Gregorio di Nissa

Vita e opere di Gregorio di Nissa *


Nel quarto secolo dell’era cristiana la Cappadocia visse un periodo di intensa e creativa vitalità culturale, che fu definita dallo Jaeger, in una delle sue opere sul cristianesimo (1), "neoclassicismo cristiano".

Gregorio di Nissa insieme al fratello Basilio e a Gregorio di Nazianzo, fu tra i grandi protagonisti di questa mirabile fioritura spirituale, che promosse l’edificazione di una civiltà cristiana totale. Della sua vita conosciamo relativamente poco. Nato verso il 335 ed educato dal fratello Basilio, che insieme al Nazianzeno si era formato alla scuola di Atene, Gregorio abbracciò, in un primo momento, la carnera del retore e probabilmente si sposò. In seguito abbandonò la via dell’insegnamento e si ritirò in una comunità monastica nel Ponto fondata dal fratello. Tra i1 371 e i1 372 accettò di diventare vescovo di Nissa, nella stessa Cappadocia secondo il volere di Basilio.

Poco pratico di questioni amministrative divenne facile preda di calunnie e accuse fino ad essere arrestato ed in seguito deposto ad opera dell’avversario ariano Demostene. Nel 378 tornò alla sua sede e nel 379, alla morte del fratello Basilio, si trovò investito dalla responsabilità di difendere il credo niceno nella controversia trinitaria allora in corso.

Nello stesso anno assistette al Sinodo di Antiochia e nel 380 fu eletto vescovo metropolitano di Sebaste. Nel 381 partecipò al concilio di Costantinopoli; Teodosio, con un decreto dello stesso anno, lo designò come uno dei rappresentanti della fede ortodossa. Morì verso il 394.

Prima di esaminare il complesso degli scritti di Gregorio dedicati al commento del Nuovo Testamento, vorrei accennare, molto brevemente, all’opera del Nisseno nel suo insieme, che abbraccia fondamentalmente tre ambiti; quello dottrinale, quello esegetico e quello spirituale.

Alla morte di Basilio, Gregorio si trova coinvolto, in prima persona, nella controversia trinitaria e cristologica, ereditando dal fratello il difficile ruolo di guida nella lotta antiariana. La sua attività di polemista diretta soprattutto contro l’ariano Eunomio (contra Eunomium libri) e contro Apollinare (Antirrheticus adversus Apollinarem).

Di fondamentale importanza per la conoscenza dell’antropologia del Nisseno il dialogo de anima et resurrectione, e coronamento del suo impegno dottrinale è da considerarsi, senza dubbio, l’Oratio catechetica magna, una summa della dottrina cristiana indirizzata ai catechisti. In ambito esegetico, oltre ai nostri scritti, vanno ricordati l’in Hexaemeron e il de opificio hominis, prosecuzione delle Omelie sull’Esamerone di Basilio, e i gruppi di omelie dedicate all’esegesi dei Salmi, del Cantico dei Cantici, dell’Ecclesiaste. In ambito ascetico-spirituale oltre al de virginitate, la prima opera di Gregorio, e al gruppo di scritti dedicati alla definizione della vita cristiana (de professione Christiana, de perfectione Christiana, de instituto Christiano), vanno ricordati, nonostante il carattere immediatamente biografico-agiografico, la Vita di Macrina e la Vita di Mosé, considerata il vertice della dottrina spirituale del Nisseno (2).

Per commento esegetico al Nuovo Testamento si intende qui il complesso delle seguenti opere: de Beatirudinibus; de Oratione dominica; Tunc et ipse Filius; contra fornicarios. Il motivo di questo raggruppamento, per così dire artificioso, costituito unicamente dalla volontà di accostare gli scritti di Gregorio esplicitamente ed interamente dedicati all’esegesi di passi neotestamentari.

Lo Jaeger, che nel 1921, su proposta del Wilamowitz, iniziò l’edizione critica dell’opera omnia del Nisseno (3), coronando un periodo particolarmente fecondo di studi sulla figura di Gregorio e sull’influenza del platonismo sulla sua opera, iniziato dallo studio del Cherniss (4), definì il pensiero del Nisseno un genere di filosofia del tipo neoplatonico (5).

