Carlo di Borbone,
già con la nascita risultava essere pretendente da parte di madre (Elisabetta
Farnese era nipote di una Medici) ad uno stato in Italia, che comprendesse il
Ducato di Parma e Piacenza ed eventualmente anche i domìni dei Medici, in caso
di estinzione del ramo diretto. Elisabetta riuscì a garantire al figlio il
Ducato di Parma nel 1732 sotto la tutela della nonna; nel frattempo l'anno
precedente Carlo si era dichiarato "gran Principe ereditario" del Granducato di
Toscana, essendo ormai certa l'estinzione di Casa Medici, e Gian Gastone de'
Medici, ultimo Granduca ancora vivente, ne fu nominato co-tutore.
La sua storia cambiò a causa dell'inizio della Guerra di successione polacca:
infatti Elisabetta mise il figlio a capo di un esercito in Italia e lo inviò
alla conquista del Regno di Napoli, dal 1707 in mano agli Asburgo.
Il 20 gennaio 1734 Carlo si dichiara "maggiorenne" (cioè fuori tutela) e inizia
la sua marcia verso Napoli. Da Monterotondo lancia un proclama di Filippo V ai
napoletani e il 10 maggio entra in città. Alcuni giorni dopo giunge da Madrid
l'atto con cui Filippo V cede al figlio tutti i diritti regali sul Regno
conquistato. Napoli ha così di fatto, dopo oltre due secoli di dominazione
straniera, nuovamente un "proprio" Re. Carlo nel frattempo sconfigge
definitivamente gli austriaci a Bitonto, conquista la Sicilia e il 2 gennaio
1735 assume il titolo di Re di Napoli "senza numerazione specifica"; in luglio
viene incoronato a Palermo anche Re di Sicilia.
La fine della Guerra di successione Polacca nel 1738, se da un lato "formalizzò"
la conquista dei regni di Napoli e Sicilia, d'altro canto comportò la conquista
del Ducato di Parma e della Toscana da parte asburgica (la Toscana passò
definitivamente agli Asburgo-Lorena, mentre il Ducato sarebbe stato affidato,
con la Pace di Aquisgrana del 1748, al fratello minore di Carlo, Filippo che
dava così inizio alla casata dei "Borbone di Parma"). Nel frattempo, a Napoli,
Carlo governa mediante un Consiglio di Stato composto da ministri voluti dai
genitori, e quindi influenzati da Madrid (tra questi il Conte di Santostefano,
il Marchese di Montealegre, Bernardo Tanucci, il Brancaccio).
Durante la Guerra di successione austriaca, Carlo mandò nel 1742 un esercito in
Lombardia in aiuto dei franco-spagnoli (dove regnavano gli altri "rami" della
famiglia Borbone), ma quando una flotta inglese apparve nel golfo di Napoli
minacciando di bombardare la città decise di ritirare il corpo, suscitando le
ire di Parigi e Madrid. Poté riscattarsi nel 1744, quando sconfisse un esercito
austriaco a Velletri, ponendo fine per sempre alle pretese austriache su Napoli.
Con la fine di questa guerra il Regno inizia realmente ad essere indipendente a
tutti gli effetti. Ciò diviene ancor più chiaro nel 1746, con la morte di
Filippo V di Spagna e con la messa in disparte dei ministri maggiormente legati
a Madrid.
A questo punto le uniche minacce al Regno erano di carattere "dinastico".
Infatti Carlo era destinato a succedere al fratellastro Ferdinando VI sul trono
di Spagna, in quanto questi era senza eredi maschi e le grandi potenze, con la
Lega di Aranjuez e il Trattato di Vienna, avevano stabilito che il Regno di
Napoli passasse al Duca di Parma e Piacenza Filippo di Borbone, e i due Ducati
venissero divisi rispettivamente tra l'Austria e i Savoia. In pratica, Carlo
rischiava, per salire al trono di Madrid, di perdere il regno appena
conquistato.
Carlo lavorò perché ciò non accadesse: e in effetti vi riuscì, favorito da
situazioni internazionali. Dopo cinque figlie femmine, la moglie Maria Amalia di
Sassonia gli diede il primo maschio, purtroppo incapace mentale; ma poi vennero
altri quattro maschi (Carlo Antonio, Ferdinando, Gabriele e Francesco Saverio),
e in tal maniera la successione fu assicurata.
Carlo di Borbone fu un re
molto amato dai Napoletani, riuscendo ad entrare in sintonia con il popolo e i
suoi bisogni. Con il passare degli anni sovrastò anche l'influenza dei suoi
ministri, accentrando il potere nelle sue mani e apparendo quindi sempre più
come il principale se non l'unico artefice di un periodo di grande risveglio per
i regni di Napoli e Sicilia dopo secoli di dominazione straniera.
Il principale merito di Carlo resta, in effetti, quello di aver ricreato la
"nazione napoletana", aver reso il Regno indipendente e sovrano. Fu, nondimeno,
artefice di una politica di profonde riforme amministrative, sociali e religiose
che da tempo attendevano realizzazione.
Il 2 giugno 1741 stipulò un concordato con la Santa Sede cominciando a tassare
alcune proprietà del clero e aggiornò il sistema tributario (catasto Onciario);
migliorò il caos legislativo varando un nuovo codice nel 1752 e si interessò
anche del sistema giudiziario.
Fra le iniziative commerciali, per sollevare il Regno dalle difficili condizioni
economiche, Carlo istituì la Giunta di Commercio, intavolò trattative con
turchi, svedesi, francesi e olandesi, istituì una compagnia di assicurazioni e
prese provvedimenti per la difesa del patrimonio forestale, cercò di cominciare
a sfruttare le risorse minerarie, istituì consolati e monti frumentari.
