Con la morte di Roberto
il Savio, ha inizio il regno tormentato di sua nipote Giovanna d'Angiò
incoronata in Santa Chiara il 28 agosto del 1344 . Suo marito Andrea d'Ungheria,
fratello del re d'Ungheria Luigi, non adattandosi a considerarsi principe
consorte premeva sul papa per ottenere la parità dei diritti con Giovanna, dopo
vari tentativi, sembrava che il pontefice, anche sotto la minaccia del potente
fratello Luigi d'Ungheria, stava per concedere quanto richiedevano. Fu allora
che i parenti di Giovanna e la sua corte, considerando Andrea un grave pericolo
per i loro interessi, decisero di ucciderlo attirandolo in un tranello.
Suo fratello Luigi il Grande, successo nel 1342 a Caroberto, fu considerato uno
dei migliori sovrani che l'Ungheria abbia mai avuto. Rigidamente educato nel
palazzo reale di Wisegrad al culto di Alessandro Magno e del suo avo Ladislao,
egli fu universalmente stimato e rispettato come guerriero e come cavaliere:
generoso e giusto, fra le sue doti ebbe quella dell'intelligenza politica, che
gli permise di riconquistare le provincie serbe che suo padre aveva perduto nel
1339.
Quest'uomo così severo e rigido innanzitutto con se stesso, non avrebbe mai
potuto perdonare le sregolatezze di sua cognata Giovanna, la cui eco non aveva
tardato a raggiungerlo, ne tanto meno poteva accettare una liquidazione parziale
degli assassini di suo fratello Andrea. Nel frattempo la regina Giovanna,
imprudentemente decise di risposarsi con il principe Luigi di Taranto.
Nel novembre del 1347 re
Luigi d'Ungheria, partì con il suo esercito alla volta dell'Italia, nonostante
le esortazioni del papa Clemente VI, che fino all'ultimo aveva cercato di farlo
desistere dal suo proposito di vendetta. La regina Giovanna allo scopo di
evitare alla capitale saccheggi e rapine ella desiderava che non si opponesse
alcuna resistenza, anzi ordinò che fossero consegnate a Luigi le chiavi della
città e lei cercò rifugio nei suoi domini francesi, lasciando in Castel Nuovo il
piccolo Carlo Martello, che aveva poco più di due anni , nella speranza che la
sua presenza potesse placare le ire dello zio. Luigi dopo aver fatto arrestare e
giustiziare tutti quelli che si erano opposti al suo passaggio, i suoi rozzi
ungheresi si macchiarono di nefandezze inaudite, con abusi ed angherie di ogni
sorta: ruberie, incendi, saccheggi e stupri erano all'ordine del giorno. Il
popolo ben presto diede segni di insofferenza sfidando apertamente gli stranieri
al combattimento, spronati dalle famiglie baronali. Luigi fu costretto a dare
ordine che le sue truppe non uscissero dai loro quartieri. Mentre gli uomini si
combattevano e si arrovellavano per la conquista del potere, si abbatté sul loro
capo un castigo divino che finì per risolvere l'ingarbugliata situazione: una
grave epidemia che invase quasi tutta l'Europa. La peste, questo grande flagello
rammentò all'umanità la sua pochezza e la sua impotenza. Luigi d'Ungheria alle
prime avvisaglie dell'epidemia e forse anche temendo l'odio del popolo e dei
baroni ritornò in patria nominando suoi luogotenenti nel regno di Napoli i
fratelli Conrad e Ullrich Wolff di Wolfurt, i due capitani che durante
l'occupazione avevano spadroneggiato ed erano diventati tristemente noti per le
loro efferatezze.
La regina Giovanna e suo marito ritornarono a Napoli il 17 agosto del 1348 e
cominciarono ad organizzarsi per scacciare gli Ungheresi dai castelli, che non
fu molto difficile far capitolare. Intanto anche Luigi di Taranto premeva per
essere incoronato re. Mentre i sovrani napoletani perdevano tempo
nell'inconcludente contesa di stabilire a quale dei due spettasse lo scettro,
Luigi d'Ungheria nella primavera del 1350, organizzava una seconda spedizione in
Italia. Essendo morta la sua prima moglie egli progettava di sposare Maria d'Angiò,
sorella di Giovanna, erede al trono, a sua volta vedova di Carlo di Durazzo, per
assicurarsi così con tutte le forme ogni diritto al trono.
