ALLA NUOVA STRADA LECCO BALLABIO
MAGISTRALA


Alla Grande Provincia di Como
Alla Nuova Provincia di Lecco
Alla Ardita Provincia Orobica di Bergamo
All’ANAS Madre delle Strade Nazionali d’Italia
Insigni nella costruzione e cura delle strade


Alle Persone
che vollero progettarono costruirono
la Nuova Lecco Ballabio
che ne avranno cura
Ai Viandanti

Quaranta anni fa:le prime discussioni sulla nuova strada per la Val Sassina; a quei tempi la Provincia di Como era una, estesa,seppur già priva del territorio ceduto alla Provincia di Varese. L'istituzione provinciale poco conosciuta e disistimata, ora come allora, pur con compiti vitali:strade, scuole,ospedali psichiatrici in primis. (Nella ignorantia rerum pertinenti alla Costituzione della Repubblica, solo il CNEL, il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, era ed è più sconosciuto che l'istituzione Provincia, sovrana per la Costituzione come i Comuni e le Regioni).
Unita e considerata la Provincia di Como generò al mirabile pianeta Terra gioielli di strade, in uno dei luoghi più belli del Mondo:la strada Pizzo Torriggia sul lago di Como, la Malgrate – Onno consortile anteguerra, la nuova Arosio – Canzo, la Superstrada SP 50 Civate Nibionno: per costi e ardimenti, e mene, ultima nasce la nuova strada per La Val Sassina: Lecco Ballabio.
Precursori e artefici del sistema stradale provinciale, ora nazionale per riconosciuta importanza, furono i signori amministratori della Grande Provincia di Como,i presidenti Aldo Rossi, Enzo Luraschi, gli assessori e consiglieri provinciali:prof. On. Vittorio Calvetti,geom. uff. Giuseppe Arlati,Claudio Redaelli, dottor Bolla, maestro Manzoni di Primaluna.
Oggi la Lecco Ballabio è figlia sposata al nuovo Ente Nazionale delle Strade, per le genialità della politica. Consci della necessità di un aiuto economico esterno alle disponibilità dell’Ente, gli antichi amministratori ,i tecnici i cantonieri della Grande Provincia di Como,gli impresari, tecnici le maestranze delle imprese appaltatrici si avvinsero con passione umana alla costruzione della nuova strada provinciale: da Falghera al ponte sul Caldone, vulgo Passo del Lupo: e fu sottratto al cielo aperto e libero il tratto dal Passo del Lupo a Ballabio.L'intrigo è a Lecco, quando non vollero farla partire da Sant'Ambrogio, neppure in galleria, e, per l'attraversamento, negarono all'Anas di costruire un funzionale svincolo al Caleotto, anziché farvi le rotonde fagiuolo comunali e incastrarsi allo svincolo di Via Pergola. Nella confusione delle parole e dei fatti dilungatisi in tanti lustri, una sintesi.
Anni 1960-70. Prima scelta di un tracciato da Lecco a Ballabio

Nel mezzo degli anni sessanta l’onorevole consiglio provinciale di Como discuteva di una nuova strada alla Valsassina. Sulla esistente, nel tratto provinciale fra Laorca Ballabio e oltre lavori erano stati eseguiti nella decade precedente.
Verso l’anno 1968, essendo ingegnere capo dell’Ufficio Tecnico Provinciale Emilio Corbini, furono avviati studi preliminari di tracciati, contati i veicoli sulla strada esistente SP 62 Valsassina. Giorgio Mazza, giovane ingegnere provinciale sopravvivente,preparò le relazioni e le cartine che l’ingegnere capo perfezionò con acribia. Confrontate le possibilità, e discusse con le Amministrazioni, venne scelto il tracciato dalla località Sant Ambrogio di Lecco, a Ballabio, località Gera. A Sant Ambrogio ci si sarebbe raccordati al Terzo Ponte, in fieri: la primigenia posizione di quello era poco a valle del costruito. Le caratteristiche di tale strada erano una pendenza media del 6% senza scantonamento a valori superiori, l’assenza di tornanti. Secondo i consigli delle norme CNR di allora, e le valutazioni del traffico futuro, occorreva una strada a doppia carreggiata.
Il tracciolino disegnato in iscala 1:25.000 aveva dei peduncoli che si dipartivano da alcuni rioni di Lecco, uno era quello della Bonacina. In planimetria fu disegnata una strada che avesse le caratteristiche di strada parco, le due carreggiate l’un l’altra separate planoaltimetricamente, funzionanti indipendentemente.
Idea faraonica fu proclamato alla stampa.Le strade si costruiscono per l'avvenire. Eppure a quei tempi erano note le difficoltà dei veicoli lenti non solo nel salire, quanto a discendere. Fra Lecco e Ballabio si misuravano pendenze del 10% e tornanti angusti tanto che a volte gli sbalzi posteriori dei veicoli confricavano con l’asfalto.
Ab antiquo la strada per la Valsassina principiava in Via Bovara a Lecco. Gli alti muraglioni al curvone di Malavedo furono costruiti prima della seconda guerra mondiale, dalla Provincia.
I cippi petrei che demarcavano i chilometri della provinciale furono posti in altra epoca,quasi un secolo fa a partire dal Municipio, si suppone; incuria e ignavia di moderni avere asportato i cippi 1 e 2 fra Castello e San Giovanni. La vecchia strada provinciale alla Valsassina fu una delle 17, primigenio tesoro delle strade della Provincia di Como, costituito il Regno d’ Italia.
La buona volontà della Grande Provincia di Como: furono sottoscritti accordi di amichevole assenso alla posa di pile di viadotto nelle proprietà della ditta Celestri Metalli in località Sant Ambrogio.
Altre soluzioni furono proposte, alternative; la più significante quella di salire in Valsassina da Calolziocorte, con autostrada a variante della SS 36 lungo il lago di Lecco. Prevalse il parere di coloro che considerarono vacuo portare i veicoli pesanti da quota lago a 700 metri di quota, per poi farli ridiscendere a quota fiume Adda. La verde valle fu salva. (Le strade principali per l’Helvetia,passi Maloja e Spluga, dipartono da Chiavenna, non da Morbegno.) Le alternative ipotizzate erano sui solatii infidi pendii sotto il San Martino, oppure sul versante di Monte Albano, magari preso dalla Bonacina.
Questi tracciati confluivano in alto nella esistente strada. Quello scelto ne era indipendente,costituiva sicurezza reciproca in caso di interruzione dell’altro, ovviava alla congestione del traffico nel tratto urbano della strada comunale e in tutta la città.
Altri ipotizzava di dipartirsi dal ponticello presso il Piazzale della Gallina, a Lecco, e scendere lungo il versante di Cereda: non iniziarono. Nei quaranta anni seguenti la provincia di Como e quella di Lecco hanno curato sostanziali lavori anche sul tratto di competenza fra Laorca e Ballabio; resta una strada urbana, comunale, asfittica fra Castello San Giovanni e Laorca, tale non dovrebbe anche se strada di città.
Anni 70-80. Una Strada Ballabio Versasio