Il complesso degli scritti esegetici sul Nuovo Testamento, eterogeneo sia dal punto di vista cronologico che contenutistico, può costituire un buon banco di prova per la verifica della reale incidenza del "platonismo" sul pensiero di Gregorio e per l’indicazione di una nuova via di interpretazione.

Da un ‘analisi dettagliata di tali scritti risulta che la componente "platonica", senza dubbio presente sia per i riferimenti diretti a Platone sia per la ripresa di motivi cari alla tradizione medio e neoplatonica, va completamente ridimensionata Questo ridimensionamento non va però inteso come svalutazione della dimensione filosofica del pensiero di Gregorio. Se, infatti, da un lato lo Jaeger, convinto della genialità del Nisseno, uomo di pensiero, esaltò in lui l’erede della paideia classica e nella sua filosofia la perfetta fusione di platonismo e novità cristiana, d’altro canto la critica più recente ha spesso manifestato la tendenza a svincolarsi non solo da una lettura "platonica", ma anche da una lettura filosofica dell’opera di Gregorio (6).

Il suo pensiero però, pur non sistematico, rivela nelle sue linee essenziali una profonda coerenza individuabile anche nell’ambito degli scritti sul Nuovo Testamento. proprio nel contesto di questo pensiero, radicalmente nuovo, che gli elementi "platonici", avendo perso il loro sistema di riferimento, non possono più ritenersi indici di "platonismo". Vorrei qui presentare, brevemente, gli aspetti, a mio avviso, più interessanti, di questo nuovo orientamento di pensiero, rimandando, in sede di commento, i precisi riferimenti testuali e bibliografici.

In ambito metafisico, la divisione degli esseri in due ordini dai caratteri opposti, quello dell’intellegibile e quello del sensibile, è indubbiamente platonica. Tale divisione è assunta all’interno della radicale e fondamentale distinzione tra Creatore e creato implicata dalla Rivelazione.

In questo contesto ontologico, caposaldo del pensiero patristico, un elemento di indubbia originalità è costituito dalla teoria della creazione, intesa come immediatezza e globalità dell’atto creativo. Tale teoria è in netta rottura con i modelli speculativi di tipo neoplatonico che, nel tentativo di spiegare il "come" della creazione, l’origine del molteplice dall’Uno, del sensibile dall’intellegibile, moltiplicano le ipostasi con funzione mediatrice tra il Primo Principio e il mondo. In questo contesto metafisico, che mette in risalto

la radicale dipendenza della creatura dal Creatore, l’utilizzazione del concetto platonico di "partecipazione" assume una connotazione totalmente nuova. La preferenza accordata all’ipotesi dì una creazione immediata e globale, che rimane, comunque, in quanto teoria puramente razionale, nei limiti della congetturalità, è perfettamente coerente con l’assenza pressoché totale, nel pensiero del Nisseno, della dottrina delle Idee. Se compare talvolta, mai nell’ambito del commentario al Nuovo Testamento, il termine (idea), non risulta operante nel pensiero di Gregorio il riferimento ad un mondo di archetipi ideali, sia pur concepiti come pensieri divini, per spiegare gli esseri.

Egli preferisce far ricorso alla teoria, propria della teologia orientale, delle energheiai di Dio (operazioni divine).

La terminologia platonica relativa alle Idee è spesso utilizzata per indicare la natura divina, indicazione che non è mai definizione, ed il concetto di "archetipo" e di "immagine" è introdotto per illustrare il rapporto tra Dio e l’uomo. L’uomo è l’unica creatura ad essere immagine. immagine dell’unico archetipo: Dio.

La ricognizione dell’ontologia di Gregorio orienta l’interpretazione di concetti fondamentali della sua antropologia come "prima" e "seconda creazione", "uomo intellegibile". La lettura della distinzione fra umanità intellegibile ed umanità storica in chiave di realismo platonico risulta impraticabile così come l’assimilazione di tale distinzione alla concezione della triplice dimensione dell’uomo presente in speculazioni medio e neoplatoniche. Appare più coerente con le linee fondamentali del pensiero del Nisseno l’interpretazione del concetto di "umanità" o "uomo intellegibile" nel senso di totalità concreta degli uomini che in Adamo ha oscurato l’"immagine" e che attende la redenzione da Cristo, nuovo Adamo. "Prima" e "seconda creazione" vanno dunque intesi come modo per indicare l’atto creatore istantaneo e il suo sviluppo secondo il diastema la distanza tra l’inizio ed il compimento, che è la cifra della creatura.

