San Severo tra XIV e XV secolo

Quello che segue è un quadro sintetico di San Severo - negli aspetti politici, sociali, economici - nel basso Medioevo. Tutte le informazioni fornite si attengono scrupolosamente alle fonti in nostro possesso.

Le fonti evidenziano nettamente i legami intercorrenti tra le istituzioni ecclesiastiche locali e la vita della comunità. A San Severo avevano acquistato una crescente influenza le quattro parrocchie: S. Severino, S. Maria, S. Nicola e S. Giovanni Battista.

Per quanto riguarda la parrocchia di San Severino, per un periodo non troviamo menzionata questa parrocchia nei documenti: ultima citazione dell'esistenza di S. Severino risale al 1420, la prima citazione della stessa dopo un lungo periodo di silenzio è del 1580. E' possibile formulare alcune ipotesi sulla scomparsa della parrocchia: a) coinvolgimento di S. Severino nei contrasti, sul piano locale, provocati dallo scisma d'Occidente che alla fine paga con la sua soppressione; b) la crisi economica e demografica investe anche San Severo che conosce, quindi, un calo della popolazione e quindi un riassetto delle parrocchie ed una redistribuzione dei benefici. E' possibile ipotizzare una ripresa demografica della città (afflusso dai casali circostanti dopo la sistemazione nel 1447 della Dogana delle Pecore; immigrazione di nuclei di albanesi e schiavoni in fuga dai Turchi) che permise la restaurazione dell'antica parrocchia di S. Severino nel corso del '500. Forse potrebbe essere possibile collegare l'ipotizzata rinascita della chiesa di S. Severino con il largo credito dei miracoli attribuiti al Santo nel 1521 e 1529 nel senso della riaffermazione nell'ambito cittadino di quelle forze che si coagulano intorno all'antica parrocchia. Alla ristrutturazione ecclesiastica dovette accompagnarsi anche la revisione degli statuti municipali, poggiato sul consiglio dei 40 reggimentari (1527)

Escludendo le chiese conventuali e includendo quelle suburbane è attestata la presenza dei seguenti luoghi di culto: S. Antonio abate, S. Biagio, S. Croce (poi del Carmine), S. Donato, S. Lucia, S. Margherita, S. Maria delle Grazie, S. Maria dell'Oliveto, S. Maria della Pietà (poi della Morte), S. Michele, S. Onofrio, S. Sebastiano (poi della LIbera), S. Simeone (poi Croce Santa), S. Sofia, S. Spirito, S. Stefano, S. Tommaso.

Per quanto riguarda gli ordini religiosi ci sono indicazioni di un monastero di S. Maria, ubicato nella stessa zona di quello dedicato a S. Lorenzo (fine sec. XVI) che ne potrebbe essere stato l'immediato antecedente. La ricchezza del monastero è attestata dalla somma delle decime pontificie pagate nel 1310 e 1328, nonchè dalle proprietà citate negli atti (1322, 1394, 1421). Attestati solo verso la fine del XVI secolo altri due monasteri femminili, entrambi francescani: S. Chiara (non lontano dalla sede dei frati conventuali nel settore detto "il Casale") e S. Caterina (nei pressi di Porta Foggia in parrocchia S. Nicola). L'origine della presenza fancescana a San Severo è databile tra la fine del XIII - inizio del XIV secolo. Il convento di S. Bernardino (frati minori osservanti) è stato fondato nel 1452 in luogo assai salubre. Il monastero di S. Agostino è citato in un documento del 1319: sarà il centro propulsore per la diffusione del culto della Madonna del Soccorso. Alla fine del XIV secolo i monaci del  monastero di S. Giovanni in Piano si trasferiscono a San Severo costruendo un grande monastero nei pressi della piazza principale ove già i Celestini possedevano la chiesa della Trinità, varie case nelle vicinanze e terreni. Dobbiamo citare anche proprietà nella città di grandi monasteri della zona settentrionale della Puglia: San Leonardo di Siponto, S. Maria delle Tremiti, S. Maria di Ripalta, S.. Maria di Casanova, S. Giovanni in Lamis.

In questo periodo si osserva un processo di strutturazione della vita cittadina: accanto alle chiese parrocchiali, divenute i principali poli di aggregazione degli interessi comuni, si andavano differenziando ceti e gruppi di varia origine. Il contesto socio-economico poggiava prevalentemente sulle istituzioni ecclesiastiche locali, che continuavano a rappresentare il punto di riferimento indispensabile per la maggior parte della popolazione. E' bene sempre ricordare che la struttura dell'insediamento sanseverese è fondamentalmente agricola con una forte incidenza del clero locale: in questo quadro sono da inserire le frammentarie notizie pervenuteci circa l'articolazione sociale della S. Severo medievale. Accanto al clero si era sviluppato un ceto di piccoli proprietari, di funzionari pubblici, di artigiani e di mercanti; l'attività principale però continuava ad essere quella agricola, integrata dall'allevamento di bestiame.