L’ingegnere capo Giulio Messa successe nei primi anni 70 allo ingegnere capo Emilio Corbini nella direzione dello Ufficio Tecnico della Provincia di Como.
Attori intraprendenti della costruzione di alcune strade nel territorio montano valsassinese sono stati Il Consiglio di Valle poi Comunità Montana Valsassina e il Corpo Forestale dello Stato e il Genio Civile. Furono costruite strade agibili, non come le moderne strade agrosilvopastorali, che nemmeno l’asino con il basto carico riesce ad arrampicare. Strade rustiche affidate ai miglioramenti che l’encomiabile provincia di Como negli anni apportò.(e non sono ancora terminati)
La pista del Consiglio di Valle / Comunità Montana Valsassina Valvarrone Riviera,l’ingegnere Pietro Pensa presidente e propugnatore,Giulio Messa compartecipe, fu tracciata dallo innesto sulla strada di Morterone sino alle rocce della sponda destra orografica del Caldone. Il giovane geometra, arch. Nogara collaborò.
Considerati i costi di una nuova strada Lecco Ballabio, impossibili per una sola Provincia,la Comunità Montana/Consiglio di Valle e l’ing. Giulio Messa studiarono un progetto per collegare Ballabio con Versasio. Il disegno di scendere con curve ritornanti dalla pista sino a quota del ponticello del sentiero Bonacina/Versasio/ Ballabio/ Morterone, e arrivare a Versasio non ebbe attuazione di lavori. Altri volevano costruire una strada di tipo provinciale,larga e solida, e decisa nel passare il Caldone, imboccare la galleria e dirigere sino giù in Via ai Poggi Sotto Falghera.
A tal fine si riprese ad operare. Le scarpinate sul terreno furono frequenti. Qualche birichinata occorse durante i rilievi, stanti alcune ostilità. Come nella Divina Commedia del sommo Dante tre fiere sbarrano il passo ai viaggiatori, così sui prati di Versasio un cagnolone pastore bergamasco fedele, fece correre i tecnici Giorgio, Giulio, Francesco.
Fine 1978: si ripresero con intensità le attenzioni e i progetti della nuova strada Ballabio Versasio. L’Ufficio Tecnico della Provincia redasse un progetto di massima (ing. Giorgio Mazza) , cui seguì quello esecutivo per il tratto Ballabio Falghera partito in lotti per appalti successivi (ing. Giulio Messa, geom Francesco Ferrario).Il professionista geometra topografo Giovanni Mutti di Mandello del Lario eseguì la poligonale, la livellazione e il rilievo dei terreni della futura strada, negli anni continuati sino al futuro terzo ponte.
Gli Amministratori della Provincia, Giovanni Fiamminghi Presidente, l’assessore Patanè alle finanze, ottennero gli affidamenti dei mutui per costruire il tratto provinciale Ballabio Falghera.
Il Corpo Forestale dello Stato ( dottor Francesco Campagna comandante), Il Genio Civile di Como (ingegnere capo Paolo Lombardi), La Regione Lombardia ( architetti Vallara e Lampugnani del Servizio Beni Ambientali)ebbero tutti grande sollecitudine nei riguardi della Provincia di Como, per i nulla osta e i consigli. Altrove gli inghippi, e la pazienza dello ingegnere capo, agile come un capriolo, nonostante la massa, ne sofferse, a ragione.(Scripta manent)
Anni 1983-2001 Costruzione Strada Provinciale SP61 tratto Ballabio Falghera
Continuarono i contatti con il Comune di Lecco per il disegno della strada a giungere a Lecco, e con il Comune di Ballabio per raccordare la nuova strada alla SP 62 Valsassina.
L’erba del vicino è sempre più verde. A Ballabio si offrivano prati intonsi fra un duplice filare di tralicci elettrici, e una casa sorta di tramezzo: soluzione troppo poco costosa. Costruirono anche un depuratore allo imbocco della valle del torrente Grigna. In seguito si addivenne ad una soluzione che emergeva, oltre la Gera, all’imbocco della piana di Balisio, preservando i prati alle altre cose: nemmeno quello.
A Lecco si volle/dovette arretrare l’innesto stradale a Belledo/Germanedo: fu estenuante trovare un’intesa che poi non si attuò. Un progetto dello Ufficio Tecnico Comunale dopo quello della Provincia, presumeva una strada gentile, parte a cielo aperto, parte in galleria, che da Via ai Poggi scendesse sino al terzo ponte in fieri. Venne addirittura bocciato da un consiglio comunale.
Hanno coperto il fiume, hanno innalzato pistolotti: un pezzettino di strada sopraelevata no!
L’ing. Giulio Messa in pensione,l’ing. Giorgio Mazza seguì: per lui e collaboratori, geom Luciano Galli,l’inizio fisico dei lavori a Versasio fu turbolento. Verso l’anno 1983.
”Il primo passo apre il cammino”. L’ingegnere, i geometri gli aiutanti dell’UTP convenuti a Versasio sul posto, con le persone dell’impresa. I decreti emessi. L’ingegnere fu rispettosamente preso per il bavero: se l’orso non riuscì a sbranarlo in Canadà,sarebbe successo a Versasio;e le solite promesse schioppettate. Nessun capello gli fu torto, nessuna denuncia fu sporta; con successiva cordialità e reciproca pazienza i lavori avviarono. Tutto ciò nelle strade è tradizione.
I parlamenti ripresi fra le associazioni dei coltivatori, gli amministratori, i tecnici; fu possibile ripartire: fra i patti lo spostamento della strada al limite di una scarpata per non guastare i prati, invero molto curati e adorati, il ripristino a prato della strada di cantiere che da Versasio avrebbe portato al tracciato costruendo della strada, accessi ai fondi tagliati o interclusi.
Gli abitanti di Versasio pur consentirono con senso civico alla cessione amichevole dei terreni per la strada; altrove si eressero sui tracciati presunti case, o si vantarono leggi per modificarli. Desiderio di alcuni di loro era l’edificazione; negli anni ciò successe a Falghera ove altro costruire è in discussione, non a Versasio.
Iniziarono i lavori del lotto 2. Il cantoniere Alfredo Ragni di Valmadrera fu l’occhio vigile e solerte, aiutante del direttore dei lavori, sul cantiere per tutto il tempo dei lavori provinciali dei primi appalti.
Sulla stradina di cantiere dovevano transitare veicoli pesanti. Furono fatti uno stato di consistenza della chiesetta di Versasio, nell’eventualità di danni, ed una onerosa opera di protezione all’oleodotto, per non procurare danni più costosi dello importo di appalto. Tali protezioni furono estese anche alla pista da Ballabio alla spalla del torrente Caldone, in due luoghi di intersezione con l’oleodotto: questa pista fu utilizzata per i lavori al ponte sul Caldone. Vi transitarono anche betoniere e autoarticolati.
I primi lavori,oltre Versasio in direzione Ballabio, consistettero nella costruzione di muri di sostegno e controripa fra la mulattiera che proveniva da Versasio e il luogo ove essa vergeva al basso, al ponticello sopra il Caldone, (vero Passo del Lupo).Su quel sentiero Emilio Corbini ,il consigliere comunale Milani, in diverse occasioni insegnarono all’allievo Giorgio Mazza la botanica: uno splendido esemplare di sorbo degli uccellatori, in frutto, bacche rosse; un raro giglio di montagna color arancio fuoco. Il Comandante della Forestale dottor Campagna lo istruì su frassini, aceri ed altre essenze nei sopralluoghi sulla strada in costruzione.
Sul lato di monte di questa, salendo dallo sbocco della mulattiera da Versasio, si intagliò una formazione argillosa tipo quelle detta ‘del San Giovanni Bianco ’, strato soprastante ad altri di miglior qualità . Muro spesso e feritoie .
Il calibro della Lecco Ballabio,(10,50 metri a cielo aperto) è la giusta misura per una strada di montagna trafficata come le provinciali di pianura. In origine la strada era prevista più stretta.Il calibro è adeguato anche alle norme più recenti.
L’arte di costruzione strade è immutata da tempo, ammodernate le tecniche e i macchinari. Le norme del consiglio Nazionale delle Ricerche per la costruzione di strade e gallerie sono state coatte in legge solo nell'anno 2002.
Per giungere all’attacco della galleria prima di passo Lupo fu necessario costruire una pista, che allargò oltre una valle ove scavi furono approfonditi a pozzo, per fondare i plinti di un viadotto,circa dove la vecchia mulattiera svia per il ponticello sul Caldone a quota inferiore di quello nuovo.
