Dopo l'Unità si diffusero anche in Italia meridionale, grazie agli ideali sociali e filantropici dei giovani intellettuali, ma soprattutto per volere degli esponenti della borghesia terriera, da sempre privilegiata, i quali, temendo le forme associative che il proletariato stava per darsi, caldeggiarono l'istituzione delle Società Operaie per inserirsi in esse come soci onorari e assumere le cariche più importanti per meglio pilotarle.  A San Severo pochi mesi dopo il plebiscito del 21 ottobre 1860, alcuni elementi del ceto medio borghese e filo governativo, allarmati dalla grave crisi economico e sociale prodotta da annate di scarsi raccolti e temendo chissà quali rivolgimenti avrebbe portato l'Unità, tentarono, prima che fosse troppo tardi, di fondare una Società Operaia di Mutuo Soccorso.

Nonostante le richieste di autorizzazione rivolte alle Autorità, venne consentita solo l'istituzione di una Società filantropica il 21 aprile 1862 con lo scopo d'istituire scuole serali per i lavoratori. Qualche anno dopo la situazione sociale ed economica peggiorò, perchè ai disagi, alle incertezze ed ai timori che sempre si accompagnano alle innovazioni politiche radicali, si aggiunse un ulteriore aggravarsi della crisi agricola che la lotta tra le varie bande di briganti operanti nella nostra zona e l'esercito regolare aveva reso ancora più profonda per i danni arrecati alle campagne.Gli artigiani, gli operai e i contadini stavano sempre peggio e il malessere della classe operaia agì in due sensi: sulla borghesia locale che tornò alla carica per avere il permesso d'istituire la Società Operaia, e sulle autorità governative periferiche che, pur di prevenire eventuali tumulti popolari, approvarono l'idea di riunire gli operai in una associazione mutualistica, il cui peso politico andava, comunque, oculatamente gestito. Nasceva così il 9 luglio 1865 a San Severo la Società Operaia di Mutuo Soccorso, la prima del suo genere in Capitanata e la prima di altre associazioni consimili sorte poi nella nostra città (società cooperativa dei falegnami, contadini,  cantinieri,  fabbri, mugnai, calzolai).

La società era composta dai soci fondatori, dai soci effettivi ed onorari (cittadini di San Severo e d'Italia benemeriti). Anche se non avevano diritto al voto, erano soci onorari che, di fatto, tenevano in mano le redini della Società. Soci onorari erano il segretario e il cassiere nonchè due consiglieri su sette oltre a far parte di tutte le commissioni che si formavano quando la necessità lo richiedeva. Ed era normale che fosse così, prima perchè esercitavano una notevole influenza nella vita cittadina e poi perchè sapevano leggere e scrivere, erano istruiti, avevano la parola facile e riuscivano nelle assemblee ad imporre il loro punto di vista a gente che nella maggioranza dei casi era analfabeta.

Gli interventi che caratterizzarono la Società a San Severo nei primi anni di vita: aiuto alle vittime dell'epidemia di colera del 1865; apertura di tre sezioni di scuole serali; costituzione di una biblioteca popolare; pressioni sul governo perchè la vendita delle terre dell'asse ecclesiastico contemplasse anche una parte da dare in enfiteusi ai nullatenenti; appello per estendere il diritto di voto a tutti gli operai; protesta contro la tassa sul macinato.

Dal 1868 al 1878 si registra una stasi nell'attività della Società.

La ripresa dell'attività coincide con l'istituzione di una Cassa dei Prestiti presso la Società (che costituirà anche una delle cause della fine della Società per l'alto numero di prestiti insoluti). Tra gli interventi più significativi: appoggio della richiesta del Municipio di ospitare in città un battaglione dell'esercito; pressione per lo spostamento di postriboli dal centro della città; solidarietà con le vittime di eventi calamitosi in Italia.

sintesi da: G. Clemente, Momenti e figure dell'Ottocento a San Severo, in Studi per una storia di San Severo, San Severo 1989