Dal "manifesto" del 24 gennaio 2001

No al tribunale della Nato
TOMMASO DI FRANCESCO

Le scarne ma precise e dure righe del comunicato della presidenza federale jugoslava a conclusione, martedì sera - troppo tardi per noi - dell'incontro tra il presidente Voijslav Kostunica e Carla Del Ponte, procuratore del Tribunale dell'Aja (Tpi) sono davvero uno smacco per i governi occidentali e per la Nato. Nesssuno aveva osato tanto. Kostunica, forte anche delle argomentazioni giuridiche come docente di diritto, ha sbattuto la porta in faccia alla Del Ponte arrivata non per un incontro informale ma portando l'ultima incriminazione, di poche ore prima, del Tribunale dell'Aja per Milosevic e per tutta la leadership jugoslava del '98-'99, e quindi chiedendo la consegna, alle spiccie, dell'ex leader di Belgrado. Poi, di fronte al no secco è uscita di corsa, livida e senza dire una parola. Non si è salvata nemmeno la forma del "comunicato congiunto".
"Si è trattato di un colloquio franco - dice il comunicato della presidenza - ma le rispettive posizioni restano diverse. Il Presidente Voijslav Kostunica ha mosso forti critiche alle procedure e all'imparzialità del tribunale internazionale, dimostrata dall'esistenza di incriminazioni tenute segrete e dal suo lavoro politicizzato. Il Presidente ha auspicato pertanto nuove norme di funzionamento del Tribunale, coordinate con le leggi federali jugoslave. Perché - continua sempre il comunicato presidenziale - esiste il rischio di una giustizia selettiva e di parte che, nell'intenzione di voler processare a tutti i costi politici e militari, rischia di trasformarsi in accusa collettiva contro un popolo. Il Presidente ha dunque anche sollecitato che la Nato sia chiamata alle sue responsabilità per i bombardamenti con uso di armi all'uranio impoverito. Al termine dell'incontro la signora Del Ponte, che non ritiene necessario un accordo su tali questioni, ha lasciato la Presidenza insoddisfatta".
La vicenda per la Del Ponte non è finita. Ieri si è rivolta al ministro della giustizia Momcilo Grubac, quasi a voler "isolare" Kostunica nel suo paese, ma il ministro degli esteri federale Goran Svilanovic è stato con lei ancora più chiaro: "La maggior parte dei serbi non ha fiducia nel Tribunale dell'Aja, ogni eventuale processo deve svolgersi all'interno del paese per ridare fiducia alla nostra magistratura", stesse dichiarazioni, stavolta, del neo-premier serbo Zoran Dijndijc. Lei però ha continuato imperterrita a chiedere "la consegna di Milosevic" e stessa richiesta è venuta dal Consiglio d'Europa che ha quasi ordinato a a Belgrado - altrimenti bombarderanno? - la consegna dell'ex leader jugoslavo.
Nessuno però risponde alle obiezioni del presidente Kostunica? Proviamo a ricordarle tutte. Kostunica non riconosce l'imparzialità del Tribunale dell'Aja - l'unico organismo dell'Onu fin qui finanziato anche dagli Stati uniti -, lo considera invece, come ha più volte dichiarato a il manifesto un "organismo politico". Ha ragione o torto? Ha spaventosamente ragione, per almeno tre ordini di motivi. Il primo è che l'incriminazione di Milosevic, annunciata il 20 aprile del 1999, arrivò a legittimare la guerra "umanitaria" della Nato, dopo un mese di raid aerei più o meno intelligenti e di fronte a tragici cosiddetti effetti collaterali, mentre l'opinione pubblica occidentale s'interrogava ormai sulla legittimità di quella guerra che era avvenuta cancellando leggi internazionali e ogni ruolo dell'Onu; inoltre quell'annuncio venne fatto non dall'allora procuratore del Tpi, la canadese Louise Arbour che l'aveva promosso, ma dalla Cnn: il segretario di stato, Madeleine Albright era amica personale sia della Arbour che della giornalista Cnn Ananpour, l'annunciò arrivò ai margini delle nozze di quest'ultima con James Rubin, portavoce della Casa bianca. Una incriminazione cotta e mangiata "in famiglia". Con tanto di indignazione dei giornalisti veri, quando avvenne - ricordo in Italia il disprezzo su questo manifestato da Fabrizio Del Noce, corrispondente da Washington per la Rai.