Occhi di una parte non avvezzi a tanto sbrego (sconvolgimento), per necessità inerenti alla fondazione delle strutture, si inquietarono. Si fece una “revisio” del progetto,(riprogettazione),che già occorreva per stare ai patti, eliminando a richiesta politica lo svincolo che prevedeva di innestare a raso sulla Via ai Poggi sotto Falghera, affossando la strada, ed affacciandosi alla valle del Caldone sponda sinistra in galleria senza sbancamenti di rocce. La modifica della sagoma del ponte sul Caldone fu inserita: da travata con pila in alveo a struttura ad arco rampante. Si assicurò la conservazione / ripristino delle antiche vie mulattiere,( archetto costruito a sostegno di Via Resegone e ponticello su quella per Ballabio).
Per gli odofobi le strade sono opere oscene da nascondere come le pudende. Non così le case che ottundono la bella vista dalle strade.
Noto il tracciato, là ove la nuova provinciale doveva sottopassare la Via ai Poggi in galleria,prima che questi lavori iniziassero, sorse a lato valle, a distanza di Piano Regolatore generale una schiera di villette.
Giunse notte una sera che si stava gettando un sottoplinto, incassato quasi venti metri sotto il futuro piano stradale. Stare nel cavo, pur puntellato al modo antico, era impressionante: occorreva concludere il getto. Questo viadotto, che ora nominano Versasio 3 fu il primo completato nell’appalto, e della strada: cosicché subito si ripristinò il terreno circostante inerbandolo con lo ‘sbiesso’delle stalle. Lo donò il capo cantoniere stradale provinciale Giuseppe Locatelli di Avolasio.
Intanto si predisponeva l’attacco naturale della galleria di Passo del Lupo. L’imbocco era in obliquo rispetto alla parete. La roccia calcarea parietale si presentava fratturata. Ascoltato parere di esperto, espresso dal geotecnico ing. Balossi Restelli accluso al progetto dello ing. Giulio Messa, si fecero chiodature e tirantature nelle rocce, sigillature di fessure. Attenti a non creare ritenute d’acqua nel monte: dreni. Alla festa per l’inizio della galleria partecipò sorridente e beato l’ing. Giulio Messa, pensionato.
Il Presidente Galli della Provincia, succeduto a Giovanni Fiamminghi, si issò sulle ripide scale ai ponteggi per visionare i lavori di consolidamenti. Di poi scese con l’ingegnere a Via ai Poggi, presso Falghera. Da là l’ingegnere indicava al Presidente il futuro della strada sin verso al terzo ponte, e gli pareva d’essere il diavolo tentatore. Il Presidente celiò in modo colorito sull’impossibilità provinciale di costruirla sin là. Parere convenuto.
In Falghera la strada nuova interseca la strada comunale per Versasio costruita dai prigionieri di guerra, come una lapide ricorda al tornante di Falghera. Tale comunale mai vollero utilizzare, una volta fosse stato terminato il tratto nuovo Ballabio Falghera, a sollievo del traffico sulla attuale provinciale SP 62 oltre Laorca. La lettura della lapide è solitamente impedita da veicoli parcheggiati in curva.
Ritornati in alto, allo imbocco della galleria. Costruito un corto tratto in artificiale: per il mascheramento della parete esterna, fu addossato un terrapieno; su consiglio della guardia forestale, il maresciallo Francesco Carbonio, fu posto a dimora un gruppo di pini neri, colonizzatori del terreno per ogni successiva forestazione.
Il pendio vergine del monte , prima della colonizzazione delle ville, aveva incantato Alessandro Manzoni, che lo descrisse con minuzia nel Fermo e Lucia.
I lavori stradali produssero reperti e conoscenze per la storia geologica di questa zona. Sotto lo imbocco della galleria naturale si incontrò il contatto fra le rocce rosse arenarie di Val Sabbia,che appaiono anche sul versante di Monte Albano, dei calcari neri simili a quelli di Varenna in contatto con altra formazione rocciosa. Fossili furono inventi nei sassi scavati.(A ricordo quei due macigni portati nel giardino di Villa Locatelli, sede della Nuova Provincia di Lecco).
Per sicurezza, nessun grave infortunio successe, lo scavo dei primi decametri della galleria avvenne sotto protezione di tubi infilati, con perforazione,nella volta della galleria, e con armatura di centine metalliche. Si effettuò lo scavo a tutta sezione, con immediato rivestimento di gunite dopo la profilatura. Non fu necessario ricorrere al nuovo metodo operativo austriaco. Inoltrati nel cavo, la roccia sana, si ovviò alla centinatura che riprese, ravvicinata, in imminenza dello sbocco sulla valle del Caldone.
Come il Patriarca Noè inviò il corvo e poi la colomba che tornò,così si infilò un tubo in orizzontale sino alla emersione sulla verticale parete in sponda sinistra del Caldone. Il topografo alpinista geometra di cantiere Cesare Martelli si arrampicò sull’opposto versante e riscontrò l’esatta mira, ritornò ad annunciarlo.
Esigua la copertura della roccia sui fianchi, pochi metri: si prescavò una gallerietta larga 3 metri: le radici,il terriccio, i barbigli della vegetazione soprastante si insinuavano. Con il parapioggia e le centine, e ridotto avanzamento ogni volata, uno due metri,si giunse a veder la luce. Qualche macigno precipitò in alveo, ma tutti furono rimossi. Le canalizzazioni di presa acqua dello acquedotto furono robustamente protette in anticipo.
Un imprevisto. Lo smarino rosso delle arenarie di Val Sabbia giaceva accumulato in uno slargo :dopo forti e prolungate piogge da un pertugio del monte sopra la strada dilavò gran quantità d’acque, si era innescato un sifone naturale. La terra rossa trascinata a valle colorò le acque. Persona esperta non riuscì a infilarsi nello stretto pertugio. Sulla strada, in finale di tutti i lavori provinciali fu costruito un ponticello, e nella mora posto un tubo di largo diametro, con anteposta vasca a rompere il dilavamento.
A mano a mano che si costruiva la strada a cielo aperto, seppur non asfaltata, si costruivano le tombinature. Incanalare le acque è la prima opera di protezione di una strada di montagna. Molti altri lavori,ponti e gallerie occorrevano per giungere a Falghera,innesto di Via ai Poggi, con una strada solida, robusta, duratura, atta ad ogni genere di veicoli pesanti. Così anche per Ballabio. In primis la costruzione del ponte sopra il Caldone per congiungere il lotto 1, tracciato a pista dalla Comunità Montana Valsassina sino allo affiorare delle rocce, al lotto 2 dei lavori in corso. Oggi la chiamano nuova Lecco Ballabio, ma il titolo iniziale fu Ballabio Versasio e poi Ballabio Falghera, e la numerazione conservata dei lotti tali ordine riflette. Il fascinoso nome ‘lotto zero ’ si impose poi come indicativo del tratto Poggi di Falghera – Terzo Ponte.
Persona colta in un’assemblea pubblica spiegò la prassi dello zero avanti l’uno (numero zero delle riviste periodiche).Pur per indicarlo raccordo alla SS 36.
Prima di proseguire tutti i lavori occorrevano ulteriori indagini geologiche,a mano a mano rese possibili dalla accessibilità delle macchine ai luoghi. (La fattibilità geologica dell’opera era stata asserita da un illustre geologo,ad altre strade critico.)
La Direzione Lavori fu guidata con scienza e coscienza dai professori geologi del Dipartimento di Scienze della Terra della Università di Pavia, prof. Gianotti, prof Cerro, prof Piccio: nessun guaio/ crollo si provocò durante i difficili scavi, anche in occasione di piogge diluviali; tutto il territorio fu studiato con i più recenti metodi di indagine. Il dottor Maggi geologo curò l’esecuzione dei sondaggi e delle prove sismiche .
I peones della Provincia invidiavano quelli che per studiare la fattibilità di una galleria sotto il Mortirolo, avevano pubblicato un bando per scavare un buco lungo circa 6 km, dello importo di circa 48 miliardi di lire.
Preparativi e costruzione del ponte sul Caldone.

