Pagine di storia antica

Tucidide contro i falsari di massa

Marta Sordi

Nelle lingue moderne, in particolare nelle lingue neolatine, «storia» indica sia la serie degli avvenimenti umani che si susseguono nel tempo, sia il racconto di tali avvenimenti; nelle lingue classiche, invece, sia in greco che in latino, si distingue nettamente fra gli avvenimenti (pragmata, res gestae) e l'indagine sugli avvenimenti (historia) o la memoria di essi (memoria rerum gestarum).
In Grecia come a Roma la storia (nel secondo senso) nasce come volontà di ricordare e quindi come presa di coscienza del proprio passato: è quello che dice esplicitamente Erodoto all'inizio della sua storia. Ma in Grecia, agli inizi del V secolo a.C., con Ecateo prima e con Erodoto poi, nasce anche la consapevolezza che le tradizioni del passato, in gran parte mitiche, non possono essere accolte senza essere sottoposte a critica: historia, dalla radice, id-, che nelle lingue indoeuropee significa vedere e sapere, indica innanzitutto l'indagine a cui ogni notizia viene sottoposta, un'indagine che privilegia la vista rispetto all'udito, ciò che lo storico conosce direttamente rispetto a ciò che ha udito raccontare da altri: è il concetto dell'autopsia, che segna l'inizio di una storiografia critica.
Tucidide approfondisce la metodologia erodotea ricordando che ogni testimonianza, anche quella di testimoni oculari, va sottoposta a critica (akribeia), perché falsata da tendenziosità o da difetti di osservazione o di memoria. La scoperta della soggettività del testimone, anche il più onesto, la diffidenza critica verso le proprie stesse opinioni, diventa per Tucidide l'unico metodo per giungere al certo storico (ciò di cui si può dare garanzia che è avvenuto: tò safès ton ghenomenon). Questo metodo diventa il fondamento della storiografia scientifica per tutta l'antichità: a questo metodo si rifà anche l'evangelista Luca all'inizio del suo Vangelo, quando afferma di avere interrogato testimoni oculari (autoptai) e di avere esaminato tali testimonianze criticamente (akribos), per trasmettere la certezza (asfaleian) di ciò che racconta.
Ma l'antichità conosceva anche un altro modo di fare storia: Isocrate, retore e maestro di storici, è l'ispiratore, nel IV secolo a.C., di una storia psicagogica, destinata a commuovere per spingere all'azione, e Polibio, che segue invece Tucidide, ha parole molto dure per gli storici suoi predecessori, che vogliono, con racconti verosimili ma non veri, impressionare e psicagoghein i loro ascoltatori. Dalla storia psicagogica è facile arrivare alla storia come propaganda. In realtà gli antichi erano ben consapevoli dell'asservimento della storia alla politica: Luciano, nella sua operetta «Come scrivere la storia», dichiara che nessuno è più lontano dalla storia di chi per adulazione «serve il presente». «Servire il presente» è adulazione, non storia. Al di là del giudizio morale e della scelta individuale si manifesta, sia pure in maniera implicita, il significato sociale e politico dell'asservimento della storia al presente: dietro l'asservimento dello storico al potere per paura o per la speranza di vantaggi personali, c'è la volontà più o meno manifesta di chi impone la manipolazione, di chi ritiene opportuna, ai fini del presente, la deformazione tendenziosa degli avvenimenti del passato.
L'antichità classica non ha sperimentato fino in fondo quella integrale e sistematica manipolazione della storia, quell'asservimento scientificamente programmato della Storia al potere, che Orwell rappresenta, nel suo «1984», nel «Ministero della Verità»; essa non ha però ignorato quella minaccia, quando ha denunciato, con Cicerone e con Livio, le falsificazioni compiute dalle grandi famiglie sulla storia romana arcaica attraverso le laudationes funebres, né ha ignorato la creazione di documenti falsi, come la pace di Callia o il giuramento di Platea, diffusi dalla pubblicistica ateniese del IV secolo a.C. e passati, dai retori, nella ricostruzione storica.
In Grecia come a Roma, oratoria politica e storica erano strettamente connesse e la ricerca di un precedente, in un mondo che diffidava per consuetudine del nuovo e che per appoggiare la proposta di una legge nuova o di una nuova alleanza, doveva trovare precedenti (paradeigmata, exempla) nel passato, portava facilmente gli oratori del momento alla falsificazione della storia di fronte ad assemblee che, almeno immediatamente, non potevano controllare. L'educazione alla critica storica, a saper riconoscere la linea di deformazione di una testimonianza e la sua possibile tendenziosità, era allora, e potrebbe divenire anche oggi, un'educazione alla libertà, trasformando la storia, come dice Tucidide, in «un acquisto per sempre».


(Avvenire 22 ottobre 2000)

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