dal "manifesto" dell'8 febbraio 2003

Il dossier Iraq, humor britannico
Falso il rapporto contro Saddam Hussein. I servizi segreti inglesi hanno messo assieme vecchi articoli di giornale (alcuni addiritura di dodici anni fa) e documenti scaricati da internet
ORSOLA CASAGRANDE
LONDRA
Le bugie hanno le gambe corte. E la brutta figura è assicurata. Il governo Blair ieri a disperatamente cercato di difendere il dossier sulla colpevolezza dell'Iraq presentato come recentissima raccolta di materiale e informazioni dell'intelligence e che invece altro non è che un collage di informazioni e articoli tagliuzzati, ricopiati (con tanto di errori) e incollati malamente assieme. Alcune delle informazioni sono addirittura vecchie di dodici anni. Infatti il governo ha utilizzato perfino un articolo scritto da uno studente californiano neo-laureato e relativo alla situazione irachena pre-guerra del golfo del `91. Arrogante e per nulla intimorito il portavoce del premier Tony Blair ha continuato a ripetere che il «dossier è accurato» e ha aggiunto di non avere «nulla di cui vergognarsi e niente da giustificare».

E pensare che tre giorni fa il premier ha liquidato il dossier (quello sì recente, dato che risale a sole tre settimane fa) redatto dai servizi segreti del MI5 come «roba vecchia». Perché ovviamente in quel rapporto c'erano informazioni non gradite a Blair: l'intelligence britannica infatti sostiene che non ci sia alcun legame tra Saddam Hussein e al-Qaida. Il commento più duro alle imbarazzanti rivelazioni di ieri è quello dell'ex ministra laburista dei trasporti, l'attrice Glenda Jackson: «Se il dossier sull'Iraq presentato al parlamento e al paese come un documento affidabile e aggiornatissimo, frutto del lavoro dell'intelligence britannica, anche se in realtà si trattava di un documento che metteva insieme fonti e articoli anche molto vecchi che nulla avevano a che fare con l'MI5, allora possiamo dire di essere di fronte ad un altro esempio di come il governo stia cercando di ingannare il paese e il parlamento sulla questione della guerra contro l'Iraq». E naturalmente, ha aggiunto Jackson in una intervista alla Bbc Radio4, «ingannare è un eufemismo per dire mentire».

Intervistato dalla Bbc Radio4 l'autore dell'articolo copiato, lo studente californiano Ibrahim al-Marashi ha confermato che il suo lavoro era stato pubblicato dalla Middle East Review of International Affairs. «Le mie fonti - ha aggiunto - erano documenti che avevo ottenuto da ribelli kurdi nel nord dell'Iraq e documenti che erano stati lasciati dai servizi segreti iracheni in Kuwait». Più di dieci anni fa, s'intende.

Il dossier presentato dal governo britannico era stato citato più volte dal segretario di stato americano Colin Powell come «estremamente dettagliato e preciso». Powell ha nuovamente fatto riferimento al rapporto britannico mercoledì quando ha presentato le nuove «prove» della colpevolezza di Saddam Hussein al consiglio di sicurezza dell'Onu. «Vorrei - aveva detto Powell - attirare l'attenzione dei miei colleghi sull'accurato rapporto distribuito dal Regno unito... che descrive in minuzioso dettaglio le attività con cui l'Iraq sta ingannando il mondo».

Il portavoce di Tony Blair ha ammesso che «ripensandoci, avremmo forse dovuto citare le fonti, per evitare confusioni inutili. Ma nel complesso - ha concluso - il documento è valido e accurato». Nessun imbarazzo nemmeno per gli errori di ortografia che confermano che si è trattato proprio di un'operazione di mero cut and paste. Tony Blair è quindi intervenuto per cercare di chiudere la vicenda sostenendo di essere pronto ad affrontare il test di popolarità. «Il pericolo -ha detto - posto dalle armi di distruzione di massa è enorme e io ne sono convinto». Il problema è che Blair non sembra essere disposto a sottoporre le sue paure al vaglio del parlamento. Rispondendo alle interrogazioni di alcuni deputati il ministro della difesa Geoff Hoon ha detto che «bisogna essere molto cauti sul pronunciamento del parlamento prima che la guerra abbia inizio: non possiamo permetterci di passare informazioni al nemico». Insomma, se un dibattito (e un voto) ci sarà a Westminster, avverrà a bombardamenti in corso.