Scaligeri
 
Gli SCALIGERI
 
 
Gli Scaligeri (Della Scala)
Quella degli Scaligeri fu una delle più celebri dinastie del Medio Evo italiano, e la sua breve e sfolgorante potenza destò addirittura speranze d’unità nell’Italia settentrionale.
Nulla si sa intorno all’origine della famiglia degli Scaligeri, che tenne signoria in Verona dal 1277 al 1387.
Anche la derivazione del curioso nome Della Scala (poi trasformato nella forma più corrente Scaligeri) è ignota: falsa è la leggenda secondo cui il capostipite della dinastia sarebbe stato un soldato che durante un assalto a una fortezza avrebbe per primo appoggiato alle mura una scala. E neppure il nome può essere ricondotto all’isola della Scala, terra del Veronese, o al castello della Scala in Valsugana, poiché questi due luoghi furono così chiamati proprio da quella famiglia quando ne entrò in possesso. La tesi piu’ accreditata è una discendenza della Bavaria, dai pronipoti di un signore Burkhausen Conte di Scalemburg, tempi addietro rifugitisi in Italia.
Il medesimo cognome si trova in alcune famiglie bergamasche dei XII secolo e fiorentine del XIII secolo; ma non ci è assolutamente possibile conoscere se e quali legami vi fossero con l’illustre casato veronese.
Persino il Vate Dante nel canto XVII del Paradiso parla degli Scaligeri, elogiando il mecenatismo di Cangrande verso i letterati. (1)
Le prime notizie che si hanno degli Scaligeri sono assai vaghe. Si sa di un Adamo della Scala esistente a Verona nel 1035. Nelle cronache della città si leggono i nomi di altri Della Scala che coprirono magistrature nei due secoli successivi.
Dopo la morte di Alberto (1301), entriamo in questo momento con dati storici, gli successore i figli: prima Bartolomeo (signore munifico che per primo ospitò Dante da cui fu chiamato gran Lombardo) quindi Alboino e infine Cangrande.
I tre fratelli si impegnarono in lunghe lotte contro le signorie vicine degli Estensi e dei Della Torre senza però sensibili vantaggi; solo nel 1311 con la venuta in Italia di Enrico VII di Lussemburgo si aprirono agli Scaligeri grandi possibilità di espansioni territoriali, rimasto solo alla guida della città, Cangrande, attaccò i Padovani, al cui possesso sottrasse la città di Vicenza.
Da questo momento una lunga guerra impegnerà le energie e le finanze di Cangrande e, sia pur con saltuari cedimenti di fortuna, gli permetterà notevoli ingrandimenti territoriali.
Gli inutili sforzi per abbattere i Veronesi (1314-17) indussero i Padovani a ricorrere alla Signoria di Giacomo da Carrara e poi a quella di Enrico conte di Gorizia. Quest’ultimo riuscì a sbaragliare Cangrande, il quale tuttavia si impadronì di Feltre e di Belluno.
Padova ricorse allora al vicario Enrico di Carinzia che nel 1324 scese in Italia contro lo Scaligero, ma, corrotto dal danaro offertogli da questo, abbandonò gli alleati.
Solo con la mediazione dell’imperatore Ludovico il Bavaro si venne alla pace; ma le ostilità continuarono copertamente con disordini suscitati all’interno di Padova che nel 1328 finì per sottomettersi al signore veronese, seguita l’anno dopo da Treviso.
Cangrande aveva nel frattempo continuato la sua espansione anche verso Occidente con l’acquisto di Mantova concessagli da Ludovico il Bavaro, il cui favore si era guadagnato ponendosi a capo della Lega Ghibellina e sfidando l’ira di Papa Giovanni XXII, che nel 1320 lo scomunicò.
Cangrande spese tutti gli anni della sua signoria in lotte che costarono grandi sacrifici al suo Stato, ma che ne moltiplicarono l’estensione.
La sua morte improvvisa (1329) lasciò agli eredi un dominio vasto, ma non ancora consolidato e perciò esposto ai pericoli di un facile sgretolamento.
A Cangrande successero i nipoti Alberto II, che rimase tuttavia estraneo agli affari politici, e Mastino II. Questi proseguì nel bellicoso indirizzo politico dello zio e mosse contro Brescia, che invocò aiuti da Giovanni re di Boemia.
Una lega di signori italiani sorse allora contro il sovrano straniero che fu costretto a ritornare sui suoi passi anche per il deciso intervento di Ludovico il Bavaro.
Mastino ebbe così Brescia, Parma e Lucca, ma la sua potenza suscitò l’invidia e i timori degli Stati limitrofi: attriti con Firenze e con Venezia causarono una duplice guerra che gli alienò l’appoggio già avuto dai Gonzaga, dagli Estensi e dai Visconti.
Nel 1341, conclusesi finalmente le ostilità, il dominio scaligero si riduceva alle zone di Verona e di Vicenza, mentre Padova si liberava, Parma passava ad Azzo da Correggio e Lucca ai Fiorentini.
Nei seguenti dieci anni di governo, Mastino II alimentò intrighi contro Visconti e i Gonzaga, ma le sue manovre non mutarono la situazione politica che si era venuta a determinare.
Continuatore delle direttive di Mastino II fu il figlio Cangrande II che governò dal 1351 fino al 1359, anno in cui cadde ucciso dal fratello Cansignorio, suo successore.
Gli Scaligeri si trovarono irretiti in continue lotte contro i Visconti che tendevano a inghiottire le piccole Signorie che si erano instaurate nella Pianura Padana.
Morto Cansignorio, il figlio Antonio dovette anche fronteggiare l’espansione dei Carraresi di Padova e dei Veneziani. Nel 1387 i Visconti occuparono Verona ormai esausta dalle interminabili lotte e dalla grave oppressione fiscale per far fronte alle spese di guerra.
Il figlio naturale di Cangrande II, Guglielmo, appoggiato dai Carraresi, con un colpo di stato riprese nel 1404 la signoria della città; ma di lì a due anni Venezia, intenta come Milano a eliminare i piccoli Stati confinanti, dopo aver conquistato Padova puntò decisamente su Verona e la annesse al proprio territorio.
Il ramo di Antonio si estinse con suo figlio Canfrancesco, mentre quello di Guglielmo continuò con Brunoro (morto a Vienna nel 1434) e con Paolo che emigrò in Baviera.
La linea di quest’ultimo si esaurì nel 1598 con la morte di Giovanni Teodorico, consigliere di reggenza del duca di Baviera.
Già da tempo alcuni discendenti, figli naturali, si erano allontanati da Verona per recarsi in altre città.
Uno di questi fece passaggio in Sicilia, nella città di Messina, sotto il Reame degli Aragonesi e quando Federico d’Aragona re di Sicilia nel 1300, conclusa la difesa di Messina dall’assedio degli Angioini, ritornava a Randazzo, che era stato il suo quartier generale; molti nobili casati messinesi, che erano al suo seguito, lo seguirono trasferendosi a Randazzo, ormai città reale, nella quale la corte aragonese soggiornava durante i mesi caldi. Fra le tante Nobili Famiglie, che in tale occasione, da Messina fecero passaggio in Randazzo, vi fu anche un ramo della Nobile Famiglia Scala che venne finalmente a fermarsi in questa Città.