Nel frattempo a Napoli avveniva un fatto gravissimo: il ratto di Maria d'Angiò da parte del Gran Siniscalco di Provenza Ugo del Balzo, che fece violentare da suo figlio Roberto, allo scopo di costringerla a sposarlo, per evitare che lo facesse Luigi d'Ungheria, chiaramente per introdursi nella successione ereditaria del regno. Il piano riuscì parzialmente perché mentre ritornavano in Francia, furono costretti a fare scalo a Gaeta, dove furono tutti catturati e Ugo del Balzo ucciso personalmente da Luigi di Taranto. La sventurata Maria d'Angiò fu fatta sbarcare a Gaeta e le fu trovata una onorevole sistemazione. Per risollevare il prestigio dei reali napoletani si inscenò una festosa incoronazione. Questa cerimonia avvenne nel palazzo dei principi di Taranto e l'Arcivescovo Guglielmo de la Garde venne espressamente da Avignone per incoronare prima Luigi e poi Giovanna: per la regina questa era la terza incoronazione, ma per Luigi di Taranto era il raggiungimento della sua massima ispirazione.
Nel 1353 ebbe luogo un avvenimento le cui conseguenze si ripercuoteranno nella storia di Napoli: il matrimonio di Luigi di Durazzo con Margherita Sanseverino, dal quale nascerà un figlio, Carlo, che divenuto adulto, deponendo proditoriamente la zia Giovanna, diverrà re di Napoli e sarà a sua volta il padre di re Ladislao e di Giovanna II.
Luigi e Giovanna dopo qualche tentativo non riuscito di riprendersi la Sicilia si convinsero sull'opportunità di far ritorno a Napoli, causa l'imperversare di mercenari e l'aperta ribellione di Luigi di Durazzo, che si rivelò un osso duro e soltanto nel 1360, fatto prigioniero e rinchiuso nel Castel Nuovo vi morì due anni dopo in circostanze non molto chiare, poco prima, il 26 maggio dello stesso anno morì anche Luigi di Taranto.
La sovrana, già vedova
due volte, e regina da diciotto anni, si cominciò subito a cercare un'altro
marito e se lo scelse nella persona di Giacomo di Mayorca, figlio di Giacomo II,
(un pronipote della regina Sancia, che lo zio Pietro IV d'Aragona aveva tenuto
prigioniero dopo essersi impadronito del regno del padre, nonostante fosse suo
cognato). Il papa diede il consenso e il nuovo sposo giunse a Napoli il 16
maggio del 1363. Anche questa volta però la scelta di Giovanna fu inopportuna e
sfortunata e questo consorte essendo reduce da una lunga prigionia, ella credeva
di trovare più malleabile e modesto, invece anche lui voleva impossessarsi del
potere ed oltretutto non era più nelle piene facoltà mentali, per cui Giovanna
lo fece segregare anche se con tutti gli agi e gli onori possibili. Infine
Giacomo di Mayorca, tolse il disturbo spontaneamente decidendo di andare a
combattere con Enrico Trastamare in Spagna. Il pontefice si insospettì di questa
partenza e mandò un altro legato, perché cercasse di mettere pace nella famiglia
reale ponendo termine a quelle liti che la futura santa, Brigida Gudmarsson (era
figlia del principe svedese Briger), non era riuscita a comporre. I rapporti fra
il pontefice e il regno di Napoli andavano man mano migliorando (era il tempo di
Urbano V, spinto da Brigida di Svezia e soprattutto da Caterina da Siena).