La terminologia platonica utilizzata per indicare il rapporto di esemplarità che intercorre tra Dio e l’uomo, assume una connotazione originale se letta alla luce del contesto antropologico di Gregorio.

Eikhon Teou (immagine di Dio) e omoiosis Teo (somiglianza di Dio) coincidono; l’essere dell’uomo si configura come rapporto con un "volto" (prosopon) dì cui diviene riflesso: o è quello sempre celato del Padre o è quello dell’"Avversario". Il dinamismo della vita morale coincide dunque con il riacquistare lo splendore dell’originaria impronta paterna ed il conformarsi, mai concluso, al misterioso volto del Padre. il decadere da questa tensione significa riflettere il volto dell’"Avversario", contraffare i tratti naturali ma oscurati dell’"immagine" in maschere grottesche.

Nella condizione storica, dopo il peccato originale, nessuna facoltà umana può impedire questo decadimento dal livello di eikhon Teou.

La via conoscitiva risulta inadeguata allo scopo della salvezza. Gregorio. ricorre alla fraseologia dei miti platonici per illustrare il peccato originale e la perdita della conoscenza della verità, ma esclude la possibilità per l'intelletto umano di cogliere immediatamente la realtà inattingibile per (esperienza sensibile). il sapere umano è sempre mediato e congetturale.

Anche quella particolare forma di conoscenza che l’uomo acquisisce mediante la rivelazione della Sacra Scrittura indica solo quanto egli può comprendere di Dio, non ciò che la realtà di Dio è in se stessa. Nell’incarnazione sì rivela il "modo" della comunicazione tra il Mistero che è all’origine ne di ogni cosa e l’uomo. L’azione salvifica di Cristo, nella sua imprevedibilità, rispetta l’ineffabile potenza di Dio e la fragilità della natura umana che non può prescindere dall’esperienza sensibile.

La posizione di Gregorio sul problema dell’origine e della natura del linguaggio è esemplare della sua impostazione filosofica e mistica. I nomi sono convenzionali anche se non arbitrari; il Mistero utilizza il linguaggio comune, che non può essere appropriato alla realtà ineffabile che comunica per introdurre l’uomo nel movimento della salvezza in cui tutte le facoltà umane sono coinvolte in un rapporto vitale e mai concluso con la misteriosa presenza che si dona gratuitamente.

La visione filosofica del Nisseno esclude ogni implicazione magica della sua mistica. La teologia mistica di Gregorio si differenzia, dunque, nettamente da quella elaborata dalle contemporanee correnti neoplatoniche che si rifanno all’insegnamento di Giamblico e che risultano, invece, influenti sulla costruzione teologica dell’ariano Eunomio.

* In Gregorio di Nissa, Commento al Nuovo Testamento, a cura di Anna Penati Bernardini, Coletti 1992

NOTE

1) W. JAEGER, Cristianesimo primitivo e Paideia greca, Firenze, 1974, pp. 97-98.

2) Sulla cronologia della vita e delle opere di Gregorio di Nissa si veda: G. MAY, Die Chronologie des Lebens und Werke des Gregor von Nyssa, in AA .VV., Écriture et culture philosophique dans la pensée de Grégoire de Nysse, Leiden 1971, PP 51-66. 

3) Gregorii Nysseni Opera, I-Il ed. W. JAEGER, Berlin Weidmann 1921. Sulle alterne vicende della editio critica curata dallo Jaeger con la collaborazione, dopo il 1939, dell’Institute of Classical Studies dell’Università di Harvard, si veda: H. HÖRNER, Über Genese und derzeitigen Stand der grossen Edition der Werke Gregors von Nyssa, in Ecriture et culture cit., pp. 18-50.

4) H.F. CHERNISS, The Platonism of Gregory of Nyssa, Univ. of California Pubblications in Classical Philology (Berkeley, CaI.), 1930.

5) W. JAEGER, Two rediscovered works of ancient christian literature: Gregory of Nyssa and Macarius, Leiden, 1954, p. 138.

6) Si veda, a questo proposito. M. CANEVET, Grégoire de Nysse et l’herméneutique biblique. Etude des rapports entre le langage et la connaissance de Dieu, Ét. Augustiniennes Paris, 1983, p. 13.