(1) Cangrande, terzo figlio di Alberto I della Scala (cit. Purgatorio. XVIII, 121), nacque nel 1291.
Morti in rapida successione il padre (1301) ed il fratello maggiore Bartolomeo della Scala, figlio primogenito di Alberto I (cit. Purgatorio. XVIII, 121), tenne la signoria di Verona dal 1301, anno della morte del padre, al 1304.
Dante lo chiama il "gran Lombardo" ricordando che la "cortesia", cioè liberalità degli Scaligeri, era stato il primo rifugio dell'esilio, quando aveva deciso di prendere definitivamente le distanze dai compagni di parte come lui costretti all'esilio.
Il primo soggiorno veronese di Dante fu segnato da una accoglienza generosa che però fu offuscato dalla luce del secondo soggiorno, illuminato dalla generosità e dall'amicizia di Cangrande, grande uomo politico e mecenate.
Già dal 1311 Cangrande fu associato al governo dal fratello Alboino, di cui Dante, con espressione oscura, dice nel Convivio (IV, xvi, 6) che è più noto di Guido da Castello, ma non per questo più nobile (Guido da Castello è uno dei tre vecchi presi ad esempio di antica virtù lombarda da Marco Lombardo in Purgatorio. XVI, 125).
Alla morte di Alboino, avvenuta nel 1329, Cangrande restò unico signore di Verona.

Paradiso. XVII, 76-78
... colui che 'mpresso fue,
nascendo, sì da questa stella forte,
che notabili fier l'opere sue.

Il genio di Cangrande si espresse soprattutto nella sua condotta politica illuminata coronata dal titolo di vicario imperiale di Enrico (Arrigo) VII, nato nel 1275.
Enrico fu prima conte di Lussemburgo e poi re di Germania dal 1308, anno della morte di Alberto d'Austria. Papa Clemente V, dalla sua sede avignonese, lo invitò a scendere in Italia per mettere pace fra le città in lotta e tuttavia mantenne un atteggiamento ambiguo nei suoi confronti, fatto di pubblico appoggio e di nascosta opposizione ("palese e coverto / non anderà con lui per un cammino" Paradiso. XXX,143-144). Enrico VII scese in Italia nel 1310 e fu incoronato "re dei Romani" a Milano nell'anno seguente. L'intervento pacificatore di Enrico, a lungo caldeggiato anche dallo stesso Dante (Epistola ad Arrigo VII), che incarnava in lui l'ideale di monarca universale ed a lui legava l'ultima possibilità di rientrare nella sua Firenze, fu, tuttavia, osteggiato dai comuni guelfi e dal re di Napoli, segretamente istigati da papa Clemente V.
Enrico VII morì improvvisamente a Buonconvento, presso Siena, nel 1313, poco dopo l'incoronazione imperiale a Roma.
Dante perciò può dire che ha pienamente portato a compimento gli influssi di Marte (la stessa stella che guidò la personalità di Cacciaguida).
Con lui, infatti, la signoria dei Della Scala visse il periodo di maggior splendore, estendendo il suo controllo su buona parte del Veneto e fino a Brescia, Lucca, Parma.

