i fratelli d'Ambrosio, i Santelli, Saverio, Maddalena, Galiani. Anche il vescovo corse il rischio d'essere ucciso. La situazione poi si andò gradualmente normalizzando grazie anche all'intervento dei fratelli Russi e altri proprietari resisi conto della terribile reazione popolare che avevano provocato.

Era prevedibile che la reazione francese non si sarebbe fatta attendere e perciò nel frattempo i reazionari incitavano il popolo alla resistenza formando compagnie armate alla men peggio. Anche comuni vicini (Apricena, San Marco, Poggio Imperiale) inviarono aiuti alla popolazione sanseverese. Nel contesto generale della restaurazione di governi realisti in alcuni grandi centri del Regno ad opera del cardinale Ruffo, San Severo era diventata il centro di una lega monarchica in Capitanata.

Il 12 febbraio l'armata francese al comando del generale Duhesme partiva da Napoli e dopo aver piegato Bovino, Troia e Lucera si stabilì a Foggia. Da qui inviò ambasciatori a San Severo per convincerli alla resa assicurando il suo perdono. Ma i realisti respinsero l'offerta. Duhesme ordinò di attaccare San Severo.

Due colonne si diressero verso  San Severo: una proveniente dalla via di Foggia e l'altra dalla via di Lucera. L'attacco avvenne la mattina del 25 febbraio. Travolta ogni resistenza, le truppe francesi entrarono in San Severo. Un dato attendibile sul numero dei morti sanseveresi provocati dall'attacco francese dovrebbe essere intorno ai 250. A questi vanno aggiunti i caduti francesi, un centinaio, ed altrettanti provenienti dai paesi del circondario. Pesante fu anche il saccheggio della città. Nei giorni successivi vennero fucilati alcuni insorti (Dell'Aquila, Fania, De Nisi).

Il dominio dei francesi fu di breve durata: sin dai primi di aprile le truppe francesi incominciarono a sguarnire la Capitanata per fronteggiare più a sud l'avanzata delle forze sanfediste, ma inutilmente, perchè il 13 giugno 1799 il cardinale Ruffo entrò in Napoli e il 10 luglio successivo vi giunse anche re Ferdinando.

Ebbe così inizio la reazione. Nelle province vennero mandati i "visitatori" con il compito di punire i giacobini e segnalare al re coloro che erano rimasti fedeli al re. Per la provincia di Lucera a fine luglio venne inviato il vescovo di Policastro Ludovici insieme al collaboratore giudice Pedicini. Numerosi sanseveresi si recarono dai notai per redigere pubblici atti in cui risultava la loro fedeltà alla causa monarchica con la speranza di ottenere ricompense o risarcimenti o per fugare ogni dubbio per eventuali simpatie nutrite per i giacobini

sintesi da: G. Clemente, Momenti e figure dell'Ottocento a San Severo, in Studi per una storia di San Severo, San Severo 1989

.