Il secondo motivo riguarda direttamente la Del Ponte, a questo punto subentrata nel ruolo di Procuratore all'Aja. Il 2 giugno del 2000, di fronte alle denunce di molti importanti studi legali canadesi e di Human Right Watch, che avevano inviato un voluminoso dossier che inchiodava la Nato alle sue responsabilità, mostrando le distruzioni dell'ambiente, delle strutture civili delle migliaia di vittime tra la popolazione, lei, l'"inflessibile" e "integerrima" Del Ponte, ritenne opportuno archiviare e non procedere a nessuna incriminazione, dopo la valutazione di sole 5 stragi collaterali della Nato su più di 20, l'assunzione della tematica dell'"errore" e la dichiarazione finale che "non c'è una giurisdizione adatta". Amnesty International ha denunciato che la Del Ponte ha voluto chiudere gli occhi su "deliberate "uccisioni di civili". Ora Kostunica ha ricordato alla Del Ponte che - uranio impoverito o no - le vittime civili dei raid della Nato sono più di 2.500, un quarto dei quali bambini. La vicenda "uranio impoverito", a dire il vero, è stata decisiva, non tanto per la difficile verifica immediata dei danni ambientali, quanto per l'enfasi occidentale sui pericoli per i propri "ragazzi" e invece il disprezzo per le sorti delle popolazioni locali colpite. Per la gente jugoslava, la Chiesa orodossa e per Kostunica questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Terzo e ultimo punto, la questione della "giustizia internazionale eguale e indipendente". Per Kostunica non ci possono essere incriminazioni segrete - quale magistrato in Italia le accetterebbe? - e soprattutto non può non coinvolgere gli altri responsabili del disastro dei nazionalismi nei Balcani. Milosevic non è, insomma, l'unico criminale. Allora perché La Del Ponte tace sulle rivelazioni finali di questi giorni del rapporto sulla strage di Racak, da cui la guerra "umanitaria" originò dopo la farsa di Rambouillet, che escludono una responsabilità dei serbi? Perché, chiede Kostunica, non c'è una sola incriminazione per i leader albanesi dell'Uck di fronte a più di 1.000 serbi uccisi ed altrettanti rom fatti sparire dopo l'ingresso della Nato in Kosovo - ieri erano in piazza a Belgrado le famiglie dei 1.800 serbi desaparecidos? Perché non c'è una incriminazione per il leader musulmano-bosniaco Alja Izetegovic che, mentre le milizie di Karadzic e Mladic assediavano Sarajvo, ordinava alle sue milizie di massacrare duemila serbi e gettarne i corpi nelle gole di Kazany - la vicenda è all'ordine del giorno all'Aja dal gennaio 2000, ma niente più? Perché promette incriminazioni dei vertici croati, ma gli arrivano soltanto generali in pensione, e il nuovo governo di centrosinistra a Zagabria, dopo aver votato coi fascisti le lodi "della guerra patriottica", ha semplicemente messo il segreto sull'archivio Tudjman, l'uomo che ha eguali, se non peggiori responsabilità di Milosevic, ma è stato l'alleato della Nato fino alla morte?
Non basta, fa intendere Kostunica, richiamarsi alle regole del Tribunale dell'Aja sottoscritte anche da Milosevic con la pace di Dayton: quelle regole valevano per i crimini di Bosnia non per gli altri, presunti, in Kosovo - e che legittimità rimane se uno dei due contraenti di un patto arresta l'altro?
Anche a Belgrado vogliono giustizia e vogliono processare Milosevic ma, questo il punto, non per gli stessi motivi dell'Occidente: come spiegare altrimenti il fatto che tra i possibili capi d'imputazione che il ministro della giustizia sta preparando c'è anche la "capitolazione di fronte alla Nato"? Kostunica pensa ad una soluzione "sudafricana", di giustizia senza vendetta. Per farlo ha bisogno di un Tribunale internazionale davvero, indipendente, capace d'incriminare anche i leader della Nato e di coinvolgere in un processo di riscrittura comune della memoria le leadership di tutti i paesi balcanici.
Tutto questo, di fronte al pericolo di una precipitazione "rumena" della crisi a Belgrado prima dell'uscita di scena di Milosevic, era chiaro a molti governi europei. All'Italia come all'Alto commissariato per i diritti umani Onu nei Balcani - entrambi, di fronte alle insistenze della Del Ponte, ponevano l'accento sulla necessità di "ricucire la ferita jugoslava" di "dare tempo al tempo". Davvero ora il ministro Dini non ha nulla da dire? La soluzione rumena non c'è stata anche perché si è aperta una trattativa tra Kostunica e Milosevic. Far saltare questa soluzione di transizione indolore, ma non certo dolorosa, sarebbe l'altro crimine dell'Occidente dopo i bombardamenti. Così come minacciare, di fronte al danno già provocato dalle sanzioni, il blocco degli aiuti fin qui solo promessi se il presidente jugoslavo non si piegherà. Il ricatto è evidente. Userà le armi dei finanziamenti ma anche la guerra, che continua in Serbia dal Kosovo, nella Valle di Presevo, e la secessione in Montenegro. Kostunica alla fine potrà anche essere sconfitto. Ma serve ora questa nuova proliferazione d'instabilità all'Europa e all'America di Bush?