Caterina di Siena ( Santa domenicana, Caterina Benincasa da Siena, che era
figlia di un modesto tintore, che riuscì ad indurre papa Gregorio XI a riportare
definitivamente nel 1377 la sede pontificia a Roma). Poiché la questione
siciliana era rimasta in sospeso, si desiderava concludere un matrimonio tra
qualche parente della sovrana e Federico III d'Aragona, e la scelta cadde su
Antonietta del Balzo, figlia di Margherita di Taranto, la sorella di Luigi che
aveva sposato Francesco del Balzo. L'arcivescovo di Napoli negoziò un trattato
definitivo e il 2 marzo del 1373 fu firmata una pace che stabiliva che il re di
Trinacria conservava la Sicilia in concessione feudale degli Angioini e della
Chiesa.
Nel febbraio del 1375 giunse la notizia che Giacomo di Mynorca era morto e la
regina rimaneva vedova per la terza volta.
Il nuovo pontefice
Gregorio XI ritenne quindi che non si dovesse indugiare a dare a Giovanna un
quarto marito che potesse proteggerla e combattere per lei.
Il prescelto fu questa volta un prode soldato di buon lignaggio: Ottone di
Brunswick, un principe tedesco cinquantenne, coetaneo della regina di Napoli. Il
contratto nuziale prevedeva che il consorte avrebbe avuto il principato di
Taranto, ma era escluso dalla dignità regale e dalle successioni al trono.
Gregorio XI nel 1377
riportò definitivamente la sede pontificia a Roma, ma il 27 marzo del 1378 morì,
prima che riuscisse a preparare la sua successione. L'elezione del nuovo papa si
prevedeva molto difficile, poiché alcuni cardinali voleva confermare la Santa
sede a Roma mentre altri voleva restare ad Avignone.
Dopo grandi discussioni il 7 aprile del 1378 fu eletto l'arcivescovo di Bari
Bartolomeo Prignano, che ascese al trono con il nome di Urbano VI. Il 20
settembre però alcuni cardinali francesi riunitisi ad Anagni dichiararono nulla
l'elezione di Urbano VI ed elessero a loro volta un altro pontefice nella
persona del cardinale di Ginevra, che prese il nome di Clemente VII, Roberto di
Ginevra fu antipapa dal 1342 al 1394.
Politicamente Urbano VI
sosteneva Luigi d'Ungheria, nemico di Giovanna, mentre Clemente VII, l'antipapa,
era stato riconosciuto dagli Angioini.
Dopo vari scontri di piazza per motivi religiosi il mese di aprile del 1380 il
papa scomunicò Giovanna d'Angiò per eresia paragonandola a una novella "Atalia"
per la sua atrocità (regina di Giudea che per governare fece uccidere tutti i
suoi discendenti) e novella Jezabele traboccante di empietà (moglie di un re
d'Israele molto crudele che perseguitò i profeti). Contemporaneamente, Urbano VI
offriva il regno di Napoli a Luigi d'Ungheria, che ormai stanco di guerreggiare,
passò la proposta al nipote Carlo di Durazzo, già considerato erede legittimo
alla corona di Napoli. Giovanna però lo dichiarò decaduto da tutte le sue
pretese e scelse quale erede al trono Luigi d'Angiò fratello del re di Francia
Carlo V. Carlo Durazzo per nulla impressionato dal pericolo di così potenti
competitori, era tenuto a freno perché guerreggiava contro i Veneziani nel
Trevigiano e dal fatto che sua moglie Margherita e i figlioletti Giovanna e
Ladislao erano a Napoli.
Carlo giunse a Roma l'11 novembre 1380 e il papa gli offrì formalmente la corona
di Sicilia. Intanto nel caos che si creò in quei giorni ne approfittò Margherita
di Durazzo per fuggire con i suoi figli e rifugiarsi nel castello di Morcone un
feudo dei Gaetani, conti di Fondi. Con questa fuga Margherita diede per la prima
volta prova di quella virile forza d'animo che le permetterà, alla morte del
consorte, di tenere la reggenza del regno con salde mani fino alla maggiore età
del figlio Ladislao.
Intanto a Roma il 2 giugno del 1381 Carlo di Durazzo con una solenne cerimonia viene incoronato da Urbano VI re di Sicilia e di Gerusalemme.