In sponda sinistra del torrente Caldone,nella galleria, furono eseguite prove di velocità di trasmissione impulsi e di permeabilità rocce, metodo Lugeon. Per la sicurezza allo inquinamento falde bastò impermeabilizzare il sottofondo stradale. Lo scavo di imposta della fondazione fu abbassato nove metri sotto il piano stradale. In sponda destra le rocce si rivelarono di altra composizione, e più fratturate. Si consolidò e sigillò l’imposta di fondazione con iniezioni di boiacca di cemento iniettata da pali infissi anche a cucitura di rocce. A lavoro terminato la prova Lugeon confermò il buon risultato delle iniezioni.
Intanto si era iniziata la erezione della centina per il sostegno del getto: uno studiato intrico di tubi ‘Innocenti’; attentissimi a porne le basi su appoggi non cedevoli e a non lasciare tratti di lunghezza oltre 180 cm senza sbadacchi. Nelle strutture metalliche il rischio di crollo per carico di punta va sempre temuto.
Imponente la vista della struttura brunastra fra il grigio delle rocce e il verde della vegetazione. Spuntavano dalla volta della galleria i tubi parapioggia protettori: le pareti erano state prima della centina ispezionate per ripulirle da macigni smossi dal tempo o dagli spari.
Negli archi incastrati lo sforzo più oneroso è suscitato dalle variazioni termiche: il getto avvenne il 21 settembre 1989. Giorno bello e mite. I tecnici della Provincia mossero dalla dipendenza di Villa Locatelli in Lecco, Piazza della Stazione a ore 3 antelucane. I geometri Cesare Martelli ed Ugo Pighetti tecnici dell’Impresa Pietro Carsana, raggiunsero subito il posto e così i cantonieri e capi cantonieri provinciali.
Posizionato il teodolite,i coni per lo slump test ( misura idonea a valutare la consistenza del calcestruzzo), letti i flessimetri, il getto di 600 metri cubi di calcestruzzo ebbe subito inizio; la notte rischiarata dalle lampade elettriche; una fiabesca stellata in cielo terso.Il direttore dei lavori invocò sull'opera e gli artefici lo Spirito Santo.
Sulla pista da Ballabio e nella galleria lato Lecco era una fila di autobetoniere della Beton Villa con fari e fanalini rossi accesi e pirlimpori arancio gialli. Sul ponte un affaccendarsi ordinato di molteplici persone applicate nella gettata. Una scena corale che i presenti ricorderanno, perché allora le strade i ponti si costruivano con l’anima, la passione di tutti gli attori.
Nel giorno giunsero in visita il presidente della provincia di Como, Giovanni Orsenigo, il Vice Presidente Renzo Fumagalli,l’assessore ai lavori pubblici Elio Panzeri, e quello all’agricoltura Giuseppe Canali, il geometra Giuseppe Milani curatore delle strade provinciali della Brianza. Gli ingegneri Fabia Jussich e Francesco Canali del Comune di Lecco, l’ing. Capo Paolo Lombardi e l’arch. Bernardi del genio Civile di Como .Angelo Sala, cronista e storico del giornale La Provincia e cultore di strade e montagne .Famigliari, tecnici dello ufficio tecnico provinciale, i cantonieri capi della pianura. Al getto l’ingegnere chiamò a presenziare i giovani cantonieri Angelo e Maurizio Invernizzi di Morterone, affinché negli anni ne avessero il ricordo. Tutti ci incoraggiarono, ma era fatica e tensione figlia di prudenza: innumeri discese e risalite sull’erto sentiero da quota arco alla base dei flessimetri, per leggerli. Il geometra Piero dell’Era al teodolite, Claudio Losa, Angelo Valsecchi e l’aiutante del direttore dei lavori signor Alfredo Ragni presenti in continuità.
La centina prendeva il carico con proporzionalità: il getto fu iniziato dalla spalle. Verso le 17 30 si pose nel calcestruzzo in centro al ponte, contenuta in una teca, una medaglietta d'oro con l'effigie della Beata Vergine Maria. Poco dopo il getto fu completo: foto e festa sull’arco e nella galleria, presenti i titolari dell’impresa Carsana signora Alessandra e Alberto Carsana,il direttore tecnico geom Ugo Pighetti, il fornitore del ponteggio.
Tutti partiti prima del buio, ma il direttore dei lavori e i fidi collaboratori Angelo e Claudio si trattennero altre ore per controllare l’evolvere dello abbassamento della centina, se mai. La centina mediamente si abbassò di 20 millimetri durante il getto, come previsto e non oltre. La monta al ponte fu data di 50 mm. Il disarmo avvenne in un mattino, in modo graduale: si misurò la freccia al disarmo: 20 mm.
Nei giorni successivi non piovve: occorse innaffiare il getto per tenerlo raffreddato. Successivamente vennero innalzati tre setti e gettato l’impalcato, di tal che ad opera finita il ponte ha un comportamento misto fra la trave e l’arco.
I calcoli del ponte ad arco rampante sul Caldone furono svolti dal prof. ing. Ezio Giuriani; il direttore dei lavori, cultore del principio dei lavori virtuali valutò l’arco con quel metodo. L’ing. Leopoldo Pelandini di Como collaudò la struttura.
Per il rispetto a Madre Natura, non fu rimossa la roccia antistante il prospetto di valle dell’arco: cosicché la luce della struttura sembra meno della misura che ha: 57 metri.
Un 4 dicembre,nel giorno della Festa di Santa Barbara, i convenuti autorità e ospiti, su veicoli da strada poterono salire a Ballabio per la pista tracciata e ridiscendere a Lecco per la SP 62 della Valsassina. La carovana fu aperta dal signor Sindaco di Lecco: Giulio Boscagli. Il collegamento Versasio Ballabio era stato aperto in breve volgere di anni, dall’inizio dei lavori. Al modo che furono aperte e lasciate transitare alcune strade prealpine valsassinesi.
Tutti i lavori del lotto 2 furono appaltati dall’ufficio Lavori Fubblici(dottoressa Barbara Funghini curatrice) in applicazione delle leggi del Regno d’Italia, emanate attorno agli inizi del 1900. In applicazione di quelle recenti della Prima Repubblica l’appalto dei lavori del terzo lotto fu affidato alla stessa impresa. L’importo dei lavori era esiguo, pur considerato l’aggiornamento prezzi. Non copriva affatto le necessità del lotto. Fu aperta la pista pioniera verso Falghera, sino al limite possibile: una galleria da scavare, un viadotto da erigere. I lavori consistettero nella costruzione di muri e nella predisposizione delle spalle e di una pila del viadotto sotto la Chiesetta di Versasio. Occorse affondare di molto un plinto di fondazione. Terminati i fondi, necessitavano ancora consistenti interventi di natura geotecnica sia sul lotto 2 che sul 3, ma almeno il sito era stato reso accessibile alle macchine per le indagini geognostiche.
Ogni lieve revisione di tracciato comportava variazioni di Piani Regolatori e ulteriori avvalli di enti. Sugli scavi per le indagini profonde di fondazione spuntarono nuovi alberelli, robinie, per recidere i quali occorse rifare le pratiche.
Passavano i mesi e gli anni ma intanto i lavori procedevano, ogni volta quanto possibile.
Sui prati sotto Falghera un giorno, con solleciti funzionari della Regione Lombardia, servizio dei Beni Ambientali, per i nulla osta al quarto lotto:in tanta bellezza di Natura e Monti i funzionari si rincrescevano della trasformazione dei luoghi, ineluttabile. L’ingegnere li consolò: sul bel poggio rinverdito al cielo blu sarebbero sorte presto costruzioni, come ora stanno.
I curati e robusti muretti parapetti del tratto provinciale, convenuti per estetica, oltre che per statica, atti a trattenere acque, inquinanti, e persone, pure subirono una parziale sostituzione prima della apertura della strada. La strada provinciale fu concepita come strada di montagna; è azzardo considerarla autostrada.
I lavori del quarto lotto furono appaltati ad una associazione di imprese,l’impresa Pietro Carsana capogruppo. Iniziarono da Via ai Poggi sotto Falghera, poco sopra della località Canto.
Una pista di cantiere alquanto lunga diresse verso nord in un magnifico declivo tutto prati. Il sedime del lotto fu molto incassato rispetto all’originale,per soddisfare coloro che non volevano vedere il grafo della strada nel paesaggio; nel contempo sorse la necessità di farlo perché la progettazione del tratto da Falghera al Terzo Ponte si implicava ormai tutta in galleria.
Ciò comportò maggiore inclinazione dei lotti provinciali, sino allo 8%, per favorire minor pendenza in galleria.(Quindi minor produzione di gas di scarico dei veicoli).
La strada partì incuneata fra alti muraglioni in pietrame: ricordo allo ing. Fabia Jussich che consigliò le essenze, cipressi, ulivi e arbusti dai fiori rossi da porre ad abbellimento del tratto, ormai sfociante in scena Mediterranea.
Con successiva pista aderente alla strada futura si giunse allo attacco di una galleria. Fu scavo più difficile. Le rocce erano arenarie rosse di Val Sabbia. Fratturate. Intrise. Oltre ai tubi a parapioggia, e le centine si infissero tubi longitudinali nel fronte di scavo, a perdere durante gli spari. Essi tenevano cucite longitudinalmente le rocce; dopo ogni volata e smarino, veniva spruzzata gunite sul fronte di attacco,per la protezione dei perforatori e dei fuochini.
Un 4 dicembre, festa di Santa Barbara, devoti e agnostici assistettero alla Santa Messa in galleria. Il colpo in onore alla Santa fu sostenuto. Vairetti maestro fuochino. Quella fu l’occasione in cui il nuovo prevosto di Lecco, mons. Roberto Busti, su una automobilina dello UTP fece il percorso sino a Ballabio. Anna Bassi era la Presidente della Provincia intervenuta alla festa con l’assessore Giuseppe Canali e i titolari e tecnici e maestranze dell’impresa Carsana . Emersi affacciati ad una valletta di ponte costruendo, i lavori ( i soldi) terminarono.