L'agricoltura occupa il posto principale con le attività ad essa collegate; il paesaggio agrario appare, soprattutto nelle aree più vicine all'insediamento urbano, notevolmente antropizzato. Nel quadro della produzione agricola locale un posto primario va assegnato alla coltivazione dei cereali. Negli atti troviamo menzionati il grano e l'orzo (alimentazione dei cavalli). Vari atti (1384; 1388; 1484; 1491) menzionano l'esistenza di terreni seminativi a San Severo e l'esportazione della produzione locale sui mercati più vicini. Anche la coltivazione della vite è attestata: viti basse, allineate in filari; i confini dei vigneti sono segnati, oltre che da viottoli e strade, da canali di scolo delle acque. Al consumo dell'uva come frutta, fresca o passita,  doveva essere collegato l'interesse che anche i vicini saraceni di Lucera dimostrarono per la coltivazione della vite. E' noto che alcuni dei saraceni più ricchi possedevano vigneti in agro di San Severo. In agro di San Severo esiste tuttora il toponimo "Zamarra" che è collegabile ai saraceni di Lucera: in un elenco di saraceni catturati dopo l'espugnazione di Lucera nell'agosto 1300 e venduti come schiavi successivaminte compare un certo Ulmen Zamarram. L'ampia diffusione della coltivazione dell'olivo nel territorio circostante San Severo è altresì attestata. Gli orti si trovavano un po' dappertutto, dentro e fuori gli insediamenti urbani, oltre che in aperta campagna. Non tutte le terre all'interno della cinta muraria erano destinate all'orticultura, dato che alcune di esse erano destinate a suolo edificatorio. Comunque sembra riscontrabile una cintura orticola immediatamente a ridosso delle strutture urbane.

Per quanto riguarda l'allevamento esistevano terreni riservati al pascolo dove si potevano portare greggi di pecore e mandrie di porci. La presenza in San Severo di uomini esperti nell'allevamento del bestiame era abbastanza nota (sanseveresi degni di fiducia sono deputati alla custodia del bestiame dei saraceni nel 1300).  Lo sviluppo delle coltivazioni e la ricerca di pascoli più ampi dovevano creare delle contraddizioni non facilmente sanabili (1319).  La creazione poi della Dogana della Mena delle Pecore e la formazione delle locazioni, anche a ridosso dell'agro cittadino, non potevano essere senza conseguenze per l'economia locale se è vero come attesta una fonte che a San Severo vengono depredate circa 70.000 pecore (1495).

La viabilità maggiore si irradiava in direzione dei casali circostanti e delle città più lontane ma comunque comprese in un'area abbastanza circoscritta. Dagli atti (X-XIII secolo)  risultano menzionate alcune strade interurbane: quella che da S. Severo conduceva a Tigula, a Dragonara, a Fiorentino, a Sala, a S. Andrea, a Casalenovum, a Banzia, a Civitate, a Lesina, ad Apricena, a Lucera. Testimonianze più recenti riguardano vie dirette a Casalbata (1384), Belvedere (1394), Montesantangelo, Castelpagano e Mnfredonia (1421).

San Severo svolge una funzione di polo di attrazione e di coagulo nei confronti dei casali circostanti (probabilmente fattorie tardo-antiche, dislocate lungo le principali vie di comunicazione, sopravvissute nell'alto medioevo e trasformatesi in borgate autosufficienti; villaggi sorti successivamente in periodi di maggiore stabilità politica). Questa funzione risulta particolarmente accresciuta durante la crisi che travolse, nei secoli XIV e XV, centinaia di piccoli insediamenti rurali sparsi per tutto il Tavoliere. I casali che la tradizione collega a San Severo sono: S.Andrea (insediamento più importante situato lungo la via "lucerina"), S. Giusta (situato sull'asse viario Torremaggiore-Foggia - corrispondente al tracciato Teanum Apulum-Arpi -), Motta del Lupo, Casalorda, Motta della Regina ( tutti e tre nella stessa direzione del precedente andando verso sud),  l'Oliveto (molto vicino a S. Andrea lungo il tratturo per Foggia: sul sito della chiesa dell'Oliveto), Belvedere (sobborgo che si sviluppa fuori delle mura cittadine nelle immediate adiacenze della parrocchia di S. Giovanni), S. Antonino (a nord di San Severo confinante col canale Radicosa e con la via che conduceva a Civitate),  S. Matteo, S. Ricciardo (ambedue ad est di san Severo). Altri casali: Banzia (a pochi km da San Severo verso nord-est), S. Eleuterio (nei pressi del ponte sul Candelaro e dell'antica Via Litoranea), Casalenovum (sito corrispondente all'attuale masseria Casone)