Oggi sono per noi visibili soprattutto molte delle sue realizzazioni nel campo
dell'edilizia pubblica, in particolare a Napoli, che tendevano a fare di questa
città una capitale ai livelli europei. Tra queste sicuramente vanno annoverate
il restauro del Palazzo Reale di Napoli e la costruzione della splendida reggia
di Caserta, la reggia di Portici, il teatro di San Carlo (realizzato in 270
giorni), il Palazzo Reale e il bosco di Capodimonte, il restauro di numerosi
porti. Sono da ricordare inoltre il Real Albergo dei Poveri a Napoli, con cui si
voleva dare un tetto ed un'occupazione a tutti i poveri del Regno, la creazione
della fabbrica di porcellane di Capodimonte, il forte militare del Granatello,
la creazione, praticamente da zero, dell'esercito nazionale e della flotta.
Per l'edilizia culturale, sono da ricordare tra gli altri la nuova sede
dell'Università, gli scavi di Ercolano e Pompei, l'Accademia Ercolanense, la
Biblioteca Reale e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Quando nel 1759 morì Ferdinando VI, Carlo gli successe sul trono di Madrid con
il nome di Carlo III e, rinunciando alle corone di Napoli e Sicilia, le assegnò
al terzogenito maschio Ferdinando, di soli otto anni (il secondogenito Carlo
Antonio lo seguì infatti in Spagna come erede al trono). Ciò era già previsto
dalle norme ereditarie borboniche; Carlo avvalorò tale divisione promulgando la
prammatica sanzione del 6 ottobre 1759 con la quale egli, divenuto Re di Spagna,
sanciva definitivamente la divisione delle due case reali. La reggenza venne
affidata a otto ministri, fra cui il Tanucci, primo ministro e ministro degli
esteri, ma sempre sotto il controllo di Carlo dalla Spagna.
A differenza del suo
periodo precedente, la politica di Carlo come monarca di Spagna viene
generalmente vista come un insieme di luci ed ombre. Mentre la sua politica
interna fu certamente benefica per il Paese, continuando sulla falsariga delle
riforme del periodo napoletano, la sua politica estera raccolse più che altro
insuccessi.
La tradizionale amicizia per la Francia lo condusse infatti a cercare di
contrastare la potenza inglese in un momento certamente non favorevole. A causa
del "patto di famiglia" con Luigi XV, la Spagna si trovò coinvolta nella fase
finale della guerra dei sette anni, con gravi perdite. Nel 1770 un'altra
infruttuosa avventura lo vide nuovamente in guerra contro la Gran Bretagna per
il possesso delle isole Falkland. Nel 1779, sebbene riluttante, appoggiò la
Francia e i neonati Stati Uniti d'America nella guerra di indipendenza
americana, pur consapevole che l'indipendenza delle colonie inglesi avrebbe, di
li a poco, avuto un'influenza nefasta sulla tenuta delle colonie spagnole
d'America. Fece inoltre molto poco per la marina e, in generale, per l'esercito
spagnolo.
Sul fronte interno si adoperò molto per la modernizzazione del Paese.
Fu attivo in particolare nella lotta contro i privilegi ecclesiastici; fu
ridotto il numero degli ordini monastici e fu limitata di molto l'influenza
dell'inquisizione spagnola; si arrivò fino alla cacciata da tutto l'impero
spagnolo dell'Ordine dei Gesuiti nel 1767. Furono inoltre eliminate gran parte
delle più antiquate legislazioni che tendevano a limitare l'espansione del
commercio e dell'industria, furono create scuole di formazione professionale e
furono completamente riorganizzati i centri di potere locale, ponendoli al
servizio della monarchia. Anche la sua politica di grandi opere edilizia trovò
riscontri nel suo "periodo spagnolo": tra gli altri sono da ricordare il Museo
del Prado , la Porta di Alcalà e il Real Giardino Botanico di Madrid.
Il suo regno può in definitiva essere a pieno titolo inserito nella corrente
detta del dispotismo illuminato, rappresentando per la Spagna, tutto sommato un
periodo di prosperità.
Gli ultimi anni della sua vita saranno amareggiati dalla discordia con il figlio
a Napoli, ed in particolare con sua moglie, Maria Carolina, figlia
dell'imperatrice Maria Teresa d'Asburgo, decisa a limitare l'influenza spagnola
(e quindi di Carlo di Borbone) nella corte di Napoli.
Morì il 14 dicembre del 1788, proprio a pochi mesi dallo scoppio della
rivoluzione francese che avrebbe bruscamente chiuso la sua epoca.
Matrimoni e
discendenza
Carlo di Borbone
sposò Maria Amalia di Sassonia (1724 - 1760), figlia di Augusto III di Polonia,
da cui ebbe 13 figli, dei quali però solo sette raggiunsero l'età adulta:
Maria Giuseppina (1744-1801)
Maria Luisa (1745-1792). Sposò Leopoldo II d'Asburgo.
Filippo (1747-1777). Escluso dalla successione in quanto incapace mentale.
Carlo IV di Spagna (1748-1819), con il quale proseguì il ramo spagnolo della
dinastia borbonica.
Ferdinando I delle Due Sicilie (1751-1825), fondatore del ramo napoletano della
dinastia.
Gabriele (1752-1788). Sposò Maria del Portogallo (figlia di Maria I del
Portogallo).
Antonio (1755-1817). Sposò sua nipote Maria Amalia, figlia di Carlo IV.