Intermezzo
A questo punto si frapponeva alla percorribilità completa della pista pioniera di cantiere fra Ballabio e Falghera un’altra galleria, da scavare sopra la Bonacina. La strada era delineata in tutta sua maestà.
Interessare L’Azienda Nazionale Autonoma Strade affinché considerasse un aiuto alla costruenda strada provinciale Lecco Ballabio, soprattutto nel tratto di raccordo alla nuova statale 36, fu tempestivo,già dal tempo quando la superstrada Lecco Colico era in costruzione fra Lecco e Piona. Anni dopo si concluse al trivio di Fuentes, ed oltre, SS 38, non ha ancora proceduto a Morbegno, per le solite mene.
In primis si sosteneva che la strada della Valsassina fosse una parallela di sicurezza alla superstrada 36 fra Lecco e Bellano: così come esistevano al sud, una statale 36bis, avrebbe potuto coesistere con una SS36, almeno come raccordo della nuova provinciale allo attraversamento in Lecco.
Al dunque non si potè sostenere nemmeno che la Val Sassina fosse un luogo turistico di rinomanza internazionale e nemmeno nazionale: il fumus boni iuris, ope legis, fu risolto considerando la strada Lecco Ballabio e la seguente SP 64 Prealpina Orobica come strada di collegamento intervallivo fra due nazionali la 36 e la 470 di Val Brembana.( All’epoca della costruzione del traforo del monte Barro il fumus boni iuris fu detto il collegamento fra le strade nazionali 639 dei Laghi di Pusiano e Garlate, proveniente da Como, e della SS 36 del Lago di Como e dello Spluga, allora proveniente da Merate.)
Fra Borima e Nibionno la superstrada Lecco Milano era ancora Strada Provinciale, SP 50, costruita a iniziativa della grande Provincia di Como.
Una nuova legge ha ritornato alle Regioni e da questa alle Province molte strade nazionali nel territorio, ma il peduncolo della Lecco Ballabio è stato fatto salvo alla competenza e spesa onerosissima dell’Anas.
Oltre i fumi del buon diritto, havvi sempre la buona volontà degli uomini. Ministro dei Lavori Pubblici il signor Prandini,l’Anas convenne di assumere la strada, ed eseguire i lavori del tratto Ballabio Passo del Lupo oltre che quelli in cui già era impegnata.Ci volle tempo per firmare le convenzioni.