Paradiso. XVII, 85-88
Le sue magnificenze conosciute
saranno ancora, sì che ' suoi nemici
non ne potran tener le lingue mute.
A lui t'aspetta (affidati a lui) e a' suoi benefici.

Grande uomo politico e mecenate, Cangrande accolse ripetutamente nella sua città il poeta, con il quale strinse una duratura amicizia, fatta di rispetto e stima delle reciproche qualità, ottenendo, in cambio della generosità, la dedica della terza cantica della Commedia.

Paradiso. XVII, 83-84
parran faville de la sua virtute
in non curar d'argento ne' d'affanni.

Gli accenni del valore di Cangrande appariranno chiaramente nel suo disprezzo delle fatiche militari e delle ricchezze: sulla seconda affermazione di Dante, il "non curar d'argento", si centrò principalmente l'ipotesi di identificazione del Veltro (Inferno. I, 100) con Cangrande proposta da alcuni critici.

Boccaccio disse di lui “Fu uno dè più notabili e dè più magnifici Signori, che dallo Imperatore Federigo Secondo in qua si sapesse in Italia”.


La storia raccontata in lingua Veneta

L'origine de la fameja Della Scala l'è bastansa scura. Se scominsia a parlar de ela intorno al 1147 par via de un çerto Balduino, console del Comune. Ma el vero capostipite par ch'el sia stà Jacopino che el ghà avù quatro fioj : MANFREDO Vescovo de Verona - LONARDINO deto MASTINO (I) - ALBERTO I e FEDERICO deto BOCCA. Lonardino l'era amigo de EZZELINO DA ROMANO e quando questo l'è sbalà, Lonardino (deto Mastino) che l'era Podestà de Verona (1259) con so fradel Alberto I iè deventà paroni de Verona e insieme i do fra dei i ha fato nassar la SIGNORIA SCALIGERA (1277). Alberto I el sposa la siora Verde di Salizzole e da la loro union nasse BARTOLOMEO I - ALBOINO - CANGRANDE I e COSTANZA. Ma Alberto I el ghà anca un fiol naturale (GIUSEPPE) ch'el pensa ben de nominar Abate de San Zen. Da Alboino che se sposa prima con CATERINA VISCONTI e dopo con BEATRICE DA CORREGGIO nasse ALBERTO II e MASTINO II. Da Mastino II ch'el sposa TADDEA DA CARRARA nasse CANGRANDE II, PAOLO ALBOINO e CANSIGNORIO, oltre ai fioj naturali FREGNANO (ch'el pensa ben de far ribellar contro so pare Verona nel 1354) e PIETRO (che invesse el pensa ben de deventar vescovo de Verona e de Lodi) CANSIGNORIO el lassa solo fioj naturali che ghe succede ne la dinastia :BARTOLOMEO II e ANTONIO.
Cangrande II el lassa solo un fiol naturale GUGLIELMO che nel 1404 riconquista Verona ma el more subito dopo. La dinastia la riprende con BRUNORO e PAOLO che però i se stabilisse in Baviera dove, par mancansa de fioj maschi, né regolari né naturali, la se estingue nel 1598.
In sostansa la storia dei DELLA SCALA la pol riassumarse in tri momenti storici :
primo momento = (fin al 1311) co la creassion de la Signoria;
secondo momento = (1311-1336) co la formassion de uno Stato predominante ne l'Italia settentrionale;
terso momento = (1336-1387) co la decadensa dovuta a le incapacità dei capi e a le beghe in fameja.
Nel 1387 i Scaligeri i cede a l'assalto dei Carraresi e dei Visconti.
La Signoria dei Della Scala l'è ricordada principalmente a Verona da le tombe monumentali (Arche scaligere) presso Santa Maria Antica, dal Palasso dei Signori, Da Castelvecio e dal Ponte Scaligero.
Genealogia Scaligera
?-? Iacopino
?-1301 Alberto
1291-1329 Cangrande I
1308-1351 Mastino II
1332-1359 Cangrande II
1340-1375 Cansignorio
1362-1387 Antonio
1345-1404 Guglielmo


Agli Scaligeri Verona deve un periodo di grande potenza politica ed economica e la sua massima espansione territoriale. Le mura che percorrono le prime colline a nord lo testimoniano in modo singolare, insieme con una congrua serie di castelli scaligeri sparsi per tutta la provincia: dal castello di Malcesine, a quello di Soave, dal castello di Montorio a quello di Villafranca, dal castello di Torri del Benaco e di Lazise ai poderosi mastri del castello di Valeggio , a tutti gli altri castelli e torri del lago (Biaza, Castelnuovo), delle colline (Illasi) e della bassa pianura: Isola della Scala, Sanguinetto ecc.
 
ARMA ANTICA
di rosso, alla scala d’argento, a quattro pioli, posta in palo.
ARMA MODERNA
di rosso alla scala d’oro, a cinque pioli, posta in palo, sostenuta da due levrieri d’argento, colletti e corone d’oro