Da RaiNews24 del 22 gennaio 2001

Belgrado, 22 gennaio
Elenca le cifre di un proprio disastro e non ci sta a dire grazie alla Nato per aver combattuto contro il suo avversario Slobodan Milosevic. Il neopresidente jugoslavo, Vojislav Kostunica, attacca duramente quelle operazione militare.

"I bombardamenti sono stati di per se stessi un crimine", ha detto Kostunica in una intervista a La Stampa. Per questo, il leader jugoslavo chiederà al procuratore speciale del tribunale dell'Aja, Carla Del Ponte, di condannare la Nato per crimini di guerra.

"Menzogne" sull’uranio impoverito
Per quel che riguarda l’utilizzo di armi ad uranio impoverito, Kostunica parla di "vergogna" e "menzogne".
"E' del tutto evidente come i bombardamenti con l'uranio ed altri veleni abbiano causato un enorme danno ecologico". Il presidente della Jugoslavia ricorda poi che le operazioni Nato "hanno tolto la vita a più di 2.500 civili, un quarto dei quali erano bambini, oltre che a circa 600 agenti di polizia" e aggiunge che "il danno più gigantesco è stato inflitto alle infrastrutture del Paese".

"Insomma – dice ancora Kostunica - tutta la Jugoslavia è stata vittima dei bombardamenti Nato ed è davvero cinico pensare a come il Kosovo abbia subito i danni maggiori dopo bombardamenti compiuti per la sua 'salvezza' ".

Stati Uniti i maggiori responsabili
Kostunica conclude dicendo di sapere "esattamente chi è stato il creatore dell'idea di aggressione, chi ha compiuto il maggior numero di incursioni: gli Stati Uniti d'America. Senza alcun dubbio le loro responsabilità sono le maggiori".

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Qui per leggere l'intervista http://www.lastampa.it/LST/ULTIMA/LST/NAZIONALE/ESTERI/KOSTUNICA.htm