Riprendono i lavori

Era già stato firmato il contratto di appalto dei lavori del primo lotto, fra Ballabio, innesto sulla strada di Morterone SP 63, e il Passo del Lupo con la ditta Patriarca di Sondrio. Il progetto prevedeva di scendere a cielo aperto, con qualche tratto in galleria artificiale. Nel detrito di versante consolidato si erano misurate velocità sismiche paragonabili a quelle delle rocce.
L’impresa Patriarca consentì alla novazione del contratto: i lavori si svolsero nel lotto 2.
Gli scavi di fondazione a sostegno di alti muri costruiti in zona Versasio furono protetti da palificate. Tanta era la spinta delle terre che le putrelle di contenimento palificate si flessero in un tratto. Si costruì il viadotto di acciaio per superare una luce di 80 metri, ove né l’altezza dei muri era più plausibile, né numerosi piloni sostenibili. Le fondazioni delle spalle del ponte furono sostenute da palificate spinte in profondità, 18 metri.
Il viadotto fu calcolato dallo ing. Benasciutti della ditta Galtarossa di Padova, una delle più insigni, per poco tempo ancora: chiuse come le storiche società di carpenteria metallica per cui Lecco era famosa in Europa. La ditta Galtarossa costruì a Padova gli elementi del ponte, che furono trasportati sul cantiere per la strada e pista di Versasio.
Di questi insigni lavori tecnico dell’impresa fu il geometra Giuseppe Alberti di Osnago, e capo cantiere il Signor Romeri.
Durante il periodo fu Presidente della Provincia il geom Luciano Bettiga di Colico, ed assessore ai Lavori Pubblici Giuseppe Canali. Visitarono i lavori, anche i signori consiglieri provinciali; tutti preoccupati per l’onere della strada e la ricerca di aiuti dagli altri Enti.