Per quanto riguarda i rapporti giuridici locali, a San Severo persiste l'applicazione di caratteristici istituti longobardi, non diversamente da quanto si rileva nella maggior parte delle coeve carte pugliesi, al cui uso si conformano giudici e notai locali. Non mancano però significativi accenni al diritto romano nè espliciti richiami ad un corpus di consuetudini sanseveresi (1434). Ci sono fonti che ci informano sugli usi matrimoniali di San Severo: patti intercorsi tra gli sposi relativi alla dote (1432). Abbiamo tramandati molti nomi di operatori del diritto (giudici e notai) così come si ricavano dagli atti a noi giunti

Riguardo alle professioni abbiamo la citazione di uno speziale (1301) e di un medico (1425). In questo periodo collochiamo anche alcuni personaggi illustri nati a S. Severo: Nicola Passero (autore di poesie in latino), Agostino Colombre (precursore della moderna medicina veterinaria), Alessandro Minuziano (professore di eloquenza e tipografo).

Per quanto riguarda il commercio a lungo controllato dai mercanti fiorentini e veneziani (questi ultimi attraverso i fondaci di Barletta) non abbiamo alcun indizio di attività locali anteriormente ai primi decenni del XV secolo. Certamente non doveva mancare un minimo di imprenditorialità commerciale almeno in rapporto allo smercio quotidiano sul mercato cittadino. Esisteva una fiera denominata dei santi Pietro e Paolo che iniziava il 29 giugno e durava sei giorni, ed la fiera di S. Luca del 18 ottobre. E' noto che a S. Severo si trovava un fondaco regio ove si depositavano le merci che da Venezia erano sbarcate nell'attracco alla foce del Fortore. Di notizie concrete sui traffici che si svolgevano a S. Severo ci è giunto ben poco (1300, 1301). Di maggior rilievo sono altre testimonianze come ad esempio quelle relative a Stefano Butterio di S. Severo (1409, 1411, 1420) e i rapporti coi suoi fornitori che a loro volta si rifornivano da società mercantili di Venezia e Firenze. Altre testimonianze di carattere economico sembrano rivelare una certa dose di intraprendenza economica ed almeno un minimo di disponibilità monetaria (1418, 1420, 1487). Al commercio di cereali ci riportano altri documenti dello stesso periodo (1484, 1491)

Alcuni dati relativi allo sviluppo demografico della città. Da un "focolario" del 1447 S. Severo risulta numerata per 711 fuochi (circa 3.600 abitanti); nel 1532 erano numerati 704 fuochi (3.520 abitanti); nel 1545 sono 772. Si continua con una ascesa continua sino al 1648. Ciò significa che la popolazione dovette subire un notevole decremento dalla metà circa del '400, riportandosi poi sui valori iniziali solo dopo quasi un secolo. Alcune testimonianze relative alle interconnessione tra numerazione dei fuochi e carico fiscale (1491, 1494).

E' probabile che all'interno della popolazione sanseverese siano confluiti in momenti diversi, ma soprattutto tra la fine del '400 ed il '500, alcuni flussi d'immigrazione, alimentati dagli abitanti dei circostanti casali in decadenza e dai nuclei albanesi e schiavoni chiamati nel Regno a ripopolare contrade semideserte.Tra i gruppi di più antica immigrazione ci sono gli Ebrei mentre del tutto inconsistente dovette essere la penetrazione di elementi saraceni provenienti da Lucera. La comunità ebraica conta nel 1491 9 fuochi, scesi l'anno seguente a 6. La serie di testimonianze sugli Ebrei comincia cl 1482 e sembra giunga al 1508 (un "vico Ebrei" in parrocchia S. Maria ne mantiene tuttora il ricordo nella toponomastica cittadina). Sembra che era in funzione anche una sinagoga. Riguardo alla presenza albanese a San Severo (collocabile nel periodo delle ondate d'immigrazione  dopo la morte di Scanderbegh a causa dell'avanzata dei Turchi) esistono alcuni riferimenti (1488, 1511).

Per quanto riguarda l'assetto urbano, gli immobili si trovano tutti all'interno della cinta urbana, coerentemente alla presumibile non elevata densità degli edifici. Le mura di San Severo, abbattute da Federico II nel 1230 per punizione, dovettero risorgere negli anni successivi o durante i primi decenni del dominio angioino. Una menzione dell'esistenza di  mura della città l'abbiamo nelle testimonianze dell'assedio alla città da parte del feudatario Pietro Pipino (1333), oltre ad altri documenti (1421, 1493, 1521, 1528, 1580). Una dettagliata descrizione della città, con i suoi palazzi e le sue mura, con le porte e il castello, come era prima del 1627, è offerta dal Lucchino. Infine vanno ricordate le "vedute" del Pacichelli (tra il 1682 e il 1687) e del Coronelli (1706)

 

sintesi da: Corsi, San Severo nel Medioevo, in Studi per una storia di San Severo