Dal "manifesto" del 23 febbraio 2005

Nato, la mutazione genetica di un'Alleanza asimmetrica
Come è cambiato il «partenariato strategico» fra Usa ed Europa, dal
Trattato di Washington del 1949 al 1999, fino all'11 settembre
MANLIO DINUCCI


«E' attraverso una relazione stretta, leale ed equilibrata tra
l'America e l'Europa che assicureremo la perennità del partenariato
strategico forgiato dal Trattato di Washington»: così ha dichiarato il
presidente Chirac al vertice Nato. Parole condivise dal presidente
Bush: «L'America appoggia una forte Europa», ha sottolineato. Parole.
Ma quali sono i fatti? Il primo è che il «partenariato strategico» non
è più basato sul Trattato di Washington del `49, ma sul «nuovo
concetto strategico» ufficializzato dal vertice di Washington
dell'aprile `99: da alleanza che, in base all'art. 5, impegna i paesi
membri ad assistere con la forza armata il paese membro che sia
attaccato nell'area nord-atlantica, essa viene trasformata in alleanza
che impegna i paesi membri a «condurre operazioni di risposta alle
crisi non previste dall'art. 5, al di fuori del territorio
dell'Alleanza». Non a caso il «nuovo concetto strategico»,
sottoscritto dagli alleati europei (per l'Italia dal governo D'Alema),
viene enunciato mentre la Nato combatte una guerra nel cuore
dell'Europa, quella contro la Jugoslavia, che permette agli Usa non
solo di rivitalizzare l'Alleanza messa in crisi dalla fine della
guerra fredda, ma di rafforzare la propria influenza nella regione
europea nel momento critico in cui, dopo il dissolvimento del Patto di
Varsavia e la disgregazione dell'Urss, se ne ridisegnano assetti
politici, economici e militari.

Contemporaneamente, sotto pressione di Washington, la Nato comincia a
espandersi a est inglobando nel 1999 i primi tre paesi dell'ex Patto
di Varsavia: Polonia, Repubblica ceca e Ungheria. Quindi, nel 2004, si
estende ad altri sette: Estonia, Lettonia, Lituania (già facenti parte
dell'Urss); Bulgaria, Romania, Slovacchia (già facenti parte del Patto
di Varsavia); Slovenia (già facente parte della Repubblica jugoslava).
Significativamente i sette ufficializzano il loro ingresso depositando
gli strumenti di accesso non nelle mani del Consiglio atlantico, ma in
quelle del governo statunitense. Un vero e proprio schiaffo agli
alleati europei per riaffermare, ancora una volta, chi comanda
nell'Alleanza.

Non solo: poiché Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Estonia,
Lettonia, Lituania, Slovacchia e Slovenia sono entrate nella Ue nel
2004 e Romania e Bulgaria vi entreranno nel 2007, Washington si
assicura forti strumenti di pressione all'interno della stessa Unione
europea per orientare le sue scelte politiche e strategiche. Non a
caso, quando Francia e Germania prendono le distanze dalla guerra
contro l'Iraq, Rumsfeld contrappone alla «vecchia Europa», formata da
questi paesi, la «nuova Europa» formata dai paesi dell'Est schierati
con Washington nella «guerra globale al terrorismo».

L'ingresso nella Nato di questi paesi permette al Pentagono di
estendere verso Est la presenza militare statunitense. In tale quadro
la base aerea rumena Mihail Kogalniceanu, sul Mar Nero, viene
trasformata in una grande base statunitense. La sua importanza,
dichiara il Pentagono, è dovuta al fatto che «è situata al crocevia
tra Europa e Asia, a una distanza che permette di colpire in Iraq,
Afghanistan e altri luoghi caldi» (The New York Times, 12 ottobre
2004). Contemporaneamente Washington prepara il terreno per portare
nella Nato anche l'Ucraina, estendendo così la presenza militare
statunitense ancora più in profondità nel territorio dell'ex Urss, a
ridosso della Federazione russa.

Dopo l'11 settembre la «Grande Nato» voluta da Washington si spinge
oltre: prima invia proprie truppe in Afghanistan, dove assume la
leadership della «Forza internazionale di assistenza alla sicurezza»;
quindi si impegna ad addestrare ed equipaggiare le «forze di sicurezza
irachene». Contemporaneamente diviene operativa la Forza di risposta
della Nato (Nrf) che, composta inizialmente di 17mila uomini, potrà
essere «dispiegata in qualsiasi parte del mondo entro 5 giorni» ed
essere «autosufficiente per un mese in una vasta gamma di missioni».
La comanda, dal quartier generale di Napoli, l'ammiraglio Usa Michael
Mullen, comandante del Joint Force Command Naples (il nuovo comando
Nato sempre con sede a Napoli), che è allo stesso tempo comandante
delle Forze navali Usa in Europa, il cui quartier generale è stato
trasferito da Londra a Napoli.

La «Grande Nato» viene così sempre più coinvolta nella strategia
statunitense, con il sostanziale consenso di tutti i governi europei,
compresi quelli che, mentre ufficialmente rivendicano «una relazione
equilibrata tra l'America e l'Europa», continuano ad accettare (in
cambio di contropartite sottobanco) la «perennità» dell'alleanza
asimmetrica.