Intervento della Regione Lombardia
I Signori Amministratori della nuova Provincia di Lecco furono eletti nel 1995. Il Presidente Mario Anghileri, La Vice Presidente Elena Gandolfi, l’Assessore ai Lavori Pubblici Luigi Pirovano di Oggiono solleciti ebbero a cura il completamento della strada che subito visitarono.
Tutta la strada era sbozzata. Senza una pista che percorra la strada non è possibile svolgere alcun progetto esecutivo, ed anche ora come allora, con tutto indagato, l’imprevedibile nelle opere sotto terra è possibile. Il maestro professore di costruzione di strade e ponti Ajmone Jelmoni insegnava viva voce che la costruzione di una strada si fa metro per metro, valutando gli imprevisti. Egli, progettista dell’autostrada del Sole, ab origine la propose a tre corsie per carreggiata, oltre banchine. Non lo ascoltarono. Il direttire lavori in pensione dal 1997,per dedicarsi in bicicletta alle Strade della Terra, sua ritrovata attività;l’ing. Angelo Valsecchi, dirigente della nuova provincia di Lecco continuò con l’entusiasmo dei predecessori progettazioni e direzione lavori provinciali per completare il tratto Passo del Lupo-Falghera. Il vecchio ingegnere l’aveva sempre condotto sui lavori, miglior scuola.
Questi lavori ebbero il contributo sostanziale della Regione Lombardia che molto aiutò la nuova Provincia di Lecco a completare il tronco provinciale Passo del Lupo – Falghera. Il direttore lavori potrà descriverli con più compiutezza.
Dallo attacco oltre Via ai Poggi si proseguì nella costruzione di muri alti e ponticello sopra una mulattiera. Olezzavano di fogna le acque.
Oltre la galleria scavata durante i lavori precedenti,si impostò un viadotto in cemento armato precompresso, gettato in opera.
Tosto fu lo scavo della successiva galleria, parte in arenaria, parte in terreno sciolto morenico / alluvionale. Occorse prima eseguire lo strozzo e poi allargare a tutta sezione.
Impresa appaltatrice fu l’associazione temporanea di imprese Vienne e Betonvilla, impresari il geom Arialdo Villa e Neve, tecnici il geometra Cesare Grassini e Angelo Triacca,sindaco di Montemezzo.
Oltre la galleria occorse un altro viadotto, Falghera 2, anche esso in cemento armato precompresso tesato in opera. Ci si congiunse alla pista da Versasio.
Il vecchio direttore dei lavori qui giunse un pomeriggio di molti anni prima con il Presidente Giovanni Orsenigo ,sulla pista di cantiere pur transitabile per l’alfetta blu presidenziale. Saliti poi al Passo del Lupo dalla parte di Ballabio, gli descrisse il ponte ad arco che si sarebbe presto costruito. Il Presidente Giovanni Orsenigo ebbe a cuore lo sviluppo di tutto il territorio della Grande Provincia di Como, e si appassionò alla Lecco Ballabio tanto quanto l’assessore ai lavori pubblici Elio Panzeri di Mandello del Lario.
Nei lavori di completamento del tratto provinciale si fecero anche il rivestimento delle volte in calcestruzzo delle gallerie, il prolungamento in artificiale di quella prima del ponte sul Caldone, a salire. Antistante ad essa si costruì un ponticello. Per anni restò, pilone isolato con scandalo, a svettare nel bosco,quello a sostegno dello impalcato del viadotto Versasio 1, sotto la chiesina di Versasio. Alfine si completò anche questo insigne ponte in curva, che ha due alte stilate sulle quali si incastra l’impalcato. La strada scorre aerea sopra la vegetazione. La strada asfaltata, i lavori provinciali terminati,la pista di cantiere da Versasio fu erasa, il terreno ripristinato a prato, come vollero. La strada Lecco Ballabio, tratto provinciale fu pronta verso il 31 dicembre 2001. Nel complesso costò circa 60 miliardi di lire italiane. In ogni caso meglio le strade curvate di una democrazia che quelle diritte di una tirannide.

Ricordo e merito alla grandi imprese appaltatrici dei lavori provinciali.
Oltre la passione dei titolari, la indiscussa esperienza e competenza tecnica dei geometri e dei capi cantieri,la bravura delle maestranze. Alle provincie di Como e di Lecco hanno offerto il meglio. L’impresa Pietro Carsana, con Alessandra e Alberto, i geometri Ugo Pighetti e Cesare Martelli, i mitici capi cantieri signori Credaro e Vairetti. L’impresa Patriarca di Sondrio del signor Patriarca ,il tecnico geometra Giuseppe Alberti, il capo cantiere signor Romeri di lunga esperienza. L’Associazione temporanea di imprese Vienne e Betonvilla, geometri Neve e Arialdo Villa impresari, i tecnici geom Cesare Grassini e Angelo Triacca di Montemezzo(ne fu Sindaco).

I lavori ANAS

La Nuova Strada Lecco Ballabio,burocraticamente denominata Raccordo tra l’Attraversamento di Lecco e la Strada Provinciale della Valsassina ha una estesa di 9036 metri misurati lungo l’asse principale, svincoli per 2079 metri, gallerie n. 13, viadotti n. 7. Sono opere immani, di risonanza mondiale per le installazioni tecnologiche occorse, e per i tunnel intricatisi negli svincoli in roccia.
Indocti discant et ament meminisse periti.
Questa è un’opera di vera ricerca innovativa. In altrui testi la descrizione minuziosa di tanto impegno e ingegno.
Un aneddoto:il primigenio tracciolino rosso del 1968 passava dalle parti della "Rovinata": l'ingegnere capo Emilio sempre celiò all'esuberante Giorgio su quella località. Decenni dopo il nome della Rovinata indica la posizione della potente centrale di ventilazione del complesso di gallerie all'inizio del nuovo raccordo Lecco Ballabio.
La strada completa è costata circa 280 milioni di euri.
Ai piccoli comuni montani questa strada servirà, a tutta la Valsassina;a circa 15000 cittadini lecchesi coinvolti dal traffico della antica strada alla Valsassina darà sollievo; il determinismo economico costi benefici dovrebbe essere ammolcito da considerazioni di beneficio sociali e ambientali. Con sentimento, senza risentimento:i tecnici della Provincia di Como e del Comune di Lecco (di questo ing. capo Mario Magnani, geometra Passerini) individuarono per la strada tracciati per prati e rocce con corte gallerie che non si vollero: gli scritti e i disegni sono agli atti,se non allagati nelle cantine o solai di archivio, o distrutti. La strada avrebbe comunque avuto un costo elevato:è una strada maestra, non un sentiero. Solo in piazza Garibaldi a Lecco, ‘cantun di ball’,si racconta che, se in America del Sud, sulla Carretera Panamericana, fra Lecco e Falghera avrebbero scavato trincee in roccia, profonde cinquanta metri e oltre, anziché intrudersi in tunnel. Sulle strade di montagna tratti in ombra e tratti solatii si succedono: la guida prudente spetta al conducente. Mariano del Papa, il grande ingegnere capo compartimento ANAS di Milano, che gli ingrati dimenticano, sperimentò al lago di Garda tali tipo di svincoli in galleria. Egli ben visitò la provinciale della Valsassina, SP 62,che apprezzò, ed era ben conscio che la nuova Lecco Ballabio fosse un supporto alla SS36 del Lago di Como, aperta nel 1986 fra Piona e Lecco, nel caso di interruzioni della strada a lago.
Si stava costruendo l’attraversamento di Lecco, SS 36. Per inserire in esso il raccordo alla nuova strada della Valsassina e risolvere il progetto del raccordo Falghera al terzo Ponte la provincia di Como, il Comune di Lecco,la Camera di Commercio di Como, (Vico Valassi Presidente, grand. uff. Giuseppe Arlati vice) incaricarono l’ing. Giovanni Corona di Torino della redazione del progetto. Essendo maturata la decisione di costruire l’ospedale in rione Germanedo, nel progetto vennero inseriti gli svincoli dalla Brianza, e successivamente quelli dalla Valsassina.
La legge Valtellina apportò un consistente contributo a questi lavori e a quelli della Provincia di Bergamo sulla strada Prealpina Orobica (SP 25 BG). Negli anni novanta il Signor Ministro dei Lavori Pubblici e l’Anas furono ripetutamente interessati dalla Provincia di Como (Anna Bassi, Luciano Bettiga Presidenti, Giuseppe Canali vice Presidente e assessore ai lavori pubblici) per poter finire l’opera. Molteplici convenzioni fra le Provincie di Lecco, Bergamo, la regione Lombardia,l’ANAS vennero stese dalla prima amministrazione provinciale di Lecco.
Non fu una frescata, come malparlarono, l’aver coinvolto la Strada Provinciale Prealpina Orobica, in provincia di Como(ora Lecco) e Bergamo : il collegamento intervallivo Bellano Boario è stato considerato importante per le valli orobiche da tutti i piani urbanistici superiori succedutisi ancor da prima delle convenzioni prefate; quello di collegare due strade nazionali per montes una opportunità ex lege,come quella di accedere ai luoghi disastrati in Valsassina dalla alluvione del 1987, con maggior celerità e per favorirne lo sviluppo. Di questo si interessarono i parlamentari lecchesi sen Cesare Golfari, in memoriam, e on. Pierluigi Polverari.
Si convenne che alla costruzione dello ultimo tratto fra il Ponte del Lupo e Ballabio avrebbe provveduto l’Anas: il progetto fu redatto dello studio Mutti di Mandello del Lario. Si scavò una lunga galleria che sbocca in dirittura della strada per il Piano dei Resinelli, anche se fu considerata l’ipotesi di saltare Ballabio, per avere una galleria più lunga ma di minor pendenza.
Finalmente, essendo Presidente della Provincia di Lecco Virginio Brivio, ed assessore “ai lavori pubblici” Armando Volonté, la precisione del suo cronoprogramma di certo coerse i tempi dell’attesa. Molte altre strade, in Italia, aspettano di essere completate. Tante altre di essere costruite.
La strada SP 62 si innesta nel sistema stradale Anas: si volesse fare una strada diretta da Lecco a Bergamo, intra montes et valles,saremmo in dirittura di Kiev che tanto si nomina; e per Lisboa ne occorre un’altra, da Lecco per Como, Varese, diritta sino a Xantià. Ai Valsassinesi e Milanesi basterà andare spediti dalla Valsassina a Lecco 7 km e Milano, 57 km.
Altri, a Ballabio e Lecco, non ebbero il senso civico e patriottico di considerare che i soldi della gente vadano spesi con criterio:non se ne può far critica all’ANAS, forzata a costruire la strada come fatta, non potendo diversamente, considerati i vincoli altrui posti e continuamente aggiunti.
Nel giorno della festa alla strada che viene aperta, sia festa. Nasce una nuova strada. La strada unisce le genti, è l’apoftegma della Libertà.

Ricordo

In coro questa strada è stata costruita. Ricordo per i vivi o trapassati, immortali per il credo nostro e degli gnostici. Gli spiriti dei cari trapassati veglino la strada e i viandanti. In memoriam: Enzo Luraschi,Presidente della Provincia di Como;Renzo Fumagalli, Elena Gandolfi vice presidenti della Provincia di Como e di Lecco;Amedeo Bonomelli ,Elio Panzeri assessori ai lavori pubblici,Attilio Pattanè assessore alle finanze della Provincia di Como, Cesare Augusto Spreafico assessore provinciale dispensatore di coraggio e opere buone,Pietro Pensa presidente del Consiglio di Valle,i consiglieri provinciali Avagnina, Manzoni,Paride Cariboni,dottor Bolla;Emilio Corbini, Giulio Messa, Enrico Savonelli,Elio Rossini ingegneri capi dello Ufficio Tecnico della Provincia di Como;Paolo Lombardi ingegnere capo del Genio Civile di Como,Fabia Jussich dirigente nel Comune di Lecco e geom Passerini,Francesco Carbonio maresciallo del Corpo Forestale, i professori geologi Piccio e Cerro,i geometri Pini e Ciola dello ufficio tecnico provinciale, i capi cantonieri,Cristoforo Pensa, Fermo Valsecchi, Franco Mazzolini, Pasquale Bartesaghi,Giuseppe Bellani, Giulio Sirtori, i cantonieri provinciali signori Binda, Giovanni Valsecchi, Delfino Valsecchi, l’ing. Giovanni Corona di Torino.
Augure auspicio
I viventi si allegrino per il compimento dell’opera e ne dicano la leggenda.
Isaia Profeta. Per odofili: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore,raddrizzate nella solitudine i sentieri del nostro Dio. Ogni valle sarà colmata:ogni montagna,ogni collina abbassata: le vie storte diverranno diritte e le malagevoli piane….”
Iasaia profeta. Per odoclasti: “Il deserto,la terra senza vie sarà piena di letizia…”.
Sulla nuova strada di montagna Lecco–Ballabio Dio Onnipotente ci protegga e ci benedica.
L’Arcangelo Michele, gli Angeli Custodi accompagnino con sicurezza e prudente consiglio tutti coloro che percorreranno la nuova strada di montagna Lecco–Ballabio, magistrala.



ONORI
ALLA NUOVA STRADA LECCO BALLABIO
PROSPERO AVVENIRE




Per il giorno natale della strada, 24 febbraio 2006.
Giorgio Mazza


Lecco, terminato di scrivere il 22 febbraio 2006
Lecco, aggiornamento in data:27 febbraio 2006
Copy Free. L’autore Giorgio Mazza in festa, autorizza la riproduzione gratuita di testo e foto.